Premetto che uno dei fondamentali per la riuscita di una ricetta, anche semplicissima, è la qualità degli ingredienti impiegati.
Stavolta però, per questa ricetta, utilizzo spinaci surgelati, anziché freschi! Ho dovuto/voluto fare una prova veloce col mio TM31 (Bimby) per testare se anche questa – come le altre – era una vellutata che incontrava il nostro gusto; poi mi procurerò il meglio 😉
Ingredienti per 2 (in ordine di apparizione) 20 g parmigiano reggiano mezza cipolla 20 g olio e.vo. 200 g spinaci surgelati 1 patata a tocchetti (volendola omettere, utilizzare metà dell’acqua prevista) 300 g acqua 1 cucchiaino dado granulare macinata di pepe verde 2 cucchiai di yogurt (1 per ciascun piatto; lo abbiamo aggiunto per non avere – a nostro gusto – una vellutata dal sapore “anonimo”) crostini di pane tostato (facoltativo)
Procedimento Nel boccale verso i tocchetti di parmigiano (sembra una banalità, ma quando si usa il Bimby, e nella ricetta è previsto del formaggio grattugiato, è importante ricordarsi di frullarlo prima della preparazione seguente): 15-20″, vel. turbo, e metto da parte.
Senza lavare il boccale metto la cipolla a pezzi grossolani facendola cadere dal foro con le lame in movimento: 3″, vel. 7.
Aggiungo l’olio sulla cipolla tritata e procedo al soffritto: 3′, 100°C, vel. 3
Aggiungo le patate a pezzetti, l’acqua, il dado e i grossi blocchi di spinaci surgelati (se prima di cuocere prevedo di scongelarli, sarà sufficiente aggiungerli a metà cottura): 30′ antiorario, 100°C, vel. 2 senza misurino (dopo qualche minuto, a spinaci scongelati, volendo, togliere l’antiorario e abbassare a 90°C con misurino obliquo o cestino/vapore sul boccale.
A cottura ultimata frullo il composto: 30″, vel. 6-7 (andrebbe bene un bel turbo per vellutare meglio, ma ricordo che – almeno nel mio vecchio TM31 – è sempre meglio usare la velocità massima con temperature non superiori a 60-70°C).
Ho assaggiato e aggiustato di sale, ho aggiunto il parmigiano e frullato qualche secondo.
Se la vellutata fosse diventata troppo densa, si può aggiungere un pochino d’acqua calda e frullare qualche altro secondo.
E, se non si ha il TM31, ecco la versione in pentola!
Da spunti trovati in rete ancora una proposta di vellutata, anche se questa freschissima crema di cetrioli è indicata soprattutto per la stagione estiva.
Al contrario della famigerata salsa tzatziki, dove a farla da padrone sul cetriolo è lo yogurt, qui si sono invertire le parti. Qualche altra “contaminazione” di sapori ed ecco la mia versione!
Ingredienti 1/2 cucchiaino di semi di finocchio (si suggerisce l’aneto, migliore anche per il colore finale, ma non lo avevo) 1 cucchiaio dado essiccato e 800 g acqua (o equivalente in brodo caldo) 3 cetrioli freschi 1 piccola cipolla (io rossa, ma meglio bianca per il colore) 1 limone (scorza grattugiata; non l’avevo e ho aggiunto scorze secche) 50 g olio e.v.o. (3 cucchiai) Pepe verde macinato al momento (o poco peperoncino) sale q.b. (io pochissimo; la crema è molto aromatizzata) 125 g yogurt naturale denso(1 vasetto) 1 cucchiaino di amido di mais per addensare (facoltativo)
Procedimento Ho mondato e tritato la cipolla; ho lavato, spuntato e tagliato a dadini i cetrioli (lasciando la buccia dovrebbe migliorare il colore finale); in una padella ho messo ad appassire la cipolla con l’olio; ho aggiunto il cetriolo a pezzetti e fatto insaporire qualche minuto; ho unito l’acqua calda e il dado e la scorza del limone; ho aggiunto i semi di finocchio, ho coperto e lasciato cuocere a fuoco dolce per 20-25 minuti.
Trascorso il tempo necessario, ho spento il fuoco, ho lasciato intiepidire e poi ho frullato il tutto; in questa fase, se la crema dovesse risultare troppo liquida, prenderne una piccola parte, e in un pentolino comporre una cremina (tipo roux) che, aggiunta al composto, lo addenserà; quando la crema si è raffreddata ho aggiunto lo yogurt, il pepe verde e un pizzico di sale.
Servire tepida in un piatto da portata, decorata con qualche fettina sottile di cetriolo e con un cucchiaio di yogurt o qualche crostino. Se si desidera gustare la crema fredda riporla per tempo, coperta, in frigorifero.
In questi giorni, dopo uno sprazzo di caldo da primavera inoltrata, qui a Roma si è “rimesso a fresco”, e quindi stasera ho pensato ad una zuppa calda (naturalmente questa è una ricetta di repertorio e io l’ho preparata nel periodo citato in fondo all’articolo). Ho preparato quindi questa crema di asparagi, e così abbiamo anche evitato di preparare il contorno di verdure (sfinisco sempre i miei figli con la storia delle verdure per 5 volte al giorno).
Ingredienti per 4 persone 500 g asparagi (li ho ricavati da 2 mazzi) 50 g di farina debole (quella per biscotti con poche proteine) 90 g di burro (ho fatto metà burro/ metà margarina omega 3 vallè) 2 tuorli sale marino integrale acqua q.b. (per me, 2 bicchieri circa) erbe aromatiche (facoltative)
Procedimento Ho lavato, tagliato a cilindretti gli asparagi.
Per fare prestissimo li ho cotti in pentola a pressione. Li ho versati in un cestino forato sollevato dalla base, e ho calcolato un solo minuto dal sibilo.
Intanto ho preparato una besciamella con metà del burro e la farina. Ho allungato con acqua calda (un paio di bicchieri).
Ho versato in questa crema gli asparagi, ho salato e fatto cuocere coperto per 45 minuti, mescolando di tanto in tanto.
Una volta giunta a cottura, ho frullato la crema con il minipimer (all’epoca non avevo il bimby e un minipimer o un buon frullatore sono ugualmente validi).
Intanto, nella zuppiera di servizio, dopo aver mantecato i tuorli con il resto del burro ammorbidito, ho versato la crema ancora bollente.
Mescolare velocemente e servire la vellutata calda.
Quasi tutti gli appassionati sanno che la “legatura” – riferita alla cosiddetta pasta madre – è un sistema utilizzato prima di procedere alla preparazione di lievitati complessi come panettoni e altri prodotti a lunga lievitazione. In quel caso sarà sufficiente fare una legatura per 8-9 ore con la stessa farina scelta per il “grande lievitato” che si vuole preparare e poi procedere ai 2 o 3 rinfreschi rafforzanti di rito.
Altro motivo valido per la legatura però è quella di prendersi un lungo periodo di pausa da questo fantastico lievito naturale (anche un paio di mesi, magari lasciandolo in “affidamento” presso il frigo di qualche parente se si va in vacanza)!
Sarebbe meglio “legare” una pasta madre già matura di almeno qualche mese.
Legatura di 8-10 ore, fatta per un panettone:
Si parte dal solito rinfresco (o rinfreschi se serve) per arrivare ad un certo quantitativo (non necessariamente abbondante quando la legatura è per poche ore; più abbondante quando si prevede una lunga sosta in frigo). Si avvolge l’impasto in un telo pulitissimo, senza odore di detersivi. Si lega a mo’ di caramella. Meglio una legatura lasca perché l’impasto prenderà forza, si gonfierà, e le corde alla fine saranno molto tese. Generalmente aspetto 1 o 2 ore affinché l’impasto prenda un po’ di forza, per poi mettere in un contenitore a misura. Se la legatura sarà di poche ore, lascerò il contenitore a temperatura ambiente. Se la legatura viene fatta per un lungo periodo, la lievitazione del “salamotto” proseguirà in frigo. Il fatto di metterlo in un contenitore a misura farà sì che il panetto prema contro le pareti, non riuscirà ad espandersi più di tanto e pertanto svilupperà una forza maggiore… … avete presente quando all’incredibile Hulk si tendono i bottoni e poi si strappa la camicia? 😉 ).
QUALCHE CENNO SULLA RIATTIVAZIONE
Prima dei rinfreschi da effettuare per riportare in forza la pms dopo un lungo periodo di frigorifero (le foto sotto sono di una legatura di 16 giorni), sarà opportuno prevedere un “bagnetto” antiacidità (2‰ di zucchero rispetto all’acqua). Soltanto successivamente si procederà a 3 rinfreschi (almeno 1 al giorno). In questo caso ne risentì ed era inizialmente collosissima. Si riprese successivamente, ma per almeno 15 giorni lievitò al rallentatore.
Terremo a temperatura ambiente il nostro lievito fintanto che lo vedremo crescere e lievitare per bene in circa 3 ore. Dopodiché potremo metterlo di nuovo in frigorifero e comportarci come di solito.
Ho aggiunto burro e frullato ancora (ho utilizzato metà burro e metà olio di cocco disodorato: ha caratteristiche analoghe)
Ho aggiunto buccia del limone grattugiata e amalgamato bene
Ho aggiunto a pioggia la farina, il lievito, il pizzico di sale e ho lavorato brevemente con le mani
Ho diviso in due pezzi l’impasto (uno leggermente più grande dell’altro): la parte più grande (per la base) l’ho messa in frigorifero per circa mezz’ora; l’altra parte più piccola (da sbriciolare in superficie), l’ho trasferita in freezer
Per il ripieno
Ho montato a neve gli albumi frullando per 2-3 minuti
Ho frullato ancora aggiungendo lo yogurt (meglio 400 g ma me ne era rimasto soltanto 350), lo zucchero (l’ho messo a velo) e l’amido (fecola o amido di mais)
Composizione e cottura
Ho rivestito con della cartaforno una tortiera apribile (meglio da 22, ma ho questa da 24 cm di diametro) perché, pur se antiaderente, avevo timore che il ripieno, molto liquido, fuoriuscisse
Ho appiattito sul fondo il pezzo di frolla più grande
Ho versato tutto il ripieno
Ho versato sul ripieno tutta la frolla ghiacciata che ho precedentemente grattugiato in un piatto
Ho preriscaldato a 180°C e infornato in basso per 35′
Ho fatto freddare prima a temperatura ambiente, poi ho trasferito in frigorifero per un paio d’ore (è più buona fredda)
Si conserva in frigorifero per 2 o 3 giorni
Ho tagliato a quadrotti e spolverato con dello zucchero a velo idrorepellente.
In rete si trovano dei pani bellissimi, multicereali, con farine blasonate, ma troppe volte comunque piene di glifosati e pesticidi.
Ho voluto pertanto approfondire questa tecnica dell’ammollo/soaker di alcuni cereali (semi di chia, girasole, lino, fiocchi, ecc.), prima del loro inserimento negli impasti, per potermi autoprodurre un pane con farine e semi come piacciono a me!
Col soaker fra l’altro, limitatamente ad alcuni semi come lino o chia e una certa quantità di acqua, si producono delle mucillagini gelatinose che rendono i nostri lievitati più soffici e ne prolungano lo shelf-life (un po’ come il Tang Zhong).
Ma quanta acqua assorbono questi ingredienti nel nostro impasto? Solo avendo questo dato possiamo risalire alla reale idratazione finale del nostro pane. Per reintegrare la giusta dose di acqua mi sono servita di questa tabella. Si potrà leggere che l’autore ha fatto una serie di esperimenti per risalire alle percentuali di acqua da aggiungere a ciascun ingrediente, sia per l’ammollo a freddo che per quello a caldo (in quest’ultimo caso si velocizzano i tempi del soaker, ma si deve aumentare l’idratazione dei semi). Esiste anche un suo tutorial su Yt che spero di approfondire.
Secondo i suggerimenti dell’autore della tabella sopra, meglio decidere prima la percentuale di idratazione voluta – 78% rispetto alla farina utilizzata ad esempio – poi la percentuale dei semi del soaker da inserire (lui consiglia un massimo del 10% di semi rispetto alla farina). Per essere sicuri però che tutti i semi dell’ammollo vengano agevolmente idratati l’autore suggerisce di aggiungere dell’acqua in più: la chiameremo acqua “gratis” o acqua “in prestito” e potremo spaziare dal 75 al 100% in più di acqua rispetto a quella prevista per il soaker. Dovremo comunque considerare quest’acqua “prestata” dalla ricetta, e fare qualche piccolo calcolo, per far sì che si ritorni al 78% di idratazione prevista.
In effetti, anche confrontandomi con mio marito (ogni tanto mi segue su questi argomenti) mi sono convinta che la corretta dose di acqua del soaker, assorbita dai semi, non contribuisce all’idratazione finale. L’acqua del soaker infatti ormai “appartiene” al seme che l’ha assorbita; per questo non viene distribuita nella farina dell’impasto.
INGREDIENTI per due pagnotte 800 g farina bio tipo 0 W260 del Molino Sima 626 g acqua – 78% (nell’impasto però metteremo 479 g e 147 g sono prestati al soaker) 150 g li.co.li. – 18,75% 227 g soaker a freddo – 10% dei semi rispetto alla farina della ricetta (realizzato con 40 g semi lino, 40 g semi chia, 147 acqua richiesta dai semi + 147 di acqua in prestito dalla farina della ricetta: totale 374g) 16 g sale – 2% 1 g curcuma (facoltativa, stavolta volevo dare un po’ di colore).
Almeno 6 ore prima della preparazione ho avviato il soaker a freddo, ho mescolato, coperto e trasferito in frigo. Subito dopo ho rinfrescato il licoli con rapporto 1:1:1.
PROCEDIMENTO 1. Avvio. Ho mescolato in ciotola tutta la farina, poi i 374 g di soaker pronto e mucillaginoso e infine il licoli raddoppiato, mescolato all’acqua della ricetta. Ho coperto e lasciato riposare 30 minuti.
2. Inserimento del sale. A mani bagnate, in ciotola, ho fatto assorbire bene il sale con delle pieghe verso il centro dell’impasto e ho coperto. Riposo 30 minuti.
3. Pieghe “allungate” e pieghe “in aria” Ho trasferito l’impasto sul tavolo e, a mani bagnate, ho effettuato una serie di pieghe, prima “allungate” (eccole in uno dei video di questo mio pane di grano duro) e poi “in aria”. Ho coperto e lasciato riposare 30′.
4. Laminazione e maturazione in frigo dell’impasto Ho proceduto alla laminazione (qui, sempre in uno dei video del pane di grano duro) e trasferito l’impasto in ciotola unta di vetro, a pareti dritte. Limitatamente alle prime 3h circa di fermentazione, a seconda dell’idratazione, fare anche qualche piega con metodo coil folding A mani bagnate ho appiattito l’impasto all’interno della ciotola, ho coperto e segnato il livello di partenza. Ho trasferito in frigo a maturare a 4°C per 12 ore.
5. Aumento volume impastoa temperatura ambiente Dopo 12 ore, anche senza alcuna crescita, ho trasferito l’impasto da frigo a temperatura ambiente, lasciando in ciotola. Nel mio caso ci sono volute 5-6 ore per raggiungere il 50% di crescita (a seconda delle temperature e con un lievito maturo, ci possono volere anche solo un paio d’ore).
6. Preforma Trasferito l’impasto su tavola infarinata, ho fatto delle pieghe a fiore o margherita verso il centro (vedi qui), capovolto, arrotondato delicatamente, e coperto. Riposo 30 minuti.
7. Formatura Capovolto il panetto ho un po’ squadrato e formato l’impasto (vedi qui), ho infarinato e trasferito in cestino con chiusura verso l’alto, coperto e di nuovo in frigo. Riposo 1 ora.
8. Trasferimento impasto in freezer e accensione forno Se possibile, trasferimento dell’impasto da frigo a freezer (altrimenti continuare col frigo). A seconda della pezzatura l’impasto può sostare in freezer dai 15 ai 60 minuti circa. In contemporanea, accensione del forno ad almeno 270°C per 30-45′ con dentro refrattaria (o pentola di ghisa). Ancora 30-45 minuti di pazienza!
9. Taglio e cottura Per la cottura, dopo il preriscaldamento del forno, mi regolo diversificando spesso: capovolgo gli impasti sulla mia pala barella, faccio i tagli e trasferisco sulla refrattaria con o senza copertura col “coppo“, vaporizzando (mi sono trovata bene a provocare molto vapore gettando acqua calda su una teglietta piena di ciotoli e sassi vulcanici); oppure trasferisco gli impasti nelle pentole di ghisa, ma sui coperchi. SEMPRE EVITANDO CARTAFORNO IN COTTURA! LA CLASSICA NON REGGE OLTRE 220°C; QUELLE CHE REGGONO OLTRE QUESTE TEMPERATURE, ANCORA OGGI, CONTENGONO SOSTANZE DANNOSE!!
Dopo aver preriscaldato il forno alla massima temperatura imposto 250°C statico a scalare fino a 180°C per un’ora circa. A forno spento a spiffero, con pane in verticale, altri 30-40′.
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ANCORA CON LIEVITO LIQUIDO – IL MIGLIORE (6 Agosto 2022 – la foto è quella in evidenza in prima pagina)
151 licoli 1:3:2,40 800 g farina tipo 0 forte per teglia 640 g acqua gelata (493 nell’impasto e 147 data “in prestito” al soaker) 227 g soaker a freddo – 10% di semi rispetto alla farina (40 semi chia, 40 semi lino + 147 acqua richiesta dai semi + 147 presa “in prestito” dalla ricetta) 17,68 sale – 2,20%
A parte le minime modifiche apportate, a mio parere stavolta, sono queste le cose che potrebbero aver contribuito a fare la differenza:
1 – mi sono aiutata con la spirale (8-10′ a velocità zero, prima e, dopo 30′, altri 6-8 minuti dopo il sale, sempre a velocità zero);
2 – licoli molto ben mantenuto e rinfrescato con rapporto che si vede sopra;
3 – l’utilizzo di una farina molto forte (avevo solo quella in casa);
4 – con le 22 ore di lavorazione totale (3h e 1/2 a 28-29°C circa, 12h a 4°C circa, 6h e 1/2 di nuovo a 28-29°C, tranne l’ultima ora in freezer), ho volutamente rischiato la slievitazione con l’aumento di volume oltre il solito 50%, per raggiungere l’obiettivo dell’alveolatura che cercavo;
5 – oltre alla formatura finale solita (al minuto 3 di questo video), con la massima delicatezza ho proceduto anche ad una nuova preforma (al secondo 55 di questo video);
6 – infine, ma non in ordine di importanza, ho capovolto gli impasti direttamente sulla refrattaria bollente, fatto i tagli (attenzione alle ustioni), infornato e vaporizzato per i primi 5′ come già fatto spesso in passato!! Le pagnotte erano talmente grandi che non sono riuscita a coprirle col “coppo” (solitamente inforno due pagnotte alla volta) per creare la giusta umidità.
ULTIMO TEST 28 APRILE 2024 – SEMI-INTEGRALE
900 g farina tipo 2 Buratto Mulino Marino (W300) 702 g acqua (607 nell’impasto e 95 dati “in prestito” al soaker) 180 g licoli 1:2:2 185 g soaker a freddo – 10% di semi rispetto alla farina (15 g semi di chia, 15 lino, 15 girasole, 15 zucca, 15 sesamo, 15 fiocchi avena + 95 g acqua richiesta dai semi +95 presa “in prestito” dalla ricetta: totale 280) 18 g sale – 2% Totale 1985 g
Stavolta ho diversificato facendo prima un’autolisi e la tempistica, fra le 6h + 5h a t.a. (21°C) e le 7h a t.c. (6-8°C), è stata di circa 18h (forse un po’ troppo per questa farina e forse le due pagnotte erano troppo grandine). Tutto il resto è in itinere per possibili eventuali miglioramenti.
E’ da qualche tempo che ho aggiunto alle tecniche di piegatura acquisite negli anni per il mio pane, anche questo metodo.
Sono delle pieghe da effettuare preferibilmente in ciotola quando l’impasto è molto idratato: il COIL FOLDING.
Effettivamente già lo avevo notato – più o meno eseguito così – nei video di qualche mastro pizzaiolo, ma non avevo ancora letto la denominazione del metodo; io le ho chiamate per un po’ pieghe a caduta, ma in italiano non saprei come definirle.
Una dimostrazione è questa:
Non sono esattamente delle pieghe stretch&fold (allunga e piega), o delle slap&fold (sbatti e piega), ma dalla traduzione inglese, il nostro amico google ci viene in aiuto definendole appunto, pieghe a bobina (o a spirale, o arrotolate).
Io le adotto ormai sul mio pane con idratazione solita al 75% dopo la laminazione – rigorosamente a mani bagnate – sostituendole alle solite pieghe a tre, e devo dire che ne ha migliorato la struttura finale.
Ritengo che un paio di cose vadano sottolineate:
per facilitare le operazioni di piegatura, utilizzare un contenitore di vetro o comunque pesante;
ad ogni piegatura, ricordarsi di “scoppiare” gli alveoli più grandi che si formano.
In particolare, nella foto, stavo seguendo questo video con un pane all’80%.
E’ tempo di zucca! Come non parlare dei suoi gustosi semi, conosciuti a Roma col nome di bruscolini?
Oltre alle proprietà, non proprio dietetiche, nei bruscolini troviamo però un buon apporto di ferro (ben 9 mg per ogni 100 grammi di prodotto).
Questa ricetta mi ha convinta più delle altre perché prima di tostare i semi, prevede una breve bollitura. Ho letto altrove che questo metodo non fa sviluppare i grassi saturi. Ho pertanto seguito le dosi espresse dall’autrice, in “tazze”, ma poi ho ricavato anche i quantitativi espressi in grammi. Fermo restando la ricetta originale, indicherò pertanto anche le dosi estrapolate da me.
Ingredienti – 1 tazza colma di semi (corrisponde ai 250 grammi di semi che ho ricavato dalle mie zucche). – 2 tazze di acqua per ogni mezza tazza di semi. In questo caso 4 tazze piene (circa lt. 1,400). – 1 cucchiaio raso di sale per ogni tazza (g 40-50 g di sale grosso – a seconda di quanto li volete salati; io ho fatto 40, altrimenti poi ci si “lessano” le labbra) – olio e.v.o. per ungere la teglia
Procedimento Tagliare la zucca e con un cucchiaio raccogliere i semi interni. Separare i semi dai filamenti e sciacquarli. In una casseruola mettere i semi, aggiungere l’acqua e il sale. Portare a ebollizione e far bollire per 10 minuti Togliere dal fuoco e scolare. Io ho anche asciugato sommariamente i semi.
Cottura Preriscaldare il forno a 160°C ventilato. Ungere bene una teglia con dell’olio extra vergine di oliva. Stendere infine i semi nella teglia in un solo strato, senza sovrapporli. Infornare quindi in un binario medio-alto del forno per 20-30 minuti (a seconda del grado di tostatura desiderato). Dare un paio di mescolate con un cucchiaio di legno, cercando sempre di riappianare lo strato di semi. A tostatura avvenuta far freddare prima di consumarli.
Secondo l’autrice della ricetta non vale la pena rimuovere il seme dalla buccia, e consiglia di mangiare tutto (in effetti se fate tostare troppo sarà molto difficile tirare fuori il semino). Lei non sa che per molti di noi, sgranocchiare bruscolini togliendo la buccia è un rito, e va mantenuto così, tale e quale! 14 ottobre 2010
Questa famosa ricetta dovrebbe essere rigorosamente realizzata con stoccafisso secco ammollato. Per adesso ho potuto reperire il pur ottimo baccalà sottosale ammollato e devo dire che la ricetta mi ha entusiasmato.
Da ripetere assolutamente, magari approvvigionando le materie prime giuste (vedi qui).
La mia ricetta è articolata in 3 fasi che illustrerò tutte, per avere alla fine un sano e gustoso piatto italiano da servire come antipasto o secondo piatto.
POLENTA per i crostini, preparata con una farina di mais della Sarchio che avevo in casa, del tipo fumetto finissimo (i suggerimenti indicano la polenta di mais Marano, o in alternativa la Biancoperla, o anche semplicemente ottimi crostini di pane). L’ho preparata col bimby e la ricetta del libro.
Ingredienti per 4 persone: 1200 g acqua 300 g fumetto finissimo 1 cucchiaio di olio e.v.o. 1 cucchiaino colmo di sale Procedimento: Al mattino ho versato nel boccale l’acqua, il sale, l’olio e ho portato a bollore per 12’, 100°, vel. 1. Ho aggiunto la farina dal foro del coperchio con lame in movimento a vel. 3. Ho lasciato cuocere per 30’, 100°, vel. 3, lasciando sempre inserita la spatola. A metà cottura ho aperto il coperchio e spatolato a fondo. A fine cottura ho versato velocemente la polenta in uno stampo rivestito di cartaforno, ho battuto per livellare e, coprendo, ho fatto freddare su siberini prima e in frigo poi. Al momento dell’utilizzo ho tagliato una parte delle fette con filo, per farne dei crostini grigliati; alcune fette le ho congelate ben separate per future ricette (dopo scongelate risulteranno molto bagnate, quindi prima di grigliare, asciugare con cartacasa).
… una dritta? Il filo per tagliare la polenta!
… passando il filo da sotto, e incrociandolo sopra alla forma di polenta, si avranno fette perfette in 2 secondi!
CIPOLLE CARAMELLATE. Memore di un antipasto gustato tempo fa ho voluto aggiungere delle cipolle caramellate, a mio gusto indicatissime per questo piatto. Le ho cotte in padella, seguendo qualcuna delle indicazioni di questo chef.
Ingredienti per 4 persone: 250 g. di cipolle rosse 80-90 g. di acqua 50-60 g. di zuccheri (più canna e meno semolato) 1 cucchiaio aceto di mele 1 o 2 cucchiai olio e.v.o. 1 piccola noce di burro sale q.b. (io poco) Procedimento: Ho sbucciato le cipolle, le ho tagliate sottilmente e versate in una padella capiente dove ho messo a scaldare i pochi grassi. Dopo aver mescolato per bene le ho salate e ho unito quasi tutta l’acqua, lasciando cuocere coperto per quasi un’ora. Quasi a fine cottura ho aggiunto l’aceto e sfumato. Infine ho aggiunto gli zuccheri, mescolato ancora delicatamente per qualche minuto e aggiunto l’ultima parte di acqua per evitare che le cipolle orami caramellate si attaccassero troppo al fondo. Ho spento, coperto e lasciato da parte.
..e dulcis in fundo
BACCALA’ MANTECATO. Ricordo che il pesce migliore da utilizzare per questa ricetta è lo stoccafisso secco, poi ammollato (in Veneto anche lo stoccafisso viene generalmente denominato baccalà, anzi, “bacalà”). I merluzzi di qualità suggeriti sono quelli denominati Gadus Morhua e Gadus Macrocephalus. L’ho preparato in pentola, secondo questa ricetta tradizionale, e poi mantecato con frullino con fruste di plastica (in alternativa mescolare con cucchiaio di legno oppure planetaria. Meglio evitare il bimby in questo caso, salvo fare una prova con l’antiorario).
Ingredienti per 4 persone: 300 g filetto di baccalà ammollato (ci sarebbe voluto lo stoccafisso, comunque la qualità era Gadus Macrocephalus) 250 olio delicato (ho messo metà e.v.o., metà olio di riso, e comunque in totale, un po’ meno di quello indicato) 1 spicchio d’aglio mezzo limone qualche foglia di alloro (non lo avevo in foglie) pochissimo sale prezzemolo (facoltativo) Procedimento: Ho messo il baccalà in una pentola, l’ho coperto con acqua fredda leggermente salata e ho portato ad ebollizione. Ho cotto per circa 20 minuti con l’aglio, il limone e l’alloro. Ho scolato lasciando da parte un bicchiere di acqua di cottura. Per paura di qualche spina residua (ma non ne ho trovata una!), ho prima tolto la pelle e spezzettato a mano la polpa del pesce, poi in una terrina ho lavorato con un frullino con lame di plastica, versando a filo l’olio, aggiungendo del prezzemolo (opzionale) e lasciando montare come se fosse una maionese, fino ad ottenere una crema compatta ed omogenea. Ho preferito tenermi bassa con l’olio e aggiungere un po’ di acqua di cottura e portarlo a fine mantecatura con qualche pezzo ancora intero. Ho aggiustato di sale e di pepe.
Ho servito il piatto su crostini di polenta grigliata. Su alcuni crostini ho aggiunto le cipolline caramellate. Ottimo anche su crostini di pane spruzzati di olio e tostati.
… secondo me, il massimo 😉
… e su crostini di pane spruzzati di olio e poi tostati
… o Vodkatini o Kangaroo, ma non mi voglio sostituire a chi vive in un mondo interessante e variegato, come i bar-tender. Sono unicamente una signora che – vedendo una “serie” televisiva fichissima (Grace and Frankie) – ha avuto la voglia di scimmiottare una delle protagoniste che stava sempre con un cocktail a portata di mano … appunto un Martini Cocktail (che dovrebbe essere preparato con Martini Dry, Gin e olive verdi)! E’ un cocktail definito pre-dinner (ma a mio gusto, visto l’alto tasso alcolico, può essere tranquillamente consumato dopo cena).
Di fatto ricordavo questa bevanda grazie al primo James Bond, accusato di aver distrutto questo cocktail, iscritto nella lista della International Bartenders Association soltanto fino al 2011. Lui lo voleva rigorosamente agitato, non mescolato (shaken, not stirred), ma non è chiaro se ai tempi fosse preparato con vodka o gin.
Il Vodka Martini, a differenza del Martini Cocktail, dovrebbe prevedere la scorzetta di limone, ma visto che ho un a certa età, che non sono certo una Bond-Girl, che a me piace così, che la creatività e il gusto di ciascuno può farla da padrone, ho deciso di gustare il Vodkatini come dico io: con olive e non con scorza di limone 😉
Ingredienti per una persona (non avevo la classica coppa a forma di cono rovesciato con calice … mi perdonate anche per questo? 😉 ):
5,5 cl Vodka pura (40° vol) 1,5 cl Martini Extra Dry (18° vol) 2 o 3 olive grandi (ho usato le verdi Cerignola, ma devo dire che insieme a questa bevanda amo gustare anche quelle scure del Peloponneso)
Procedimento Come per molti americani, a me piacciono superalcolici lisci, quindi ho proceduto a freddare in frigo/freezer gli ingredienti e gli utensili prima di utilizzarli.
Ho misurato le dosi singole/multiple in un contenitore con apposito “tubo refrigeratore” e poi ho versato il cocktail nel bicchiere di servizio ben raffreddato.
Nel frattempo ho rigorosamente sciacquato nel Martini Dry le olive (per togliere l’eccesso di salamoia), prima di infilzarle nello spiedino che ha decorato il bicchiere, e gustarle fra un sorso e l’altro.
La dritta E se vogliamo sapere che grado alcolico ha il nostro cocktail, basterà applicare la media ponderata, ma non fatevi spaventare dal termine. Io ho fatto semplicemente così: 5,5 (cl di Vodka) x 40 (° vol) = 220 + 1,5 (cl di Martini Extra Dry) x 18 (° vol) = 27 Poi … 247 (totale del grado alcolico) : 7 (quantitativo di liquori) = 35,28. Pertanto, il grado alcolico del nostro cocktai sarà di 35,28° vol.