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PANE, pizze, pizzelle e dintorni

Pane di sola segale (da ricetta Ginzburg)

 Grazie alla curiositá in materia di farine “scure” che mi ha trasmesso il nostro amico Nico, mi sono cimentata stavolta in un pane di tutta segale, cercando di replicare, quasi alla lettera, la ricetta (in inglese) di Garrick Ginzburg-Voskov che consiglia di utilizzare cereali in chicchi da macinare all´occorrenza.


È stata una cosa lunghissima, ma facilissima. Praticamente alla portata di tutti ….. quelli che amano questa farina con poco glutine. Consumata piú che altro nei paesi nordici, sembra che la segale abbia fra le sue caratteristiche anche quella di aiutare ad evitare malattie cardiovascolari.
Di seguito la realizzazione del mio primo pane di tutta segale.

INGREDIENTI (la mia pagnotta, che si dovrebbe mantenere per una settimana almeno, dopo la cottura sará di circa Kg. 1,550)
Per gli impasti (per questo pane non è consigliabile mescolare con impastatrici, nè tantomeno a mano. Utilizzare spatole o cucchiai di legno forti):
120 g lievito naturale (io ho usato il mio lievito liquido di segale)
660 g segale biologica in chicchi, macinati finemente (ho usato la farina integrale 1150 valore tedesco. La ricetta suggerisce in alternativa 480 gr chicchi segale + 180 g chicchi kamut da miscelare insieme e macinare)
200 g acqua oligominerale

Per la zavarka:
240 g chicchi di segale bio, macinati grossolanamente
500 g acqua oligominerale
3 g semi di coriandolo macinati (al momento)
10 g sale fino (io ho pestato sale grosso)

PROCEDIMENTO. Questa è stata la mia tabella di marcia:
Mercoledí – PRIMO GIORNO, SERA TARDI – 10 minuti di lavoro – Preparare un poolish di 120 g da usare quale lievito per la mattina seguente. Io ho fatto cosí: 5 g di Lilí di segale al suo raddoppio (rinfrescato qualche ora prima), 70 g acqua, mescolare, poi 45 g di farina integrale di segale, mescolare e coprire per la lievitazione fino al mattino seguente (ho fatto stare 6 ore).

Poolish prima e dopo 6 ore di lievitazione
Giovedí – SECONDO GIORNO, MATTINO – 5 minuti di lavoro – Preparare il primo impasto da mettere a lievitare: sciogliere il poolish in una terrina media di coccio (circa 20-25 cm di diametro), aggiungendo i 200 g di acqua e i 100 g di farina. Mescolare e mettere a lievitare coperto fino a sera (10-12 ore a 18-22°C – in questo periodo fa caldo, mi sono aiutata mettendo la terrina nella borsa termica e ghiaccio).

Primo impasto prima e dopo circa 12 ore di lievitazione (l´ho un po´sbatacchiato tirandolo fuori dalla borsa termica)
Giovedí – STESSO GIORNO, SERA – 5 minuti di lavoro – Preparare il secondo impasto: scoprire la terrina e incorporare bene 200 g. di farina. Coprire e lasciar lievitare per 20-24 ore a 18-22°C (sempre borsa termica e ghiaccio).

Secondo impasto prima e dopo circa 23 ore di lievitazione
Venerdí – TERZO GIORNO, MATTINO – 15 minuti di lavoro – Fare la zavarka: in una terrina grande (25-30 cm circa di diametro) mettere i 240 g di chicchi di segale macinati grossolanamente in precedenza (ho usato un macinino da caffé), aggiungere il sale, i semi di coriandolo macinati al momento e mescolare bene. Mettere intanto a bollire 500 g di acqua. Versare l´acqua bollente nella terrina con i semi e farla assorbire bene. Coprire la terrina con un paio di canovacci e lasciar riposare fino a sera (ho fatto stare circa12 ore).

Chicchi di segale prima e dopo averli macinati grossolanamente (nel macinino del caffè)
 
Zavarka prima – durante – e dopo circa 12 ore di riposo (notare l’impronta del dito perchè ho voluto assaggiarla… bbbbonaaaaa)
Venerdí – STESSO GIORNO, SERA – 5 minuti di lavoro – Fare la opara o terzo impasto cosí: versare il secondo impasto nella terrina piú grande della zavarka. Amalgamare bene tutti gli ingredienti, infarinare leggermente, e far lievitare coperto per circa 12 ore (sempre al fresco).
 
A sinistra, il secondo impasto e la zavarka, pronti per diventare terzo impasto (o opara). Al centro si inizia la fusione. A destra la opara mescolata

Opara infarinata prima e dopo 12 ore circa di lievitazione (sempre in borsa termica)
Sabato – QUARTO GIORNO, MATTINO – 1 h di lavoro piú un po´ di impegno per le ultime fasi – Aggiungere progressivamente i restanti 360 g di farina agli ingredienti della opara. Prendetevela con calma. Ci vorrá quasi un´oretta per rendere omogenea la massa. Per amalgamare ho usato il pestello di legno del mortaio. (Io non concordo perché ormai c’è del sale, ma per chi fosse partito con un lievito diverso da quello di segale, e volesse crearsene uno, in questa fase viene consigliato di prelevare circa 200 grammi di impasto, infarinarlo, incartarlo con cartaforno e metterlo in un contenitore in frigo per le volte successive).

Opara prima e dopo l´aggiunta dei restanti 360 g di farina
Ora ungere bene “il forno olandese” (praticamente una teglia in ghisa con coperchio tipo quelle per fare il pane senza impasto. Io ho usato una teglia pyrex con coperchio) e adagiarvi l´impasto. Livellare con una spatola che bagnerete leggermente, coprire con cartaforno (io l´ho dimenticata) e il coperchio.

Impasto adagiato nella teglia di pyrex unta e poi livellato con spatola bagnata
Mettere in forno giá caldo con la lucetta accesa a lievitare per un´ora e mezza circa (27-28°C). Il livello dell´impasto non dovrá comunque superare di un paio di cm. il bordo della teglia.
Dopo questo periodo, tirare delicatamente fuori la teglia, togliere coperchio e cartaforno; punzecchiare con uno stuzzicadenti in una ventina di punti la superficie dell´impasto affondando per 1 cm circa o poco piú (per far sí che in cottura la calotta non si stacchi dal pane stesso).

Nel forno a lucetta accesa per 1h e 1/4 e poi fuori a punzecchiare (naturalmente mi si è leggermente sgonfiato togliendo il coperchio)
Riposizionare la teglia – questa volta senza coperchio – all´interno del forno freddo.
Pur se non consigliata dalla ricetta io ho messo la solita teglietta con acqua alla base del forno. Consiglio anche di mettere una teglia al di sopra della calotta del pane per non farlo brunire troppo, come è successo a me (anche se Ginzburg paragona anche la sua, ad una pagnotta color cioccolato scuro).
In questo momento accendere a 260°C. Quando sará arrivato a temperatura (a me ci è voluto circa mezz´ora), contare ancora 10 minuti. Poi abbassare a 230°C per 28 minuti; finire abbassando a 215°C per altri 28 minuti (visto che non avevo tolto i 200 grammi di impasto, ho allungato la cottura di altri 15 minuti a 200°C ).
Terminata la cottura tirare delicatamente fuori il pane dalla teglia aiutandosi per non farlo rompere, metterlo ad asciuare per 6 ore circa su una griglia, coprendolo con cartaforno e due canovacci.

Dopo queste 6 ore ho incartato il pane nella cartaforno e messo in due borsine di tela una dentro l´altra, e poi riposto in dispensa.
Ginzburg dice che se la birra puó essere considerata un pane liquido, questo pane puó essere considerato una solida Porter (è una marca di birra). Domani – dopo l´assaggio – vi sapró dire se dargli ragione
Ed ecco le fette. Conclusione: buono buono buono, ma particolare.
Un pane un po´ difficile per noi mediterranei, da consumare come alternativa ai pani di grano tenero o duro. Senz´altro da provare


Spaccato in due e poi, capovolto. Come vedete la cottura della base è penalizzata dall´essere stata fatta in pyrex. Probabilmente nel suo “dutch oven” (forno olandese di ghisa) sarebbe stata piú pronunciata.

alveolatura regolarissima, ma fine. Resta leggermente umido anche il giorno dopo. Mi ritengo estremamente soddisfatta del risultato: credo che piú di cosí non si possa chiedere ad un pane di sola segale.

E dopo qualche anno, ecco una versione dell’ottobre 2017 

Fonte: mio post su Cookaround del 01.VIII.2009

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PANE, pizze, pizzelle e dintorni

Focaccia di avena e semi di girasole

Be’, forse in un’altra vita ero veramente una “fornarina” come mi chiama qualche amico.
Eh si! Ho un debole per il pane, focacce e lievitati in generale: con la farina canonica, con le farine senza glutine, integrali, raffinate, con lievito naturale, senza lievito e con lievito istantaneo.
Sta di fatto che anche l’ultima prova, grazie ad Energy Training, mi ha soddisfatto, e con qualche piccola variazione per adattarla alla fase 3 della mia Fast Metabolism Diet, ecco la mia versione in “cups” americane; ma traàanqui, fornisco anche i nostri beneamati grammi 😉
Ingredienti:

  • 1 cup avena decorticata cotta (utilizzata invece del riso in quanto non previsto in questa fase di dieta) – 100 g da cruda
  • 2 cups farina senza glutine (utilizzata 1 cup e ½ di saraceno + ½ di avena) – 300 g totali
  • 1 cup acqua – 240 g
  • 2 cucchiai olio e.v.o. – 20 g
  • 1 cucchiaino sale – 7 g
  • 1 cucchiaino semi finocchio – 2,5 g
  • 2 cucchiai e ½ semi girasole (2 per l’impasto e ½ per decorare) – 35 g
  • 1 cucchiaino di lievito per dolci homemade – 5 g

Procedimento
Ho frullato avena (cotta per 15 minuti dal sibilo in pentola a pressione), olio, semi finocchio, sale e acqua nel bimby 20″, vel. 10/turbo.
Ho riportato il composto verso il basso con una spatola e di nuovo 20″, vel. 10/turbo.

  

Aggiunta nel bimby tutta la farina – tranne un cucchiaio da inserire alla fine mescolata al lievito – coi semi di girasole.
Frullato prima 1′, vel. 2, antiorario (per non spezzettare i semi di girasole).
Riportato l’impasto verso il basso con una spatola, aggiunta la restante farina messa da parte col lievito, e di nuovo 1′, vel. 2, antiorario.

 

Ho versato l’impasto appiccicoso su uno spiano, fra due fogli di cartaforno, e steso a 1 cm di spessore.

Trasferito l’impasto in teglia, guarnito con semi di girasole pre-ammollati e infornato preriscaldato, forno statico, per 30′ a 160°C.

Una volta cotta ho freddato la focaccia da circa 625 grammi di peso su una gratella e l’ho tagliata ricavando 18 porzioni da circa 35 g l’una: sarà il mio “pane” durante la fase 3 della mia dieta, ma nulla vieta di gustarsela in ogni momento della giornata, portarsela in ufficio o consumarla come uno snack genuino.

Soffice e gustosissima… da ripetere.

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Torihamu al forno (Giappone) – Prosciutto di Pollo

In occasione di qualche preparativo per non restare senza il cibo leggero ad hoc della mia FMD (Fast Metabolism Diet) da portarmi facilmente in ufficio, mi sono imbattuta di nuovo nel famigerato torihamu, un piatto proveniente dal Paese del Sol Levante, del quale da oltre un decennio si trovano centinaia di versioni.
Ho già provato il torihamu (traduzione letterale per “prosciutto di pollo”), sia con pollo a fettine (arrotolandolo a mo’ di rollè), ma anche con tacchino, con maiale, con pezzo unico di petto di pollo, e prossimamente vorrei provare anche con manzo.
La lavorazione richiederebbe un paio di giorni di pazienza per la marinatura. Per una serie di motivi, pur non avendo tempo né pazienza a disposizione, ma non volendo rinunciare a provare questo piatto, la prima volta l’ho preparato brevemente (successivamente ho adottato le 48 ore canoniche di marinatura).
Ingredienti (per 8 porzioni):
1 Kg petti di pollo bio (meglio interi che in pezzi perché al momento del taglio, la fetta sia migliore)
3 cucchiai di miele o zucchero (io zucchero di betulla; volutamente messo in una dose inferiore rispetto alla ricetta)
3 cucchiaini di sale fino (c.s.)
una bella macinata di pepe verde (lo preferisco in quanto lo trovo più delicato del pepe nero), oppure in alternativa peperoncino secco tritato
una grossa manciata di erbe aromatiche fresche (o secche) del mio balconcino sminuzzate  (rosmarino, timo, salvia, alloro)
aglio e cipolla secchi in polvere autoprodotti (facoltativo)
 
Procedimento
Nel primo pomeriggio, all’uscita dall’ufficio, ho acquistato i petti di pollo.

Appena arrivata a casa stavo per procedere con le modalità suggerite (ingredienti nella busta, relativo “massaggio”, e così via…), ma avendo poco tempo a disposizione, ho deciso che era meglio lavorare prima in una terrina per insaporire meglio e velocemente; quindi ho mescolato in una terrina zucchero e gli altri ingredienti previsti, massaggiandoli per bene sulla carne.
Questa volta, sì! Ho riempito una busta di cellophane (ho utilizzato quelle resistenti per il sottovuoto) con la carne “addobbata” per le feste, ho sigillato e messo in frigo. Dopo 5 ore (ma successivamente ho osservato le 48 ore) ho tirato fuori dal frigo e fatto marinare il pollo per un’ultima ora a temperatura ambiente.

Per la marinatura sono previste come minimo 5 ore (massimo 72 ore), quindi ho sperato che le 6 ore che avevo a disposizione prima di procedere alla cottura sarebbero state sufficienti per dare sapore!
Arriviamo al momento della desalinizzazione. Ho sciacquato brevemente la carne sotto l’acqua corrente (visto che generalmente utilizzo meno sale), messa a bagno per qualche minuto e immediatamente dopo messa in uno scolapasta a perdere il grosso dell’acqua.

Ho infine asciugato con cartacasa e ho formato due rotoli da mezzo Kg. l’uno. Sopra a ciascun rotolo ho spolverato altre erbe aromatizzate fresche, pepe (no sale), aglio e cipolla secchi. Ho arrotolato e legato. Ho avvolto in cartaforno e successivamente ho avvolto ulteriormente ciascun “pacchetto” in fogli di alluminio.

 


Per chi non riuscisse a “legare” per bene il pezzo di carne, può risolvere come ho fatto io successivamente, e cioè utilizzando la retina degli arrostini che avevo acquistato, infilata al di fuori dalla cartaforno (preferisco che plastiche o elastici non stiano a contatto con la carne durante la cottura), prima di avvolgere in alluminio.

Per quanto possibile infatti vorrei anche evitare saccocci o cartafata per cuocere, e comunque pur volendomi spingere a provare “una tantum” questi articoli, stavolta non li avevo, quindi mi sono orientata verso la cottura al forno e non quella in acqua (fra l’altro è quella suggerita con maggior enfasi dall’autore della ricetta che cito).
Avevo interpretato male le indicazioni dell’autore per la cottura del pollo: lui suggeriva 40 minuti al forno. Soltanto dopo ho realizzato che stava dando indicazioni per pezzi da 250 grammi, mentre i miei rotoli erano da 500 grammi l’uno; quindi successivamente ho aumentato i tempi.
Questi quindi, i tempi di cottura che ho adottato per i miei successivi arrostini da 500 grammi, e coi quali mi sono trovata bene:

  • Ho infornato preriscaldato a 120°C per 80 minuti;
  • Dopo una 50ina di minuti ho capovolto i rotoli, ruotato la teglia, e proseguito per l’ultima mezz’ora;
  • Ho quindi sfornato e “abbattuto” i pezzi di carne per mezz’ora nel congelatore impostato a -21°C (è vero che in questa maniera  ho fermato definitivamente la cottura, ma sono effettivamente fuoriusciti meno succhi dai rotoli di carne rispetto a lasciare il pollo a freddarsi a temperatura ambiente. Considerare inoltre che far stare troppe ore un alimento a temperature medio-tiepide favorisce proliferazione batterica);
  • Nel frattempo si è fatta ora di andare a dormire. Ho quindi trasferito in frigo gli arrostini per poi tagliarli/porzionarli a fettine fine l’indomani mattina prima di andare a lavorare… Che tour de force, eh?!

Be’, ritengo ne sia valsa la pena, visto che – dieta o no – in famiglia lo mangiano tutti volentieri!! 😉
Prima prova:

POLLO A FETTINE SBAGLIATO! – Brutto ma ottimo (di volta in volta però ho dovuto ripassare in cottura le fette in quanto poco cotte per la svista di cui ho parlato sopra).
Prove successive:

MAIALE – A mio gusto, forse il più succulento.

TACCHINO – Il più “precisetto”

POLLO GIUSTO! (META’ PETTO GRANDE BIO)
– E’ bello cambiare no? Mah! Che devo dire?! Alla fine questa carne, come la fai-la fai, risulta sempre gustosa 😉
Fonte 07.VI.2017
 

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Beef jerky passo-passo (carne di manzo essiccata)

E’ una tipologia di carne essiccata di provenienza statunitense, anche se presso i nostri Castelli Romani, nel Lazio, si trovano ancora le famigerate coppiette (una volta quasi esclusivamente di cavallo, oggi perlopiù di suino), molto simili all’americano jerky (o forse il loro è simile al nostro?! 😉 ).
Negli Stati Uniti questo tipo di carne viene consumata regolarmente, e ne sono venuta a conoscenza leggendo il libro di H. Pomroy relativo alla dieta delle 3 fasi (o FMD – Fast Metabolism Diet).
E’ una carne – preferibilmente di manzo – che si disidrata prima di essere consumata, mediante essiccatore o nel forno di casa. Sembra si possa preparare anche con pollame o pesce (in questo caso qualcuno afferma che occorre una pre-cottura).

Pertanto, anche se in rete si trovano molte versioni, ho preferito seguire sommariamente il procedimento e le dosi suggerite, con le piccole limitazioni di condimento concesso da questa dieta (no soia, se non tamari, che proviene da soia fermentata; no miele, no zucchero se non xilitolo). Vorrà dire che ripeterò questa preparazione anche nelle altre versioni, quando non avrò più problemi di condimento 😉 ).
Ne ho preparato degli spuntini spezzafame da portare con me all’occorrenza quando avrò bisogno di un cibo proteico naturale e, cosa essenziale, visto che lo facciamo in casa, non avrà nitriti-nitrati e perlopiù potremo prepararlo secondo il nostro gusto.
Questo il mio primo beef-jerky, preparato nel mio nuovo essiccatore  che ha un nome che è tutto un programma: Fruit Jerky Pro 6 della Klarstein.
Dopo l’essiccazione ho ricavato 7 spuntini da poco meno di 30 grammi l’uno (sono partita da 680 grammi di carne pulita da grassi e nervetti). Sono dosi minime come si può notare, ma non ritengo che si abbia bisogno di tantissima carne, salvo essere dei body-builder. Non sono vegetariana, ma diciamo che prediligo un consumo consapevole di carne, quando possibile certificata, e senza eccedere:

  • 680 gr circa di filetto di vitellone biologico (da un pezzo di carne di 830 g) o altra carne magrissima
  • 60 g circa di tamari bio o salsa di soia (1/4 di cup secondo le misure americane suggerite)
  • Succo di un grosso limone
  • 1/2 cucchiaino di cipolla essiccata bio (autoprodotta nell’essiccatore)
  • 1/4 cucchiaino di aglio in polvere bio (c.s.)
  • 1/4 cucchiaino pepe verde (lo trovo altrettanto saporito ma più delicato rispetto a quello nero)
  • 1/4 cucchiaino peperoncino secco tritato
  • sale marino q.b.

Un accento importante prima di iniziare col procedimento, lo vorrei mettere sull’igiene durante la preparazione. Questa non è una carne cotta, ma soltanto disidratata a media temperatura (quella prevista dal mio essiccatore per questa preparazione è 68°C), quindi più passibile di contaminazioni batteriche.
Per poterlo tagliare più agevolmente, nella serata del primo giorno di preparazione, ho messo nel congelatore per un paio d’ore il pezzo di carne intero da 830 grammi.

Ho tolto dal freezer e pulito il pezzo da tutti i grassi e nervetti (erano relativamente pochi in questa carne costosa e magrissima, ma se non li togliessimo abbasserebbero la conservazione in quanto non si disidratano e irrancidiscono). Ho quindi tagliato delle striscioline fine. La carne era molto tenera, io non sono assolutamente brava in queste cose, ma la misura suggerita era di circa 6 millimetri/1 cm di spessore x 10 cm di lunghezza per ciascuna striscia.
Ho immerso le striscioline nella marinata preparata in uno stampo di vetro con gli ingredienti in elenco, e trasferito coperto in frigo per quasi una giornata. Era previsto per 8-10 ore, ma lavoro, quindi ho ripreso il tutto nel pomeriggio del giorno seguente. Ho mescolato la carne per 2 o 3 volte quando ho potuto (ogni 4-8 ore).

 

Il giorno dopo ho gettato via il liquido della marinatura, asciugato su cartacasa le strisce di carne e trasferito nell’essiccatore per 5 ore (il produttore indica dalle 6 alle 16 ore, ma non avevano fatto i conti con lo spessore minimo delle mie striscioline 😉 )

 

Terminato il processo di essiccazione, sono passata a quello del sottovuoto… puff-pant!
Nel mettere sottovuoto ho utilizzato anche della cartaforno a protezione, per evitare che la carne indurita bucasse le buste di plastica.

Infine, per poter dilazionare in sicurezza il consumo di questi spuntini proteici, ho adottato l’ultimo dei procedimenti scelti, e cioè il congelamento (dove sarebbe bene non conservare la carne per più di un paio di mesi). In caso contrario conservare in frigorifero per un massimo di 15 giorni.

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LIQUORI, bevande, sciroppi, ecc.

Frullato di cetriolo – incredibile ma buono

Sempre alla ricerca di ricettine salutari, gustose e veloci da preparare? Eccone una fresca e “sgonfia-pancia” (almeno così dicono voci di corridoio 🙂 da consumare nelle calde giornate estive, magari sul terrazzo.
E comunque ne potremo trarre giovamento quantomeno per raggiungere i fatidici 5 pasti al giorno di frutta-verdura, giusto?!!! 😉
Vi assicuro che i cetrioli non sono fra le mie priorità alimentari, e  invece questo frullato, conosciuto grazie alla FMD (Fast Metabolism Diet), me li ha fatti riscoprire! Provatelo anche voi e mi saprete ridire!

Ingredienti per due bei frullati (il maritino gradisce sempre anche lui 😉 )
2 cetrioli medi
½ limone pelato a vivo (più, facoltativa, anche un po’ della parte gialla della scorza,  ma solo se il limone è non trattato)
1 pezzetto di zenzero (non più grande di mezzo dito mignolo: pizzica!)
un paio di foglioline di menta (facoltativa)
1 micromisurino di stevia (in alternativa 2 cucchiaini rasi di xilitolo o di zucchero di canna)
1 bicchiere d’acqua (o anche mezzo, aggiustate a piacimento la densità)
3-4 cubetti di ghiaccio
 
Ho lavato, pelato e fatto a pezzi grossolani i cetrioli, aggiunto il mezzo limone pelato a vivo (visto che avevo un limone biologico ho messo anche la parte gialla della scorza) e il pezzetto di zenzero spellato e tagliato a pezzettini.
Ho versato tutto nel bimby, aggiunto i cubetti di ghiaccio, l’acqua, la stevia e frullato 30-40”, arrivando gradualmente a vel. 10 (un pochino di più nel frullatore, se non avete il bimby).
 

Gustare come spezzafame-dissetante.

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SALSE, sughi, condimenti, erbe

Senape da semi – FMD

A me la senape piace, e visto che in questo periodo sono intenzionata a condirci soprattutto i miei piatti di carne in modo leggero e gustoso (e per dare una scrollata al mio metabolismo con la FMD), mi vorrei orientare verso un prodotto senza zucchero né olio.

Senza avere la pretesa di arrivare alla tradizionale “moutarde a l’ancienne” (una delle quali è la famosa Senape o Mostarda di Digione) c’è da dire che è difficile trovare al supermercato un prodotto che corrisponda a quello che cerco nel gusto e nella composizione, e allora ho proceduto a cercare in rete qualche ricetta che mi soddisfacesse, oltre agli ingredienti necessari per realizzarla partendo dai semi.

Molto complicato farla venire gustosa? Ci ho voluto provare e il risultato mi ha soddisfatto.

Online ho trovato dei semi biologici di senape come segue: una confezione di semi gialli, da 400 grammi; l’altra di semi neri, da 50 grammi. Questo per mettere l’accento sul fatto che le percentuali che trovate sotto sono dettate unicamente dal fatto che vorrei finire le due confezioni di semi nello stesso momento 😉

Ho miscelato le due tipologie di semi secondo quanto mi ha dettato la testolina, e poi ho fatto due prove comparate: una con acqua, sale e anice; l’altra con aceto, sale e stevia.

… and the winner is …

Vista la presenza dell’aceto (della versione vincitrice 😉 ), la conservazione in frigorifero sarà almeno di un mese, ma ho voluto fare una prova minima di partenza. Ne monitorerò comunque la durata, ma voi potrete farne in proporzione quanta ne volete, e magari surgelarla.

Ecco la versione prescelta per 120 grammi di prodotto finale (io ne ho fatta metà):

5 g semi biologici di senape nera (sinapis nigra)
40 g semi biologici di senape bianca (sinapis alba)
aceto di mele bio q.b. per coprire i semi durante la marinatura + altro per la frullatura
1 g sale fino (mezzo cucchiaino raso)
0,02 gr di stevia pura Stevialia (due micromisurini) – in alternativa 2 cucchiaini di xilitolo di betulla.

Ho lasciato il mix di semi più gli altri ingredienti per 6 ore in ammollo in frigorifero, all’interno di un barattolino di vetro.

Dopo questo tempo ho frullato i semi con un minipimer direttamente nel barattolo, aggiungendo altro aceto, fino ad avere un composto granuloso e non troppo raffinato.

Assaggiare e, volendo, aggiungere del sale o del dolcificante naturale (stevia o xilitolo di betulla).

Nel momento di consumare la senape si potrà personalizzarla con aggiunta di miele o olio o yogurt (se consentiti) o altro.

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SECONDI, SFIZI E STREET-FOOD

Sticks di albumi

Preparatevi: ci vorranno molte teglie per soddisfare tutti!!
Ingredienti
Albumi – oggi 80 g per provare..
Sale quanto basta
Pepe e altre spezie se gradite (deliziosi con paprika dolce)
Poca acqua
Preparazione
Mescolare albumi, sale e spezie in una ciotola allungando un po’ con acqua (questa prima volta non l’ho messa, ma ho solo spruzzato gli albumi dopo aver steso su cartaforno.. )
Preriscaldare il forno a 200°C.
Usare delle formine tipo quelle da muffin (meglio se di silicone altrimenti usare Pam Cooking Spray o Fry Light per non fare attaccare) e versare nel fondo di ciascuna pochissimo composto.
Deve essere quanto più sottile possibile.
Io mi sono arrangiata con della cartaforno a fisarmonica.

Questo è particolarmente importante se volete ottenere un prodotto simile a delle patatine croccanti.
Se ne mettete troppo vengono delle “patate” di albumi morbide.
Inevitabile un po’ di sperimentazione le prime volte, comunque nella formina non dovreste mettere più di un paio di millimetri di albume sbattuto.

Infornare fintanto che le vedrete dorate e croccanti.
A 200°C dovrebbero diventarlo dopo 15 minuti circa (controllare sempre la cottura per sicurezza).
Ruotare la teglia dopo 10 minuti, ma dovranno essere molto dorati per essere veramente croccanti.

24.II.2013