Il perché di questo termine ormai obsoleto, ma in uso quando ero giovincella (per dire che una cosa era buona, ganza, che spacca, ecc.), è giocosamente dovuto al fatto che oggi questa preparazione è conosciuta come giapponese, sembra però che abbia natali portoghesi, e io l’ho adattata ai classici filetti fritti di baccalà romani 😉 .
A Roma nelle pizzerie infatti, prima di una buona pizza al piatto, si usa servire fritti vari come antipasto (fra i quali gli immancabili supplì, i fiori di zucca con mozzarella e alici, le olive ascolane, le crocchette di patate, il baccalà appunto, ecc.) …
Poi come dimenticare i fritti che “aprono le danze” su gran parte delle nostre tavole nella notte della vigilia di Natale (broccoli, carciofi, mele, baccalà, ecc.)?
Naturalmente, oltre che come antipasto, nulla vieta di gustarseli come ottimo “secondo piatto”, preparati come si trovano nel localini dedicati della vecchia Roma, o come abbiamo fatto in famiglia ieri sera …
Ingredienti
– 1 filettone da 1 Kg circa di baccalà sotto sale (oppure baccalà già ammollato)
– abbondante olio per friggere (io circa 3/4 di litro di olio di arachide)
– due o tre pugni di farina per infarinare i filetti.
– sale fino da aggiungere a fine frittura e qualche spicchio di limone (facoltativi)
Per la/il tempura (scegliete voi il genere):
150 gr di farina (metà 00 debole per biscotti + metà farina di riso o amido)
250-300 gr circa acqua frizzante freddissima di freezer! (circa il doppio della farina impiegata: la pastella non deve essere densa)
qualche cubetto di acqua frizzante congelata
Procedimento
La storia comincia con l’acquisto del baccalà: un bel filettone senza spine.
Se lo comprate sottosale, potete fare come spiego sotto, altrimenti comprandolo già ammollato (a Roma di solito si trova nei mercati rionali il martedì e il venerdì) potete procedere subito a preparare i filetti fritti.
Arrivo a casa, lo sciacquo sommariamente e lo adagio in una terrina di vetro, sommergendolo di acqua (lo metto “ammollo”, come si dice a Roma), copro e metto in frigo.
Per dissalarlo, lo faccio stare almeno 2 o 3 giorni in frigo.. anche 4, cambiando l’acqua un paio di volte al giorno (se vi va potete assaggiarne un pezzettino per sapere se ha perso abbastanza sale).
Arrivato il giorno della frittura ho tolto la pelle al baccalà con un coltello ben affilato (fate attenzione, non tagliatevi, ci vuole un po’ per non rovinare il pesce) e ho ricavato dei filetti piccoli abbastanza fini.
Li ho asciugati benissimo con della cartacasa e rimessi in frigo.
Ho messo in frigo anche una ciotolina con della farina: servirà per infarinarli leggermente prima di impastellarli.
Intanto ho preparato un bagnomaria gelato mettendo acqua e alcuni siberini all’interno di una ciotolona (se non avete siberini, riempite di ghiaccioli).
All’interno di questa ciotola grande, ho fatto galleggiare un’altra terrina dove ho versato le farine setacciate e l’acqua frizzante fredda di freezer.
Ho dato una mescolata sommaria (non è necessario che il composto sia liscio, anzi molti consigliano di lasciarlo grumoso).
Per far sì che il tutto si mantenesse ben freddo ho messo all’interno della terrina con la pastella, anche un paio di cubetti di acqua frizzante congelata, e un tubo in plastica chiuso (non dobbiamo correre rischi che la pastella si annacqui oltremodo) pieno di acqua ghiacciata, rubato alla brocca da acqua che vedete in secondo piano (in alternativa si potrebbero usare dei sacchetti formaghiaccio).
La pastella non deve risultare densa e non ha bisogno di riposare.
In mancanza del wok che sarebbe la cosa più adatta (o forse della friggitrice, ma non ce l’ho), ho portato a 170-180°C l’olio di semi in un pentolino antiaderente alto.
Se non siete bravi, come non lo sono io, a capire quando l’olio arriva alla giusta temperatura, potrete servirvi di un termometro da cucina.
La sequenza che ho osservato è stata questa:
- pochi pezzi di baccalà asciuttissimi per volta,
- li ho infarinati leggermente,
- tuffati velocemente nella pastella fredda scolando l’eccesso
- e immersi quindi nell’olio caldo facendo friggere per 5 minuti circa
Risultato: gonfi, leggeri, croccanti, chiari (se si volessero più coloriti provare ad aggiungere un uovo alla pastella, anche se la versione tradizionale casalinga della tempura giapponese non lo prevede), non c’è stato bisogno di sale o limone .. ottimi già così!
P.S. del giorno dopo
Qualcuno degli ultimi filetti lo abbiamo lasciato, ma niente paura: fino al giorno dopo sono ottimi e croccanti… quasi quanto i primi ..
Quasi quasi ci faccio un pensierino per i fritti di Natale
Li ho messi in frigo, e il giorno dopo li ho adagiati ben separati su carta per fritti, in forno già caldo, per una 10ina di minuti a 150°-170°C ventilato (vedete voi col vostro forno).
Stesso procedimento per le umili e deliziose alici fritte in tempura
Fonte 04.XII.2014