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PANE, pizze, pizzelle e dintorni

Pizza di Pasqua al formaggio

Ed ecco qua la mia Pizzona di Pasqua (ben Kg. 1,820 di pizza, peso dopo cotta) secondo una ricetta di Nonno Claudio, presa sul forum di Cookaround (non più attivo).
Ho fatto una dose e ½ rispetto alle dosi suggerite perché avevo uno stampo grande (diam. 26×12), ma forse è meglio attenersi alla ricetta originaria se non si è esperti e si vuole un prodotto più “leggero” e alveolato.

Ecco le mie dosi:
300 g pasta madre solida rinfrescata con farina forte W300
750 g farina 0 bio W300 (di cui 250 per e il resto per l’impasto)
150 g latte intero (130 autolisi, 20 per l’emulsione)
75 g olio e.v.o.
13 g sale
330 g uova (6 uova) – (in una parte degli albumi – circa 130 g – ho sciolto la pms)
195 parmigiano reggiano grattugiato
150 g pecorino romano grattugiato
Unica variante, ho aggiunto l’autolisi con quasi tutto il latte e parte della farina (ho preferito, anche se ho notato che l’autore non lo ha fatto nel suo lievitato).
A questo punto, non avendo più latte, ho sciolto la pasta madre in parte degli albumi delle 6 uova utilizzate.
Per i più curiosi riporto i passaggi infiniti di Nonno Claudio, e le sue dosi originarie, inserendo qualcuna delle mie foto (è una ricetta quasi più lunga delle mie! 😉 ):

“I tempi di esecuzione, al netto della lunga lievitazione finale, sono di circa 8 – 9 ore, e questa segnalazione è importante per regolarci con l’inizio della preparazione al fine di evitare lunghe veglie notturne davanti al nostro forno.
Direi che l’inizio della nostra preparazione potrebbe essere collocato intorno alle 14 per giungere fino alle 23, quando lasceremo la nostra pizza a lievitare tutta la notte.
Per iniziare, alle 14 prendiamo dal frigorifero la nostra pasta madre e la lasciamo a temperatura ambiente per circa un’ora, come è richiesto tutte le volte che vogliamo rinfrescare.
Alle 15 la riprendiamo, togliamo la pellicola superficiale indurita e facciamo un rinfresco per darle la forza giusta, in modo da avere poi a disposizione 200 grammi di p. m. rinforzata.
Io, in contemporanea, procedo a fare un’autolisi con la farina e il latte indicati negli ingredienti, dando una sommaria impastata di circa un minuto, tanto da far inumidire per bene la farina (poi metto in frigo).
Faremo un solo rinfresco, poiché partiamo dalla condizione di essere in possesso di una pasta madre sufficientemente forte, e che comunque, come vedremo successivamente, faremo per il nostro impasto delle pieghe di rinforzo; ma se fossimo in dubbio sulla sua qualità, potremo tranquillamente fare un ulteriore rinfresco portandoli a due, anticipando i tempi iniziali.
In questo caso partiremo da un quantitativo minimo di p.m. ad esempio 40 grammi; con il primo rinfresco , sempre con la regola di una parte di p.m. , una di farina e metà di acqua , otterremo 100 grammi di pasta madre. Con il secondo rinfresco arriveremo invece a 250 grammi, da cui preleveremo i 200 utili per la nostra ricetta.
Il rinfresco normalmente dura dalle tre alle quattro ore, tempo in cui una buona p.m. deve per lo meno raddoppiare di volume. Siamo così arrivati circa alle ore 19.
Riprendiamo la nostra pasta madre rinfrescata e prendiamone 200 grammi che ridurremo a pezzetti
mettendola in una ciotola con una parte del latte (come scritto in precedenza, io l’ho sciolta in parte degli albumi), e precisamente 85 grammi di latte tiepido (non bollente).
Sciogliamola in esso, aiutandoci in questo con le mani, con una forchetta o qualsiasi altro utensile adatto allo scopo.
Personalmente metto p.m. e latte nella macchina del pane con il programma di solo impasto coprendo con carta di alluminio la vaschetta, in modo tale che gli schizzi dovuti al movimento delle palette non sporchino l’interno della macchina, e poi, una volta che la p. m. si sarà sciolta nel latte, aggiungo gradatamente gli altri ingredienti.

Nell’ordine inseriamo le uova amalgamate, l’olio emulsionato con i 15 grammi di latte rimanenti, la farina setacciata (è bene ricordare che in tutte le nostre ricette è comunque sempre bene unire all’impasto la farina dopo averla setacciata) e a metà impasto il sale.
Io inserirò nell’impasto anche la massa latte/farina lasciata in autolisi da almeno 1h prima.  
Lavoriamo l’impasto tenendo presente che manca ancora una componente solida importante, per cui probabilmente otterremo un impasto piuttosto morbido e probabilmente appiccicoso.
Solo a questo punto aggiungeremo il parmigiano e il pecorino, che sono i formaggi caratteristici di questa ricetta ed impasteremo facendo di nuovo amalgamare il tutto fino a quando il nostro impasto non diventerà liscio ed omogeneo.

Chi ha la macchina del pane può essere agevolato perché può impostare il programma di solo impasto e mettere tutti gli ingredienti senza i formaggi; poi, quando il programma è terminato, può farlo ripartire aggiungendo questi ultimi.
Lo stesso dicasi per chi è fornito di una macchina impastatrice.
Comunque io consiglio anche a chi lavora con la macchina del pane o l’impastatrice, al termine del ciclo di impasto, di lavorarlo un po’ anche con le mani, e alla fine dargli la forma desiderata prima di porlo a lievitare.
Se dovessimo avere un impasto troppo morbido e appiccicoso, magari a causa delle farine adoperate, non aggiungiamone altre quantità, ma insistiamo nel lavorarlo aiutandoci con una paletta che ci servirà per infilarla sotto l’impasto e rigirarlo con insistenza sulla spianatoia fino alla consistenza desiderata; basterà poco tempo.
Per quanto riguarda il dosaggio dei formaggi io ho messo le dosi che personalmente preferisco, con una leggera eccedenza del parmigiano rispetto al pecorino,
ma nulla toglie che, nel rispetto della quantità complessiva, ognuno possa variarne le proporzioni a seconda dei propri gusti, per dare più risalto all’uno o all’altro.
Quello che vorrei raccomandare, se ce ne fosse bisogno, è possibilmente di non risparmiare nella qualità dei formaggi, perchè vale sempre il principio che quello che mettiamo nell’impasto poi sicuramente lo ritroviamo nel risultato finale.
Con il nostro impasto formiamo una palla, la poniamo in una ciotola chiusa con pellicola, e la lasciamo riposare per un’ora in ambiente che secondo la solita frase abusata in questa circostanza, deve essere “ tiepido e lontano da correnti d’aria”.
Supponendo un tempo di lavorazione normale di circa un’oretta, (ma ci sarà sicuramente chi saprà fare prima), siamo giunti grosso modo alle 20.
Dopo un’ ora, quindi circa alle 21, riprendiamo il nostro impasto, e accingiamoci a fare per due volte una serie di pieghe di rinforzo, per potenziare il glutine contenuto nell’impasto e facilitare la lievitazione.
Per fare questo mettiamo l’impasto sulla spianatoia, spianiamolo con le mani senza usargli violenza, fino a farlo diventare un rettangolo, e poi facciamo due serie di pieghe a tre in questo modo:
pieghiamo un terzo dell’impasto dal lato più lungo verso il centro; successivamente prendiamo la parte che è rimasta libera e pieghiamola su quella precedente.
Avremo così un altro rettangolo.
Poi facciamo la stessa cosa questa volta con il lato più corto; a questo punto, sempre con delicatezza, arrotondiamo con le mani il nostro pacchetto di impasto con movimenti rotatori (N.C. intende una pirlatura) sulla spianatoia e lasciamo riposare come prima per un’altra ora.

Dopo un’ora, e cioè verso le 22, ripetiamo l’operazione delle pieghe di rinforzo e del riposo.
Alle 23 siamo finalmente pronti per posizionare l’impasto nello stampo.
Dopo aver ripreso l’impasto e averne perfezionato l’arrotondamento con le mani con movimenti circolari sempre nello stesso verso e averlo poi appiattito delicatamente , poniamolo a lievitare nel nostro stampo. Io uso uno stampo per panettoni da un chilogrammo ( residuato dei panettoni di natale e tenuto previdentemente da parte ), con le misure di 17 x 12 centimetri (o 26 x 12, come il mio se fate una porzione e mezza), intendendo diametro di base per altezza.
In questo caso è opportuno mettere al di sotto dello stampo una teglia, per facilitare eventuali spostamenti.
Altrimenti dovremo procurarci uno stampo che grosso modo rispecchi lo stesso volume, che imburreremo prima di inserirvi l’impasto.
La temperatura di lievitazione si dovrebbe aggirare intorno ai 28°, per cui dovremo scegliere un luogo adatto che si avvicini a questa condizione, spesso individuato nel forno eventualmente con lucetta accesa.
Quanto dovrà durare la lievitazione?
Di norma dalle 7 alle 9 ore, comunque per uno stampo simile a quello utilizzato da me, fino a quando la pizza non sarà arrivata al bordo.
Nella mia esperienza si è trattato quasi sempre di circa 9 ore.
Avendo iniziato la lievitazione intorno alle 23,30 alle 7 del mattino successivo ho anche provveduto a inserire nell’ ambiente in cui avevo messo la pizza a lievitare, un pentolino di acqua bollente per la spinta finale.
 
Poi inforneremo, per i più temerari dopo aver eventualmente spennellato la superficie con un uovo sbattuto, a forno caldo a 200° mettendo all’interno un contenitore con acqua per facilitare l’umidità,
per circa 50 minuti, facendo sempre e comunque la prova dello stecchino.
La posizione nel forno è centrale, facendo attenzione che durante la cottura la pizza potrà lievitare ulteriormente, e quindi attenzione a non metterla troppo vicino alla superficie superiore del forno.
Se durante la cottura ci accorgeremo che la superficie della pizza si sta scurendo eccessivamente, la copriremo con un foglio di carta argentata, eventualità che per altro a me non si è mai verificata.
A metà cottura, quindi dopo una mezzora per non compromettere la lievitazione, io ruoto di 180° lo stampo, perché il mio forno cuoce leggermente di più nella parte più interna .
A cottura ultimata toglieremo la pizza dallo stampo ( a meno che non abbiamo usato quello dei panettoni ) e lasciamo raffreddare su una griglia.
La pizza risulterà più buona se non mangiata immediatamente ma il giorno dopo ( se ce la fate a resistere) e la sua conservazione avverrà in un sacchetto di plastica per alimenti ricordando che comunque noi realizziamo sempre prodotti eccellenti ma senza conservanti, per cui il loro mantenimento è sempre abbastanza limitato nel tempo; io mi limiterei ad una settimana.
Se poi vogliamo fare la nostra pizza in anticipo rispetto alla Pasqua, possiamo tranquillamente riporla nel congelatore e consumarla a tempo debito”.
… e Buona Pasqua!
Ricetta del 23-02-2011
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SECONDI, SFIZI E STREET-FOOD

Trippa alla romana


La trippa, uno dei piatti della cucina romana, oggi un must per i “non romani” di passaggio che vogliono assaggiare questa prelibatezza tradizionale.
Mia madre, romana di Ponte “Mollo”, ce l’ha sempre fatta molto simile a quella della Sora Lella.
L’unico ingrediente che non usava è il chiodo di garofano che, come diceva nella sua ricetta la sorella del grande Aldo Fabrizi, toglie invece un po’ dell’odore forte della trippa!
Chissà!? Forse a mia madre piaceva l’odore pronunciato di questa specialità!

Per quanto riguarda la fase di inserimento del pecorino romano, avendo preparato tutte e due le versioni, posso dire che l’unica sostanziale differenza aggiungendolo in cottura, è che resta in gran parte attaccato sul fondo della pentola, diventando un problema per il post-lavaggio.
Per il sapore invece trovo le due versioni pressoché simili, per cui resto del filone “pecorino dopo”.
Ormai – a meno di non avere il macellaio di fiducia – si trova più facilmente in vendita la trippa precotta che non presenta grossi problemi di odore forte.
Per chi invece avesse la “fortuna” di trovare la trippa non trattata (che viene venduta ai ristoratori che arrivano prima di noi, come dice mia madre) si potrebbe procedere preventivamente ad una bollitura di 10-15 minuti, aggiungendo mezzo bicchiere di aceto se proprio non si gradisce l’odore particolare finale della frattaglia.
Praticamente c’è una sorta di graduatoria rispetto al profumo/sapore caratteristico finale gradito:
– trippa non trattata solo molto ben lavata e poi cotta (mia madre ha sempre fatto così!);
– trippa non trattata ben lavata, pre-bollita per una 10ina di minuti con poco aceto prima della cottura;
– trippa precotta (quella che si trova nei super) solo ben lavata e poi cotta (io solitamente faccio così);
– trippa precotta dei super ben lavata e prebollita per 10 minuti con sola acqua (faccio così, pur di mangiare di tanto in tanto la trippa, se ho commensali che non ne gradiscono troppo l’odore finale).
La consistenza finale della trippa dipende dai gusti personali.
A me piace appena callosa, non deve restare molliccia per capirci, quindi per la trippa precotta non vado oltre i ¾ d’ora di cottura.
Altro capitolo importante è quello dell’aggiunta della menta romana che è “la morte sua”, mi raccomando. Scientificamente il nome è mentha pulegium.
Non andrebbe messa invece la mentuccia comune (scientificamente clinopodium nepeta.)

 
Ingredienti per 4-5 persone

1 Kg trippa precotta
mezzo bicchiere di olio e.v.o.
1 cipolla bianca o dorata
2 costine di sedano
1 carota
1 grosso spicchio d’aglio senza la nervatura centrale
peperoncino q.b. (io un quarto)
1 manciata di menta romana (non siate timidi, ce ne vuole proprio una bella manciata)
qualche foglia di basilico (e/o alloro: mia madre lo mette)
2-3 chiodi di garofano
1 bicchiere vino bianco secco
500 g polpa di pomodoro (meglio se schiacciata o frullata)
sale q.b.
½ bicchiere di acqua calda (facoltativo – per prolungare la cottura per una trippa più tenera)
100 g pecorino romano
acqua per pre-sbollentare la trippa (facoltativa)

Dall’etichetta nutrizionale della foto si nota quanto la trippa sia ipocalorica

Procedimento

  1. Anche se precotta, quando ho commensali che non gradiscono troppo l’odore caratteristico finale, sbollento preventivamente la trippa in acqua (senza aceto) per una 10ina di minuti.
  2. Poi in un tegame faccio scaldare l’olio, ci verso lo spicchio d’aglio, il peperoncino e il trito grossolano di cipolla-sedano-carota, lasciando insaporire solo qualche minuto.
  3. Unisco la trippa aggiungendo anche la menta, i chiodi di garofano e il basilico.
  4. Lascio restringere, mescolando di tanto in tanto, fino a che si consumino tutti i liquidi rilasciati sul fondo del tegame.
  5. Alzo la fiamma e aggiungo il vino, sfumando fino a non sentire più la parte alcolica.
  6. Aggiungo poco sale, unisco il pomodoro e lascio insaporire per una decina di minuti.
  7. Aggiungo l’acqua, copro e verso fine cottura (30 minuti dopo) aggiusto di sale se necessario  (poco, perché poi c’è il pecorino che dà parecchia sapidità!).
  8. Impiatto aggiungendo una generosa spolverata di pecorino romano!

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SALSE, sughi, condimenti, erbe

Pasta coi broccoli

Un piatto di pasta invernale, pratico, veloce, genuino, cremoso e saporito?
In inverno lo farei tutti i giorni per quanto mi piacciono i broccoli verdi romaneschi (io sono romana e sono di parte, ma questa buona verdura di stagione potrà essere sostituita all’occorrenza con dei broccoletti siciliani altrettanto gustosi, con delle cime di rapa o col più delicato cavolfiore bianco).
Ingredienti per due persone:
un broccolo verde romanesco piccolo – circa 400-500 gr (solo le infiorescenze)
un paio di spicchi di aglio senza l’anima
olio extra vergine di oliva
peperoncino
pecorino romano (quello con la “coccia” nera)
pancetta (facoltativa.Io non l’aggiungo, ma ci sta benissimo)
sale per l’acqua della pasta…
… e naturalmente il tipo di pasta che preferite! Non troppa: con 70-80 grammi di pasta a porzione avrete già un bel piattone da gustare!
Prepariamolo insieme in pochissime mosse:
Prendiamo solo le infiorescenze belle verdi del broccolo e riduciamole in pezzetti più piccoli, in modo che poi cuociano velocemente in acqua bollente, cercando per quanto possibile di mantenerle integre (tutte le foglie e le parti dure eliminate in questo momento sono destinate a minestroni e zuppe per il giorno dopo). Laviamo bene e scoliamo la verdura.A seconda della grandezza dei broccoli ci potrebbero volere una 15ina di minuti di cottura, per questo meglio fare pezzi piccolini.
In una pentola capiente portiamo a bollore l’acqua, versiamo la verdura, saliamo, copriamo e facciamo riprendere il bollore per 8-12 minuti (evitiamo di mescolare troppo per non disfare oltremodo i broccoli).
“Buttiamo” finalmente la pasta (dopo circa 8 minuti di cottura dei broccoli, se vogliamo cuocere degli ipotetici “ciavattoni” da 14 minuti di cottura; oppure dopo 12 minuti se vogliamo cuocere dei semplici spaghetti che richiedono una cottura breve). Coprire per far riprendere il bollore e completare la cottura di verdura e pasta in contemporanea.

Intanto in un padellino ci saremo preparati il soffritto con aglio olio e peperoncino (più la pancetta se vogliamo più gusto!).


Scoliamo insieme verdure e pasta (lasciarsi sempre da parte un po’ d’acqua di cottura, eventualmente servisse per mantecare), condiamo con il soffritto di aglio–olio–peperoncino e versiamo una generosa spolverata di pecorino romano grattugiato al momento (volendo restare più leggeri, si potrà condire con olio e.v.o. “a crudo” e aggiungere il solo formaggio).

Sotto, la versione con broccoletti (cime di rapa) e reginelle

P.S. – Anche con cottura a vapore!
Per una versione più lunga, meno pratica, ma con verdure piene di nutrienti, si potrebbero aggiungere i broccoli alla pasta dopo averli cotti a vapore.
Questo il procedimento che ho seguito con il Varoma del mio Bimby:
Per prima cosa ho grattugiato nel bimby il pecorino, che ho messo da parte.
Ho quindi versato 8-900 gr di acqua nel boccale (a seconda del quantitativo dei broccoli):
8 min. – temp. varoma – vel. 1
Giunta a temperatura l’acqua, ho disposto i broccoli nel Varoma:
15-18 min – varoma – vel. 2 (a seconda della grandezza dei pezzi di broccolo)

Una volta cotti i broccoli, ho trasferito con attenzione l’acqua bollente del boccale in una pentola dove ho lessato la pasta. Ho completato come da procedimento della ricetta, aggiungendo alla fine l’olio rosolato e il formaggio.