Utilissima da aggiungere a tutti i nostri grandi lievitati e non solo, ho preso spunto da questa ricetta qui.
Naturalmente si potranno seguire i suggerimenti della ricetta originaria. Visto però che il miele ha caratteristiche simili a quelle dello zucchero invertito, ho preferito preparare col miele questo aroma naturale.
Non so in due mesi quanto potere estrattivo ha avuto il mio miele “vanigliato”, ma alla fine del processo ho ricavato un fluido denso profumatissimo e pieno di semini.
Ingredienti
500 g miele di acacia biologico 50 g baccelli vaniglia
Procedimento
Ho inciso i baccelli di vaniglia per la lunghezza e ho raschiato i semini col dorso di un coltello.
Ho aggiunto, in un barattolo a chiusura ermetica di capienza adeguata, i semini, il miele e i baccelli tagliati in 3 o 4 pezzi. All’interno del barattolo di vetro ho aggiunto un cucchiaino di porcellana per poter mescolare al meglio.
Ho lasciato in infusione per un mese, mescolando di tanto in tanto col cucchiaino che ho lasciato sempre “in immersione” nel barattolo.
Ho frullato quindi la miscela di miele, semini e pezzetti di baccelli, fino a ridurre questi ultimi in piccolissimi pezzi.
Ho immerso nuovamente il cucchiaino di porcellana all’interno del composto e ho lasciato in infusione per un altro mese
Ho filtrato il composto e con un colino a maglia non troppo stretta ho eliminato le fibre dei baccelli (ho messo questi pezzetti sotto alcool in una bottiglina e li ho poi aggiunti al mio estratto alcolico di vaniglia).
Generalmente uso un cucchiaino di pasta (10 grammi circa) per sostituire un baccello di vaniglia all’interno delle ricette.
La pasta di vaniglia si conserva in frigorifero, fino ad un anno.
Dalle letture effettuate ho scoperto che per fare degli ottimi canditi di cedro occorre la tipologia Citrus Medica, varietà “Liscia Diamante”, comunemente detta di Santa Maria del Cedro (Calabria). Sono i frutti che ricordano una cabossa di cacao.
Ho trovato questi preziosi frutti, online, presso la Ditta “Sfizi di Calabria”.
Nei video, il Sig. Gianluca, per togliere l’amaro dai frutti, usa lasciarli in salamoia per qualche mese. Per deamarizzare invece io mi sono regolata con del sale grosso e con un metodo più veloce individuato su Fb (Gianna Dioguardi). Per le restanti fasi mi sono regolata secondo la canditura con metodo R. Morandin (non ho seguito i suoi preziosi corsi, ma ho cercato di ispirarmi principalmente al suo metodo).
INGREDIENTI 1,600 Kg. bucce di cedro (da 3 Kg lordi di cedri verdi non trattati) Sale grosso per togliere l’amaro 2 litri d’acqua 2 Kg. di zucchero semolato 100 g destrosio secco biologico 30DE (alla fine)
Strumenti utilizzati Rifrattometro – 0/90°Bx – misurare sempre a soluzione fresca a 20°C (chi non volesse usare il rifrattometro – ma consiglio di acquistarlo – potrà partire da uno sciroppo abbondante, tipo 3 litri e ½ di acqua e 3 Kg. e ½ di zucchero, per evitare rabbocchi e conteggi coi °Bx).
Pastaiola col suo cestello interno forato
PROCEDIMENTO
Salagione (alfine di deamarizzare i cedri) Ho lavato gli agrumi, li ho tagliati a quarti e ho scavato la buccia delle “coppe” fino a togliere parecchio albedo e arrivare ad uno spessore di non più di 1 (un) centimetro.
Ho disposto le coppe con l’albedo in su, in uno scolapasta sovrapponendo strati di bucce a strati di sale grosso, ho aggiunto un peso e ho lasciato scolare per un giorno l’acqua amara di vegetazione.
Ho sciacquato molto molto accuratamente e ripetutamente le bucce per togliere qualsiasi traccia salina.
Congelamento (per preparare meglio i cedri al processo di osmosi) Finita la prima fase di salatura ho risciacquato molto bene le coppe, le ho asciugate e le ho preparate per metterle il freezer, dove dovranno sostare almeno 12-24 ore.
Dopo lo scongelamento le fibre delle bucce si apriranno, e saranno più ricettive al processo di osmosi di cui sopra.
Ebollizioni preparatorie (per deamarizzare e intenerire le bucce) Ho portato a ebollizione abbondante acqua in una pentola con le bucce appena tirate fuori dal freezer. Ho fatto riprendere il bollore per 2-3 minuti. Ho scolato e ripetuto per altre due volte. Infine ho asciugato, pressando bene le bucce con un canovaccio. Assaggiare un pezzettino di buccia e, qualora ci fossero tracce di salinità, procedere ad un’altra ebollizione. Ho adagiato delicatamente tutte le bucce nel fondo della mia pastaiola, coprendo col relativo cestello.
Canditura In un’altra pentola ho preparato la soluzione di sciroppo portando ad ebollizione l’acqua e lo zucchero 1:1, quindi a 50°Bx. Una volta pronto ho versato la soluzione disciolta sopra alle bucce di cedro coperte dal cestello della pastaiola (visto che ha i fori, il liquido ci passerà attraverso, ma il cestello farà da leggero “pressello” per non far emergere le bucce dallo sciroppo). Lasciare così, scoperto, per 24 ore. Dopo 24 ore ripetere l’ebollizione dello sciroppo scolandolo in un’altra pentola e mantenendo le bucce nella pastaiola, al di sotto del cestello. E’ normale che dopo un giorno i gradi Brix saranno diminuiti e non aumentati. Questo perché l’acqua del frutto è stata rilasciata nella soluzione zuccherina, abbassando i °Bx totali. Far prendere velocemente l’ebollizione allo sciroppo (massimo 1-2 minuti), dopodiché versare di nuovo la soluzione bollente sulle bucce. Procedere così quotidianamente, fino ad arrivare a 70-71°Bx della soluzione (7-10 giorni; meglio un giorno in più che uno in meno). Qualora dopo due-tre giorni lo sciroppo scarseggiasse e non ricoprisse più le bucce, misurare i gradi brix con rifrattometro e procedere a reintegrare il liquido con una soluzione corretta.
Esempio di soluzione aggiuntiva: – poniamo che lo sciroppo di canditura ormai scarso misuri 60°Bx; – decido di aggiungere altri 300 grammi di sciroppo al precedente (questo dovrà avere gli stessi gradi Brix, per non alterare il processo di osmosi che sta avvenendo); – preparerò quindi i 300 grammi di nuova soluzione disciogliendo 180 grammi di zucchero in 120 grammi di acqua.
Di giorno in giorno, prima dell’ebollizione, ho misurato i °Bx. Una buona canditura dovrebbe procedere con una massimo di 4-5°Bx al giorno. Se il processo andasse più a rilento, si potrebbe accelerare effettuando due ebollizioni di sciroppo giornaliere (non più di un aumento di 2-3°Bx ciascuna). Empiricamente, se invece i gradi Brix corressero troppo, a volte ho aggiunto pochissima acqua allo sciroppo in ebollizione, per abbassare il tenore di zuccheri rispetto ai gradi brix raggiunti (a soluzione raffreddata, rimisurare sempre col rifrattometro per non esagerare nell’abbassamento dello zucchero).
Se non si utilizzasse il rifrattometro si potrà dedurre che si è arrivati a fine canditura perché sulla superficie dello sciroppo apparirà una sorta di velo/opacità, un po’ come quello che si vede anche sul tè!
Aggiunta glucosio (come anticristallizzante dello zucchero) A canditura avvenuta, ho scolato lo sciroppo che ormai era appena sufficiente a coprire i canditi (800 gr circa). Ho tagliuzzato velocemente a cubetti quasi tutte le coppe di cedro, riempiendo i barattoli di vetro che avevo pre-sanificato, insieme ai loro coperchi clic-clac. Per evitare che lo zucchero contenuto nello sciroppo ricristallizzi, ho mescolato al “vecchio” sciroppo di canditura una nuova soluzione di 40 acqua + 100 destrosio, e ho ricoperto tutte le mie bucce trasformatesi finalmente in stupendi canditi. A fine rimescolamento delle due soluzioni zuccherine ho ricontrollato i gradi Brix e sono partita per la …
Pastorizzazione Per una conservazione in dispensa, lunga e sicura, ho proceduto alla pastorizzazione, adagiando i barattoli ben chiusi in una pentola piena d’acqua, con qualche divisorio di tessuto fra l’uno e l’altro per non farli rompere. Ho conteggiato 40 minuti dalla ripresa del bollore. Appena possibile li ho prelevati, capovolti e al mattino dopo, quando erano ormai tutti sottovuoto, li ho etichettati in attesa delle imminenti panettonate!
ARANCE Per la canditura delle arance mi comporto in maniera appena diversa: – inizio mettendo per 2 giorni in ammollo le bucce, cambiando l’acqua per 2 o 3 volte al giorno; – dopo l’asciugatura, senza nessuna fase di salagione, trasferisco direttamente le bucce in freezer; – all’uscita dal freezer faccio una sola ebollizione prolungata di almeno un’ora dalla ripresa del bollore, fino a che le bucce si riescono a forare con uno spiedino di legno; – proseguo con lo stesso metodo della pastaiola fino a fine canditura.
I supplì più somiglianti al cibo da strada che imperversa soprattutto nelle rosticcerie e friggitorie romane, e che sono riuscita a preparare qualche volta, non potevano che venire da uno spunto di Arcangelo Dandini.
Questa la mia versione odierna, con qualche licenza che mi sono voluta concedere dopo aver letto qui, e qui!
INGREDIENTI (per 20-25 supplì) 600 g riso Carnaroli Girolomoni bio 8-900 g pelati passati grossolanamente al passaverdure, dopo aver tolto i semi 400 g di carne mista tra salsiccia di maiale e durelli di pollo (io 3 salsicce e 50-100 g di fegatelli) 15 gr di porcini secchi rinvenuti fatti a pezzettini ½ bicchiere di vino bianco secco 1 costa di sedano ½ cipolla 5-6 cucchiai olio e.v.o. 15-20 foglie di basilico (in alternativa 2 foglie di alloro mentre cuoce il sugo) ½ cucchiaino di polvere di semi di finocchio tritato al mortaio (o meglio un ciuffetto di finocchietto selvatico fresco) sale e pepe (io pepe verde) 200 gr di fiordilatte (io quello in filoncini) acqua calda e/o brodo (facoltativa)
Per la pastella della panatura Acqua Farina (una tipo “zero” indebolita col 20% di fecola di patate) Pangrattato, con pane integrale sciapo che faccio io Olio di arachidi per friggere (in passato veniva usato strutto) No sale
PROCEDIMENTO Ho iniziato facendo un soffritto con olio, cipolla, sedano e i funghi secchi rinvenuti (sono d’accordo con Dandini: la carota non la metto; addolcisce un po’ troppo il sugo). Ho fatto sudare le verdure a fuoco bassissimo per 10-20 minuti.
Ho aggiunto i rigagli di pollo tagliuzzati e poi le salsicce sbriciolate (qualora non si gradiscano i pezzi di carne nei supplì, lasciare interi i durelli e le salsicce per poterli togliere successivamente); ho lasciato cuocere la carne per circa 10 minuti (di più se si lasciano pezzi interi).
Ho sfumato con mezzo bicchiere di vino e lasciato evaporare, e poi ho versato il pomodoro (meglio se caldo).
Qui ho individuato due strade: – la prima vorrebbe che il riso cuocesse immediatamente nel pomodoro alla ripresa del bollore (non si richiede una salsa concentrata); – nella seconda (ho seguito questa versione) si fa prima cuocere il sugo per una mezz’oretta e poi si versa il riso per la cottura; in questo caso potrebbe essere necessario aggiungere un po’ di brodo/acqua bollente per permettere al riso di cuocere per bene.
Una volta pronto il “ragù”, ho aggiustato di sale e una generosa macinata di pepe verde. Intanto avevo messo da parte il riso che avevo fatto tostare per 3-5 minuti “a secco”, senza grassi, in un tegame capiente, mescolando continuativamente per non farlo bruciare (serve per fissare l’amido, e farlo rilasciare gradualmente in cottura, senza rendere il riso colloso). Ho quindi cotto in immersione il riso, versandolo nel ragù in ebollizione. Ho considerato 12 minuti di cottura anziché i 15-20 indicati in confezione (qualora si addensasse troppo, aggiungere poca acqua calda/brodo). A fine cottura ho aggiunto il basilico, la polvere di finocchio e dopo qualche secondo di riposo, ho steso il risotto sul piano di marmo. A questo punto, in prove precedenti, avevo aggiunto del parmigiano, ma ho convenuto col marito che forse è meglio gustare il formaggio su un bel risottino all’onda piuttosto che nel supplì che successivamente viene fritto! Ma degustibus. Appena freddo, ho realizzato le palline e ho inserito dentro di esse un cubetto di mozzarella e ho compattato bene fra le mani.
A questo punto si può procedere direttamente alla panatura e cottura, oppure si possono lasciar riposare i supplì in frigorifero, “nudi”, fino all’indomani.
Anche per la panatura sono andata su un sapore “neutro”. Non ho voluto aggiungere il famigerato uovo che avrebbe tenuto meglio il composto in frittura, ma che avrebbe cambiato il gusto al mio “cibo da strada”. Questa volta ho preferito regolarmi come si fa spesso con gli “arancini”: dopo averli di nuovo compattati, ho passato prima i supplì in una pastella medio-densa di acqua e farina, ho scolato e poi li ho pressati per bene nel mio pangrattato fatto in casa; a volte ho ripetuto due volte per una tenuta perfetta, ma il “guscio” esterno che si forma, a mio gusto, è un po’ troppo croccante. Ho fritto pochi supplì per volta in un pentolino piccolo, ma alto, in olio profondo, fino a sommergerli, a 170-175°C fino a farli diventare di color noce chiaro. Nelle varie sequenze di frittura è importantissimo riportare la temperatura sempre almeno a 170°C oppure i supplì si apriranno inesorabilmente in cottura. A seconda della grandezza del supplì ci vorranno dai 3-4 minuti di frittura se piccolini, fino a 7-8 minuti, se grandini come i miei. Ho tamponato con la carta per i fritti e ho servito i supplì caldi, ma non bollenti.
“Mammaaaa, in Giappone non si trovano facilmente le salsicce buone come le nostre. Proviamo a farle insieme?”.
Che fai? Non lo accontenti? Poi a me con le novità mi inviti a nozze, quindi ho preso lo spunto da ricette varie trovate in rete, poi con l’aggiunta di qualcuno dei miei tips & tricks è uscito questo.
INGREDIENTI 1000 g – carne magra fresca – due terzi prosciutto (o spalla) 500 g – carne grassa fresca – un terzo capocollo (o pancetta o guanciale senza cotenna, oppure lardo) 30 g sale – 2% (ma secondo gusti, dall’1,6% al 2,5%) 3 g pepe nero macinato al momento – 2‰ (dal 2 al 7‰) 15-30 g spezie – facoltative (semi di finocchio, aglio secco, cumino, peperoncino, paprika, ecc.) – questa volta volevo un primo test “basic” quindi ho evitato qualsiasi aroma 75 g vino bianco secco ghiacciato 150 g acqua – facoltativa (per facilitare l’insaccamento della carne) – non l’ho messa Budello di maiale (all’incirca 1 metro per ogni chilogrammo di carne) Filo da cucina
PROCEDIMENTO (importantissima la catena del freddo).
Poggiandomi su dei “siberini” ho tagliato la carne fredda a coltello, a cubetti piccoli di circa 1 cm, l’ho condita con sale e pepe mescolando bene con le mani e l’ho lasciata riposare per una notte in frigo.
Al mattino, dopo aver reidratato il budello naturale in acqua fredda/aceto/sale per 1 ora, l’ho sciacquato fuori e dentro ripetutamente sia con acqua che infine con aceto, per togliere l’odore nauseabondo ed eliminare tutto il sale. In attesa di utilizzarlo l’ho lasciato in ammollo in acqua.
Ho poi aggiunto ai pezzetti di carne il vino gelato, ho mescolato ancora qualche minuto e poi ho tritato il tutto con la piastra a fori più larghi (10 mm), dopo aver messo il tritacarne (l’accessorio del mio Kenwood) nel congelatore per almeno un’ora. Questa volta non l’ho fatto, ma una buona idea è che si potrebbe macerare nel vino dell’aglio fresco dalla sera prima e poi filtrarlo prima di aggiungerlo.
Se si fosse così pazienti da ricavare dei pezzettini molto più piccolini di quelli che siamo riusciti a tagliare, una prossima prova potrebbe essere quella di evitare di tritare la carne e passare da subito alla fase di insaccatura.
Raccolta tutta la carne in una terrina, sono passata ad insacchettare il composto. Per evitare di mandare da subito dell’aria nel budello, prima di infilarlo nel beccuccio (ho usato quello grande), è opportuno avviare prima per qualche secondo la macchina per far arrivare la carne al foro di uscita del beccuccio, poi infilare tutto il budello tranne una piccola parte che si dovrà legare. Infine iniziare l’insaccamento ricordandosi di accompagnare delicatamente il salsicciotto prima di poggiarlo nel contenitore sottostante.
Ricordarsi inoltre di bucherellare il salsicciotto man mano che esce il composto dall’insaccatore per evitare sia bolle d’aria che la rottura del budello. Se non ce ne fossimo ricordati, potremo bucherellare dopo, con l’apposito “pungisalame” o con una spilla, tutta la superficie delle salsicce (scoleranno meglio durante le successive ore al fresco/in frigorifero).
Col filo da cucina ho poi legato il lungo “tubo” per suddividere e formare ciascun “rocchio” di salsiccia più o meno regolare.
Ho lasciato riposare le salsicce per 24 ore a scolarsi/asciugarsi, appese dentro al frigo.
E’ un prodotto fresco e senza conservanti, quindi andrà conservato per soli 2 o 3 giorni in frigorifero e successivamente messo in freezer.
Consumare cuocendo lentamente.
P.S. L’assaggio è andato benissimo ma, avendo usato il capocollo come carne grassa (che non è certo grasso come pancetta o lardo), ne è uscito un prodotto “più magro” rispetto alle salsicce solite, quindi meno saporito (i grassi danno sapore). Da riprovare sicuramente, ma da letture trovate, vorrei variare la percentuale della carne magra/grassa (esempio: 80% di spalla o prosciutto e 20% di pancetta senza cotenna).
Eh sì!! E’ proprio vero che a Roma, in casa mia, se in estate non si fanno almeno per una volta i pomodori col riso (noi li chiamiamo esattamente così), il marito se la prende a male.
Per noi le patate in accompagnamento sono sottintese e neanche le citiamo – magari cotte in teglia separata – ma ci sono sempre!
INGREDIENTI
8 pomodori tondi da riso di stagione grandissimi (belli rossi, ma molto sodi) 12 cucchiai riso a lunga cottura (io parboiled, ma ottimo il carnaroli) 6-800 g patate (6-8 medie) 3 grossi spicchi d’aglio senza l’anima 2 grosse manciate di foglie di basilico sale (stavolta abbonderò anch’io!!!) peperoncino (o pepe) olio e.v.o. 1 pizzico di zucchero a due dita per l’acidità dei pomodori.
PREPARAZIONE
Ho tagliato e messo vicino ad ogni pomodoro la sua calotta, li ho svuotati dalla polpa che ho messo da parte in una ciotola, li ho salati all’interno e li ho capovolti per far scolare via l’eccesso di acqua di vegetazione;
ho setacciato polpa e tutta l’acqua di vegetazione nel passaverdure, ho aggiunto abbondante sale (ho contato 8-9 prese a tre dita … stavolta ci vuole), qualche giro d’olio (4-5 cucchiai), 3 grossi spicchi d’aglio tritati finemente con lo spremiaglio, due belle manciate di basilico tagliuzzato con le forbici multilama (o tritato finissimo a mano), pochissimo peperoncino in polvere e infine un pizzicotto di zucchero a due dita;
ho fatto riposare 2 ore questo mix (ancora meglio quando lascio in frigo dalla sera prima), versandoci prima dentro 12 cucchiai di riso rigorosamente crudo (1 e mezzo per ogni pomodoro grande oppure 1 cucchiaio per pomodori piccoli) e mescolando bene. Occorre far riposare il composto in modo che il riso assorba la salsa e si prepari meglio alla cottura, senza effetto “lesso”;
intanto ho pelato, lavato e condito le patate con olio e sale (a noi piacciono grossette e le preparo così, altrimenti è necessario tagliarle molto fine/piccoline perché la cottura delle patate solitamente è più lunga del riso). Mi faranno da letto per i pomodori col riso, e sarà più semplice che restino “in piedi”;
dopo 2 ore, col mix lasciato a riposare (che nel frattempo ha assorbito quasi tutto il liquido) ho cominciato a riempire quasi fino al bordo ciascun pomodoro, ho coperto bene col cappellino, ho aggiunto ancora qualche giro d’olio e salato un po’, e li ho sistemati fra le patate (quando taglio le patate più grandi aggiungo anche un bicchiere d’acqua); se rimane un po’ di composto lo verso qua e là nella teglia.
Le calotte dovranno essere tolte solo per la grigliatura finale se, come a noi, piace il riso che fuoriesce un po’ “abbrustolito”.
COTTURA
Ho preriscaldato il forno a 180°C statico e ho infornato per 45 minuti (a seconda del vostro forno prolungate la cottura);
– dopo questo tempo ho acceso il grill ventilato (per i primi 10 minuti coi cappellini, gli ultimi 5 senza, ma state attenti che il riso non bruciacchi troppo: eventualmente rimettere le calotte).
Il risultato è che la parte superiore del riso resta croccante, mentre il riso all’interno del pomodoro risulta cotto normalmente: una vera goduria.
Rivisitata da una mia prima ricetta del 04.VIII.2010
Finalmente pubblico (pensavo di averlo già fatto) questa ricetta che faceva mia madre, col vecchio adagio: tutto ad occhio, tutto q.b. e qualche optional!
Abbina il dolce (uva passa) al salato (baccalà) e mi è sempre piaciuta moltissimo.
Forse qualche passaggio non è da “chef”, ma mia madre me l’ha suggerita così, e così la lascio.
“Qualche giorno fa, passando in un mercatino rionale ho trovato un banco con bellissimi tranci di baccalà o stoccafisso che dir si voglia – quello sotto sale, per capirci – quello che va messo in ammollo per qualche giorno altrimenti è immangiabile.
Ho comprato due bellissimi filettoni alti e spessi (erano circa 1 Kg. e 500 grammi) e tornata a casa, l’ho messo in ammollo.
Ho cambiato l’acqua più volte al giorno – mia madre suggerisce per 4-5 giorni (si!! molto meglio aggiungere sale alla fine, perché toglierlo non si può proprio), lasciandolo nella verandina del balcone semicoperto (eravamo in febbraio; alternativa in estate: lasciarlo in frigo).
Ho provato a cucinarne qualche pezzetto dopo 3 giorni: salatissimo (mamma … ti dovevo dare retta!).
L’alternativa a tutto questo, naturalmente, è comprarlo già ammollato.
INGREDIENTI per 4-6 persone 1 Kg baccalà già ammollato (oppure 800-1000 g baccalà da ammollare per 4-5 giorni) 100 g uva secca 1 carota (a volte l’ho omessa: questo non pregiudica il sapore già dolce della ricetta) 2 coste sedano 1 cipolla peperoncino (facoltativo, io sempre!) 1 barattolo pelati (pomodori freschi in estate) farina per friggere (metto sempre un 20% di amido per indebolirla) olio di arachide olio extra vergine di oliva sale (all’occorrenza)
PROCEDIMENTO e foto passo-passo.
Ho “spinato” il baccalà togliendo il grosso delle spine. Ho tagliato in pezzi non molto piccoli senza togliere la pelle (servirà per non far disfare il baccalà in padella). Ho infarinato i pezzi e fritto in abbondante olio di arachide ben caldo, infine ho asciugato l’olio in eccesso e ho tenuto in caldo il baccalà.
Dopo averle lavate e tagliate, ho fatto insaporire le verdure in padella, in olio di oliva, poi ho aggiunto due belle manciate di uva secca risciacquata, ho mescolato, e dopo qualche minuto ho unito la polpa di pomodoro.
Una volta ristretto il sughetto, ho adagiato i pezzi di baccalà.
Ormai è tutto cotto: ci vogliono pochi minuti!
Ho fatto insaporire qualche minuto e ho rigirato delicatamente.
Eventualmente far stare qualche minuto in più se assaggiando il pesce, prima di spegnere il gas, si dovesse aggiustare di sale.
So che molti non amano fare il risotto nel Bimby (ho il tm31), e con questo caldo siamo soprattutto in periodo da insalate di riso, ma i familiari vi ringrazieranno per questo piatto veloce e gustoso. Tanti anni fa la mia amica Carla me lo suggerì, e da allora lo ripeto regolarmente.
Ingredienti per 2-3 persone
250 g riso (io bio arborio Verso Natura Conad) 250 g salsiccia (io di cinghiale nero Coop, magrissimo) mezzo dado (io bio Coop) mezza cipolla olio e.v.o. mezzo bicchiere vino bianco secco 550 g acqua calda (più 50 g calda, alla fine, se serve) sale burro parmigiano reggiano peperoncino (facoltativo, io si) pepe (facoltativo; si quando aggiungo pepe verde, che preferisco al nero perché a me dà meno fastidi)
Procedimento
Prima cosa: frullo il parmigiano nel bimby e metto via.
Poi frullo la cipolla – facendola cadere a pezzi grossolani dal foro, tempo 2-3”, vel. 6 e la lascio nel boccale.
E ora, l’importante è ricordarsi l’algoritmo
3′, 100°C, vel.1 antiorario
Aggiungo olio e peperoncino e si parte coi primi 3′, 100°C, vel.1 antiorario, senza coperchio.
Aggiungo salsiccia (a volte, anche funghi secchi ammollati), 3′, 100°C, vel.1 antiorario, senza coperchio.
Poi vino, 3′, 100°C, vel.1 antiorario, senza coperchio.
Riso, 3′, 100°C, vel.1 antiorario, senza coperchio.
Acqua calda e dado, per i minuti di cottura del riso (io faccio due minuti in meno), 100°C, vel. 1-2 antiorario, con spatola inserita (aiuta a miscelare e non ci sono schizzi). Qui eventualmente, l’unica accortezza sarà di abbassare a 90°C se il riso dovesse cominciare a sobbollire troppo.
A fine cottura, all’occorrenza, aggiungere i 50 g di acqua calda per avere il riso all’onda. Assaggiare, aggiustare di sale, poi burro, parmigiano, mescolatina finale, macinatina di pepe verde e servire.
Sotto, preparato nella classica casseruola sul gas:
Come molti di noi, spesso ho comprato dei cereali in chicchi, li ho lavati, sottovuotati in pacchettini, congelati e … ancora mai usati.
Al ritorno delle vacanze ho deciso di iniziare 😉
Quale piatto migliore di un bel risotto coi gamberetti (ci sono decine di ricette in rete), ma senza riso e con dell’ottimo granoduro Timilia?
Evvabbè’, ho stravolto la risottata, ma non si può certo tostare una bella manciata di chicchi coriacei, giusto?
Quindi breve ricerca per sapere come procedere e l’ho usato lessato così!
INGREDIENTI (abbondante per 2 persone) 200 g circa di granoduro biologico Timilia in chicchi da lessare 200 g di gamberetti congelati succo e buccia edibile di mezzo limone mezza cipolletta olio e.v.o. 20 g burro (un cucchiaio) mezzo dado vegetale peperoncino prezzemolo (anche quello, congelato) pepe verde macinato al momento
PROCEDIMENTO La sera prima ho prelevato dal congelatore il mio pacchetto di Timilia, l’ho risciacquato e messo in ammollo in frigorifero per una dozzina di ore (fa caldissimo e ho preferito così, onde evitare eventuali fermentazioni/germogliazioni).
Al mattino ho risciacquato, scolato e fatto cuocere il grano da freddo in abbondante acqua, per un’ora e un quarto dall’ebollizione, salandolo verso la fine.
Nel frattempo, in una padella, ho rosolato olio, cipolla e peperoncino; ho versato i gamberetti tagliuzzati (ne ho lasciato qualcuno intero) e ho aggiunto il mezzo cubetto di dado, sbriciolandolo.
Dopo qualche minuto ho messo da parte i gamberetti interi, ho versato in padella il granoduro lessato e scolato lasciando insaporire per qualche minuto; ho aggiunto il succo e parte della buccia sfilettata del limone; aggiunto anche dell’acqua di cottura del granoduro; alla fine ho aggiunto il burro e lasciato mantecare un po’, aggiustando di sale se necessario.
Ho impiattato aggiungendo prezzemolo, gamberetti e bucce di limone per guarnire.
Buono, e il giorno dopo perfino migliore 😉
Probabilmente ci è piaciuto di più nella versione con il grano duro, ma dopo qualche giorno ho ripetuto la stessa ricetta col riso.
Spessissimo preparo della pastasciutta con zucchine, pomodorini, ecc. (clicca qui). Questa volta ho voluto provare questa versione in bianco, tipica della zona di Nerano, in Campania.
La ricetta prevede zucchine fritte e, per la mantecazione finale, il segreto è il decantato Provolone Del Monaco (un formaggio semiduro a pasta filata, leggermente piccantino), che dà giusti sapore e cremosità.
Per questa volta ho voluto provare sì, il procedimento giusto, ma con i formaggi che avevo in casa: un ottimo pecorino semistagionato da tavola misto a parmigiano reggiano.
Ingredienti (3-4 persone) 5-600 g zucchine 2-3 spicchi d’aglio (senza nervatura centrale) olio di arachide per friggere olio e.v.o. in fase finale formaggio apposito 😉 basilico sale pepe nero (uso quello verde; in alternativa peperoncino)
Procedimento La lungaggine è unicamente quella di friggere in olio profondo le zucchine tagliate fine (io in abbondante olio di arachide). Per farle venire bene è necessario friggerne poche per volta (consiglio di friggere il giorno prima o ci vorrà “una vita”). Dopo averle fatte scolare bene dall’olio su cartacasa, le ho insaporite di volta in volta con poco sale e un po’ di basilico sbriciolato, e le ho lasciate momentaneamente da parte, in caldo.
Al momento di “calare” la pasta, in una padella grande ho soffritto l’aglio in olio evo (ho aggiunto anche il non richiesto, ma per me immancabile, peperoncino). Una volta insaporito il tutto, ho tolto l’aglio e ho versato le zucchine lasciate in caldo. Ho aggiunto mezzo mestolo di acqua di cottura della pasta (le zucchine non dovranno essere croccanti) e ho mescolato un po’. Ho versato la pasta molto al dente e l’ho risottata per 2-3 minuti, aggiungendo ancora acqua di cottura.
Poco prima di spadellare ho aggiunto i formaggi grattugiati grossolanamente mantecando e facendoli sciogliere per bene.
Ho servito con altro basilico (pardon: era surgelato) e del pepe (verde) macinato di fresco.
Un piatto saporito da ripetere sicuramente col formaggio giusto, anche se credo di aver azzeccato un mix di formaggi alternativo di tutto rispetto 😉 .
Della serie facile-facile, ma non banale, “for dummies” praticamente! Ma quanto sono buoni i carciofi … come li fai-li fai!
Stiamo agli sgoccioli della stagione dei carciofi, e questi sono finiti in padella.
Ingredienti (per 2 persone) 5 bei carci0fi violetti 3 spicchi d’aglio mezzo peperoncino secco olio e.v.o. sale grosso prezzemolo mezzo limone per l’acqua acidulata per pulire i carciofi
Procedimento Ho spremuto il limone nell’acqua dove man mano disponevo i carciofi puliti. Ho tolto per bene tutte le foglie coriacee esterne, ho scavato via tutta la peluria interna e le foglioline pungenti che ho trovato nel cuore di ciascun carciofo.
Ho tagliato prima a metà e poi a spicchi finissimi, sempre utilizzando l’acqua acidulata. Ho messo a rosolare bene ma dolcemente aglio (togliendo la nervatura centrale), olio e peperoncino in una padella sopra ad uno spartifiamma. Ho dato una sciacquata veloce ai carciofi e, senza sgrondarli troppo dall’acqua, li ho versati in padella. Ho aggiunto una presa di sale grosso. Ho mescolato, coperto e abbassato il gas.
Dopo una 20ina di minuti ho controllato per aggiungere un po’ d’acqua calda, visto che i carciofi si stavano attaccando troppo alla padella. A metà cottura ho tolto i pezzetti di aglio ormai quasi sfatti e lasciato scoperto per far sì che i carciofi restassero un po’ tostati a fine cottura. Ho infine aggiunto una bella manciata di prezzemolo fresco del mio balcone, e impiattato caldi caldi i miei carciofi in padella!