A metà del gennaio scorso ho avuto la fortuna di avere in regalo un piccolo sacchetto di olive appena colte dall’albero, al culmine della loro maturazione.
La qualità forse è la Moraiolo e comunque, nella zona di raccolta in Ciociaria, vengono denominate Marroncine.
Mi è venuta l’idea delle olive candite quando ho saputo del Panterrone di Antonio Cera (Forno Sammarco di S. Marco in Lamis), premiato fin dal 2014, e negli annali del Gambero Rosso come panettone che ricorda la terra e i suoi prodotti.
L’ho appositamente acquistato per poterlo assaggiare, insieme ad altri splendidi prodotti pugliesi: il sapore delicato ma inedito, mi ha spinto a fare delle prove per i miei futuri Grandi Lievitati (per adesso ho provato a fare soltanto una già soddisfacente Colomba Terrona).
Non trovando altre indicazioni in rete, inizialmente ho preso spunto dalla simpatica Mirella di questo blog, modificando poi il procedimento secondo alcune letture sulla canditura all’italiana di R. Morandin, L. Di Carlo e quella tramite essiccatore secondo lo Chef Paolo Dalicandro.
Ho impiegato “soltanto” 4 giorni per portare le olive ai canonici 70-72°Brix.
INGREDIENTI
400 g olive denocciolate – pesate dopo l’ebollizione
800 g acqua – il doppio rispetto alle olive
800 g zucchero – il doppio rispetto alle olive
40-60 g di destrosio bio in polvere 30DE da amido di frumento
Acqua necessaria per lo sciroppo finale de-cristallizzante
Buccia esterna fine di mezza arancia.
PROCEDIMENTO
Per prima cosa ho lavato le olive e le ho messe a scolare.
Naturalmente, vista la consistenza abbastanza tenera delle olive, a differenza di altri tipi di canditura, non ho voluto pre-congelare, né bucherellare i “frutti” o drupe.
Ho denocciolato usando l’apposito attrezzo, usando i guanti usa e getta per evitare di annerirmi le mani.
Dopo averle denocciolate ho risciacquato a lungo le olive sotto l’acqua corrente.
Ho portato a ebollizione una pentola con l’acqua e ci ho versato le olive.
Una volta ripreso il bollore ho fatto cuocere per non più di 2-3 minuti.
Ho scolato bene, pesato e messo da parte.
Intanto, su uno spartifiamma sul fornello, ho preparato uno sciroppo pari peso di acqua/zucchero.
Una volta pronto lo sciroppo l’ho versato bollente sulle olive.
Come copertura ho adattato un cestello forato e ho posizionato tutto all’interno del mio essiccatore a 40°C, continuativamente, controllando di giorno in giorno col mio rifrattometro i gradi brix raggiunti.
Nei 4 giorni circa impiegati per la canditura ho rabboccato soltanto un paio di volte lo sciroppo in quanto stava scarseggiando.
Come fare?
Aggiungendo una congrua dose di acqua/zucchero analoga ai gradi brix raggiunti.
Esempio: se il rifrattometro indica 65°Bx e volessimo 200 grammi circa di sciroppo aggiuntivo, dovremo portare in ebollizione una piccola dose composta da 130 grammi di zucchero e 70 grammi di acqua.
Se non si avesse il rifrattometro, ma consiglio di acquistarlo (è pure divertente giocare al “piccolo chimico”), una volta che sulla superficie dello sciroppo di acqua/zucchero si sarà formato un velo – la cosiddetta “pelle d’aglio” – la canditura è pronta.
Alla fine delle operazioni di canditura ho preso la dose di sciroppo acqua/zucchero sufficiente a coprire i due barattoli di vetro.
Poi, a parte ho preparato ulteriore sciroppo col destrosio, ricostituendolo e portandolo a ebollizione con acqua fino ad arrivare ai 70°Bx.
Questa piccola porzione aggiuntiva potrà essere del 30% circa rispetto allo sciroppo semplice acqua/zucchero di canditura, fungerà da de-cristallizzante ed eviterà che lo zucchero “granisca” in fretta.
C’è chi dice di metterne soltanto il 10-15% (L. Di Carlo), chi il 60% (R. Morandin).
Probabilmente la differenza è soltanto dettata dalla durata/conservazione che si vorrà dare ai propri canditi.
Non ho provato, ma se ad esempio si useranno i canditi entro una settimana e si “annegheranno” bene (con un pressello) nel semplice sciroppo acqua/zucchero, potrebbe essere evitato lo sciroppo aggiuntivo de-cristallizzante.
Ho quindi sanificato i barattoli, li ho riempiti con le olive e i due sciroppi, ho avvitato per bene con dei coperchi clic-clac sanificati, ho frapposto fra i due barattoli dei teli di stoffa nella pentola colma d’acqua per non farli rompere, e ho sterilizzato per 30-40 minuti da inizio bollitura.
Una volta raffreddata un po’ l’acqua ho potuto prelevare i barattoli e li ho posizionati coperti a testa in giù fino a completo raffreddamento e fino a creare il sottovuoto (non si deve più sentire il fatidico clic-clac!).
L’IDEA IN PIU’
Limitatamente al solo sciroppo di acqua/zucchero (quello senza sciroppo de-cristallizzante di destrosio per capirci) è possibile riportarlo alla sua natura solida, approfittando dell’essiccatore usato per la canditura.
Ci vorranno parecchie ore, ma l’ho riutilizzato con soddisfazione proprio nella mia Colomba Terrona di cui parlo sopra (a breve la ricetta).
Eccolo nelle sue varie fasi (mescolarlo di tanto in tanto durante l’essiccazione).
Una volta diventato quasi come zolle di terra l’ho passato nel bimby, poi l’ho fatto asciugare ancora e l’ho quasi tutto reso addirittura a velo (la parte meno fine ci zucchero il caffè!).