… “almeno per una volta provo ad accontentarvi con tutti quei puntini che vi piacciono tanto!”. Così ho detto ai miei figli (visto che generalmente non mangiano mie pizze, le possono vedere solo online, e mi prendono in giro perché dicono che non riesco ad avere la maculatura tipica della napoletana classica).
Ingredienti per 4 panielli da 225-230 g ciascuno
540 g farina tipo 0 W300-320 (480 g biga, 60 g impasto) 355 g acqua – 65% appena scarso considerando anche acqua/farina totali della pms (240 g biga, 115 g impasto) 16,50 g pasta madre solida (pms) dopo 2 rinfreschi a secco da lievito mantenuto in acqua – 3% su farina (tutta nella biga) 11,10 g sale – 2% su farine/malto (tutto nell’impasto) 4 g malto diastasico in polvere – 0,72% su farina totale (tutto nell’impasto).
Procedimento (ho preso spunto da qui, usando pms e allungando i tempi fin quasi a 60 ore!)
90% di biga idratata al 50% (per 2h ta + 20h frigo reparto verdure + 2h ta), preparata con gli ingredienti dedicati.
Dopo le 24h ho impastato per bene a mano la biga coi restanti ingredienti e messo subito la massa in ciotola unta, chiusa, nel reparto verdure del frigo.
Dopo 13h circa, ho optato per delle pieghe in aria e di nuovo in frigo, reparto freddo normale.
Dopo altre 17h, a 4h da inizio cottura, ho stagliato a freddo i panielli per l’apretto (la biga era appena cresciuta: ritengo che il rimaneggiamento con le pieghe in aria abbiano aiutato a sostenerne la consistenza).
In questo intervallo ho iniziato a pensare ai condimenti (e sfornando la funghi/salsiccia, non mi sono fatta mancare una spruzzata di Sprayleggero al tartufo bianco: favoloso)
Ho fatto riposare le palline per 3h a ta, poi ancora 1h di frigo, fino alla stesura e infornata.
In stesura mi sono trovata benissimo con la consistenza dei panielli.
Cottura in forno Effeuno P134H Basic da 450°C. Questa volta ho acceso al massimo le resistenze sopra/sotto per cercare la mako tanto ambita dai miei figli. Col pirometro ho potuto verificare che la temperatura fosse ormai di 485°C, quando ho infornato, per 60-70″.
Per evitare la base troppo bruciata ho perfino passato un matterello rivestito con un canovaccio umido per freddare un pochino la platea.
Certo, esteticamente, così, la mia ortolana sembra più carina del solito, ma non mi piacciono i puntini neri, né la base troppo bruciacchiata, quindi non credo che – salvo richiesta – ripeterò queste temperature infernali.
Grazie a Gilda, ho preparato per la prima volta questo pane “a serpentello” come lo ha denominato il nipotino, in una sorta di “cucinare insieme” su fb. Solitamente le mafalde vengono fatte con tutta semola di grano duro; questa volta l’autrice ci ha suggerito un po’ di grano tenero. La ricetta è validissima e vi consiglio di provarla in dose intera.
Troverete qualche link nella pagina dell’abbattitore Coldline, dove spesso si organizzano di questi eventi.
Qui come l’ho realizzata io, esattamente uguale alla ricetta suggerita, ma con una dose leggermente inferiore, perché avevo poca pasta madre che ho avviato da poco col “metodo in acqua”. Prossima volta mi organizzo e ne faccio due teglie piene.
Ingredienti (4 mafaldine da 208 g l’una da crude – 187 da cotte) 270 g semolato grano duro Sen. Cappelli Molino SimaBio (in autolisi) 180 g farina tipo 0 W260 Molino SimaBio (in autolisi) 240 g acqua (in autolisi) 90 g pasta madre solida rinfrescata “a secco” 5h e 30′ prima (impasto) 15 g latte fresco intero (impasto) 7,8 g zucchero (impasto) 27 g olio e.v.o. (impasto) 9 g sale (impasto)
Procedimento Non era prevista autolisi (o fermo macchina), ma vista l’alta quantità di grano duro ho voluto farla, quindi ho unito per una mezz’ora tutte le farine e tutta l’acqua prevista.
Nel frattempo ho pesato gli ingredienti sulla tavola, dopodiché ho cominciato a sciogliere con un cucchiaino, la pasta madre solida col latte e lo zucchero.
Ho unito quindi la pms all’impasto autolitico e ho fatto girare il Ken con la foglia fino ad uniformare l’impasto.
Ho poi montato il gancio a spirale cicciotto e, a filo, ho unito l’olio; infine il sale. In tutto ho impastato a velocità basse e media per una decina di minuti. Di tanto in tanto ho ribaltato l’impasto.
Ho trasferito l’impasto sulla spianatoia unta e ho lasciato coperto, per 30′. Ho poi iniziato a fare delle pieghe a tre, pirlando leggermente a ogni fine piega; ho ripetuto ogni mezz’ora per tre volte in tutto.
Ora si potrà scegliere se aspettare il quasi raddoppio in una ciotola trasparente o trasferire in frigo (ho fatto la seconda). Ho ripreso l’impasto dopo 10 ore e aspettato che arrivasse quasi a raddoppiare a t.a.
Dopo 3h e mezza l’impasto aveva cominciato a “salire”, ma non era arrivato al livello segnato; ho proseguito ugualmente con la lavorazione: ho stagliato in 4 palline uguali, appiattendo ciascuna con le mani formando un quadrato, ho riavvolto formando un rotolino;
ho aspettato 30′ circa di riposo e ho iniziato ad allungare ciascun cordoncino fino a 80 cm. circa;
ho dato la classica forma del serpentello con la coda all’insù ai miei panini; ho pennellato con acqua per far aderire il sesamo a ciascuna mafalda; ho capovolto e immerso soltanto la parte superiore in abbondante sesamo (la ciciulena); ho rigirato, poggiato distanziando in una teglia su cartaforno, coperto e lasciato lievitare fin quasi a raddoppiare (io, 4h e 3/4);
l’ultimo quarto d’ora prima di infornare, ho trasferito la teglia ancora ben coperta in freezer.
Cottura Dopo il freezer ho spruzzato i panini, creato parecchio vapore nel forno e infornato a 220°C, statico, per 15′; gli ultimi 5 minuti ho abbassato a 180°C statico e ho ruotato la teglia.
Non si fa, ma all’ombra del carretto siciliano in miniatura che mio padre costruì tantissimi anni fa, ho mangiato una mafaldina intera… e calda.
P.S. di qualche tempo dopo. Non so se per mia colpa o per qualche ovvio cambiamento (più mafaldine in una sola teglia quindi si sono un po’ scontrate; cottura in contemporanea di due teglie sfalsate; inaspettata velocizzazione della lievitazione con la cella), ma utilizzando soltanto semolato fine di grano duro non sono esplose esattamente come le prime. Sempre belle e sempre buone, ma manterrei comunque la prima versione come risultato più valido 😉
Nel 2008 provai le mie primissime ciabatte, ricetta M° Giorilli, convertendole per la mia pasta madre solida. Erano i primi pani che le facevo, trovai difficoltà e non le preparai più. A distanza di anni ho riprovato, ma questa volta con la tipica Ciabatta di Arnaldo Cavallari di Adria (conosciuta anche come Ciabatta Polesana, Ciabatta Natura e infine brevettata dal Cavallari col nome di Ciabatta Italia). Qui un articolo con qualche notizia (e purtroppo ho notato che per il lievito di birra nella biga, immagino del tipo compresso, c’è una modifica fatta a mano dal Cavallari: 25 anziché 50!!! Tenerne conto per il futuro).
Grazie ai consigli del gentilissimo Davide Casari Bariani – uno dei fornai amici dell’ideatore di questo pane – contattato sulla sua pagina Facebook “Il Pane di Arnaldo by Essedi”, grazie ai video del Mulino Padano, e grazie a un po’ di esperienza acquisita, questa volta mi sembra di essere riuscita a fare meglio.
INGREDIENTI (idratazione circa il 75%): 600 g farina 490 g acqua 60 g pasta madre solida (mia conversione rispetto ai 3 g di lievito di birra fresco) 36 g crusca 6 g malto d’orzo diastasico 11 g sali
Ho voluto aggiungere quel minimo di crusca nel secondo impasto per simulare la farina tipo 1-2 suggerita (grazie al marito collaborativo, ho seguito una formuletta per portare al 5,2% la fibra dell’impasto totale).
Per la biga 600 g farina tipo 0 bio Manitoba Tibiona (W390 – invece della tipo 1 W320-350 suggerita: per questo motivo ho aggiunto successivamente un po’ di crusca) 300 g acqua fredda – 50% rispetto alla farina della biga 60 g pms ben rinfrescata – 10% rispetto alla farina della biga.
La temperatura finale dell’impasto dovrebbe essere intorno ai 22°C (io 20°C scarsi) Anche se non proprio alla lettera, per l’inserimento dell’acqua ho cercato di seguire “la regola del 55” (55, meno temperatura ambiente, meno temperatura farina, uguale a temperatura acqua da inserire). Mescolati a mano gli ingredienti per 15-20’ circa in una ciotolona di porcellana (quindi niente planetaria), tagliuzzando la pms con un paio di tarocchi di plastica per poterla amalgamare meglio in questo impasto grezzo e grossolano (qualcuno frulla, ma a me non va proprio di usare le lame di un robot per la mia pms, come non mi va di frullare la biga successiva, prima dell’impasto finale) . Lasciato fermentare per quasi 25 ore a 18°C (quasi sempre intorno a 17,5°C).
Per l’impasto finale Tutta la biga (sono rimasta inizialmente perplessa per l’odore, ma evidentemente, a meno che non debba migliorare ulteriormente questo risultato, deve essere così) 36 g crusca fine setacciata da farina integrale bio Solina di Tholos (in questa fase non sarebbe prevista farina aggiuntiva, ma ho preferito non inserire crusca nella fase iniziale per non rovinare l’impasto). Ho voluto aggiungerla comunque per arrivare al 5,2% di fibra e avere, almeno tecnicamente, una farina analoga alla tipo 1 consigliata. 6 g malto d’orzo in polvere bio Baule Volante – 0,89% rispetto alle altre farine totali 11 g sali (10,20 sale + 0,80 bicarbonato) – 1,61% rispetto alle farine totali 190 g acqua fredda
Mi sono trovata bene a impastare con le mani per i primi minuti e anche con i pugni, fino a far assorbire la crusca mista al malto e, poca alla volta, metà dell’acqua senza sale. Quando l’impasto è risultato incordato ho passato tutto in planetaria, con la foglia, a bassa velocità, e aggiunto in 3 o 4 volte la restante acqua con il sale sciolto dentro. Dopo l’assorbimento di ciascuna porzione di acqua ho ribaltato l’impasto. Alla fine ho fatto qualche giro col gancio grosso del ken. In tutto ci ho messo all’incirca 30 minuti.
Ho fatto riposare l’impasto in ciotola unta rettangolare di vetro, fin quasi al raddoppio a 22-24°C (ci sono volute quasi 4 ore – la prossima volta aggiungerei qualche piega all’inizio di questa fase).
Ho quindi trasferito l’impasto su uno spiano infarinato, spolverato di farina anche sopra, ho stagliato 3 pezzi longitudinalmente che ho poi diviso ancora (totale 6 ciabattine).
Ho capovolto su telo e lasciato scoperto per circa tre quarti d’ora, facendo prima delle piccole fossette con le dita, ma delicatamente. Al momento di infornare ho capovolto ancora i pezzi (ho cotto 3 ciabatte per volta) e li ho allungati leggermente sulla mia “barella“.
COTTURA Ho infornato per 25 minuti totali: – ho portato a 270°C, abbassando nell’infornare a 250°C funzione statico per 10 minuti, su piastra refrattaria da 1 cm (già ben scaldata da almeno mezz’ora) – ho prodotto molto vapore (sistema dei ghiaccetti, dei sassi, ecc.) – ho vaporizzato ogni minuto per i primi 5 – ho proseguito a 200°C per 10 minuti – ho concluso con altri 5 minuti funzione ventilato, ho ruotato le ciabatte e tolto il pentolino con l’acqua residua (prossima volta Stefano vorrebbe una crosta leggemente meno dura).
Edit con l’aggiornamento dell’ultimo pane veloce ed easy fatto di recente nel dicembre 2023 (il migliore fino a questo momento). (spunto di Antonio Palana)
Sotto, con la baker’s percentage, la ricetta originale. Il procedimento è simile ai pani fatti in precedenza, ma senzapieghe (io comunque faccio una piega in aria prima di mettere la massa in contenitore), senza frigorifero (ma io trasferisco un’ora in freezer prima della cottura) e senza celle di lievitazione (ma io trasferisco in forno tiepido a 23-25°C quando di mattina, per velocizzare, rinfresco 1:1:1 il licoli; altro momento in forno è al mattino per ½h, dopo l’altro tipo di rinfresco fatto 1:2:2 prima di dormire, in modo di stemperare la temperatura nottura dei 18°C).
✅ Semola rimacinata ✅ 20% licoli (l’autore rinfresca 1:1:1 e prende a 1,5) ✅ 80% acqua (l’autore non cita se inserirla tutta in autolisi) ✅ 2% sale 3h di autolisi 6h 20 gradi (l’autore prende la massa al raddoppio) 4h in forma 20 gradi (l’autore non prevede preforma) 55 min cottura a scalare
Questa sotto la foto del pane di Antonio Palana
A seguire il mio stupendo grano duro quasi in purezza, questa volta “solo” al 90% (non ho licoli di g.d. come nei miei pani precedenti), e con qualche mio aggiustamento rispetto alla ricetta originale:
Ed ecco alcuni dei miei modi di procedere:
– metodo 1 – tutto in giornata (ma è un po’ incalzante), parto al mattino prestissimo (alle h6) col rinfresco del licoli 1:1:1 a t.a. 23-25°C per 3-5h (periodo primaverile, come l’autore) e impiego circa 18-20h fino a fine cottura (tardissima serata);
– metodo 2 – altro metodo è quello di partire col solo rinfresco del licoli 1:2:2 in tarda serata (per poter dormire in tranquillità), riposo notturno a 18-19°C per 7-9h (periodo invernale) e inserirlo in impasto il mattino dopo a livello 1,5, dopo una mezz’ora di t. a 23-25°C. In questo caso faccio l’autolisi di una sola ora, al mattino, a licoli quasi pronto. Anche qui, si concluderà il procedimento in tardissima serata;
– metodo 3 – partendo in serata con una parte della lavorazione (rinfresco, autolisi e avvio impasto in massa per la notte), si avrà il pane per la cena del giorno dopo.
800 g Semola rimacinata Casillo bio – Autolisi 160 g – 20% Licoli – fino a livello 1,5 – Impasto 624 g – 78% Acqua (l’80% se considero anche il licoli) – 85%A – 15%I 16 g – 2% Sale (1,82% se considero il totale delle farine) – I
In questo caso ho adottato il metodo 1 – Tranne il rinfresco iniziale 1:1:1 intorno ai 23-24°C, ho mantenuto sempre un ambiente fresco (sui 19-20°C): – 3h di autolisi – Impasto di 3 minuti in planetaria alla massima velocità, successiva piega in aria e riposo in contenitore; – 9h in massa o comunque fino all’80% del livello iniziale (mi sono trovata meglio che a far raddoppiare la massa) – ½h preforma leggera con una sola piega (mia aggiunta) e lasciato all’aria 30/40′ – 4h forma leggera arrotolando e nei cestini ovali – 1h in freezer prima di infornare (mia aggiunta) 55 min cottura a scalare partendo da 250°C (generalmente in dutch-oven), e lascio in forno spento, socchiuso, per altri 20-40 minuti.
In post-cottura il pane ha perso complessivamente il 23% di peso 😉
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QUI SOTTO INVECE, ALCUNE DEI PANI FATTI IN PRECEDENZA, DAL 2020 A RITROSO.
In questo ultimo periodo ho ripetuto spesso il mio “vecchio” pane 100% di grano duro con lievito in coltura liquida.
Con l’aiuto dell’ottima farina reperita e qualcuna delle tecniche acquisite negli anni, ormai arrivo spesso all’85% di idratazione di questo splendido pane in purezza, così:
INGREDIENTI (per due pagnotte di oltre 900 g ciascuna) 750 g semolato grano duro Cappelli macinato fine biologico Viviverde Coop 610 g acqua di rubinetto – 85% rispetto al secco totale (insieme a quella del licoli) 500 g licoli di gd ben rinfrescato (trasformato in precedenza con la stessa semola dell’impasto) 15 g sale – 1,50%
PROCEDIMENTO
Rinfresco e autolisi Ho rinfrescato il licoli col rapporto canonico 1:1:1 (167 g licoli + 167 acqua + 167 semola) e lasciato a temperatura ambiente fino al suo raddoppio (se invece si ha poco lievito liquido di partenza o si vuole suddividere la lavorazione, si può avviare il licoli la sera precedente, rinfrescando con rapporto 1:2:2 oppure addirittura 1:3:3). Contemporaneamente ho avviato l’autolisi con tutta la semola e il 70% d’acqua (525 g) e trasferita in luogo fresco (reparto verdure del frigo) in attesa del raddoppio del lievito (l’autolisi, visto che la semola è molto tenace, ho scoperto che, più che per altre farine, è necessaria perché migliora la struttura del pane e favorisce lo sviluppo del glutine).
Impasto e pieghe
Per l’impasto ho proceduto a mano, in un ciotolone, per una 10ina di minuti, unendo all’impasto autolitico il licoli, gli 85 g. di acqua poca alla volta, e il sale. Poi ho trasferito tutto nel Ken dove con la foglia, per 3 minuti esatti di orologio, ho mandato alla massima velocità (in questo modo, fra le mani prima, e i soli 3 minuti di planetaria poi, l’impasto non ha modo di scaldarsi), capovolgendo l’impasto a metà lavorazione.
Ho stagliato in due pagnotte e da qui, direttamente sul tavolo di marmo, a mani bagnate, senza mai aggiungere semola, ho proceduto prima a delle pieghe allungate, e poi a laminazione.
Pieghe allungate… io le chiamo così 😉Laminazione
Infine – trasferendo in contenitori di vetro oleato – ho fatto 3 serie di “coil folding”.
Fra ogni fase e la successiva ho intervallato di 20-30 minuti circa.
Prevedendo di cuocere una pagnotta dopo circa un’ora rispetto alla prima, ho effettuato una serie di pieghe in più al secondo impasto.
Ho trasferito gli impasti in reparto verdure del frigo per 3 ore circa.
Dopo il frigo ho tirato fuori gli impasti (prima uno e poi l’altro) e ho aspettato l’aumento del 50% del volume (non il raddoppio, ma la metà del raddoppio).
Preforma, forma, cestino in frigo/freezer e cottura freezer/forno.
Capovolto l’impasto sul tavolo, ho fatto una preforma delicata con pieghe a margherita (in queste fasi, si, poca semola o farina di riso sul tavolo di marmo). Mezz’ora riposo.
Formato poi delicatamente e senza sgonfiare, via in cestino per 1 ora circa in frigo.
Dopo 1 ora ho acceso il forno a 270°C con dentro pentola e refrattaria e ho trasferito contemporaneamente il primo cestino in freezer per un’oretta circa.
Cottura freezer/forno col solito metodo a scalare, dopo aver capovolto l’impasto sulla mia barella e fatto i tagli.
Ho spruzzato il pane e infornato su pietra, dando molto vapore e coprendo l’impasto con la pentola rovente.
250°C per 25′ statico 200°C per 25′ statico 140°C per 10′ ventilato forno spento per 20′ a fessura.
A volte, per avere un pane molto più dorato/scuro ho aggiunto 5-6 gr di malto diastasico (opportuno soprattutto quando le lievitazioni sono lunghissime o quando si utilizza molto lievito di partenza).
Pane di repertorio all’80% di idratazione con malto
Ancora qualche imperfezione nella formatura, ma per alveolatura/sapore in un 100% effettivo di grano duro all’85% di idro, non potevo proprio chiedere di più a me stessa (per ora)!
Pagnottone di repertorio 75% idro – grano duro al 100% del 2011
In rete si trovano dei pani bellissimi, multicereali, con farine blasonate, ma troppe volte comunque piene di glifosati e pesticidi.
Ho voluto pertanto approfondire questa tecnica dell’ammollo/soaker di alcuni cereali (semi di chia, girasole, lino, fiocchi, ecc.), prima del loro inserimento negli impasti, per potermi autoprodurre un pane con farine e semi come piacciono a me!
Col soaker fra l’altro, limitatamente ad alcuni semi come lino o chia e una certa quantità di acqua, si producono delle mucillagini gelatinose che rendono i nostri lievitati più soffici e ne prolungano lo shelf-life (un po’ come il Tang Zhong).
Ma quanta acqua assorbono questi ingredienti nel nostro impasto? Solo avendo questo dato possiamo risalire alla reale idratazione finale del nostro pane. Per reintegrare la giusta dose di acqua mi sono servita di questa tabella. Si potrà leggere che l’autore ha fatto una serie di esperimenti per risalire alle percentuali di acqua da aggiungere a ciascun ingrediente, sia per l’ammollo a freddo che per quello a caldo (in quest’ultimo caso si velocizzano i tempi del soaker, ma si deve aumentare l’idratazione dei semi). Esiste anche un suo tutorial su Yt che spero di approfondire.
Secondo i suggerimenti dell’autore della tabella sopra, meglio decidere prima la percentuale di idratazione voluta – 78% rispetto alla farina utilizzata ad esempio – poi la percentuale dei semi del soaker da inserire (lui consiglia un massimo del 10% di semi rispetto alla farina). Per essere sicuri però che tutti i semi dell’ammollo vengano agevolmente idratati l’autore suggerisce di aggiungere dell’acqua in più: la chiameremo acqua “gratis” o acqua “in prestito” e potremo spaziare dal 75 al 100% in più di acqua rispetto a quella prevista per il soaker. Dovremo comunque considerare quest’acqua “prestata” dalla ricetta, e fare qualche piccolo calcolo, per far sì che si ritorni al 78% di idratazione prevista.
In effetti, anche confrontandomi con mio marito (ogni tanto mi segue su questi argomenti) mi sono convinta che la corretta dose di acqua del soaker, assorbita dai semi, non contribuisce all’idratazione finale. L’acqua del soaker infatti ormai “appartiene” al seme che l’ha assorbita; per questo non viene distribuita nella farina dell’impasto.
INGREDIENTI per due pagnotte 800 g farina bio tipo 0 W260 del Molino Sima 626 g acqua – 78% (nell’impasto però metteremo 479 g e 147 g sono prestati al soaker) 150 g li.co.li. – 18,75% 227 g soaker a freddo – 10% dei semi rispetto alla farina della ricetta (realizzato con 40 g semi lino, 40 g semi chia, 147 acqua richiesta dai semi + 147 di acqua in prestito dalla farina della ricetta: totale 374g) 16 g sale – 2% 1 g curcuma (facoltativa, stavolta volevo dare un po’ di colore).
Almeno 6 ore prima della preparazione ho avviato il soaker a freddo, ho mescolato, coperto e trasferito in frigo. Subito dopo ho rinfrescato il licoli con rapporto 1:1:1.
PROCEDIMENTO 1. Avvio. Ho mescolato in ciotola tutta la farina, poi i 374 g di soaker pronto e mucillaginoso e infine il licoli raddoppiato, mescolato all’acqua della ricetta. Ho coperto e lasciato riposare 30 minuti.
2. Inserimento del sale. A mani bagnate, in ciotola, ho fatto assorbire bene il sale con delle pieghe verso il centro dell’impasto e ho coperto. Riposo 30 minuti.
3. Pieghe “allungate” e pieghe “in aria” Ho trasferito l’impasto sul tavolo e, a mani bagnate, ho effettuato una serie di pieghe, prima “allungate” (eccole in uno dei video di questo mio pane di grano duro) e poi “in aria”. Ho coperto e lasciato riposare 30′.
4. Laminazione e maturazione in frigo dell’impasto Ho proceduto alla laminazione (qui, sempre in uno dei video del pane di grano duro) e trasferito l’impasto in ciotola unta di vetro, a pareti dritte. Limitatamente alle prime 3h circa di fermentazione, a seconda dell’idratazione, fare anche qualche piega con metodo coil folding A mani bagnate ho appiattito l’impasto all’interno della ciotola, ho coperto e segnato il livello di partenza. Ho trasferito in frigo a maturare a 4°C per 12 ore.
5. Aumento volume impastoa temperatura ambiente Dopo 12 ore, anche senza alcuna crescita, ho trasferito l’impasto da frigo a temperatura ambiente, lasciando in ciotola. Nel mio caso ci sono volute 5-6 ore per raggiungere il 50% di crescita (a seconda delle temperature e con un lievito maturo, ci possono volere anche solo un paio d’ore).
6. Preforma Trasferito l’impasto su tavola infarinata, ho fatto delle pieghe a fiore o margherita verso il centro (vedi qui), capovolto, arrotondato delicatamente, e coperto. Riposo 30 minuti.
7. Formatura Capovolto il panetto ho un po’ squadrato e formato l’impasto (vedi qui), ho infarinato e trasferito in cestino con chiusura verso l’alto, coperto e di nuovo in frigo. Riposo 1 ora.
8. Trasferimento impasto in freezer e accensione forno Se possibile, trasferimento dell’impasto da frigo a freezer (altrimenti continuare col frigo). A seconda della pezzatura l’impasto può sostare in freezer dai 15 ai 60 minuti circa. In contemporanea, accensione del forno ad almeno 270°C per 30-45′ con dentro refrattaria (o pentola di ghisa). Ancora 30-45 minuti di pazienza!
9. Taglio e cottura Per la cottura, dopo il preriscaldamento del forno, mi regolo diversificando spesso: capovolgo gli impasti sulla mia pala barella, faccio i tagli e trasferisco sulla refrattaria con o senza copertura col “coppo“, vaporizzando (mi sono trovata bene a provocare molto vapore gettando acqua calda su una teglietta piena di ciotoli e sassi vulcanici); oppure trasferisco gli impasti nelle pentole di ghisa, ma sui coperchi. SEMPRE EVITANDO CARTAFORNO IN COTTURA! LA CLASSICA NON REGGE OLTRE 220°C; QUELLE CHE REGGONO OLTRE QUESTE TEMPERATURE, ANCORA OGGI, CONTENGONO SOSTANZE DANNOSE!!
Dopo aver preriscaldato il forno alla massima temperatura imposto 250°C statico a scalare fino a 180°C per un’ora circa. A forno spento a spiffero, con pane in verticale, altri 30-40′.
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ANCORA CON LIEVITO LIQUIDO – IL MIGLIORE (6 Agosto 2022 – la foto è quella in evidenza in prima pagina)
151 licoli 1:3:2,40 800 g farina tipo 0 forte per teglia 640 g acqua gelata (493 nell’impasto e 147 data “in prestito” al soaker) 227 g soaker a freddo – 10% di semi rispetto alla farina (40 semi chia, 40 semi lino + 147 acqua richiesta dai semi + 147 presa “in prestito” dalla ricetta) 17,68 sale – 2,20%
A parte le minime modifiche apportate, a mio parere stavolta, sono queste le cose che potrebbero aver contribuito a fare la differenza:
1 – mi sono aiutata con la spirale (8-10′ a velocità zero, prima e, dopo 30′, altri 6-8 minuti dopo il sale, sempre a velocità zero);
2 – licoli molto ben mantenuto e rinfrescato con rapporto che si vede sopra;
3 – l’utilizzo di una farina molto forte (avevo solo quella in casa);
4 – con le 22 ore di lavorazione totale (3h e 1/2 a 28-29°C circa, 12h a 4°C circa, 6h e 1/2 di nuovo a 28-29°C, tranne l’ultima ora in freezer), ho volutamente rischiato la slievitazione con l’aumento di volume oltre il solito 50%, per raggiungere l’obiettivo dell’alveolatura che cercavo;
5 – oltre alla formatura finale solita (al minuto 3 di questo video), con la massima delicatezza ho proceduto anche ad una nuova preforma (al secondo 55 di questo video);
6 – infine, ma non in ordine di importanza, ho capovolto gli impasti direttamente sulla refrattaria bollente, fatto i tagli (attenzione alle ustioni), infornato e vaporizzato per i primi 5′ come già fatto spesso in passato!! Le pagnotte erano talmente grandi che non sono riuscita a coprirle col “coppo” (solitamente inforno due pagnotte alla volta) per creare la giusta umidità.
ULTIMO TEST 28 APRILE 2024 – SEMI-INTEGRALE
900 g farina tipo 2 Buratto Mulino Marino (W300) 702 g acqua (607 nell’impasto e 95 dati “in prestito” al soaker) 180 g licoli 1:2:2 185 g soaker a freddo – 10% di semi rispetto alla farina (15 g semi di chia, 15 lino, 15 girasole, 15 zucca, 15 sesamo, 15 fiocchi avena + 95 g acqua richiesta dai semi +95 presa “in prestito” dalla ricetta: totale 280) 18 g sale – 2% Totale 1985 g
Stavolta ho diversificato facendo prima un’autolisi e la tempistica, fra le 6h + 5h a t.a. (21°C) e le 7h a t.c. (6-8°C), è stata di circa 18h (forse un po’ troppo per questa farina e forse le due pagnotte erano troppo grandine). Tutto il resto è in itinere per possibili eventuali miglioramenti.
Lo spunto l’ho preso dalla ricetta della pizza fritta di Maria Cacialli. Finalmente una donna, nel panorama interplanetario di pizzaioli, a raccontare uno dei primi “street food”, narrati anche nel film “L’oro di Napoli”. Ho convertito la lievitazione con lievito liquido e ho usato una farina tipo 0, integrandola questa volta con 40 g di farro, per un valore di forza totale di circa W300.
Qui la descrizione di come funziona questo calcolatore col quale mi sono aiutata per dosi e procedimento (quella indicata come pasta di riporto è il mio lievito liquido):
INGREDIENTI 349 g farina W300 (309 tipo 0 + 40 g farro integrale setacciato) 227 g acqua 79 g lievito liquido di 6 ore e mezza prima 6 g sale
PROCEDIMENTO Impasto e riposo per un totale di 1 ora a temperatura ambiente, poi la massa in frigo per 11 ore per la puntata. Dopo lo staglio in 4 panielli ho fatto un appretto di 4 ore a temperatura ambiente.
Ho steso poi ciascuna pizza riempiendola per metà con il ripieno. Ho poi chiuso una metà sull’altra sigillando bene.
Ricordo che il ripieno classico solitamente è cicoli, ricotta, provola e pepe.
Per carenze di ingredienti (ho preparato questa pizza fritta durante il periodo covid-lockdown), ho cercato di fare il ripieno più simile possibile all’originale, ma “chill’ tenev’”, quindi questo è il mio improbabile, ma ottimo mix: mozzarella di bufala scolata, crema di panna/pecorino, pezzettini di magro di guanciale, maiale cotto (ho approfittato di un po’ del mio pulled-pork) e pepe verde.
Le pizze fritte tipiche sono molto grandi, ma mi sono limitata ad un quantitativo per paniello di 165 g circa (direi che potrebbe andare anche con una dose minore) perché per la frittura ho usato una padella di ferro di “soli” 28 cm di diametro.
Sopra, il classico movimento che ho visto fare con una “schiumarola” per tirare su l’olio bollente da versare ripetutamente sulla pizza che sta friggendo. Spero si percepisca dalla foto, ma è tutto riportato nel link della Cacialli.
Il sapore e la sofficità finali mi hanno ricordato i calzoni che mangiavo qui a Roma, in una rosticceria alla Garbatella. Che dire!?! UNA BONTA’!
Ricetta che preparavo nel 2008 e che ho ripetuto per dedicarla a chi, viste le difficoltà nel reperire il lievito di birra in questo lungo covid-lockdown, sta avviando per la prima volta la pasta madre solida (pms).
Una volta abbastanza matura e ben avviata si avranno sicuramente tantissimi esuberi dovuti ai rinfreschi continui della nostra pms.
Naturalmente ci sono altri modi per fare delle vere tigelle o crescentine emiliane, ma per non buttare nulla e avere alla fine una cosa sfiziosa da sgranocchiare meglio mettere man mano questi “avanzi” in un barattolo non chiuso ermeticamente per qualche giorno.
Piccolo accorgimento: di volta in volta io reimpasto gli avanzi coi residui precedenti per compattare la massa.
Ingredienti
Pms non rinfrescata 300 g (questa volta, da 3-4 giorni)
Sale 3-4 g (un cucchiaino raso – come per il pane ne metto circa l’1,5-2% rispetto alla farina: ricordo che la farina nella pms, è pari a circa due/terzi del totale)
Bicarbonato 0,30 g (una puntina di cucchiaino: ci vuole, per neutralizzare l´acido della pasta madre vecchia; io metto uno 0,15-0,20% rispetto alla farina)
Semini 3-4 g (facoltativi)
Acqua a temp. ambiente 1 litro (a 23-24°C; per il bagnetto della pms)
Zucchero 2 g (vista l’eccessiva acidità del lievito ho inserito il 2‰ rispetto all’acqua, come indicato anche qui da Continisio)
Procedimento
Per il bagnetto, compatto bene e affetto grossolanamente a fette il panetto di pms non rinfrescata e preparo la soluzione zuccherina.
Lascio sommersi questi pezzi per 20 minuti.
Scolo bene i pezzi di pasta madre, unisco sale, bicarbonato, semini e impasto sbattendo la pallina sul tavolo.
Porziono in palline da circa 50 grammi e appiattisco.
Senza bisogno di alcuna lievitazione, cuocio subito per una decina di minuti, su un testo o piastra di ghisa già preriscaldati.
Capovolgo spesso per uniformare la doratura.
In passato le ho fatte anche aggiungendo olio e/o zucchero e/o farina (in questo caso prevedere un paio d’ore di lievitazione), cuocendo in forno … insomma, poi ognuno trova la sua tigella del riciclo perfetta.
Questa è una pizza a 26 ore di lavorazione totale, con pasta madre solida, cotta nel forno di casa. Ho preso spunto dalla ricetta base de LCDP e mi sono aiutata col loro calcolapizza.
Ingredienti impasto 506 g acqua gelata (è un 63% di idratazione appena scarsa considerando acqua e farina della pms) 803 g farina bio tipo0 W 260-280 (col calcolamix ho una Casillo W200 e una Manitoba Tibiona W390) 21 g sale 20 g pasta madre solida (nel calcolapizza indicata come pasta di riporto)
Procedimento Mostro unicamente il calcolo finale del Calcolapizza in quanto solitamente riaggiusto i valori dopo aver terminato la lavorazione.
Alle 19,00 inizio con impasto a mano. Alle 20,00, dopo una laminazione, un giro di pieghe e pirlatura e ho messo in frigo la massa per la “puntata” (o prima lievitazione) per 21 ore e mezza.
Alle 17,30 del giorno dopo ho fatto lo staglio e lasciato in apretto (o seconda lievitazione) per 3 ore e mezza a t.a.
Alle 21,00 ho proceduto alla stesura e cottura su argilla refrattaria.
Ho steso, condito sul banco, inforcato e poi allargato direttamente sulla pala (io la barella) per arrivare ai 28-30 cm circa di diametro (ho un’argilla refrattaria alimentare che ha dimensioni 30 x 40cm x 4cm di spessore, quindi non posso allargare il disco più di tanto). Dopo circa 30-40 minuti dallo spegnimento della spia per raggiungimento della temperatura massima del mio forno (300°C), accendo il grill sulla piastra per circa 10 minuti. Poi riavvio i 300°C. Ogni volta così per ciascuna pizza.
Importantissimo è ricordarsi di mettere la mozzarella in freezer già scolata e a pezzettoni, per 20-30 minuti prima di condire. Questo perché, visto che la mia pizza cuoce in circa 4 minuti e non 60-90 secondi (forno di casa a 300 su “biscotto” e non forno performante a 450-500°C), la mozzarella si scioglierebbe troppo, e non è un bel vedere!! A proposito, questa volta, subito dopo il pomodoro e prima della mozzarella, ho aggiunto la spolverata di pecorino che vedo aggiungere da qualche anno, e per la quale mi ero inizialmente scandalizzata. NO: effettivamente ci sta bene 😉
Ritengo che le indicazioni per questa pizza pseudo-napoletana con il famigerato lievito naturale solido possano rivelarsi utili. Chi ha una forno performante godrà di un prodotto migliore, ma io “chill’ teng’”.
Naturalmente mi sono rifatta alla ricetta base per tutti (pubblicata qui in un fine aprile). La ricetta si sviluppa tutta a ta (temperatura ambiente). Ho soltanto allungato leggermente la lavorazione dalle 8 ore della ricetta originaria alle mie 9 ore. A mio modestissimo avviso, il discorso delle lunghissime lievitazioni per aumentare la digeribilità degli impasti (ma soprattutto per dare più sapore al prodotto finale) resta naturalmente valido, ma ritengo che utilizzando una farina debole con valore di forza relativamente basso (W200-260) per una lievitazione in giornata è analogo a utilizzare una farina forte con valore di forza alto (W300-400) per una lievitazione a 24 o 48 ore o più… Certo che il sapore per una lievitazione di almeno 24 ore aumenta, ma visto che utilizzo la mia pasta madre solida (che alla fine è assimilabile ad una “biga”), diciamo che da questo punto di vista sono mooooolto avvantaggiata.
Per la ricerca col calcolapizza ho considerato una media di 25°C, visto che l’impasto è stato all’incirca per metà tempo a 22°C (nel mio minifrigo modalità ECO) e metà a 28°C (ta di casa).
Ore 12,30: impastare (io a mano) e mettere in una ciotola con coperchio a chiusura. Ore 17: stagliare e mettere nelle cassette con coperchio, oppure anche in contenitori singoli, volendo, ma sempre con coperchio a chiusura. Ore 21,30: stendere e infornare Idratazione reale considerando la composizione della pms, 58,5%. Ecco i miei conteggi per 5 panielli (sono venuti da circa 225 g): 380 acqua freddissima 640 farina di frigo W260 circa (faccio un mix di due parti di Verso Natura Bio 0 della Conad che poi è della Casillo, dichiarata da loro W200, e una parte di manitoba bio 0 Tibiona, dichiarata W390) 16 g sale 98,70 pms (avevo questa dopo il rinfresco) Impastato a mano per 20′ dalle 12,30. Dalle 13 acceso minifrigo Eco per la puntata e nel giro di un’oretta è arrivato a 22°C. Alle 17 ho tolto dal minifrigo, ho stagliato e iniziato l’apretto fino alle 21,30. Stesura e cottura per 5-6 minuti!! Come riportato in firma, ricordo che ho un forno elettrico che arriva a 300°C. Piazzo subito sotto il cielo la mia argilla refrattaria di 4 cm preriscaldata funzione statica sopra/sotto, al massimo, per 1h circa; solo per gli ultimi 10 minuti prima di infornare accendo il grill, che poi tolgo per passare di nuovo alla temperatura massima. Visto che le mie pseudo-napoletane non possono cuocere in 90 secondi, la prossima volta devo ricordare di mettere qualche minuto in freezer la mozzarella a pezzi già scolata prima di condire, altrimenti si scioglie troppo e scompare.
… quella bassa, croccante e bencotta!
In apertura una “Badessa”, con mozzarella, crema di salsiccia/salame, zucchine, pecorino.
Seguendo i suggerimenti trovati nel forum La Confraternita della Pizza sto provando le varie tipologie di pizza al forno (ho un “semplice” forno casalingo, ma che arriva a 300°C; con l’ausilio dell’argilla refrattaria, sulla quale sparo qualche minuto di grill, conto però di toccare i 350°C circa).
Questa è la cosiddetta Pizza Tonda Romana, diversa rispetto alla Napoletana, soprattutto per la stesura dell’impasto, eseguita perlopiù a matterello, per riuscire ad avere la caratteristica croccantezza (vedi qui stesura a matterello, ma anche qui, stesura a mano).
La Romana non deve avere il cornicione sviluppato come la Napoli.
Ulteriore piccola variazione (motivo per cui continuo a preferire la Napoli) è il contenuto di grassi suggerito per la friabilità, preferibilmente lo strutto.
Io solitamente sostituisco lo strutto con olio di cocco disodorato che, pur contenendo acidi grassi a catena media, è pur sempre un grasso vegetale e non animale.
Per 4 pizze da ca 180-185 g a 24 ore di maturazione in questo periodo caldo
3 ore per la puntata a temperatura ambiente
17-18 ore di frigo in “massa” e alla fine staglio in “panielli”
3 ore apretto.
Ingredienti (in estate freddi di frigo quando possibile) per 4 pizze:
450 g farina (410 con W300, 40 semola senatore cappelli integrale setacciata da me)
265 g acqua freddissima
10 g olio di cocco disodorato (sostituto al posto dello strutto)
8 g sale
20 g pasta madre solida (con queste temperature in casa – circa 30°C – forse meglio 15 g o anche meno). Se non sia ha pasta madre è possibile provare con 1,5 g di lievito di birra fresco o 0,50 g ldb secco. Stesura prima a mano (appiattendo prima bene i bordi per evitare che il cornicione si sviluppi), lasciando la “piramide” o “serbatoio” (una montagnola di impasto maggiore al centro) e poi stendere col mattarello (ma c’è chi lo fa molto bene anche a mano).
Cottura in forno di casa su refrattaria a 300°C posta in alto vicino al cielo del forno per 5 minuti circa (col mio solito grill “sparato” sulla pietra 5-6 minuti subito prima di infornare).
La cottura è bene che sia leggermente più prolungata rispetto alla Napoli per aggiungere croccantezza al prodotto finale.
A parte i panielli, secondo me giunti ad una leggera sovramaturazione, l’esigentissimo maritozzo ha decretato un ottimo “sette e mezzo legittimo” 😉
Per questa pizza successiva – simile a quella presentata nell’articolo, ma stesa a mano invece che a mattarello – il marito è arrivato addirittura al punteggio di “NOVE”!!!
“Calabrese” con nduja, cipolla tropea, pomodorini, in uscita prezzemolo, stracciatella o bufala e filo d’olio.