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LIEVITI e lieviti

NUVOLA D’ORO

RICETTA DI OSCAR PAGANI
con lievito in coltura liquida (li.co.li)

DELLA SERIE:
un Grande Dolce per tutti, soprattutto se avete commensali ai quali non piacciono i “pezzetti” dentro😅

Ho realizzato pochi panettoni negli anni e li ho sempre voluti fare nei pirottini alti, perché mi sembravano più tradizionali. 

Questo Grande Lievitato di Oscar Pagani però, non è un panettone; è Sua Nuvolosità la NUVOLA D’ORO.
Espressamente pensato per utilizzare il lievito in coltura liquida al posto del lievito in coltura solida (la pasta madre, da sempre più quotata nella preparazione dei GL).
Io ho utilizzato li.co.li. al 100%, senza solidificare, né utilizzare idratazioni più basse.
È un lievitato da realizzare in un pirottino basso, proprio perché, “sbocciando”, avrà modo di aprirsi come una nuvola o un bel fiore.

È un impasto versatile: analogo al panettone, soffice come un pandoro e – pur se nessuno vieta di inserirle con le giuste modifiche – è stato bilanciato senza sospensioni.
Pagani stesso suggerisce soltanto buccia di 1 arancia, di 1 limone e semini di 1 bacca di vaniglia per chilo di farina.

Per queste mie primissime Nuvole, unica licenza che mi sono concessa è sul procedimento (licenza che deriva da un precedente corso col grande Giambattista Montanari): un’autolisi nel primo impasto, un fermo-macchina e le emulsioni dolci-salate nel secondo impasto (mi trovo meglio che non inserire gli ingredienti singolarmente).

E anche se il periodo per realizzarlo può sembrare inadatto (fine luglio), non potevo certo dire di no alle colazioni genuine per i miei nipotini in arrivo.

INGREDIENTI FREDDI (per 2 dolci da 750 g in pirottini da Kg: infatti, se si fa un lievitato senza sospensioni, meglio prevedere il 25% di impasto in meno rispetto al contenuto del pirottino, perché svilupperà moltissimo).

Preimpasto (peso totale 950 gr; a=autolisi; i=impasto)
350 g farina forte (Furia Mulino Marino) – a
125 g acqua – a
150 g licoli 100% pronto – i
100 g tuorli (bio Esselunga) – a
100 g zucchero (Zefiro) – i
125 g burro (Occelli) – i
18h a 20-22°C fino al triplo se licoli preso al raddoppio (con licoli preso a 1,5 il primo impasto dovebbe quadruplicare).

Secondo Impasto (peso totale 576 gr; ed=emulsione dolce; es=emulsione salata)
Tutto il preimpasto
150 g farina forte (Furia Mulino Marino)
50 g acqua
125 g zucchero (ed)
5 g sale (es)
5 g malto diastasico
100 g tuorlo (ed – 45 g)
125 g burro (ed 70g – es 55g)
Aromi (es – 16 g fra semi vaniglia, bucce arancia, limone)
Totale generale impasto 1526 gr

PROCEDIMENTO

Autolisi (pomeriggio)
In attesa che il licoli arrivasse a 1 e mezzo, nel pomeriggio ho iniziato il preimpasto con autolisi: 350 g farina, 125 g acqua, 100 g tuorli.
Impasto in planetaria per 8-10′ circa.
A 20-22°C per 40′ circa (nel mio minifrigo).

Preimpasto (tardo pomeriggio)
Quando licoli è arrivato a 1,5 (dopo il suo ultimo rinfresco a 26°C, ho trovato un pH di 4.17), l’ho aggiunto in spirale sull’impasto autolitico – incordato; aggiunto zucchero – incordato; aggiunto burro in 2-3 volte – incordato.

Impastato per 30′ circa (temperatura finale 25°C grazie a un paio di siberini aggiunti in lavorazione – vedi foto).

Trasferita la massa dalla spirale al contenitore facendo una piega in aria per riunificare l’impasto, puntata di 2h a temperatura di casa (26-27°C) e poi nel mio solito minifrigo a 20-22°C per 14h circa (fino al mattino dopo).

Emulsioni (tarda serata)
Dopo il preimpasto ho preparato le 2 emulsioni da inserire il giorno dopo nel secondo impasto (vedi legenda degli ingredienti) e le ho lasciate in frigo.

Secondo Impasto (mattino del giorno dopo)
Dopo 16h il mio preimpasto, pur se non ancora quadruplicato, aveva un pH di 5.28, quindi ho proceduto.
Impasto in spirale per 70′ totali (ma con un fermo macchina intermedio di 30′):
preimpasto e farina – incordato; malto e acqua – incordato; parte dei tuorli – incordato; fermo macchina 30′; ripreso aggiungendo in più riprese le due emulsioni, prima la dolce e poi la salata.
Chiuso impasto a 24,3°C.

Riposo del secondo impasto (tarda mattinata)
Trasferito impasto dalla spirale in contenitore scoperto per 1h e mezza a t.a. (in casa 27-28°C).
Cresciuto 2cm.

Lievitazione finale e ultime operazioni prima della cottura
Peso, staglio, preforma leggera, pirlatura, ½ h riposo, formatura leggera con piega a 2, pirlatura leggera e disposizione nei pirottini (io li buco da subito).
Lievitazione a 24-26°C circa e in 3h e ½ i dolci erano pronti per la cottura.
Traferiti in frigo per 10-15′ per formare la pelle.

Poi fatto un taglio a croce (senza arrivare a bordo pirottino) profondo 1 cm, aggiungendo burro al centro.

Cottura a salire 130-170°C per 1h
Mi trovo bene con la cottura a salire; ho infornato quindi le 2 Nuvole in contemporanea in forno statico preriscaldato salendo di 15-20°C ogni 15-20′.

Per timore che le Nuvole si sgonfiassero miseramente, ho misurato la t. al cuore appena uscite e capovolte: registravano 92°C anziché i 94 previsti.
Ho fatto riposare capovolte per 12h.
Poi ho inserito in buste di cellophane spruzzando con dell’alcool per liquori.
Dopo almeno 48h da fine cottura (per far uniformare i sapori), ho porzionato una parte e l’ho trasferita prima in frigo e poi in freezer.
Se si ha un abbattitore, è meglio.

❣️❣️CREDO CHE I MIEI NIPOTINI IMPAZZIRANNO PER LA SOFFICITÀ PAZZESCA DI QUESTA NUVOLA❣️❣️

RISULTATO: I MIEI NIPOTINI HANNO APPREZZATO TANTISSIMO E LA MAMMA HA SUGGERITO L’APERTURA DI UNA PASTICCERIA!!! 😮 😅 😉

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LIEVITI e lieviti

Residui da Licoli. Crackers

Con le frequentazioni e i confronti nei vari fora – oltre ad utilizzare i residui del mio lievito come descrivo qui – per diversificare, ho ripreso a fare un prodotto tipo il mio vecchio “pane finto”, ma con un occhio alla tabella di questo post sul soaker, per la reidratazione dei semini.

A meno che non si studiasse per bene la tabella del post linkato, il risultato cambierebbe con altri semini (ci sono delle comode bustine di semi misti, ma in questo caso regolarsi “a sentimento”), ma tanto per standardizzare il risultato, se usassimo i semini sotto con un soaker a freddo, ho estrapolato questa versione di semi mucillaginosi (che richiedono solitamente molta acqua in più rispetto agli altri semi):

Ingredienti
200 gr licoli residuo al 100% (contiene 100 g di farina e 100 di acqua)
100 gr semini (50 chia + 50 lino) – 100% sulla farina del licoli
83 gr acqua (con questi semi occorrerebbero 183 g, ma 100 già sono nel licoli)
10 gr olio – 5% su secco
2 gr sale – 1% su secco
0,24 gr bicarbonato – 0,12% già può andare (un pizzico)

Procedimento
Versare tutti i liquidi nel contenitore grande del licoli e mescolare, poi il sale, il pizzico di bicarbonato (se avessimo dei residui di un solo giorno in frigo, il bicarbonato si potrebbe omettere), mescolare ancora, e infine i semini.

Se il composto è già lavorabile spalmarlo subito con le mani bagnate (o una spatola), livellandolo benissimo su cartaforno, per tutta la grandezza della leccarda.
Se il composto fosse troppo liquido, aspettare una decina di minuti.

Cottura
Io mi regolo preriscaldando il forno funzione ventilata, così:
10′ 140°C binario basso (come da foto, tiro fuori, taglio e reinforno)
20-25′ alzando di un binario e ruotando anche la teglia.

A fine cottura sarà semplicissimo “sfogliare” ciascun cracker dalla cartaforno, e volendo si possono insaporire con paprika o rosmarino o altro.



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DOLCI LIEVITI e lieviti

Panettone ai due cioccolati – Licoli

Anche se ho realizzato due panettoni tradizionali con la ricetta del 2023, preferisco pubblicare la ricetta dello scorso 2022, sempre “Luigi Gallina“, ma con due importanti modifiche:
– prima volta per me, lievito in coltura liquida (convertito da me dalla pasta madre solida già da qualche mese);
– anziché il mio mix inedito e stratosferico del 2022 al cioccolato bianco allo yuzu e cedro candito, che ripeterò ancora, magari per la prossima colomba, gli inerti dedicati ai golosoni questa volta sono stati con tutto cioccolato bianco e fondente, anche se con un po’ di timore che l’impasto asciugasse troppo.

Ingredienti (dose per due panettoni da 1 Kg circa)
1° Impasto
357 g farina Furia Italiana M. Marino – (autolisi)
160 g acqua – (a)
147 g licoli – (impasto)
110 gr zucchero (i)
75 gr tuorlo [60 (a) + 15 (i)]
175 gr burro (i)
Totale 1024 g

2° Impasto
1024 g primo impasto
143 g farina Furia Italiana (fermo macchina)
5 g malto diastasico in polvere (fm)
20 g acqua (fm)
100 g zucchero (emulsione dolce)
135 g tuorlo [70 g (fm) + 65 g (ed)]
225 g burro [(125 g (ed) + 100 g (emulsione salata)]
18 g miele (ed)
10 g mix aromatico all’arancia (es)
20 g crema Morandin * (es)
1 g semi bacca vaniglia (es)
7.5 g sale (es)
Totale 1708,5 g

Inerti:
500 g, metà cioccolato bianco e metà fondente 72% Novi.
Viene suggerito l’uso del cioccolato bianco per favorire l’alveolatura.

Glassa (GB Montanari):
circa 160 grammi per i due panettoni (80 gr circa per panettone)
Totale generale 2368,5 g per 2 panettoni (con lo sfrido è stato meno).

Anche se stavolta ho riempito un pochino troppo il pirottino da 1 Kg., meglio limitarsi a circa 1000 grammi di impasto più 80 g di glassatura, oppure circa 1100 grammi totale di impasto se si vuole un panettone non glassato.

1° Impasto
Ho preparato acqua, parte dei tuorli, farina e lasciato in autolisi
per 1 ora circa in ambiente fresco.
Una volta pronto il licoli a pH 4.10 (io stavolta pH 4.25) ho iniziato ad impastare l’impasto autolitico e il lievito (per pochissimi minuti, in spirale a velocità bassissima, fino a incordatura).
Poi a filo la seconda parte di tuorli e incordato (l’impasto si è scomposto momentaneamente).
Poi tutto lo zucchero e incordato.
Qui ho inserito metà dose del burro e portato a incordatura, poi la seconda parte del burro, e completato con un occhio a non superare 24-25°C; io arrivo si e no a 22°C, forse meglio aumentare, ma non riesco mai ad arrivare più in alto perché lavoro a velocità zero e la mia spirale non scalda.
Ho messo a lievitare in massa a 22-23°C per 16 ore circa semicoperto (meglio 12-14h; io dopo 12h circa ho aumentato la temperatura a 24-26° fino a raggiungimento del triplo del volume … il mio licoli è stato un po’ lento). Le bolle d’aria che si vedranno attraverso il contenitore devono essere ben distribuite e di grandezza media.
Una volta pronto ho trasferito 1 ora in frigo (ho trovato pH 5.35).

2° impasto
Dalla sera precedente, ho preparato due emulsioni, la dolce e la salata, mettendo a 12°C (in alternativa mettere tutto in frigo, ma ricordarsi di tirare fuori una o due ore prima).

Trasferito il 1° impasto dal frigo alla vasca (con pH 5.35, forse troppo altino, ma i miei panettoni ultimamente non si sono mai rotti per errori di acidità) ho incordato in pochissimi minuti con la farina/malto, i tuorli, l’acqua e ho fatto un fermo macchina di 30′ circa.
Ho ripreso e, in 3 o 4 volte, ho inserito prima l’emulsione “dolce” e poi la “salata”.

Appena portato a incordatura ho concluso aggiungendo le sospensioni e facendo girare per pochissimo la cioccolata freddissima.

Ho trasferito l’impasto sul piano di lavoro, fatto un paio di pieghe in aria e messo l’impasto a puntare in un contenitore, a 28°C per 1 ora.

Passato il periodo ho stagliato, fatta la preforma e pirlato delicatamente, ho lasciato asciugare per 30 minuti circa, dopodiché ho proceduto di nuovo a formare con due sole pieghe a 2 e concluso con una pirlatura leggerissima.

Ho trasferito nei pirottini, messi a lievitare coperti a 25-26°C, fino a far arrivare l’impasto sulle pareti a 4,5 cm dal bordo.
Ho quindi fatto raffreddare in frigo per 30 minuti.

Ho glassato.
Non adoro la glassa nei panettoni tradizionali, ma in questo caso, non più di 70-80 grammi – quale “protezione” in cottura per ciascun panettone – ci vogliono, per far sviluppare meglio l’alveolatura desiderata.
Ho infornato a 150°C statico, per poco più di un’ora.
Dopo 45-50′ infilate le sonde e proseguita la cottura fino ad arrivare a 92° al cuore (**), quindi ho capovolto immediatamente e lasciato raffreddare per 12 ore circa, prima di imbustare con la solita spruzzatina di alcool.

Dopo 3 giorni ne abbiamo gustato uno (l’altro congelato e mangiato per l’Epifania).

Ottimi e persino troppo morbidi, per via dei due accorgimenti descritti sopra:
– * crema Morandin – ho pensato che desse maggior morbidezza, per via del cioccolato che asciuga, ma non è servita, anzi! Evitare per la prossima volta, evidentemente il panettone è già ben bilanciato senza altre aggiunte pur considerando il cioccolato;
– ** per lo stesso motivo di asciugatura del cioccolato pensavo di far bene a tenermi bassa sui 92°C al cuore, ma anche qui, per prossima volta, meglio i canonici 93, anche 94°C.

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LIEVITI e lieviti

Tempo di Grandi Lievitati … e i loro residui?

Si, ok, coi residui dei rinfreschi del lievito madre per il panettone, ripetuti a raffica in questo periodo, si sa:
si possono fare pani, grissini, piadine, e dagli a lavorare e moltiplicare preparazioni!

E se si volesse fare altro?

Pensa che ti ripensa, ho scoperto un metodo che, proprio per la piccola dose del residuo, mi occupa poco tempo dopo ognuno dei rinfreschi fatti poche ore prima, e io avrò 100/200 grammi di:

PASTA FATTA IN CASA!
(Cliccando su alcune delle foto, si troverà il procedimento)

E mi sono anche divertita ad inventare una nuova pasta per i bambini (è bene che il formato sia piccolo e corto, visto che non hanno uova che legherebbe meglio l’impasto):

Gli Unicorni: simpatici, no?

Unicorni
Unicorni passati sulla rigagnocchi

Ero un po’ dubbiosa perché nessuno in giro per il web ne parlava e allora mi sono consultata coi grandi del lievito naturale (addirittura nel Fanclub di G.B.Montanari su fb).

Riporto la risposta del grande Riccardo Scevaroli alla mia richiesta:

“direi che nel momento in cui vai a fare della pasta fatta in casa e congelata non ci sono problemi di sorta se non una maggiore aggiunta aromatica ed un pizzico di acidità. Spesso invece quando l’esubero è rilevante un’ulteriore spunto è di portare ad essiccazione lo stesso per usarlo come i preparati di pasta madre che vendono nei supermercati dove aggiungi semplicemente componente aromatica ed un booster di acidificazione associato a lievito compresso per prodotti di rapido consumo come pizze e focacce“.

Lorighittas ai frutti di mare
Lorighittas – Stupenda pasta sarda

Avuto una sorta di lasciapassare per non creare guai “intestinali” con le mie preparazioni, ormai faccio regolarmente una piccola porzioncina di pasta che surgelo immediatamente.
Per evitare fermentazioni volute infatti, congelo subito le poche decine di grammi di pasta nei vari formati, per poi cuocere successivamente, al bisogno.

Sagne e fagioli
Sagne corte tirate con la “nonna papera”
Sagne più lunghe, tirate col matterello di ottone

Entrando nello specifico, ponendo di avere 50 grammi di pasta madre solida residua, aggiungo a occhio, o come si suol dire, q.b., un po’ di semola rimacinata e impasto.
Facoltativamente aggiungo un goccino di acqua, un pizzico di sale, qualche goccia d’olio (per la tenuta) e se il residuo fosse di più di 1 o 2 giorni, anche un pizzichino piccolissimo di bicarbonato (per l’eventuale acidità).

Quando l’impastino è ben uniforme (se fosse troppo asciutto provo persino una sorta di autolisi, lasciandolo coperto per una 20ina di minuti), tiro semplicemente col matterello, o passo nella “nonna papera” o mi diverto con un coltello per fare qualche orecchietta.

Orecchiette a coltello
Orecchiette con le classiche cime di rapa

… i tagliolini o strengozzi, tirati con la nonna papera. Per la salsa in bianco ai funghi secchi, guardare qui come l’ho preparata.

*******

… e per ora, il mio ultimo tentativo è dedicato alle “Foglie d’Ulivo”, una pasta regionale pugliese che ha appunto questa forma e destinata ai pranzi in occasione della Domenica delle Palme.

Sopra una versione “in bianco” fatta con i soliti “tocchetti” come per le orecchiette, ma le ho trovate troppo laboriose per come le facevo io.

Sotto invece, seguendo l’input della bravissima Mary Terry, ho inserito la sequenza fotografica delle sfizione “foglie in verde” (ho frullato insieme al licoli un pugnetto di spinaci lessi … tutto ad occhio e a sentimento…).
Per chi ha Facebook, qui la tecnica dove vengono spiegate benissimo.
Occorre fare attenzione a fare cordoncini fini, un po’ come le lorighittas.
Io li ho tagliati in obliquo e tirarli col coltello come le orecchiette:

Insomma: problema residui risolto alla grande 😉

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LIEVITI e lieviti

Gestione lievito naturale solido in acqua (mia versione)

Per prima cosa sarebbe opportuno un corso sul mantenimento in acqua alla piemontese della pasta madre solida, in particolare col metodo messo a punto dal M° Rolando Morandin.
Ci sono altri metodi, ma intanto ho provato questo sulla mia pelle, anzi sulla mia prima colomba pasquale ben riuscita, e funziona!

Visto il lungo periodo di pandemia che ci ha colpiti ormai da più di un anno a livello mondiale e che ha interrotto inizialmente i corsi in presenza in molti paesi (R. Morandin non ha organizzato corsi online) ho cercato di reperire più informazioni possibili su questo metodo, frequentando assiduamente la fanpage di Facebook del grande pasticciere e maestro lievitista.

Mi scuso pertanto se lo scritto che segue non è completo e/o potrebbe essere integrato da molte altre informazioni.

Molto di quanto ho scritto l’ho reperito anche da questa schermata di una pasticciera che mi ha aiutato molto e che ha seguito corsi del Maestro, molto disponibile nel supportare, nella fanpage Morandin, chi voglia avvicinarsi a questo metodo.

Da quanto si legge sotto, si potrà notare che la stabilità delle temperature in questo caso è molto importante.

Io, per comodità ho fatto fare ad un amico questa bellissima cella di lievitazione caldo/freddo che mi aiuterà anche per le mie lunghe lievitazioni, bighe, ecc.

RINFRESCO GENERICO QUOTIDIANO DI MANTENIMENTO – OGNI 24 ORE CIRCA

  • Bagno in acqua di 20 minuti circa dopo aver tolto la crosta che si è formata:
    – strizzare l’impasto e formare una sorta di polpettine appiattite e immergerle in acqua a 38°C col 2‰ di zucchero (2 gr per litro di acqua); in questo bagno il lievito dovrebbe venire a galla in circa 10 minuti.
  • Rinfresco 1:1:0.3 ovvero pari quantità di lievito e farina e 30% di acqua sul peso della farina a 30°C (è consigliata una farina relativamente forte, ma non fortissima, di tipo 00 per via degli enzimi/fibre che ostacolerebbero il giusto processo; pazienza, io preferisco una tipo 0).
    La percentuale d’acqua che di solito viene utilizzata al 45-50% quando si fa un rinfresco al lievito gestito in maniera “libera”, con questa gestione scende al 30% in quanto il lievito esce già gonfio d’acqua dal bagnetto.
    Quindi in questo caso l’impastino richiede meno acqua del solito.
    Esempio 50 lievito + 50 farina + 15 acqua a 30°C.
    Sciogliere prima bene la pasta madre con l’acqua dovuta e poi aggiungere la farina.
    Impastare bene (a mano o a macchina), poi tirare l’impasto a matterello ripiegandolo più volte, rendendolo liscio, portandolo a circa 1 cm di spessore, e cilindrarlo/arrotolarlo serrando bene per non farlo srotolare subito (per serrare meglio inumidire appena la lastra di impasto prima dell’arrotolamento e pizzicare bene la chiusura).
    Questa lavorazione rinfrescherà e riporterà il lievito alla temperatura ottimale.
    Adagiare  questo rotolino in un contenitore a misura, con acqua fredda di rubinetto (lascio riposare l’acqua per qualche ora per eliminare il cloro) mantenendo a temperatura ambiente a 18-20°C fino all’indomani.
    L’impasto dovrà essere completamente immerso e coperto tutto intorno da almeno un dito d’acqua.
    In questa acqua il lievito dovrebbe venire a galla in 1 ora circa se l’acqua è intorno ai 21°C; ci metterà di più se l’acqua è più fredda.

Sarebbe bene procedere ai rinfreschi quotidianamente, ma in caso di impedimenti o pause per ferie, dopo il solito bagnetto provare a rinfrescare almeno al doppio/triplo della farina rispetto al lievito, col 30-35% di acqua rispetto alla farina, questa volta fredda, e trasferire subito in frigo (YleBeat fa così).
Poi chiudo col mio sistema “a matriosca” in un grande doppio contenitore, per evitare al massimo le eventuali spore negative del frigo, ma facendo in modo che tutto intorno al primo contenitore ci sia molta aria.

RINFRESCHI PREPARATORI PER GRANDI LIEVITATI, DA EFFETTUARE CON LA STESSA FARINA DEL GL PER 5 GIORNI, ma anche soli 3 giorni totali possono andare se il lievito è già in ottimo stato e “spinge” molto.

Bagnetti mai più di una volta al giorno, e comunque attualmente ne sto facendo soltanto al bisogno (quando tolgo dal frigo il lievito o, naturalmente, quando sono a ridosso dei rinfreschi preparatori).

Giorni nr. 1-2
Di prima mattina, dopo il bagnetto solito, rinfrescare una sola volta al giorno, con rapporto 1:1:0,3 come descritto nel mantenimento quotidiano, ma con la stessa farina del GL.

Giorno nr. 3
Si potrebbe procedere come nei giorni precedenti (regolarsi come nei giorni nr. 1 e 2), oppure dare una sferzata al lievito e fare tre rinfreschi, simulando di andare in produzione (regolarsi come nel giorno nr. 5).

Giorno nr. 4 (penultimo giorno prima dell’impasto)
Di prima mattina, dopo il bagnetto solito, rinfrescare una sola volta nella giornata, con rapporto 1:1:0,3 come descritto nel mantenimento quotidiano, ma con la stessa farina del GL.

Giorno nr. 5 (o comunque ultimo giorno dedicato ai 3 rinfreschi e al primo impasto del grande lievitato).
Appena possibile al mattino (a distanza massima di 22-24 ore dal rinfresco precedente) procedere al primo dei 3 rinfreschi, così:

  • 1° rinfresco
    dopo aver tolto la crosticina superiore, solo per questo primo rinfresco, fare il bagno solito;
    rinfrescare poi 1:0,9:0,3 con acqua a 30°C;
    lavorare e laminare/cilindrare l’impasto in modo che torni a t.a.;
    adagiare il panetto in acqua a 24-26°C e in cella di lievitazione a 30°C per 3 ore;
  • 2° rinfresco
    togliere la poca crosticina e rinfrescare 1:0,9:0,4 con acqua a 30°C.
    Qui rinfreschamo con un po’ più d’acqua visto che non abbiamo fatto il bagno preliminare e quindi l’impastino ne ha assorbita di meno.
    Esempio: 50L+45F+18A;
    lavorare e laminare/cilindrare l’impasto in modo che torni a t.a.;
    Adagiare il panetto in acqua a 24-26°C e in cella di lievitazione a 30°C per 3 ore;
  • 3° rinfresco – come il secondo
    … e dopo le 3 ore in cella …
  • Procedere finalmente al PRIMO IMPASTO DEL GRANDE LIEVITATO.
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DOLCI LIEVITI e lieviti

Panettone al cioccolato – pasta madre solida

Ho provato altre ricette, anche più ricche, ma devo dire che oltre alla mia esperienza limitata nei panettoni, oltre a macchinari non adatti (non ho impastatrici a bracci tuffanti, né spirali, ma soltanto una planetaria), ho deciso di replicare il semplice e ottimo Maspoli (sembra una ricetta light, ma risponde comunque alle dosi dettate dal complicatissimo disciplinare del 2005).
Stavolta comunque mamma e sorelle, visto che non amano canditi e uvette (che io ormai prediligo), lo hanno voluto al cioccolato.

Però occorre qualche escamotage per renderli e mantenerli morbidi; il problema dei “panettoni” al cioccolato è che asciugano velocemente.

Con la frequentazione di fanclub dedicati (grazie Morandin) ho pertanto aggiunto una piccola dose di crema pasticcera e crema di mele alla ricetta del Maspoli.
Risultato? Eccellente, soffice, da ripetere se si ama questo dolce!

INGREDIENTI TOTALI
Ne ho fatti due da chilo (circa Kg. 1,070 l’uno), ma inserisco le dosi per 1 solo panettone

82 g pms
327 g farina tipo 0 manitoba biologica W350-380 Molino Sima
98 g burro bio (io Coop, ma ottimo l’Occelli o gli stranieri: Markenbutter, Jager, Lurpak, ecc.)
98 g zucchero
65 g tuorli (da 4-5 uova piccole bio Coop. Agricoltura Nuova)
164 g acqua
2,50 g sale
164 g gocce cioccolato fondente BioSun
33  g pasta d’arancia candita ben frullata
21 g crema pasticciera densa ***
13 g apple butter
mezza bacca di vaniglia (semini) – da quando ho sentito le spiegazioni del M° R. Morandin non metto altri aromi.

**Per la crema pasticciera Morandin:
(la ricetta originale è in dosi per un esercito; io l’ho ricalcolata per un solo tuorlo; al momento dell’uso la emulsiono con parte dell’acque e dei tuorli; viene ben soda ed è sufficiente per 4-6 panettoni)

57 g latte intero
28 g panna del banco frigo
17 g tuorlo (di un uovo)
20 g zucchero
20 g amido (io di mais bio, in alternativa frumina o fecola di patate).

In un pentolino ho sbattuto tuorlo e zucchero e ho aggiunto l’amido.
In un altro pentolino ho scaldato il latte con la panna e l’ho versato sui tuorli.
Ho rimesso sul fuoco e mescolato fino ad addensamento della crema.
Ho coperto con pellicola a contatto e trasferito subito in frigorifero (deve essere preparata in anticipo rispetto all’impasto in modo che possa raffreddarsi completamente prima dell’utilizzo).

PROCEDIMENTO

Ho iniziato la preparazione nella settimana precedente con un rinfresco al giorno, con la stessa farina del panettone, sempre a temperatura ambiente.

La sera precedente il primo impasto ho fatto una piccola legatura (40-50 g in tutto) di 8-10 ore a temperatura ambiente.

Sotto, un esempio dei 3 rinfreschi preparatori che faccio, a partire dal mattino, prendendo sempre una piccolissima parte di pms dal “cuore” degli impasti precedenti (volendo, eccedo con le dosi e mi lascio una piccola parte di impasto che “lego” per la panettonata successiva e/o per preparare del pane):

I rinfresco – 10 g pms +20 g farina (il doppio) +9 g acqua (30% del totale dell’impasto) – La lascio 3h a 26-28°C + 1h a temperatura ambiente (in questo periodo 20-22°C)

II rinfresco – 20 g pms +30 g farina (una volta e mezza) +15 g acqua (30% del totale) – 3h al calduccio +1h a t.a.

III rinfresco – 35 g pms +35 g farina (pari) +16 g acqua (22,5% del totale) – 3h al calduccio +1h a t.a. e potrò partire col primo impasto.

Nell’ultima ora di attesa prima dell’impasto ho preparato gli ingredienti pesati sul tavolo, e ho messo in freezer la ciotola dell’impastatrice, insieme ai ganci.

INGREDIENTI I  IMPASTO

82 g pms
184 g farina
49 g burro a pomata (io lo spatolo da freddo)
49 g zucchero (già sciolto negli 82 g di acqua)
33 g tuorli (in 2 porzioni, aggiunte nell’impasto separatamente)
82 g acqua fredda (con dentro i 49 g di zucchero di cui sopra)

Prima di iniziare ho messo dei siberini sia accanto che sopra al Ken.

così al freddo il mio impasto ci metterà di più nelle lievitazioni, ma così sono sicura che incorda

Ho versato in planetaria, nell’ordine, questi ingredienti:
– acqua zuccherata,
– 1 porzione di tuorlo,
– tutta la farina,
– la pms spezzettata.

Ho lavorato col gancio grosso a spirale, velocità minima, per 15′ circa, fino a incordatura (proprio velocità minima, non prima velocità).
Di tanto in tanto mi sono aiutata con una spatola per raccogliere l’impasto sul fondo della ciotola e l’ho ribaltato per ossigenarlo.

Una volta incordato, ho iniziato ad alternare: 
– l’inserimento del burro morbido,
– la porzione di tuorlo restante.

Ho aggiunto il tutto in 5 volte, una porzione ogni 4-5 minuti, facendo sempre assorbire fra un inserimento e l’altro (burro – mezzo tuorlo – burro – mezzo tuorlo – burro).
Controllare lo stato del velo (o “mutanda”, in gergo).
Se è elastico va bene, altrimenti continuare qualche altro minuto.

Ho chiuso l’impasto dopo 50′ di lavoro a 23,1°C.

Al termine ho preso l’impasto dalla ciotola, ho fatto una sorta di piega/pirlatura in aria con con le mani imburrate e l’ho inserito in un contenitore imburrato a pareti dritte (meglio imburrare anche la superficie).
Ho segnato il livello di partenza e l’ho posizionato in forno spento, acceso precedentemente per un paio di minuti a 30°C, aspettato che si assestasse la temperatura e lasciato a 25-26°C per tutta la notte, coperto da un telo umido strizzatissimo (ho imparato a non coprire ermeticamente in questa fase, per non far inacidire l’impasto).

Dovrà triplicare in 9-12h (stavolta a me, 12h).

Sempre in previsione del riscaldamento della lavorazione in planetaria, ad un centimetro dalla triplicazione ho messo l’impasto in frigo per un’ora e di nuovo la ciotola del Ken nel freezer.
Dopodiché ho preparato sul tavolo gli ingredienti del II impasto.

INGREDIENTI II  IMPASTO

Tutto il primo impasto
144 g farina
82 g acqua (metà pura con un tuorlo; metà zuccherata con l’altro tuorlo e la crema)
49 g zucchero (sciolto in metà dell’acqua prevista)
32 g tuorli (due tuorli: uno in metà acqua pura, l’altro in metà acqua zuccherata/crema)
21 g crema pasticcera soda (in acqua zuccherata e tuorlo)
49 g burro fresco (emulsionato con canditi frullati, crema di mele, sale e vaniglia)
33 g pasta d’arancia canditi frullata, meglio se morbida (nel burro)
12 crema di mele (nel burro)
2,50 g sale (nel burro)
mezza bacca di vaniglia (semini, nel burro)
164 g gocce cioccolato fondente

Ho iniziato col gancione, versando in ciotola la farina sul primo impasto (sempre con i siberini vicino, a raffreddare la lavorazione).
Ho lavorato a velocità minima per 15′ circa fino a incordatura.
Ho cominciato ad inserire la soluzione acqua pura/tuorlo (suddivisa in 3 volte), ogni 4-5 minuti.
Senza perdere l’incordatura, dopo l’assorbimento di ciascuna porzione di ingredienti, mi sono spinta a qualche “giro” a velocità uno!
Ho inserito quindi in 3 battute anche la soluzione acqua zuccherata/tuorlo/crema.
Infine con la spatola ho aggiunto l’emulsione di burro/vaniglia/sale/canditi frullati* sempre in 3 volte (*qualche problemino di incordatura mi sembra che l’abbiano causata).
Imburrare le mani e se il velo è a posto chiudere qui l’impasto; se invece si strappa continuare ancora un po’.
Ho chiuso l’impasto dopo circa 1h e 15′ con temperatura a 20,2°C (controllare).
Dopo mezz’ora circa di riposo ho inserito le gocce di cioccolato freddissime, col metodo della laminazione, ho fatto delle pieghe e una prima pirlatura a mani imburrate (provando a fare la pirlatura alla Morandin)….
… volendo, ripetere le pieghe se le gocce non si sono ben distribuite.
Dopo 40 minuti di riposo a t.a. ho fatto la seconda pirlatura a mani imburrate, ho trasferito nel pirottino con la chiusura sotto.
Da questo momento il pirottino è stato sempre poggiato su una teglietta forata capovolta, servita per spostarlo più agevolmente.
Ho messo tutto “sottocoperta”, avvicinando al pirottino dei barattoli con acqua calda per avere una certa umidità (anche se non è una vera cella di lievitazione, quindi sempre meglio imburrare la superficie e questa volta, coprire il pirottino con cellophane).
Ho impostato la mia “cella di lievitazione” a 28-30°C (mai oltre).


Dopo 7 ore il livello del pirottino mi è sembrato giusto (la circonferenza era due dita sotto il bordo e la cupola emergeva di poco; ho trasferito scoperto in freezer per 15′; intanto ho preriscaldato il forno (si potrebbero cuocere insieme, ma io, il secondo panettone l’ho trasferito in frigo per rallentare la lievitazione e l’ho cotto in un secondo momento).
Il fatto di raffreddarlo un po’ prima della cottura dovrebbe farlo sviluppare meglio in forno; scoprirlo invece, fa venire la pellicina, utile per praticare tagli o fare la scarpatura (che questa volta non ho fatto, ma per la quale non mi sono pentita, visto che col solo taglio a croce, i panettoni si sono aperti benissimo).
Con una lametta  ho proceduto ai tagli e aggiunto un po’ di burro al centro.


COTTURA A SALIRE

Ho letto che R. Morandin parte spesso da una bassa temperatura; anche questo metodo dovrebbe far sviluppare meglio il panettone. Non ho la controprova, ma mi fido del Maestro.

Ho infornato statico, vaporizzato (non gli fa certo male), ho posizionato la griglia a 10 cm dal fondo del forno:
120°C per 20′ statico sopra/sotto
140           “ ” “
160            “ ” ” (in questa fase ho inserito la sonda)
Non appena la sonda è arrivata ai 78-80°C ho impostato la cottura solo sotto, fino ad arrivare a 92°C pieni al cuore.

Capovolgimento con gli spilloni!

Ho incartato dopo 12 ore dalla sfornata.
Il tradizionale dovrebbe conservarsi 4 o 5 settimane (questo al cioccolato, non lo so).
Se si volesse conservare per oltre 2 settimane è il caso di spruzzare alcool etilico alimentare 95-96° all’interno della busta, altrimenti si può evitare, o congelarne uno a fette, come ho fatto io …
Scioglievole e talmente soffice da essere tagliato con difficoltà!!

Come al solito, quando è ancora bene incartato, meglio avvicinarlo ad una fonte di calore 20-30 minuti prima del consumo.

Anche se preferisco il tradizionale, questa è un’ottima alternativa per i golosi.

QUANTO IMPASTO METTERE NEL PIROTTINO?

Formula per calcolare quanto impasto va inserito nei pirottini, (anche se in uno di questi due panettoni al ciocco ho aggiunto una ganache al cioccolato, mi sono regolata con la solita formula come per il tradizionale):
raggio x raggio x 3.14 x altezza x 0.335 + 1,10

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LIEVITI e lieviti

Legatura della pasta madre solida passo-passo

Quasi tutti gli appassionati sanno che la “legatura” – riferita alla cosiddetta pasta madre – è un sistema utilizzato prima di procedere alla preparazione di lievitati complessi come panettoni e altri prodotti a lunga lievitazione.
In quel caso sarà sufficiente fare una legatura per 8-9 ore con la stessa farina scelta per il “grande lievitato” che si vuole preparare e poi procedere ai 2 o 3 rinfreschi rafforzanti di rito.

Altro motivo valido per la legatura però è quella di prendersi un lungo periodo di pausa da questo fantastico lievito naturale (anche un paio di mesi, magari lasciandolo in “affidamento” presso il frigo di qualche parente se si va in vacanza)!

Sarebbe meglio “legare” una pasta madre già matura di almeno qualche mese.

Legatura di 8-10 ore, fatta per un panettone:

Si parte dal solito rinfresco (o rinfreschi se serve) per arrivare ad un certo quantitativo (non necessariamente abbondante quando la legatura è per poche ore; più abbondante quando si prevede una lunga sosta in frigo).
Si avvolge l’impasto in un telo pulitissimo, senza odore di detersivi.
Si lega a mo’ di caramella.
Meglio una legatura lasca perché l’impasto prenderà forza, si gonfierà, e le corde alla fine saranno molto tese.
Generalmente aspetto 1 o 2 ore affinché l’impasto prenda un po’ di forza, per poi mettere in un contenitore a misura.
Se la legatura sarà di poche ore, lascerò il contenitore a temperatura ambiente.
Se la legatura viene fatta per un lungo periodo, la lievitazione del “salamotto” proseguirà in frigo.
Il fatto di metterlo in un contenitore a misura farà sì che il panetto prema contro le pareti, non riuscirà ad espandersi più di tanto e pertanto svilupperà una forza maggiore…
… avete presente quando all’incredibile Hulk si tendono i bottoni e poi si strappa la camicia? 😉 ).

QUALCHE CENNO SULLA RIATTIVAZIONE

Prima dei rinfreschi da effettuare per riportare in forza la pms dopo un lungo periodo di frigorifero (le foto sotto sono di una legatura di 16 giorni), sarà opportuno prevedere un “bagnetto” antiacidità (2‰ di zucchero rispetto all’acqua).
Soltanto successivamente si procederà a 3 rinfreschi (almeno 1 al giorno).
In questo caso ne risentì ed era inizialmente collosissima.
Si riprese successivamente, ma per almeno 15 giorni lievitò al rallentatore.

Terremo a temperatura ambiente il nostro lievito fintanto che lo vedremo crescere e lievitare per bene in circa 3 ore. 
Dopodiché potremo metterlo di nuovo in frigorifero e comportarci come di solito.

26 agosto 2008

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LIEVITI e lieviti

Lievito in coltura liquida (avvio da pasta madre solida)

LICOLI DI GRANO DURO

Solitamente per i lievitati utilizzo il mio lievito in coltura solida (o più semplicemente pasta madre).
Pertanto, la prima volta che decisi di avere anche del lievito in coltura liquida (o licoli) ho pensato che la cosa più semplice da fare fosse idratare maggiormente un pezzettino di pasta madre per i futuri utilizzi.
Correva l’anno 2009; ero agli albori dell’utilizzo del licoli e seguendo questa discussione avviata dall’amico Nico (nicodvb sul forum non più attivo di Cookaround), mi regolai così:

Ingredienti

5 g di pasta madre solida di grano duro
60 g di acqua di mele (la semola di gd assorbe di più di altre farine, quindi qui troviamo il 120% di idratazione rispetto alla farina usata)
50 g di semola rimacinata di grano duro

Procedimento fotografico

Pasta madre di grano duro di partenza

 

5 grammi di pms di grano duro

 

Mele in ammollo per 24h. Poi filtrata l’acqua e utilizzata per il rinfresco (insegnamenti di un fornaio)

 

Aggiungo l’acqua alla pms (il display ballerino si è mosso mentre fotografavo)

 

Dopo aver prima sciolto benissimo con le dita la pms in acqua, aggiungo 50 grammi di semola rimacinata di gd e do una prima mescolata con una spatolina di silicone.

 

Passiamo alla fase frullatura di 2 minuti circa. Questo fa incamerare l’aria necessaria al nostro Lilì, per evitare al massimo la possibile acidità

 

Ecco come deve apparire da sopra: le bollicine indicano che il lievito ha incamerato aria

 

Do una pulitina con la spatola all’interno del vasetto per poter mettere un segno (pennarello, elastico, adesivo). Sarà più semplice vedere quanto crescerà. Lascio a temperatura ambiente (Roma era sui 25°C). Poggio il coperchio ma senza avvitare.

 

Dopo qualche ora dall’avvio non mi soddisfaceva la crescita, allora ho dato una ulteriore frullatina.

 

Ed eccolo dopo la cura. Più che triplicato. Esperimento riuscito.

Ho proseguito rinfrescando ogni 12 ore, partendo sempre da pochi grammi (es. 20 licoli + 24 acqua + 20 semola rimacinata di gd) fino a veder raddoppiare il licoli in 2-4 ore circa (a seconda della stagione).

Devo ammettere che col tempo ho preferito fare un rinfresco con dosi pari di tutto (licoli/acqua/semola gd), sia per avere un licoli leggermente più denso, sia per evitare di impazzirmi con conteggi vari nelle conversioni delle mie ricette.

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LICOLI DI SEGALE

Ancora una trasformazione, sempre da pasta madre, questa volta per avere del licoli di segale (9 dicembre 2009):

Ingredienti
20 gr di pms
20 di acqua di mele c.s. a 35-40°C (a seconda della stagione)
20 gr di farina di segale setacciata.

Procedimento
Ho sciolto la pms nell’acqua e aggiunto la segale.
Se viene una pastella troppo densa e si fa fatica a girare aggiungere qualche altro grammo di acqua.
Aspettare il raddoppio e annusare: se sa di frutta matura/mosto va bene, altrimenti rinfrescare aggiungendo altri 20-25 gr di acqua calda e 20 di farina.

Quando l’odore sarà quello giusto mettere il lievito in un barattolo coperto in frigo.

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LIEVITI e lieviti

Lievito in coltura liquida


Il mio lievito in coltura solida (o più semplicemente PASTA MADRE) continua ad essere la mia prima passione in materia di lieviti naturali, ma in questo blog mi sembrava carino dare spazio anche a Lilì, questo il nome che ho dato al mio lievito in coltura liquida (o li.co.li.), ormai diffusissimo anche in Italia, oltre che negli Stati Uniti dove si è usato in maniera preponderante in questi ultimi decenni.

Quella riportata in corsivo è soltanto la parte iniziale di una lunghissima discussione pubblicata dal mio amico Nico (nicodvb), a partire dal 23 maggio 2009 nel Forum di Cookaround (purtroppo ormai non più attivo), ma che potrà aiutare chi ancora non sa come avviare questo lievito, fornendo molte notizie utili, anche se soltanto a livello amatoriale.
Purtroppo ho dovuto depurare da molti link o riferimenti, non più attivi. In compenso ho aggiunto qualche foto di licoli.

IERI

Naturalmente questo articolo è solo una “vecchia” traccia; sta poi alla curiosità e la passione di ciascuno di noi saperne di più, studiando, seguendo corsi ad hoc e facendo esperimenti sul campo.

Una serie di licoli destinati al mio pane arcobaleno

Questo che “parla” è Nico:
“Mi scuso in anticipo per il papiro, ma gli argomenti un po’ insoliti vanno introdotti per bene.

Prima di iniziare voglio ringraziare Linda (La Vecchia Saggia) per aver avuto la pazienza di rileggere questa pagina introduttiva così tante volte, per avermi segnalato le incongruenze e mandato molte correzioni.
Un grazie anche a tutte le cookine che si sono prestate (consapevolmente o no) per fare da cavia.
Recentemente sono incappato in questa discussione di Giampaolo Mari, un uomo molto gentile che partecipa al forum di Coquinaria e che ha una grande esperienza di coltura e uso dei lieviti.
Ve lo riassumo in breve: il lievito naturale solido (come panetto) che usiamo abitualmente è solo una delle forme in cui è possibile tenere il lievito naturale, altre sono quella pastellosa (fluida e densa) e quella liquida (detta poolish).
Restringendo il discorso alla farina di grano tenero raffinata è possibile usare lo stesso peso di acqua e farina per ottenere lo stesso risultato, purché si seguano alcuni semplicissimi accorgimenti.
I vantaggi sono due:
– non bisogna perdere un sacco di tempo a fare i rinfreschi
– si riduce il rischio di ottenere dei lievitati acidi.
Per quanto riguarda il lievito di segale, del tutto analogo, devo ringraziare Roberto Potito e il suo post in Panperfocaccia.eu.

ALCUNE PREMESSE IMPORTANTI

  • il lievito va conservato in un contenitore di vetro o di ceramica o di terracotta; assolutamente non in uno di metallo (con il quale reagirebbe a causa dell’acidità della pastella) o di plastica (non mi ricordo perché); in frigo è meglio tenere il lievito coperto con il suo tappo ermetico per non farlo entrare in contatto con la flora del frigo (molto ricca), mentre fuori il tappo va solo appoggiato per permettere un po’ di ricambio di aria.
  • non ho seguito alla lettera in tutti i punti il metodo indicato da Giampaolo Mari perché mi sono trovato bene con minuscole modifiche, ma il principio sul quale mi sono basato è indiscutibilmente lo stesso che lui descrive.
    Se ho commesso degli errori l’ho fatto in buona fede.
  • durante tutti i rinfreschi è molto importante seguire un accorgimento: dal momento che in assenza d’aria la fermentazione tende a rilasciare gli acidi acetico e butirrico (che danno un sapore orribile ai lievitati, il caratteristico sapore di aceto di una lievitazione inacidita) è necessario lavorare l’impasto in modo da incorporare quanta più aria possibile.
    Come? Facilissimo!
    Con il frullatore (anche con una sola frusta), dopo aver amalgamato per bene l’impasto: girate ad alta velocità per un paio di minuti e il gioco è fatto.
    Per sapere se avete incamerato abbastanza aria basta osservare la superficie: devono esserci delle bolle.
    Ne consegue che un impasto solido tende ad inacidire molto più facilmente di uno liquido, perché incamera molta meno aria (infatti sappiamo che ci vogliono mesi per far perdere un po’ di acido alla pm tenuta come panetto).
  • la consistenza del lievito liquido è quella di una pappetta che si può girare senza alcun problema con un cucchiaino, cioè non deve attorcigliarcisi intorno, ma non deve neanche essere così liquida da sembrare una crema.
    Se la consistenza non è quella giusta aggiungete farina o acqua per compensare.

COME INIZIARE LA COLTURA DEL LIEVITO
Partire da un altro lievito naturale:
Se avete già un lievito naturale di qualunque tipo, compresa la solita pasta madre in panetto, anziché partire da zero potete fare un lievito liquido già pronto all’uso in brevissimo tempo sciogliendo 30 gr di pm in 40 di acqua e unendo 30 gr di farina 0 oppure 00, frullando e lasciando lievitare fino al raddoppio.
Se dopo 6 ore il lievito non sarà cresciuto rimescolate con il frullatore perché questa operazione gli dà una bella sferzata di vita.

Se dopo 12 ore il lievito non sarà ancora cresciuto aggiungetegli una quantità maggiore di pm solida sciolta nella stessa quantità di acqua e farina, p.e. 20 gr di pm in 20 gr di acqua più 20 gr di farina, ovviamente amalgamando tutto insieme. In questa fase non buttate via parte dell’impasto precedente come si fa nel caso dei rinfreschi.
Non serve altro: potete usare il lievito subito o metterlo in frigo al posto della pasta madre e liberarvi dalla schiavitù del rinfresco con impasto (in questo – io Linda – non sono daccordo: va saputa gestire, tutto là! Molte volte, nel silenzio della notte rinfresco la palletta di pms senza alcun rumore dovuto a frullature, ecc. e il sapore lasciato dai robusti batteri lattici/acetici della pms nel mio pane non li dà nessun altro lievito).
Io ho seguito questo metodo per fare il lievito di grano duro a partire da quello di segale.

PARTIRE DA ZERO
…..
Come spiegato in una risposta, descrivo uno dei tanti metodi possibili (ma sicuramente non l’unico) per preparare da zero il lievito naturale liquido: in un bicchiere sciogliere una puntina di zucchero e 2 gocce di aceto (meglio se balsamico) in 50 gr di acqua (meglio di bottiglia, il cloro non aiuta i lieviti) e mescolare con 50 di farina; ogni 12 ore buttarne dai 30 ai 50 gr e aggiungere 15 gr di acqua e 15 di farina (o 25+25, a seconda di quanta pastella avete buttata).
Prima o poi la pastella lieviterà, prima sotto forma di bollicine in superficie con l’aspetto di una schiuma, poi come sollevamento vero e proprio dell’impasto.
Continuare a rinfrescare nel solito modo fino a che l’odore non diventi acidino (prima sarà di formaggio e poi alcoolico).
A quel punto il lievito sarà pronto all’uso e si potranno diradare i rinfreschi come indicato in seguito.

Durante i primissimi giorni (fino alla prima lievitazione) si potrebbe arricchire il lievito usando come liquido l’acqua di infusione di una mela matura lavata, tagliata a pezzetti e tenuta a bagno per un giorno.
Il mio lievito è partito al quarto rinfresco; a quel punto ho diradato la frequenza ad un solo rinnovo al giorno fino a che non ha preso l’odore del lievito maturo.
C’è da notare che, data l’idratazione molto maggiore, gli odori del lievito liquido sono molto attenuati rispetto a quelli dei lieviti solidi.

In altri esperimenti fatti ho notato che il lievito di grano duro, preparato con gli stessi pesi di farina e acqua – ma con qualche goccia in più di acqua se l’impasto risultasse più denso del necessario – più un cucchiaino di yogurth è maturato del tutto in soli 4 giorni; un altro lievito fatto solo con acqua e farina integrale è partito al primo giorno e maturato in 5.
In definitiva può essere conveniente e più veloce partire da un lievito di grano duro e convertirlo in lievito di grano tenero a maturazione avvenuta (per farlo è sufficiente preparare un poolish con 50 gr di acqua, 10 di lievito e 50 di farina 0).

Per la prima settimana conviene rinfrescare comunque una volta al giorno, poi ogni 2 giorni se tenuto a temperatura ambiente o ogni 7 giorno se tenuto in frigo.
Una volta maturo il lievito può essere conservato in frigo e rinfrescato una volta alla settimana.
Un consiglio: è assolutamente inutile tenerne più di 100 grammi, perché questo lievito serve solo da inoculatore per la biga, o meglio per il poolish che useremo come biga.

Il momento giusto per mettere il lievito in frigo è quando raggiunge un volume poco meno che doppio rispetto a quello iniziale dopo aver fatto il rinfresco (facciamo 1.5 volte x): bisogna nutrirlo ma rallentare il suo metabolismo per impedirgli di mangiare subito tutto il nutrimento.
Nota importante sui rinfreschi: Giampaolo Mari rinfresca con una quantità di farina decisamente maggiore di quella che ho indicato: lui usa 200 gr di lievito, 100 di farina e 130 di acqua (ma lui usa la manitoba, con la farina tipo 0 userebbe 100 gr di acqua). Finora io mi sono trovato bene rinfrescando in proporzioni 70:15:15 (70 gr di lievito, 15 di acqua e 15 di farina, in cui la farina nuova pesa almeno il 20% rispetto al rinfresco), ma non è detto che sia il metodo migliore (anche io – Linda – lo faccio, e diciamo che è il minimo sindacale per il mantenimento del licoli, ma a ridosso di una preparazione faccio il canonico rinfresco, pari di tutto e cioè 1:1:1).
Tenete a mente l’esempio di Giampaolo e considerate l’opportunità di rinfrescare con più farina se il lievito dovesse indebolirsi
(infatti io – Linda – solo di tanto in tanto, ma rinfresco con rapporto 1:2:2, specialmente se voglio partire al mattino successivo con una preparazione e non voglio correre rischi di trovare il Lilì slievitato).
Inoltre lui dice che il lievito tirato fuori dal frigo può aver bisogno anche di 2 o 3 rinfreschi (a seconda della permanenza al freddo) per tornare in vita.
Io non l’ho mai tenuto così a lungo, quindi non so dirvi niente al riguardo.

Il mio lievito è maturato in 5 o 6 giorni, non ricordo di preciso, e ci ho fatto le deliziose briochine di kiki100 che vi ho mostrato (Diana mi ha chiesto come ho fatto a farle crescere in quel modo).

IMPORTANTE: non mettere il lievito in freezer. Ho provato a congelare un lievito ben attivo e allo scongelamento, nonostante i ripetuti rinfreschi, non sono riuscito a riportarlo in vita.

UN ESEMPIO DI INIZIO COLTURA
Leggete qui come La Vecchia Saggia ha fatto partire una coltura di lievito liquido di grano duro a partire da un panetto solido di gd.
Il procedimento vale anche per un lievito di grano tenero (farina bianca o ordinaria).

Io stesso non avrei potuto descriverlo meglio di come ha fatto Linda.

COME USARE IL LIEVITO
Il metodo che seguo (del tutto empirico) per decidere quanto poolish preparare per fare un lievitato di qualsiasi tipo (pane, dolci, etc.) è semplicissimo: uso 1/4 della farina richiesta dalla ricetta con lo stesso peso di acqua o latte (a seconda dell’ingrediente richiesto) e la giusta quantità di lievito liquido; questa quantità dipende dalla temperatura e dal tempo di fermentazione.
Quando la temperatura non è molto alta (fino a 25-26 gradi) io uso una quantità di lievito liquido pari al peso della farina del poolish diviso per 10 (p.e. se nel poolish prevedo di usare 150 grammi di farina e 150 grammi di acqua o latte, nel poolish userò 15 grammi di lievito); se invece è molto caldo divido per 15 (in alcuni casi estremi anche 20); in ogni caso faccio lievitare il poolish per circa 10 ore (di solito dalle ore 22 alle 8).

Aggiornamento a posteriori.
Rula e io abbiamo verificato che si può preparare il poolish anche in un modo diverso: abbiamo usato lo stesso peso di lievito, acqua e farina (p.e. 50 gr + 50 gr + 50 gr) e lo abbiamo lasciato lievitare fino al raddoppio (nel suo caso 3 ore e mezza, nel mio meno di cinque), per poi mischiarlo al resto dell’impasto come al solito.
Il risultato è stato del tutto identico a quelli ottenuti in precedenza, senza alcuna conseguenza negativa.

Un trucco per fare poolish e rinfresco in un passo solo:
Kiki100 ha osservato che è possibile fare con una sola operazione il rinfresco del lievito e il poolish purché entrambi siano fatti con lo stesso tipo di farina (p.e. farina 0 o 00) e con la stessa idratazione (p.e. per il grano tenero al 100%): in un contenitore più capiente mescolare il lievito con l’acqua e la farina necessarie al poolish, operando come al solito con le fruste, poi lasciar lievitare; al termine della lievitazione rimettere la quantità iniziale di lievito nel suo barattolo, aggiungere acqua e farina per nutrirlo, farlo iniziare a lievitare e riporre il lievito in frigo.
C’è da osservare che quest’operazione richiede sicuramente meno tempo per lievitare di quanto ne servirebbe a fare il poolish ordinario con poco lievito, ha inoltre il vantaggio di nutrire il lievito (quindi di rinfrescarlo). Tuttavia c’è anche da osservare che è teoricamente possibile correre un rischio: se il leivito non è in ottime condizioni (cioè se è molto acido o alcoolico o formaggioso) le sue proprietà si propagheranno al poolish molto più estesamente che con il poolish ordinario, ma è anche vero che con un lievito in quelle condizioni nessuno dovrebbe sognarsi di fare un lievitato.
In ogni caso, per prudenza, prima di procedere con questo procedimento consiglio di assaggiare il lievito per rendersi conto se è in buona forma.
Può capitare che nella ricetta sia richiesta una quantità di liquidi insufficiente ad eguagliare il peso della farina da usare nel poolish, nel qual caso bisognerà ridurre anche il peso della farina e accontentarsi di un poolish di quantità minore e di un’eventuale prolungamento della seconda lievitazione (p.e. se nella ricetta sono richiesti 500 gr di farina e 100 di acqua il poolish dovrà essere fatto con 100 gr di farina e 100 di acqua).
Sciolgo il lievito liquido nell’acqua, mescolo con la farina, frullo, copro con il coperchio e lascio lievitare.
In questo caso, il momento ideale per impastare il lievito con tutti gli altri ingredienti è quando esso raggiunge l’apice della sua lievitazione, cioè appena prima che inizi a collassare.

Di solito il lievito liquido riesce non solo a duplicare il suo volume, ma anche a triplicarlo; per sapere con esattezza quanto può salire bisognerebbe osservarlo e imparare a conoscere il suo comportamento, ma se non si può bisogna andare ad occhio, quindi dategli il tempo per raggiungere un volume almeno doppio.
Importante: il poolish è assimilabile alla lievitazione che si fa prima della messa in forma.
Dopo averlo fatto lievitare fino al raddoppio del volume bisogna organizzare l’impasto in modo che non inacidisca, quindi potete scegliere di seguire una delle due strade:

  • quando il poolish sarà lievitato impastarlo con tutti gli altri ingredienti e fare UNA SOLA LIEVITAZIONE mettendo l’impasto direttamente in forma. Di solito quest’ultima lievitazione dura meno del poolish: finora ho osservato tempi dell’ordine di 4-5 ore per il pane, un po’ di più per i dolci
  • distribuire il resto degli ingredienti in due tempi: prima tutto il poolish con la prima dose, poi – dopo aver fatto lievitare questo primo impasto- unire tutti gli ingredienti rimanenti.
    In questo modo i fermenti verranno continuamente nutriti e non dovrebbero esserci rischi di acidità.

LA DENSITÀ DEL LIEVITO
È molto importante che il lievito raggiunga il giusto livello di densità, in modo da poter crescere durante i rinfreschi.
È stato segnalato da GPMari (e verificato da tutti noi del gruppo) che in seguito alla maturazione il lievito aumenta di densità.
Riporto una tabella sommaria per indicare la giusta percentuale di idratazione dipendente dal tipo di farina usato:

  • farina di grano tenero tipo 00 = ~90% (dipende dalle caratteristiche)
  • farina di grano tenero tipo 0 = 100%
  • farina o segale di grano duro = 120%
  • farina manitoba tipo 0 = 130%
  • farina integrale di segale = 150%
  • farina integrale di grano tenero: 100%
  • farina di farro = n.d. (fatemelo sapere)
  • farina di kamut = n.d. (fatemelo sapere)

licolì preparato in occasione di un Pane Nero di Castelvetrano

COSA FARE SE IL LIEVITO FA LE BOLLICINE MA NON CRESCE
Se la superficie del lievito si riempie di bollicine minuscole, fino a formare una schiumetta, il lievito sta fermentando; se non cresce evidentemente la densità è troppo bassa.
In questo caso è necessario aumentare la quantità di farina fino ad avere una pastella che opponga un minimo di resistenza quando la si gira con il cucchiaino e un minimo di incordamento quando lo si mescola con frullatore.

Riporto un esempio preparato da Smaryyns76/Martina per calcolare la quantità di poolish necessaria alla ricetta.

Come calcolare la quantità di poolish da preparare per sostenere la lievitazione?
Ipotizzando una ricetta per pizza che preveda 1000 gr di farina, 500 di acqua, 20 gr di sale e 20 gr di olio:

  • per la quantità di farina calcolare 1/4 del peso totale della farina necessaria nell’impasto, quindi in questo caso 1000:4= 250g
  • la quantità d’acqua per il poolish deve essere di peso uguale alla farina, quindi in questo caso 250g
  • la quantità di lievito liquido da aggiungere è pari a 1/10 del peso della farina, quindi in questo caso 250:10= 25g

A questo punto bisogna sciogliere il lievito liquido nell’acqua, amalgamare la farina, frullare il tutto e lasciarlo lievitare circa una decina di ore o fino al raddoppio di volume, dopodichè aggiungere la restante farina e l’acqua rimanente.
In questo caso al poolish, completata la lievitazione, andranno aggiunti i restanti 750g di farina e i restanti 250g di acqua più gli altri ingredienti: sale e olio.

COSA FARE SE IL LIEVITO INACIDISCE ECCESSIVAMENTE

Premesso che è necessario che il lievito liquido sia leggermente acido per proteggersi dalle muffe a volte è necessario addolcirlo un po’.
Se il suo sapore diventa troppo simile a quello dell’aceto è necessario sottoporlo a uno o due risciacqui/bagnetti in questo modo:

–fare un rinfresco con 50 gr del lievito, 100 gr di acqua, 5 gr di zucchero e 50 gr di farina e lasciare che lieviti fino a riempire la superficie di bollicine (sotto forma di schiuma); non ci sarà alcuna crescita perché la densità sarà troppo liquida.
Indicaticamente 8 ore dovrebbero essere sufficienti

–fare un secondo risciacquo con la stessa procedura ma senza zucchero, quindi usando 50 gr del risciacquo precedente, 50 gr di farina e 100 di acqua e aspettare ancora che la superficie si riempia di schiuma
–fare un rinfresco ordinario usando 50 gr del risciacquo, 50 di acqua e 50 di farina, lasciar lievitare e assaggiare il lievito al termine al momento del raddoppio: se ha un sapore meno acido il risciacquo è riuscito, altrimenti ripetere l’operazione.

COSA FARE SE IL LIEVITO SI INDEBOLISCE

A volte il lievito si indebolisce e inizia a lievitare molto più lentamente del solito.
In una situazione simile si possono adottare queste contromisure, adottando la seguente solo se le precedenti non hanno avuto esito:
–aggiungere al rinfresco successivo, ma una sola volta, del miele o dello zucchero o del malto
–addensare un po’ il lievito con più farina
–se se ne ha, aggiungere al lievito un po’ di pasta madre sciolta nell’acqua del rinfresco.”

… e finiamo con un licoli di segale, tanto amato da nicodvb

Si continuava con qualche esempio di ricette, ma foto e link sono andati persi.
Dopo l’avvio di questa prima discussione si proseguì negli anni con migliaia di messaggi e moltissimi amanti si avvicinarono a questo tipo di lievitazione naturale.

OGGI

Oggi possiamo dire che negli ultimi tre anni, molti esperti (vedi il preparatissimo Riccardo Scevaroli, o il grande Giambattista Montanari, coi loro scritti e i loro corsi) – nell’intento di avvicinare alla pasta madre solida, notoriamente con acidità tendenti all’acetico (vedi aromi, shelf-life, ecc.) le caratteristiche del licoli (con acidità più tendenti al lattico) – ci suggeriscono gestioni leggermente diverse nel mantenimento di quest’ultimo, addirittura con l’aggiunta di una piccola quota di farina integrale (oggi io rinfresco con una ratio 1:1:0,80), tanto da arrivare a realizzare con questo lievito addirittura i GL (grandi lievitati), cosa impensabile da proporre fino a qualche anno fa, se non altro per la minore conservazione di un panettone, pur ottimo, realizzato con licoli.

DOMANI … ?

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LIEVITI e lieviti

Lievito di birra fresco – come congelarlo e porzionarlo velocemente

Be’, si! Se proprio si deve usare il lievito di birra fresco per scelta o per “staccare la spina” per un po’ di tempo dalla pasta madre, è bene che se ne usi un pizzichino, anche meno di un grammo….

E degli altri 24 grammi che farne (di solito i panetti di lievito di birra fresco sono di 25 grammi)?

In alternativa c’è anche il lievito di birra secco, prediletto da molti pizzaioli perché – sembra – più stabile! In questo caso ricordarsi che l’equivalente del fresco rispetto al secco è di circa 3:1, cioè per ogni 3 grammi di cubetto fresco dovremo mettere 1 solo grammo di quello secco.

Tornando al nostro ldb fresco, la cosa importante per noi è non interrompere la “catena del freddo”.

Prendiamo qualche siberino o gelpack dal freezer.
Mettiamone qualcuno sul piano di lavoro dove appoggeremo un tagliere e due coltelli taglienti (sarà meglio toccare il meno possibile il ldb con le mani calde).
Qualche altro siberino lo metteremo sotto a dei quadratini ritagliati di fogli di alluminio.
e…

cominciamo a dividere in due il cubetto da 25 grammi = avremo 2 parti da 12,5 g l’uno
dividiamo ancora ogni pezzo = 4 pezzi da 6,25
ancora = 8 pezzi da 3,12
ancora = 16 pezzi da 1,56
infine = 32 pezzi da 0,78 grammi

Potremmo continuare ancora ma meglio velocizzare l’operazione.
Incartiamo velocemente, mettiamo in una bustina e congeliamo.

A questo punto sarebbe ottimo avere un abbattitore di temperatura per far congelare velocissimamente il lievito e non correre rischi per la riattivazione al momento dello scongelamento…  ma non lo compreremo certo per questo motivo!

Quando ci occorrerà del ldb, sapremo che ogni pezzetto è circa tre quarti di grammo..

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Per la riattivazione
Una cookina ci suggerisce che per essere sicure che il lievito congelato sia ancora efficace quando si tira fuori dal freezer, meglio metterlo ancora congelato in poca acqua appena tiepida, una puntina di zucchero e mescolare.
Se entro 10 minuti si forma la schiumetta il lievito è attivo
… parola di ypsilon

12 gennaio 2011