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Pane toscano in pentola bucata

Dalle varie letture delle mie prime incursioni in Cookaround ricordo che mi colpì la cottura di questo pane toscano facile-facile, cotto in una pentola di alluminio bucherellata.
Probabilmente è un pane indicato per chi, ancora alle prime armi, non adotta il capovolgimento dell’impasto prima della cottura.
Detto fatto, e vi assicuro che mi venne benissimo ugualmente.
Avevo in casa delle teglie ovali di alluminio (da utilizzare, con la dovuta sagomatura, anche per la preparazione delle colombe pasquali).
Qualcuno dei vantaggi di questo metodo:
– non c’è più bisogno di toccare l´impasto morbido in questa bella forma ovale (successivamente ho imparato a capovolgere il pane prima di infornare);
– i buchi fanno uscire il massimo dell’umiditá possibile, cuocendo meglio anche la base del pane;
– la teglia si riutilizza cambiando la cartaforno.
Ingredienti
250 g farina 0 bio rinforzata (ho utilizzato lo stesso mix dei rinfreschi della mia pasta madre, e cioè 1/3 di manitoba tipo 0 + 2/3 di tipo 0 con l’11% di proteine)
250 g pasta madre dopo tre rinfreschi
170 g acqua (ho voluto una idratazione maggiore rispetto al toscano delle sorelle Simili)
2,5 g malto diastasico in polvere (facoltativo)
0,30 g bicarbonato (una minipuntina di cucchiaino – facoltativo – per chi non sopporta il profumo antico, leggermente acidulo, della lievitazione naturale).
Procedimento

Ho fatto 3 rinfreschi ravvicinati (h. 13,30 – 17 – 20,30), portando man mano il quantitativo della mia pasta madre a quello voluto per l’impasto finale.


A mezzanotte, una volta arrivato al raddoppio del 3° rinfresco, ho aggiunto farina, acqua e impastato il toscano (a volte mi aiuto col bimby, 4 minuti “spiga”).
 

La teglia ovale bucherellata (sagomare dando una forma ancora più oblunga)
Ho foderato la teglia con cartaforno bagnata e strizzata, bucherellando anche questa.
Ho adagiato l´impasto nella teglia e ho infilato tutto in una bustina di cellophane.
Non volendo cuocere dopo poche ore, ho trasferito il tutto in frigorifero.
Verso le 16,30 – dopo circa 14 ore di maturazione – ho tirato fuori l´impasto dal frigorifero.
Ho lasciato lievitare per un paio d’ore a temperatura ambiente, sempre coperto da pellicola.
Qui all´uscita dal frigorifero
Dopo circa 2 ore ho infornato.
Ho portato il forno a 240°C, funzione statica, con una griglia di ghisa pesante all’interno a scaldarsi per 15-20 minuti (una refrattaria sarebbe perfetta per il pane, ma ci vuole moltissimo tempo per scaldarsi bene).
Ho infornato, poggiando l’impasto con tutta la teglia bucherellata sulla piastra di ghisa bollente,  così:
– 220°C (la massima temperatura consigliata per la cottura con cartaforno) per 10 minuti, gettando all’ingresso qualche ghiaccetto in una teglietta posta alla base del forno, e vaporizzando pane e pareti del forno ogni minuto per i primi 5 minuti;
– 200°C per 20 minuti;
– 180°C per 20 minuti ancora, ma trasferendo il pane sulla griglia del forno cercando di togliere velocemente tutta la cartaforno (la mia pagnotta era di quasi 1 kg – se si fa più piccola rivedere i tempi di cottura).
Il toscano è solitamente chiaro; a me piace bencotto.
La base del pane.
Ecco l’interno. Ho aspettato che si freddasse per bene per tagliare.
Bellissimo il mio “scarrafone”, e buonissimo (con la mia pm dei primi tempi, sempre più matura!)
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Tarallini friabilissimi sia con pasta madre che con lievito liquido

Questa la ricetta originale che ho preso da Luca, capo indiscusso di Cookaround, che ringrazio; e queste le mie varianti aggiornate sia con pasta madre che con lievito liquido, con le quali spero di averli resi piú friabili, oltre ad averli alleggeriti come percentuale di sale e di olio (vista la maggiore dose di lievito).


Ingredienti
300 g farina rinforzata (30% manitoba 0 + 70% tipo 0)
95 g olio e.v.o.
90 vino bianco secco
160 g pm matura dopo 3 rinfreschi
12 g sale

Procedimento


Impasto inizialmente tutti gli ingredienti.

Dopo la lievitazione di 2 h (i puntini bianchi penso siano dovuti al vino bianco secco, frizzantino) ho diviso l’impasto in due filoncini e ho lasciato riposare ancora 1 ora.

L´impasto suddiviso in due, un po’ accartocciato, prima della lievitazione di 1 h.
  
Dopo 1 ora, staccare un pezzetto di impasto dalla parte stretta del filoncino (mi sono aiutata con una spatola) e formare i tarallini. Io li faccio piccoli (max 2,5-3 cm x 1 di spessore), ma le dimensioni sono a piacere. Naturalmente varieranno i tempi di cottura se li farete piú grandi.

Tuffarli in acqua bollente non salata e toglierli appena affiorano.
Dopo la bollitura si possono lasciar asciugare per un´oretta almeno, su un panno di lino o canovaccio o cartaforno, girandoli dopo un po’.
C´è chi li fa stare tutta la notte, ma io non ho trovato grandi differenze di risultato.

Cottura – avendo fatto doppia dose ho cotto in due riprese e ho voluto provare col ventilato (i taralli mi avevano preso lo spazio equivalente a 4 teglie – li ho fatti piccoli, erano moltissimi… forse 150-160 con la doppia dose) – ho fatto scivolare la cartaforno con i taralli direttamente su due griglie del forno.

– ho infornato le due griglie a 200°C per 5 minuti, poi ho abbassato a 160°C per 30-40 minuti, tutto con funzione ventilato – a metá cottura li ho capovolti, ho cambiato di posto alle griglie, anche ruotandole. Ho trovato che una cottura piú dolce aiuta a renderli piú friabili.
***********
VERSIONE CON LIEVITO LIQUIDO

Ho voluto provare con queste dosi, visto che avevo circa 33 gr di lievito liquido che mi avanzava dal rinfresco del giorno prima.
Ingredienti per l’impasto
350 g farina di forza (30% manitoba 0 bio – 70% tipo 00 bio)
95 g olio e.v.o.
90 g vino bianco
12 g sale
10 g semi anice (facoltativi)
Ingredienti per il poolish:
33 g lievito liquido
33 g farina di forza
33 g acqua oligominerale
Procedimento
Verso le 18 ho avviato il poolish con le dosi descritte.
Intorno alle 23, quando ho visto che il poolish era raddoppiato, ho impastato col resto degli ingredienti (tranne i semi di anice, che ho aggiunto il mattino seguente).
h 23,15 – Ho messo l’impasto in frigorifero fino al giorno seguente (non mi andava di aspettare ulteriormente i vari riposi dell’impasto).
Alle ore 11 del giorno dopo, ho ripreso l’impasto dal frigo e ho lasciato a temperatura ambiente.
h 14 filoncini
Verso le 14 ho impastato per dare un po’ di vigore all’impasto, ho aggiunto i 10 g di semi di anice, ho formato 2 filoncini e ho fatto riposare ancora 1 ora.
Alle ore 15 ho formato i tarallini. Ho tagliato ogni pezzetto aiutandomi con una spatola
Durante la formatura dei tarallini lascio comunque coperti i filoncini per non farli asciugare
Con queste dosi mi sono venuti 90 tarallini.
Li ho bolliti e ho lasciato asciugare su un telo per qualche ora (ma già un’ora di asciugatura va bene).
Intorno alle 21, li ho cotti mettendoli sulla carta forno e direttamente sulla griglia a 160°C (meglio una temperatura bassa) per 30 minuti circa con funzione ventilato, girando la griglia dopo circa 20 minuti (devono essere dorati, attenzione a non farli colorire troppo, si indurirebbero).

 09.V.2009

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BOZZA PRATESE (mia versione)

E’ con profonda soddisfazione che, a distanza di qualche anno da quando realizzai questa mia versione di Bozza Pratese, evidentemente apprezzatissima in tutta la Toscana, tanto da aver istituito questo Consorzio, ho addirittura avuto l’onore di trovare una mia foto pubblicata in un sito dedicato alle curiosità su Firenze e la Toscana, qui.
Qualche altro cenno, qui.

Come altri pani sciapi, anche detti “sciocchi”, a struttura fine (e non alveolata), la Bozza Pratese si accompagna bene con i salumi e i formaggi saporiti della regione Toscana … e non solo. 
Naturalmente nelle case moderne non si hanno le condizioni per preparare al meglio questo pane, che dovrebbe essere cotto nel forno a legna.
Con una buona pietra refrattaria tuttavia si riesce a trasportare sulle nostre tavole il sapore del pane di una volta.


Sotto, le dosi ricalcolate da me per questo pane della tradizione ad impasto diretto, e con l’utilizzo della pasta madre che avevo disponibile, dopo aver preso spunto dalla foto in evidenza fornita da Lora2006, un’amica di Cookaround (che contiene un errore facilmente individuabile relativo alla pasta di riporto), ho proceduto.

Ingredienti
835 farina di grano tenero macinata a pietra bio
250 g pasta madre dopo 3 rinfreschi (non ho voluto utilizzare affatto il lievito di birra citato nella foto)
540 g acqua

La bozza, a cottura finita, pesava circa Kg. 1,100.
I 2 filoncini, ricavati dai ritagli della bozza, pesavano circa 200-300 grammi l’uno.

Procedimento
In una terrina (o impastatrice) ho versato il lievito naturale giá sciolto nell´acqua appena tiepida (ho volutamente omesso il lievito di birra, anche come percentuale, per allungare un pochino la lievitazione), ho aggiunto la farina e ho mescolato.
Se vi aiuterete con un’impastatrice (o macchina del pane, usata in questo caso), impastare per circa 15′ lentamente, altrimenti olio di gomito per 20′ almeno.

Quando l´impasto è diventato elastico e tenero, l´ho versato sulla tavola di legno leggermente infarinata, ho lavorato brevemente e l´ho appiattito un pochino dandogli una forma quadrata.

Ho fatto prima 4 pieghe, prendendo gli angoli dell´impasto e portandoli verso il centro.

Ho poi piegato di nuovo in due in modo da dargli la classica forma allungata denominata “baco”.
Ho poggiato l´impasto su una pala infarinata a lievitare, e l´ho infarinato bene anche sopra.
Ho coperto e lasciato lievitare 3 ore (un’amica toscana mi ha svelato che i fornai di Prato coprono l’impasto messo a lievitare con un paio di teli, il secondo dei quali deve essere ben caldo. Il suo calore farà sì che la farina aderisca meglio alla bozza in lievitazione prima, e in cottura successivamente, e formi le tipiche chiazze bianche in superficie).

Mezz’ora prima che l´impasto finisse di lievitare ho acceso il forno a 300°C con dentro la mia pietra refrattaria.Arrivato il momento di infornare ho messo sotto alla refrattaria il mio solito vassoietto con pochissima acqua, ho tagliato il pezzo che avrei fatto diventare la mia “bozza” e l´ho infornato a 250° (non senza difficoltá: si muoveva da tutte le parti).Ho spruzzato le pareti del forno e ho fatto cuocere 1 ora.
Dopo 30′, ho sfornato i 2 filoncini piccoli (200-300 g ognuno) che avevano terminato la loro cottura, e lasciato cuocere ancora la pagnotta.

Vediamo sopra le classiche fette della “bozza” …
e sotto l’interno dei filoncini piccoli, molto piú alveolato:

Lo trovo un pane stupendo, che spero di ripetere presto, questa volta con lievito in coltura liquida e relativa conversione delle dosi.

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Rosette soffiate con pasta madre

Premetto che non le ho provate molte volte perché è un pane difficilissimo da realizzare se non si seguono regole precise e sinceramente vengono una volta su 10, almeno a me che uso la pasta madre! Non per dissuadervi, ma anche qualche panettiere ci mette in guardia nell’affrontare questo pane ….
Ma una volta ci sono riuscita e ricordo che quella volta, tutte e 8 le rosette vennero “soffiate”!
Ed ecco le mie rosette soffiate a lievitazione naturale in tutto il loro splendore, con i dovuti “fili” nell’apertura (ogni scarrafone …..).

Io non ho aggiunto molto (anche se non è stata una passeggiata).
Ho semplicemente convertito per la mia pasta madre. Il resto è già stato tutto fatto dal M.° Piergiorgio Giorilli dal quale ho preso spunto per questa ricetta.
Ecco quanto ho realizzato, con qualche piccola idea in più che spero possa esservi utile:
Questi panini conosciuti anche col nome di michette nel Nord-Italia, sono rinomati per la loro caratteristica che li vuole con l’interno semi-vuoto e la crosta croccante. Unico difetto: vanno mangiati nel giro di qualche ora, pena una accentuata gommosità dovuta all’uso delle farine forti impiegate.
Ho finalmente trovato una ricetta semplice ed efficace, anche se un po’ lunga da seguire.
Inoltre è una ricetta genuina al massimo, vista l’assoluta mancanza di grassi aggiunti e la digeribilità data dalla lunghissima fermentazione della biga.
Occorre però fare attenzione ad alcune regole basilari:
  1. – utilizzare una farina forte per la biga iniziale
  2. – “cilindrare” l’impasto a mano con matterello o meglio con la classica “nonna papera”
  3. – incidere la rosetta al punto giusto con l’apposito stampo, o in mancanza di questo, con l’aiuto di un tagliamela (io ho usato questo, ma nel verso meno tagliente.. poi vi spiego come…)
  4. – cuocere ad altissima temperatura con piastra refrattaria e dare inizialmente molto vapore.

Gli ingredienti dati sono per 8 rosette. Ne ho infornate 4 per volta, cuocendole per 20 minuti circa (se ne volessimo fare di più, al massimo consiglio di infornarne 6 per volta).

Partiamo nel primissimo pomeriggio per mangiare le rosette per il pranzo del giorno dopo.
Ingredienti biga
35 g pasta madre ben rinfrescata (io 3 volte)
380 g farina almeno W280-330 (io ho usato manitoba 0 bio de “Il Frantoio”)
190 g acqua oligominerale (io Lilia)
2 g sale nella biga (con il caldo di questo periodo ci aiuterà a sostenere la biga)
Riposo 16-20 ore (io 20 ore e mezzo, ma avrei potuto continuare altre 2 o 3 ore).
Ho sciolto la pasta madre nell’acqua e lavorato (all’epoca, nella mia macchina del pane), aggiungendo quasi tutta la farina.

Verso la fine ho aggiunto la restante farina miscelata con i 2 grammi di sale.
Ho fatto fare qualche giro lento alla mia macchina, tanto da avere una palla amalgamata, senza arrivare ad affinare l’impasto.
Visto che fa molto caldo – per far riposare la mia biga, mi sono aiutata con borsa termica e i siberini.
Sono arrivata a 20 ore e mezza di maturazione e la mia biga era cresciuta pochino.
Dopo circa 20 ore ho proceduto a fare l’impasto principale, così:
Ingredienti impasto
Tutto l’impasto della biga
80 g farina rinforzata (ho fatto 55 gr di 0 biotrend + 25 manitoba 0 bio “Il Frantoio”)
55 g acqua
5 g sale
4 g malto d’orzo in pasta
Gli ingredienti aggiunti sono pochi, tanto per vivacizzare l’impasto e permetterci di arrivare senza problemi alla fine della lavorazione.
Sciogliamo la biga a pezzetti con tutta l’acqua. Impastiamo con le mani, andando di pugno.
Non appena l’impasto si è un po’ ammorbidito, l’ho versato nella macchina del pane e ho aggiunto quasi tutta la farina (ne ho lasciata un po’ indietro, da aggiungere miscelata al sale previsto).
A questo punto ho lavorato 10 minuti circa utilizzando i giri lenti della mdp.

Verso la fine ho introdotto il sale e la farina rimanenti.
Ho ripassato a mano sulla tavola per pochi minuti.
Faccio riposare 10/15 minuti o poco più.
Ecco come si presenta l’impasto dopo c.ca 20 minuti di riposo.
Con un impasto finale di 730 grammi ho formato 8 panetti da circa 91 grammi.
Questa è la dimensione corretta minima per utilizzare il tagliamela per il disegno delle rosette, ma ci si può spingere fino ad un peso di 120 grammi per rosetta.
Inoltre avere panini dello stesso peso ci aiuterà ad avere una cottura più uniforme.
Cilindriamo diverse volte tutti i panetti dopo averli compattati un pochino e infarinati (ho utilizzato la macchina per la pasta alla tacca più grossa).

Formare delle lunghe strisce che avvolgeremo, dando infine forma di palline (qui.
Facciamo riposare 40 minuti circa a temperatura ambiente e, per evitare che l’impasto si secchi, copriamo con telo umido strizzato e cellophane. Naturalmente per la seconda infornata la lievitazione è andata avanti 20 minuti in più…
A questo punto procediamo a stampare le rosette col tagliamela.

Prima però, ho aggiunto una ulteriore “cilindratura” casereccia, come ci insegnò a suo tempo Maruzzella, pressando col fondo di un tegame ciascun pezzo.
Questo mi darà modo di riportare alla misura giusta ogni rosetta, che altrimenti resterebbe troppo piccola e tonda.
Se avete la mano potrete utilizzare lo stampo apposito (ce ne sono di bellissimi in metallo – ne ho comprato successivamente uno come quello in foto)

In questa foto invece, ecco i miei di questa volta. Simpatico anche quello in plastica bianca, ma per ora mi trovo meglio col tagliamela …
Questa volta ho fatto attenzione a non affondare troppo (la volta scorsa avevo esagerato) e ho stampato capovolgendo il tagliamela (dove non è tagliente per capirci), appoggiando ciascuna palletta sulla superficie di un coperchio (contenitore) a misura… Si dovrà spingere fino a pochi millimetri dalla base.

Per aiutarvi a capire come ho fatto, ecco alcune foto.

Facciamo lievitare altri 40 minuti. (I tempi sono indicativi, non siamo fornai).
Cottura totale 20 minuti

Intanto facciamo riscaldare per tempo il forno a 250° con la piastra refrattaria posizionata nel binario più basso (credo he sia indispensabile, accumula molto calore e contribuisce ad asciugare il pane – io ho fatto scaldare per 1 ora la piastra a 300°C e poi infornando, ho abbassato a 250).
Inforniamo con una pala da forno o un vassoio capovolto infarinato.

Subito prima della seconda infornata, ho praticato di nuovo i tagli alle rosette .. erano quasi tutti scomparsi.
Cosa molto importante è il vapore.

Dovremo provocarlo con acqua o ghiaccio nel fondo del forno e mediante spruzzino direttamente sul pane.
Spruzziamo ogni minuto per i primi 5 minuti sia il pane che le pareti del forno aprendo e richiudendo ogni volta lo sportello del forno.

L’acqua che arriverà sulla crosta contribuirà a renderla croccante.
Dopo questi primi 5 minuti di vaporizzazioni continue, lasciamo lo sportello chiuso per altri 5 minuti. Gli ultimi 10 minuti invece cuoceremo con sportello chiuso a fessura per far asciugare bene le rosette.
Dopo 20 minuti scarsi..i panini sono pronti per essere sfornati.

Il risultato… .. finalmente rosette belle gonfie….. otto su otto..piene di … niente se non di qualche straordinario, soffice, filo di mollica..


una visione di insieme, una bitorzoluta e una precisetta
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Panini all'olio a lievitazione naturale

Ora preferisco un pane meno raffinato, ma quando ero bambina ricordo che andando dal panettiere sotto casa, mia madre per risparmiare spesso comprava le ciriolette, come le chiamava lei (o ciriole), perché era fra i pani più economici qui a Roma.
Se era domenica però lei aggiungeva qualche panino all’olio per noi bambine: erano piccoli, ovali, lucidi, dall’alveolatura fine, morbidi e allo stesso tempo, leggermente gommosi (chissà se già all’epoca i fornai aggiungevano miglioratori per avere certe consistenze).
Era un pane insostituibile per i buffet dell’epoca e i miei preferiti erano quelli imbottiti col burro e le alici sotto sale.
 
Di ricette in rete ce ne sono un’infinità, ma spesso, nell’impasto dei cosiddetti panini all’olio si aggiunge strutto, latte, burro, lecitina, uova, ecc.
Per il mio nipotino di neanche 3 anni invece, questa volta ho voluto provare dei panini semplici, con solo olio aggiunto, senza nulla togliere alla maggiore morbidezza classica dei bottoncini al latte da buffet!!
So che non otterrò il panino all’olio della mia infanzia, ma tanto per avere un’idea, ho preso spunto dalla ricetta del pane all’olio di Osvy, un ex fornaio romano.
Diciamo che della ricetta è rimasto lo “scheletro” di partenza, ma …
– ho diminuito drasticamente l’olio (in una prima prova sono risultati veramente troppo oleosi),
– ho adottato il metodo del tang zhong (o water roux), per conferire sofficità, vista la mancanza di tutti gli ingredienti che cito sopra, e per aumentare l’idratazione,
– ho effettuato un’autolisi preliminare per migliorare la struttura dell’impasto,
– ho proceduto ad una doppia lievitazione per una maggiore digeribilità,
– ho utilizzato il frigo per la maturazione dell’impasto …
… il tutto partendo dalla mia inseparabile pasta madre e con l’aiuto del bimby (naturalmente si può utilizzare qualsiasi aiutante, a partire dalle sole mani 😉 )
Ingredienti per 14 panini da circa 70 gr ciascuno (1 teglia)
20 gr pasta madre bio rinfrescata 6 ore prima
525 gr farina 0 bio *** (100 gr per il poolish, 30 gr per il tang zhong, 300 gr per l’autolisi, 95 gr per l’impasto)
370 gr acqua (100 gr per il poolish, 150 gr per il t.z., 120 gr per l’autolisi)
15 gr zucchero (per l’impasto)
11 gr sale (6 gr per l’autolisi + 5 gr per l’impasto; ho fatto un mix di 10,30 gr sale + 0,70 gr bicarbonato. Se non temete sentore acidulo della pasta madre si può usare tutto sale da cucina)
65 olio extra vergine di oliva di frantoio novello (impasto)
¹⁄ ³ uovo per lucidare (ho sbattuto un uovo intero e l’ho congelato in cubetti per l’occorrenza)
*** ho trovato comodo ed efficace usare il mix bio rinforzato col quale rinfresco solitamente la mia pasta madre, composto da una parte di manitoba di tipo 0 (Ecor/Molino Grassi) e due parti di farina tipo 0 (Conad/Selezione Casillo)

Procedimento
Primo giorno
H. 7,00 – avvio delle prime 3 fasi della lavorazione (nel giro di neanche un’ora ho terminato il tutto).

Poolish
In un barattolo di vetro ho sciolto 20 gr di pasta madre con 100 gr di acqua + 100 di farina (questa prelievitazione in Abruzzo viene chiamato anche mettenna … trovate qualcosa in proposito in questo post chilometrico).
Ho frullato un paio di minuti, coperto, segnato il livello e aspettato il raddoppio (a me 6 ore circa).
Ho messo a lievitare nel forno dopo aver fatto scaldare per 5 minuti a 30°C.

Tang zhong (o water roux)
Nel boccale del bimby ho inserito 30 gr di farina + 150 di acqua
Tempo 6′, 70°C, vel. 4
Ho dato qualche colpo finale di turbo per eliminare eventuali grumi.
Ho riportato tutta la gelatina sul fondo del boccale con una spatola.
Ho coperto e aspettato qualche minuto che si raffreddasse (36°C) per procedere con l’autolisi.

Autolisi
Ho versato nel boccale, sopra al t.z., 120 gr di acqua, 300 gr di farina e 6 gr di sale (per un’autolisi fino a 5 o 6 ore non lo metto, ma questa volta, non sapendo i tempi di lievitazione del poolish, ho preferito non rischiare).
Tempo 1′, vel. 5.
Ho chiuso con misurino e coperto tutto con una busta di cellophane fino al momento dell’impasto.

H. 13,00 – Impasto
Mi sono resa conto che il poolish era più che raddoppiato, e ho proceduto all’impasto.
Nel boccale dove era l’impasto autolitico unito al tang zhong, ho inserito prima tutto il poolish (circa 220 gr), poi lo zucchero (15 gr), poi, una volta avviato il bimby, ho alternato versando a filo tutto l’olio (65 gr) e la farina rimanente (95 gr) mescolata al sale residuo (5 gr).
Tempo 4′, vel. spiga.
Ho fatto riposare 20 minuti nel boccale e poi ho trasferito sullo spiano infarinato, dove ho operato una serie di pieghe dall’esterno verso il centro (altre volte ho fatto le pieghe direttamente nella ciotola che va in frigo).
H 14 – Frigorifero
Ho trasferito l’impasto dalla tavola alla ciotola, ho coperto e lasciato maturare l’impasto in frigo (per 22-24 ore)
Durante lo stazionamento in frigo ho preferito fare un giro di pieghe ogni 8-10 ore. L’impasto era morbido ed estensibile e con le mani bagnate ho fatto delle pieghe “in aria”.

Secondo giorno
H 13,00 – Impasto fuori frigo ad acclimatarsi per quasi un’oretta ancora coperto
H 14 fino alle 14,45 – Pezzatura, pesatura, formatura dei panini e via in teglia, dove man mano ho ricavato una sorta di separatori con cartaforno.
  
Dopo aver coperto i panini con griglia e bustoni di cellophane ho avviato la lievitazione mettendo la teglia nel forno che avevo riscaldato per soli 5 minuti a 30°C.

H 19,45 – Cottura (dopo una lievitazione in teglia di circa 5 ore)
Analogamente a quanto si fa per i panettoni, ho pensato di evitare rischi di fuoriuscita di olio dall’impasto durante la cottura, quindi in attesa che il forno andasse in temperatura, ho infilato la teglia coi panini per 10-15 minuti in frigorifero.
Poi li ho lucidati con delle pennellatine delicatissime di uovo sbattuto e ho infornato a forno caldo, statico, per 25 minuti, prima per 10′ a 220°C, poi 15′ a 180°C.

Un uovo intero sbattuto e congelato nel formaghiaccio (ne ho usato un terzo)

Come al solito ho vaporizzato molto i panini e le pareti del forno in ingresso e ho gettato dei ghiaccetti in una teglietta sulla base del forno per creare più umidità possibile.
Verso fine cottura ho ruotato la teglia e, visto che era quasi finito l’uovo, l’ho allungato con poca acqua e ho pennellato di nuovo.

Una volta sfornati ho sentito che la crosticina lucida era bella croccantina (ottima, ma ricordo che questi panini dovrebbero essere morbidi anche esternamente) quindi li ho avvolti bene in un panno appena umido fino a raffreddamento, per renderli soffici e mantenerli tali.

L’aspetto è assolutamente simile a quello dei panini di una volta, l’interno è perfino più soffice e alveolato, e il sapore è quello di un buon pane all’olio.

Sopra, come risulta la base dei panini, e sotto spaccato per essere imbottito 

 

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Panini al latte a lievitazione naturale

Ho recuperato una vecchia ricetta di panini al latte di qualche anno fa che avevo eseguito con poolish di lievito liquido nella macchina del pane.
Ho preparato di nuovo questi versatili panini, questa volta con l’impastatrice, utilizzando un poolish partendo da pasta madre, ed è questa la ricetta che voglio proporre oggi.
Panini 2017
Ingredienti (per 16 pezzi da poco più di 50 grammi di impasto crudo per ciascun panino)
40 gr pasta madre bio al raddoppio
280 gr latte scremato delattosato (ho ricostituito del latte in polvere con un rapporto 1 : 6, ma naturalmente si può usare latte fresco. Utilizzare 30 gr per poolish + 250 gr per l’impasto)
50 gr acqua (40 gr per poolish + 10 gr per l’impasto se occorre)
25 gr zucchero chiaro di canna bio
440 gr farine (così composte: 320 gr grano tenero tipo 00 W350 Garofalo + 120 semola grano duro bio Ecor, setacciate insieme. Utilizzare 50 gr per il poolish + 390 per l’impasto)
40 gr burro Occelli
10 gr sali (9,50 sale + 0,50 bicarbonato per neutralizzare l’eventuale acidità della pasta madre)
Procedimento
Per il poolish con pasta madre (o mettenna come dicono gli abruzzesi):
40 gr pasta madre
70 gr liquidi (30 latte + 40 acqua come da descrizione negli ingredienti)
50 gr farine (prese dal totale delle farine setacciate insieme)
Per l´impasto:
tutto il poolish precedente
250 gr latte
25 g zucchero (sciolto in precedenza nel latte)
390 g farine
40 g burro ammorbidito
10 gr di acqua se l’impasto lo richiede (l’ho aggiunta)
10 g sali
Ore 19,00 del primo giorno:
Ho mescolato e frullato tutti gli ingredienti indicati per preparare il poolish.
Ho aspettato che raddoppiasse (ci sono volute circa 4 ore, con un temperatura in casa di 21-22°C)
Ore 23,00
Ho proceduto all’impasto lavorando per poco più di 10 minuti nell’impastatrice dopo aver inserito il poolish, il latte con lo zucchero giá sciolto dentro, le farine, il burro a pezzetti e i sali.
Ho coperto e fatto raddoppiare in una terrina a temperatura ambiente.
Ore 9,00 del giorno dopo
Passato questo tempo, ho ripreso l’impasto, rovesciato su spiano di silicone, l’ho appiattito, fatto delle pieghe, capovolto e lasciato riposare per 20-30 minuti coperto.
Ho stagliato poi pezzi da circa 50-55 grammi l´uno (se volessi farli piú piccoli dovrei abbreviare un pochino la cottura)
Ho formato le  palline, fatto qualche piega di rinforzo e dopo una sorta di “pirlatina” (come i panielli delle pizze) ho disposto in teglia su cartaforno, riparando con una griglia e coprendo con bustoni di cellophane.
Ore 10,00 inizio lievitazione.
Cottura – h. 15
Ho infornato a forno caldo statico a 200°C per 10 minuti con una teglietta con acqua bollente alla base del forno (molta acqua questa volta: serve per mantenere umiditá e morbidezza per tutto il tempo di cottura).
Poi ho abbassato a 180°C per 20 minuti ancora.
Quando posso evito la cottura dei semini ad alta temperatura (sviluppano sostanze dannose). Inoltre, per abbassare un po’ il quantitativo di acido fitico contenuto nei semi stessi (vedi qui), nella versione 2017 ho pennellato i semini di sesamo ammollati e scolati, inserendoli nella pappetta gelatinosa che descrivo sotto. Ho scoperto che con questo metodo restano appiccicati al panino un buon quantitativo di semini!!! 😉 (non amo troppo ricoprire i panini di semini vari – e la “ciciulena” in particolare la vedo semmai per le pagnotte di grano duro – ma questa volta do questa indicazione soprattutto per  avere un’idea di come fare per riuscire a far aderire quanti più semini possibile alla superficie.

Morbidezza e lucidatura dei panini
Per mantenere morbidi i panini, ed evitare (in questo caso) le antiestetiche crepe, pennellare con una soluzione insapore di gelatina sciogliendo 10 gr di amido in 50-60 di acqua.
Appena inizia ad addensare spegnere, aspettare che si raffreddi e pennellare prima di infornare e subito prima di sfornare (qui eventualmente aggiungere i semini di cui parlo sopra).
Dopodiché procedere eventualmente alla lucidatura.
Quando ho voluto lucidare i panini invece (a seconda dei destinatari), alternativamente li ho pennellati così:
tuorlo d’uovo
latte (o un misto di tuorlo e latte)
albume pastorizzato (se non è l’albume dei brick pennellare poco prima di sfornare in modo che avrá tempo per pastorizzarsi )
olio (o un misto di albume/olio)
burro fuso alla fine
Buonissimi e senza sentore di acido, con un lieve profumo di buon burro.

Li ho fatti freddare coprendoli con un telo appena umido per mantenere la morbidezza.
Parte li ho conservati in bustine di cellophane per un paio di giorni e parte li ho congelati giá tagliati, per fare dei panini imbottiti o dei toast.
A parte l’utilizzo per qualche buffet (in questo caso meglio farli piccolini), facendoli grandi come in foto potremo farne degli ottimi toast o dei panini da imbottire.

Fonte 24.I.2010
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Pane nel bimby a lievitazione naturale, con farine miste e tecnica tang zhong

Pubblicai tempo fa questo pane con farine miste nel ricettario bimby (dove ha riscosso dei consensi).
A distanza di anni ho ricomprato il bimby (che avevo regalato nel frattempo ai figlioli per il bebè) e mi è tornata la voglia di provarlo.
Ed ecco questa versione del mio pane a lievitazione naturale con farine miste e tang zhong ** (o water roux), che questa volta ho voluto preparare così!
 
Ingredienti
640 gr farine (275 farro integrale, 275 manitoba Ecor e 90 farina integrale setacciata di segale***)
450 gr acqua oligominerale
50 gr lievito naturale di segale integrale bello attivo (il mio, rinfrescato 10 ore prima, si presentava raddoppiato)
12 gr sale
Procedimento

Tang Zhong (preparazione gelatina)
Ho setacciato insieme tutte le farine e ne ho presi 30 gr da mettere da parte per il tang zhong.
Ho preso anche 150 gr dal totale dell’acqua e, unendoli ai 30 gr di farine, ho avviato il water roux: 6-7′, 70°C, vel. 4 a foro semiaperto (sennò schizza), e comunque fino a veder gelatinizzare il composto come una crema densa.
Ho fatto freddare la gelatina nel Closed lid fino a temperatura ambiente (o almeno a 36°C).
Volendo si può conservare in frigo e utilizzare al massimo entro 3 giorni.


… questa è una mia foto di repertorio per una gelatina precedente (non semi-integrale) …

Impasto nel bimby
Ho aggiunto al tang zhong già nel Closed lid quasi tutta la restante acqua (in modo che si finisse di freddare) meno un po’ dove ho sciolto il lievito.
Poi ho aggiunto anche questa pappetta col lievito e quasi tutto il restante delle farine meno un pugno.
Ho impastato 3′, vel Dough mode.
Dopo qualche giro, quando l’impasto si è uniformato, ho aggiunto il sale dal foro, mescolato al restante pugno di farina.
Finiti i 3 minuti di “spiga”, ho fatto riposare l’impasto mezz’ora nel Closed lid, poi l’ho trasferito in una ciotola di coccio.
  
Maturazione dell’impasto in frigo
Ho effettuato una 20ina di pieghe verso il centro dell’impasto aiutandomi con una spatola, ho coperto e messo in frigo per quasi 24 ore.
Ogni 6-8 ore ho operato molto delicatamente delle pieghe, senza mai tirare troppo l’impasto, e sempre rimettendo in frigo.
Lievitazione a temperatura ambiente
Passate le 24 ore, in uscita dal frigo, ho riportato l’impasto a temperatura ambiente.
L’ho trasferito su uno spiano oleato, l’ho formato e “pirlato” un pochino con le mani unte per mettere in forza, e l’ho adagiato su un telo infarinatissimo all’interno di un cestino forato dove ha lievitato a temperatura ambiente (20-22°C) coperto con un pile,  per almeno 5 ore.
Finita la lievitazione, ho infarinato l’impasto prima di capovolgerlo su una pala, e ho fatto qualche taglio sulla superficie.
 
Cottura su griglia di ghisa o refrattaria
Questa volta ho voluto utilizzare questa grande griglia di ghisa pesante della Baldassare Agnelli (dimensioni 26×32), preriscaldando il forno a 270°C statico (c’è un certo risparmio di energia elettrica, visto che si preriscalda con 15-20 minuti invece che i 50-60 minuti della mia piastra refrattaria, e a quanto pare funziona benissimo lo stesso).
Una volta infornato ho abbassato immediatamente a 250°C per 10′, vaporizzando per i primi 5 minuti; poi a 220° per 20′, infine a 170° per 20′ (il mio nuovo forno scalda parecchio).
Se si vuole la crosta leggermente più croccante, lasciare ancora dentro al forno spento per altri 15 minuti.
Ho sfornato e raffreddato su griglia prima di consumare (ma se si ha pazienza, il giorno dopo è migliore).
** Il tang zhong (o water roux), secondo l’antico metodo cinese, è il nome dato alla pappetta gelatinosa che serve per conservare più a lungo e morbidi i lievitati, soprattutto quelli a lievitazione naturale. Con i dolci dà il massimo, specialmente se si preparerà un tang  zhong al latte (o milk roux) Trovate qui i dettagli in una mia vecchia discussione di oltre 6 anni fa, su Cookaround.
***  Se non trovate le farine indicate, potrete comprare direttamente i chicchi, il vostro bimby le macinerà.
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Pane di sola segale (da ricetta Ginzburg)

 Grazie alla curiositá in materia di farine “scure” che mi ha trasmesso il nostro amico Nico, mi sono cimentata stavolta in un pane di tutta segale, cercando di replicare, quasi alla lettera, la ricetta (in inglese) di Garrick Ginzburg-Voskov che consiglia di utilizzare cereali in chicchi da macinare all´occorrenza.


È stata una cosa lunghissima, ma facilissima. Praticamente alla portata di tutti ….. quelli che amano questa farina con poco glutine. Consumata piú che altro nei paesi nordici, sembra che la segale abbia fra le sue caratteristiche anche quella di aiutare ad evitare malattie cardiovascolari.
Di seguito la realizzazione del mio primo pane di tutta segale.

INGREDIENTI (la mia pagnotta, che si dovrebbe mantenere per una settimana almeno, dopo la cottura sará di circa Kg. 1,550)
Per gli impasti (per questo pane non è consigliabile mescolare con impastatrici, nè tantomeno a mano. Utilizzare spatole o cucchiai di legno forti):
120 g lievito naturale (io ho usato il mio lievito liquido di segale)
660 g segale biologica in chicchi, macinati finemente (ho usato la farina integrale 1150 valore tedesco. La ricetta suggerisce in alternativa 480 gr chicchi segale + 180 g chicchi kamut da miscelare insieme e macinare)
200 g acqua oligominerale

Per la zavarka:
240 g chicchi di segale bio, macinati grossolanamente
500 g acqua oligominerale
3 g semi di coriandolo macinati (al momento)
10 g sale fino (io ho pestato sale grosso)

PROCEDIMENTO. Questa è stata la mia tabella di marcia:
Mercoledí – PRIMO GIORNO, SERA TARDI – 10 minuti di lavoro – Preparare un poolish di 120 g da usare quale lievito per la mattina seguente. Io ho fatto cosí: 5 g di Lilí di segale al suo raddoppio (rinfrescato qualche ora prima), 70 g acqua, mescolare, poi 45 g di farina integrale di segale, mescolare e coprire per la lievitazione fino al mattino seguente (ho fatto stare 6 ore).

Poolish prima e dopo 6 ore di lievitazione
Giovedí – SECONDO GIORNO, MATTINO – 5 minuti di lavoro – Preparare il primo impasto da mettere a lievitare: sciogliere il poolish in una terrina media di coccio (circa 20-25 cm di diametro), aggiungendo i 200 g di acqua e i 100 g di farina. Mescolare e mettere a lievitare coperto fino a sera (10-12 ore a 18-22°C – in questo periodo fa caldo, mi sono aiutata mettendo la terrina nella borsa termica e ghiaccio).

Primo impasto prima e dopo circa 12 ore di lievitazione (l´ho un po´sbatacchiato tirandolo fuori dalla borsa termica)
Giovedí – STESSO GIORNO, SERA – 5 minuti di lavoro – Preparare il secondo impasto: scoprire la terrina e incorporare bene 200 g. di farina. Coprire e lasciar lievitare per 20-24 ore a 18-22°C (sempre borsa termica e ghiaccio).

Secondo impasto prima e dopo circa 23 ore di lievitazione
Venerdí – TERZO GIORNO, MATTINO – 15 minuti di lavoro – Fare la zavarka: in una terrina grande (25-30 cm circa di diametro) mettere i 240 g di chicchi di segale macinati grossolanamente in precedenza (ho usato un macinino da caffé), aggiungere il sale, i semi di coriandolo macinati al momento e mescolare bene. Mettere intanto a bollire 500 g di acqua. Versare l´acqua bollente nella terrina con i semi e farla assorbire bene. Coprire la terrina con un paio di canovacci e lasciar riposare fino a sera (ho fatto stare circa12 ore).

Chicchi di segale prima e dopo averli macinati grossolanamente (nel macinino del caffè)
 
Zavarka prima – durante – e dopo circa 12 ore di riposo (notare l’impronta del dito perchè ho voluto assaggiarla… bbbbonaaaaa)
Venerdí – STESSO GIORNO, SERA – 5 minuti di lavoro – Fare la opara o terzo impasto cosí: versare il secondo impasto nella terrina piú grande della zavarka. Amalgamare bene tutti gli ingredienti, infarinare leggermente, e far lievitare coperto per circa 12 ore (sempre al fresco).
 
A sinistra, il secondo impasto e la zavarka, pronti per diventare terzo impasto (o opara). Al centro si inizia la fusione. A destra la opara mescolata

Opara infarinata prima e dopo 12 ore circa di lievitazione (sempre in borsa termica)
Sabato – QUARTO GIORNO, MATTINO – 1 h di lavoro piú un po´ di impegno per le ultime fasi – Aggiungere progressivamente i restanti 360 g di farina agli ingredienti della opara. Prendetevela con calma. Ci vorrá quasi un´oretta per rendere omogenea la massa. Per amalgamare ho usato il pestello di legno del mortaio. (Io non concordo perché ormai c’è del sale, ma per chi fosse partito con un lievito diverso da quello di segale, e volesse crearsene uno, in questa fase viene consigliato di prelevare circa 200 grammi di impasto, infarinarlo, incartarlo con cartaforno e metterlo in un contenitore in frigo per le volte successive).

Opara prima e dopo l´aggiunta dei restanti 360 g di farina
Ora ungere bene “il forno olandese” (praticamente una teglia in ghisa con coperchio tipo quelle per fare il pane senza impasto. Io ho usato una teglia pyrex con coperchio) e adagiarvi l´impasto. Livellare con una spatola che bagnerete leggermente, coprire con cartaforno (io l´ho dimenticata) e il coperchio.

Impasto adagiato nella teglia di pyrex unta e poi livellato con spatola bagnata
Mettere in forno giá caldo con la lucetta accesa a lievitare per un´ora e mezza circa (27-28°C). Il livello dell´impasto non dovrá comunque superare di un paio di cm. il bordo della teglia.
Dopo questo periodo, tirare delicatamente fuori la teglia, togliere coperchio e cartaforno; punzecchiare con uno stuzzicadenti in una ventina di punti la superficie dell´impasto affondando per 1 cm circa o poco piú (per far sí che in cottura la calotta non si stacchi dal pane stesso).

Nel forno a lucetta accesa per 1h e 1/4 e poi fuori a punzecchiare (naturalmente mi si è leggermente sgonfiato togliendo il coperchio)
Riposizionare la teglia – questa volta senza coperchio – all´interno del forno freddo.
Pur se non consigliata dalla ricetta io ho messo la solita teglietta con acqua alla base del forno. Consiglio anche di mettere una teglia al di sopra della calotta del pane per non farlo brunire troppo, come è successo a me (anche se Ginzburg paragona anche la sua, ad una pagnotta color cioccolato scuro).
In questo momento accendere a 260°C. Quando sará arrivato a temperatura (a me ci è voluto circa mezz´ora), contare ancora 10 minuti. Poi abbassare a 230°C per 28 minuti; finire abbassando a 215°C per altri 28 minuti (visto che non avevo tolto i 200 grammi di impasto, ho allungato la cottura di altri 15 minuti a 200°C ).
Terminata la cottura tirare delicatamente fuori il pane dalla teglia aiutandosi per non farlo rompere, metterlo ad asciuare per 6 ore circa su una griglia, coprendolo con cartaforno e due canovacci.

Dopo queste 6 ore ho incartato il pane nella cartaforno e messo in due borsine di tela una dentro l´altra, e poi riposto in dispensa.
Ginzburg dice che se la birra puó essere considerata un pane liquido, questo pane puó essere considerato una solida Porter (è una marca di birra). Domani – dopo l´assaggio – vi sapró dire se dargli ragione
Ed ecco le fette. Conclusione: buono buono buono, ma particolare.
Un pane un po´ difficile per noi mediterranei, da consumare come alternativa ai pani di grano tenero o duro. Senz´altro da provare


Spaccato in due e poi, capovolto. Come vedete la cottura della base è penalizzata dall´essere stata fatta in pyrex. Probabilmente nel suo “dutch oven” (forno olandese di ghisa) sarebbe stata piú pronunciata.

alveolatura regolarissima, ma fine. Resta leggermente umido anche il giorno dopo. Mi ritengo estremamente soddisfatta del risultato: credo che piú di cosí non si possa chiedere ad un pane di sola segale.

E dopo qualche anno, ecco una versione dell’ottobre 2017 

Fonte: mio post su Cookaround del 01.VIII.2009

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Focaccia di avena e semi di girasole

Be’, forse in un’altra vita ero veramente una “fornarina” come mi chiama qualche amico.
Eh si! Ho un debole per il pane, focacce e lievitati in generale: con la farina canonica, con le farine senza glutine, integrali, raffinate, con lievito naturale, senza lievito e con lievito istantaneo.
Sta di fatto che anche l’ultima prova, grazie ad Energy Training, mi ha soddisfatto, e con qualche piccola variazione per adattarla alla fase 3 della mia Fast Metabolism Diet, ecco la mia versione in “cups” americane; ma traàanqui, fornisco anche i nostri beneamati grammi 😉
Ingredienti:

  • 1 cup avena decorticata cotta (utilizzata invece del riso in quanto non previsto in questa fase di dieta) – 100 g da cruda
  • 2 cups farina senza glutine (utilizzata 1 cup e ½ di saraceno + ½ di avena) – 300 g totali
  • 1 cup acqua – 240 g
  • 2 cucchiai olio e.v.o. – 20 g
  • 1 cucchiaino sale – 7 g
  • 1 cucchiaino semi finocchio – 2,5 g
  • 2 cucchiai e ½ semi girasole (2 per l’impasto e ½ per decorare) – 35 g
  • 1 cucchiaino di lievito per dolci homemade – 5 g

Procedimento
Ho frullato avena (cotta per 15 minuti dal sibilo in pentola a pressione), olio, semi finocchio, sale e acqua nel bimby 20″, vel. 10/turbo.
Ho riportato il composto verso il basso con una spatola e di nuovo 20″, vel. 10/turbo.

  

Aggiunta nel bimby tutta la farina – tranne un cucchiaio da inserire alla fine mescolata al lievito – coi semi di girasole.
Frullato prima 1′, vel. 2, antiorario (per non spezzettare i semi di girasole).
Riportato l’impasto verso il basso con una spatola, aggiunta la restante farina messa da parte col lievito, e di nuovo 1′, vel. 2, antiorario.

 

Ho versato l’impasto appiccicoso su uno spiano, fra due fogli di cartaforno, e steso a 1 cm di spessore.

Trasferito l’impasto in teglia, guarnito con semi di girasole pre-ammollati e infornato preriscaldato, forno statico, per 30′ a 160°C.

Una volta cotta ho freddato la focaccia da circa 625 grammi di peso su una gratella e l’ho tagliata ricavando 18 porzioni da circa 35 g l’una: sarà il mio “pane” durante la fase 3 della mia dieta, ma nulla vieta di gustarsela in ogni momento della giornata, portarsela in ufficio o consumarla come uno snack genuino.

Soffice e gustosissima… da ripetere.

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Pizzi leccesi a lievitazione naturale

Dedicata a chi ama i sapori decisi e piccanti, questa versione dei pizzi leccesi (o pucce farcite o pucce salentine) è un tipo di lievitato della tradizione pugliese che ho realizzato con lievito madre molte volte dal 2008, prendendo spunto da una ricetta di una ragazza pugliese trovata su Cookaround con lievito di birra e apportando le dovute modifiche legate alla conversione.
Li ripropongo nella versione lievito madre liquido ripetuta di recente con l’impastatrice a spirale, impiegando oltre un giorno per prepararli.
In fondo all’articolo invece, la prima versione con lievito madre solido del maggio 2008 dove ho impastato tutto a mano.

A me è sempre piaciuto rendere abbastanza leggeri questi “paninetti” anche se un “cookino” salentino, nel gennaio 2010, mi faceva notare che i panini (che lui cuoceva in uno splendido forno a legna), non dovevano essere alti, soffici e alveolati ma, per via della farcitura, pur essendo l’impasto ben lievitato, dovevano restare rustici e “informi”.

Versione lievito in coltura liquida – Luglio 2023 – temperatura in casa circa 30°C

Ingredienti (per 12-14 pezzi – io 13 da 120 g l’uno)
566 g Farine Casillo biologiche (2 parti semola rimacinata di grano duro e 1 parte manitoba tipo 0 W350)
102 g licoli al raddoppio (rinfrescato due volte con rapporto 1:1:1) – 18%
340 g acqua fredda (310 in autolisi, 30 nell’impasto) – 60%
11,30 g sale – 2%

Autolisi
Prima che sia pronto il lievito, unire i 310 g acqua alle farine.
Riposo in ambiente fresco 1h e mezza/2h (io minifrigo eco a 15-20°C).

In questo intervallo si può preparare:


Sughetto per la farcia (restringere in padella)
200 g cipolle (due medie)
300 g pomodorini (15-20 piccadilly)
20 g peperoncino fresco
60 g olio evo (4 cucchiai)
pochissimo sale per il sugo
1 cucchiaio concentrato pomodoro (facoltativo)
100 g olive nere denocciolate che aggiungo a fuoco spento (io “gaeta” e anche se la ricetta originale diceva con nocciolo, non ho voluto rischiare i denti).

Impasto
per 8-10′ in spirale, vel. 1, con il licoli pronto, l’impasto autolitico e un goccino dell’acqua residua per incordare, poi il sale e a gocce, l’acqua restante.
Dalla vasca, facendo una piega di rinforzo, trasferire in una ciotola capiente, e riposo di almeno mezz’ora prima dell’inserimento a mano del sughetto ormai raffreddato.
Lavorare a lungo; l’impasto si disgregherà, è molto viscido, è normale.
Nelle 2h successive fare 3 o 4 pieghe e, a impasto rilassato, segnare il livello sulla ciotola.
Trasferire in frigo a 4-5°C fino al giorno dopo e comunque finché si registrerà una crescita del 60-80% (io 12h).
Ho tirato fuori frigo e fatto terminare la lievitazione per altre 2h e mezza, a t.a. fin quasi al completo raddoppio.

Staglio, peso e formatura dei pizzi leccesi
Ho formato pirlando un pochino ciascuna palletta di impasto e immergendola in abbondante semola di grano duro.
Ho posizionato direttamente sulla pala barella a lievitare coperto.
Ultima lievitazione per 2h circa.

Cottura ½ h circa
Ho fatto prima scaldare il forno a 250°C statico e ho infornato facendo scivolare i pizzi dalla pala barella sulla refrattaria, per 10′ vaporizzando ripetutamente parecchia acqua sulle pareti.
Poi abbassato a 220°C per altri 10′.
Terminato con altri 5′ ventilato a 120°C.
Ho tirato fuori oltre i 94°C suggeriti, ma ci si può regolare anche così 😉

… e questa volta non si dica che si deve aspettare per mangiarli… il massimo a mio parere, per gustare tutta la piccantezza del panino, è che venga mangiato bollente … o quasi!
E se ne restasse qualcuno si possono sempre conservare in freezer e rigenerare qualche minuto in forno una volta scongelati!

Versione pasta madre solida di grano duro – Maggio 2008

Ingredienti
250 g farina di grano duro
250 g farina 00
150 g pasta madre di grano duro (dopo 3 rinfreschi)
250 ml circa di acqua (regolarsi prima con 200 e aggiungerne al bisogno, meglio tenersi bassi altrimenti dopo, con il sugo, l’impasto viene troppo morbido)
5 g sale (1 cucchiaino)
1 pizzico zucchero (1 cucchiaino raso)

Eccone uno bollente, per la prova assaggio alle due di notte (all’epoca, mio figlio non sapeva resistere … da chi avrà preso?!?).

Risultano essere croccanti fuori e morbidi dentro.