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LIEVITI e lieviti

Gestione lievito naturale solido in acqua (mia versione)

Per prima cosa sarebbe opportuno un corso sul mantenimento in acqua alla piemontese della pasta madre solida, in particolare col metodo messo a punto dal M° Rolando Morandin.
Ci sono altri metodi, ma intanto ho provato questo sulla mia pelle, anzi sulla mia prima colomba pasquale ben riuscita, e funziona!

Visto il lungo periodo di pandemia che ci ha colpiti ormai da più di un anno a livello mondiale e che ha interrotto inizialmente i corsi in presenza in molti paesi (R. Morandin non ha organizzato corsi online) ho cercato di reperire più informazioni possibili su questo metodo, frequentando assiduamente la fanpage di Facebook del grande pasticciere e maestro lievitista.

Mi scuso pertanto se lo scritto che segue non è completo e/o potrebbe essere integrato da molte altre informazioni.

Molto di quanto ho scritto l’ho reperito anche da questa schermata di una pasticciera che mi ha aiutato molto e che ha seguito corsi del Maestro, molto disponibile nel supportare, nella fanpage Morandin, chi voglia avvicinarsi a questo metodo.

Da quanto si legge sotto, si potrà notare che la stabilità delle temperature in questo caso è molto importante.

Io, per comodità ho fatto fare ad un amico questa bellissima cella di lievitazione caldo/freddo che mi aiuterà anche per le mie lunghe lievitazioni, bighe, ecc.

RINFRESCO GENERICO QUOTIDIANO DI MANTENIMENTO – OGNI 24 ORE CIRCA

  • Bagno in acqua di 20 minuti circa dopo aver tolto la crosta che si è formata:
    – strizzare l’impasto e formare una sorta di polpettine appiattite e immergerle in acqua a 38°C col 2‰ di zucchero (2 gr per litro di acqua); in questo bagno il lievito dovrebbe venire a galla in circa 10 minuti.
  • Rinfresco 1:1:0.3 ovvero pari quantità di lievito e farina e 30% di acqua sul peso della farina a 30°C (è consigliata una farina relativamente forte, ma non fortissima, di tipo 00 per via degli enzimi/fibre che ostacolerebbero il giusto processo; pazienza, io preferisco una tipo 0).
    La percentuale d’acqua che di solito viene utilizzata al 45-50% quando si fa un rinfresco al lievito gestito in maniera “libera”, con questa gestione scende al 30% in quanto il lievito esce già gonfio d’acqua dal bagnetto.
    Quindi in questo caso l’impastino richiede meno acqua del solito.
    Esempio 50 lievito + 50 farina + 15 acqua a 30°C.
    Sciogliere prima bene la pasta madre con l’acqua dovuta e poi aggiungere la farina.
    Impastare bene (a mano o a macchina), poi tirare l’impasto a matterello ripiegandolo più volte, rendendolo liscio, portandolo a circa 1 cm di spessore, e cilindrarlo/arrotolarlo serrando bene per non farlo srotolare subito (per serrare meglio inumidire appena la lastra di impasto prima dell’arrotolamento e pizzicare bene la chiusura).
    Questa lavorazione rinfrescherà e riporterà il lievito alla temperatura ottimale.
    Adagiare  questo rotolino in un contenitore a misura, con acqua fredda di rubinetto (lascio riposare l’acqua per qualche ora per eliminare il cloro) mantenendo a temperatura ambiente a 18-20°C fino all’indomani.
    L’impasto dovrà essere completamente immerso e coperto tutto intorno da almeno un dito d’acqua.
    In questa acqua il lievito dovrebbe venire a galla in 1 ora circa se l’acqua è intorno ai 21°C; ci metterà di più se l’acqua è più fredda.

Sarebbe bene procedere ai rinfreschi quotidianamente, ma in caso di impedimenti o pause per ferie, dopo il solito bagnetto provare a rinfrescare almeno al doppio/triplo della farina rispetto al lievito, col 30-35% di acqua rispetto alla farina, questa volta fredda, e trasferire subito in frigo (YleBeat fa così).
Poi chiudo col mio sistema “a matriosca” in un grande doppio contenitore, per evitare al massimo le eventuali spore negative del frigo, ma facendo in modo che tutto intorno al primo contenitore ci sia molta aria.

RINFRESCHI PREPARATORI PER GRANDI LIEVITATI, DA EFFETTUARE CON LA STESSA FARINA DEL GL PER 5 GIORNI, ma anche soli 3 giorni totali possono andare se il lievito è già in ottimo stato e “spinge” molto.

Bagnetti mai più di una volta al giorno, e comunque attualmente ne sto facendo soltanto al bisogno (quando tolgo dal frigo il lievito o, naturalmente, quando sono a ridosso dei rinfreschi preparatori).

Giorni nr. 1-2
Di prima mattina, dopo il bagnetto solito, rinfrescare una sola volta al giorno, con rapporto 1:1:0,3 come descritto nel mantenimento quotidiano, ma con la stessa farina del GL.

Giorno nr. 3
Si potrebbe procedere come nei giorni precedenti (regolarsi come nei giorni nr. 1 e 2), oppure dare una sferzata al lievito e fare tre rinfreschi, simulando di andare in produzione (regolarsi come nel giorno nr. 5).

Giorno nr. 4 (penultimo giorno prima dell’impasto)
Di prima mattina, dopo il bagnetto solito, rinfrescare una sola volta nella giornata, con rapporto 1:1:0,3 come descritto nel mantenimento quotidiano, ma con la stessa farina del GL.

Giorno nr. 5 (o comunque ultimo giorno dedicato ai 3 rinfreschi e al primo impasto del grande lievitato).
Appena possibile al mattino (a distanza massima di 22-24 ore dal rinfresco precedente) procedere al primo dei 3 rinfreschi, così:

  • 1° rinfresco
    dopo aver tolto la crosticina superiore, solo per questo primo rinfresco, fare il bagno solito;
    rinfrescare poi 1:0,9:0,3 con acqua a 30°C;
    lavorare e laminare/cilindrare l’impasto in modo che torni a t.a.;
    adagiare il panetto in acqua a 24-26°C e in cella di lievitazione a 30°C per 3 ore;
  • 2° rinfresco
    togliere la poca crosticina e rinfrescare 1:0,9:0,4 con acqua a 30°C.
    Qui rinfreschamo con un po’ più d’acqua visto che non abbiamo fatto il bagno preliminare e quindi l’impastino ne ha assorbita di meno.
    Esempio: 50L+45F+18A;
    lavorare e laminare/cilindrare l’impasto in modo che torni a t.a.;
    Adagiare il panetto in acqua a 24-26°C e in cella di lievitazione a 30°C per 3 ore;
  • 3° rinfresco – come il secondo
    … e dopo le 3 ore in cella …
  • Procedere finalmente al PRIMO IMPASTO DEL GRANDE LIEVITATO.
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DOLCI

Olive candite

A metà del gennaio scorso ho avuto la fortuna di avere in regalo un piccolo sacchetto di olive appena colte dall’albero, al culmine della loro maturazione.

La qualità forse è la Moraiolo e comunque, nella zona di raccolta in Ciociaria, vengono denominate Marroncine.

Mi è venuta l’idea delle olive candite quando ho saputo del Panterrone di Antonio Cera (Forno Sammarco di S. Marco in Lamis), premiato fin dal 2014, e negli annali del Gambero Rosso come panettone che ricorda la terra e i suoi prodotti.

L’ho appositamente acquistato per poterlo assaggiare, insieme ad altri splendidi prodotti pugliesi: il sapore delicato ma inedito, mi ha spinto a fare delle prove per i miei futuri Grandi Lievitati (per adesso ho provato a fare soltanto una già soddisfacente Colomba Terrona).

Non trovando altre indicazioni in rete, inizialmente ho preso spunto dalla simpatica Mirella di questo blog, modificando poi il procedimento secondo alcune letture sulla canditura all’italiana di R. Morandin, L. Di Carlo e quella tramite essiccatore secondo lo Chef Paolo Dalicandro.

Ho impiegato “soltanto” 4 giorni per portare le olive ai canonici 70-72°Brix.

INGREDIENTI
400 g olive denocciolate – pesate dopo l’ebollizione
800 g acqua – il doppio rispetto alle olive
800 g zucchero – il doppio rispetto alle olive
40-60 g di destrosio bio in polvere 30DE da amido di frumento
Acqua necessaria per lo sciroppo finale de-cristallizzante
Buccia esterna fine di mezza arancia.

PROCEDIMENTO
Per prima cosa ho lavato le olive e le ho messe a scolare.

Naturalmente, vista la consistenza abbastanza tenera delle olive, a differenza di altri tipi di canditura, non ho voluto pre-congelare, né bucherellare i “frutti” o drupe.

Ho denocciolato usando l’apposito attrezzo, usando i guanti usa e getta per evitare di annerirmi le mani.

Dopo averle denocciolate ho risciacquato a lungo le olive sotto l’acqua corrente.

Ho portato a ebollizione una pentola con l’acqua e ci ho versato le olive.

Una volta ripreso il bollore ho fatto cuocere per non più di 2-3 minuti.
Ho scolato bene, pesato e messo da parte.

Intanto, su uno spartifiamma sul fornello, ho preparato uno sciroppo pari peso di acqua/zucchero.
Una volta pronto lo sciroppo l’ho versato bollente sulle olive.

Come copertura ho adattato un cestello forato e ho posizionato tutto all’interno del mio essiccatore a 40°C, continuativamente, controllando di giorno in giorno col mio rifrattometro i gradi brix raggiunti.

Nei 4 giorni circa impiegati per la canditura ho rabboccato soltanto un paio di volte lo sciroppo in quanto stava scarseggiando.

Come fare?
Aggiungendo una congrua dose di acqua/zucchero analoga ai gradi brix raggiunti.

Esempio: se il rifrattometro indica 65°Bx e volessimo 200 grammi circa di sciroppo aggiuntivo, dovremo portare in ebollizione una piccola dose composta da 130 grammi di zucchero e 70 grammi di acqua.

Se non si avesse il rifrattometro, ma consiglio di acquistarlo (è pure divertente giocare al “piccolo chimico”), una volta che sulla superficie dello sciroppo di acqua/zucchero si sarà formato un velo – la cosiddetta “pelle d’aglio” – la canditura è pronta.

Alla fine delle operazioni di canditura ho preso la dose di sciroppo acqua/zucchero sufficiente a coprire i due barattoli di vetro.

Poi, a parte ho preparato ulteriore sciroppo col destrosio, ricostituendolo e portandolo a ebollizione con acqua fino ad arrivare ai 70°Bx.

Questa piccola porzione aggiuntiva potrà essere del 30% circa rispetto allo sciroppo semplice acqua/zucchero di canditura, fungerà da de-cristallizzante ed eviterà che lo zucchero “granisca” in fretta.

C’è chi dice di metterne soltanto il 10-15% (L. Di Carlo), chi il 60% (R. Morandin).
Probabilmente la differenza è soltanto dettata dalla durata/conservazione che si vorrà dare ai propri canditi. 

Non ho provato, ma se ad esempio si useranno i canditi entro una settimana e si “annegheranno” bene (con un pressello) nel semplice sciroppo acqua/zucchero, potrebbe essere evitato lo sciroppo aggiuntivo de-cristallizzante.

Ho quindi sanificato i barattoli, li ho riempiti con le olive e i due sciroppi, ho avvitato per bene con dei coperchi clic-clac sanificati, ho frapposto fra i due barattoli dei teli di stoffa nella pentola colma d’acqua per non farli rompere, e ho sterilizzato per 30-40 minuti da inizio bollitura.

Una volta raffreddata un po’ l’acqua ho potuto prelevare i barattoli e li ho posizionati coperti a testa in giù fino a completo raffreddamento e fino a creare il sottovuoto (non si deve più sentire il fatidico clic-clac!).

L’IDEA IN PIU’
Limitatamente al solo sciroppo di acqua/zucchero (quello senza sciroppo de-cristallizzante di destrosio per capirci) è possibile riportarlo alla sua natura solida, approfittando dell’essiccatore usato per la canditura.

Ci vorranno parecchie ore, ma l’ho riutilizzato con soddisfazione proprio nella mia Colomba Terrona di cui parlo sopra (a breve la ricetta).
Eccolo nelle sue varie fasi (mescolarlo di tanto in tanto durante l’essiccazione).
Una volta diventato quasi come zolle di terra l’ho passato nel bimby, poi l’ho fatto asciugare ancora e l’ho quasi tutto reso addirittura a velo (la parte meno fine ci zucchero il caffè!).

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PANE, pizze, pizzelle e dintorni

Pizzette …

… pizzette da buffet, pizzette da merenda, pizzette delle feste?
Pizzette da mangiare quando si vuole, grazie a Massimo, un amico che ha rivisitato una ricetta di famiglia e ce l’ha regalata.

Non sono fatte con pasta sfoglia, ma con un sofficissimo impasto e, questa volta, realizzate con lievito di birra secco (invece che la mia solita … pasta madre solida).

INGREDIENTI (baker’s percentage, rispetto alla farina)
350 g farina di grano tenero tipo 0 W260
196 g latte intero fresco – 56%
28 g acqua – 8%
10,5 g olio e.v.o. – 3%
7 g sale – 2%
2.5 g lbs (lievito di birra secco) – 0,71%
1,50 g malto diastasico in polvere – 0,43%
Totale 595,5 grammi

Nella ciotola della planetaria, con la foglia, ho versato farina/malto/lievito di birra e ho iniziato a mescolare.
Ho aggiunto latte/acqua e mescolato.
Poi olio a filo, mescolato per 5-6′ e infine il sale.

Dopo 1h e 3/4 circa, fra impasto iniziale e un paio di giri di pieghe a 3, ho stagliato la massa in 9 palline da 65 g circa ognuna.

Ho messo a lievitare in cassetta a 19-20°C per 5h circa.

Pizzette stese a mano e messe a riposare “nude” su “barella” per 1h – 1h e mezza circa, ben coperte, sotto bustoni di cellophane.
Subito prima di infornare ho aggiunto salsa di pomodoro condita.

Infornate direttamente dalla barella nel forno di casa, subito sotto al grill, a 300°C per 5-6′ (chi lo ha, probabilmente riconoscerà la refrattaria del P134H utilizzata sotto al grill del forno di casa).

Delle 9 pizzette condite con solo pomodoro, ho reinfornato con l’aggiunta di mozzarella soltanto 5 pezzi (per 2′ – 2′ e mezzo, abbassando la temperatura a 250-260°C circa).
Le 5 pizzette con mozzarella le abbiamo consumate per cena.

Le 4 pizzette-test restanti con solo pomodoro le ho surgelate per provare a vedere come saranno la prossima volta, dopo scongelamento e reinfornata con un altro po’ di pomodoro e mozzarella.
Se fossero buone i nostri buffet sono assicurati (ehm .. ehm .. buffet all’aria aperta!).

Sono venute sofficissime e cicciottissime, fin troppo forse, quasi da aprirle e farcirle, anche lasciandole bianche, ad esempio!
Prossima volta proverei a farle più piccoline e contenute, eventualmente anche stendendole a matterello anziché a mano: qui sono esplose esageratamente 😉
O anche – senza perderci troppo tempo – vorrei provare a farle un po’ sfogliate (come per le piadine sfogliate, ad esempio).
Se riesco, riporterò fra queste righe … o meglio, vi ringrazierei se le faceste voi e mi diceste come sono venute.

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PANE, pizze, pizzelle e dintorni

Pizza contemporanea (biga-pasta madre solida)

… “almeno per una volta provo ad accontentarvi con tutti quei puntini che vi piacciono tanto!”.
Così ho detto ai miei figli (visto che generalmente non mangiano mie pizze, le possono vedere solo online, e mi prendono in giro perché dicono che non riesco ad avere la maculatura tipica della napoletana classica).

Ingredienti per 4 panielli da 225-230 g ciascuno

540 g farina tipo 0 W300-320 (480 g biga, 60 g impasto)
355 g acqua – 65% appena scarso considerando anche acqua/farina totali della pms (240 g biga, 115 g impasto)
16,50 g pasta madre solida (pms) dopo 2 rinfreschi a secco da lievito mantenuto in acqua – 3% su farina (tutta nella biga)
11,10 g sale – 2% su farine/malto (tutto nell’impasto)
4 g malto diastasico in polvere – 0,72% su farina totale (tutto nell’impasto).

Procedimento (ho preso spunto da qui, usando pms e allungando i tempi fin quasi a 60 ore!)

90% di biga idratata al 50% (per 2h ta + 20h frigo reparto verdure + 2h ta), preparata con gli ingredienti dedicati.

Dopo le 24h ho impastato per bene a mano la biga coi restanti ingredienti e messo subito la massa in ciotola unta, chiusa, nel reparto verdure del frigo.

Dopo 13h circa, ho optato per delle pieghe in aria e di nuovo in frigo, reparto freddo normale.

Dopo altre 17h, a 4h da inizio cottura, ho stagliato a freddo i panielli per l’apretto (la biga era appena cresciuta: ritengo che il rimaneggiamento con le pieghe in aria abbiano aiutato a sostenerne la consistenza).

In questo intervallo ho iniziato a pensare ai condimenti (e sfornando la funghi/salsiccia, non mi sono fatta mancare una spruzzata di Sprayleggero al tartufo bianco: favoloso)

Ho fatto riposare le palline per 3h a ta, poi ancora 1h di frigo, fino alla stesura e infornata.

In stesura mi sono trovata benissimo con la consistenza dei panielli.

Cottura in forno Effeuno P134H Basic da 450°C.
Questa volta ho acceso al massimo le resistenze sopra/sotto per cercare la mako tanto ambita dai miei figli.
Col pirometro ho potuto verificare che la temperatura fosse ormai di 485°C, quando ho infornato, per 60-70″.

Per evitare la base troppo bruciata ho perfino passato un matterello rivestito con un canovaccio umido per freddare un pochino la platea.

Certo, esteticamente, così, la mia ortolana sembra più carina del solito, ma non mi piacciono i puntini neri, né la base troppo bruciacchiata, quindi non credo che – salvo richiesta – ripeterò queste temperature infernali.

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CONTORNI e verdure di ogni genere

Chips di cavolo nero (kale chips)

Viste le innumerevoli proprietà di questa pianta e visto che praticamente sotto casa ho la fortuna di avere un mercato col “banco” che storicamente vende biologico (Agricoltura Nuova), con l’aiuto del mio essiccatore e i suggerimenti del bravissimo Chef Dalicandro trovati online, mi sono divertita a fare anche queste chips.

Sono partita da qualche bel ciuffo di cavolo nero del tipo toscano (nome botanico di questa varietà: Brassica oleracea var. acephala), qui in Italia tipico per la ribollita.

Sembra che i migliori si trovino proprio in questa stagione, dopo le prime gelate invernali!

Ingredienti per 150 grammi finali di chips
850 g di cavolo nero pulito (solo foglie, dopo aver eliminato la nervatura centrale)
6,8 g sale fino (0,8%)
42,50 g olio e.v.o. (5%)

Procedimento
Dopo aver lavato accuratamente la verdura ho battuto ripetutamente le piante sul tavolo, per sgrondare un po’ dell’acqua in eccesso e per intenerire il prodotto finale.
Con le forbici ho tagliato via la nervatura centrale e poi, con le mani (o con un coltello di ceramica) ho tagliato le foglie secondo la lunghezza voluta.

In una terrina molto capiente ho condito con olio e sale le foglie ancora leggermente grondanti d’acqua, mescolando per bene e ripetutamente con le mani.

Essiccazione
Ho riempito tutte le 6 griglie dell’essiccatore.
Qualcuno velocizza l’operazione portando alla massima temperatura l’essiccatore (il mio arriva a 68°C), ma per poter mantenere tutte le proprietà benefiche di questa pianta, preferisco mantenere i 40°C (si potrebbe anche utilizzare il forno elettrico di casa, ma preferisco lasciarlo libero e poi trovo comode le numerose griglie sulle quali posizionare le foglie).

Ho fatto essiccare per 12 ore.

A fine essiccazione, per mantenere la croccantezza delle chips, prima di inserirle delicatamente nei barattoli (saranno croccantissime, leggerissime e voluminosissime) ho posizionato delle garzine riempite di sale grosso e fino.

Sgranocchierò le chips come contorno ai pasti, o come snack.
In alternativa si potrebbe ricavarne della polvere per colorare di verde la pasta fatta in casa.
In questo caso direi di essiccare “nature” le foglie, e alla fine procedere alla polverizzazione con il bimby o simili.
Altra possibilità di utilizzo di questa polvere è quella di aggiungerne uno o due cucchiaini nelle minestre di verdure.

Note
Perché battere sul tavolo le lunghe foglie prima della preparazione? Per renderle più tenere e saporite.

Il quantitativo di questo condimento, che naturalmente si potrà variare secondo il proprio gusto, è stato suggerito dallo Chef Dalicandro.
Occorrerà comunque fare molta attenzione visto che, una volta essiccato, il quantitativo del prodotto sarà nettamente inferiore e quindi si rischia di fare chips troppo unte o peggio, troppo salate!

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PANE, pizze, pizzelle e dintorni

Mafaldine siciliane

Grazie a Gilda, ho preparato per la prima volta questo pane “a serpentello” come lo ha denominato il nipotino, in una sorta di “cucinare insieme” su fb.
Solitamente le mafalde vengono fatte con tutta semola di grano duro; questa volta l’autrice ci ha suggerito un po’ di grano tenero.
La ricetta è validissima e vi consiglio di provarla in dose intera.

Troverete qualche link nella pagina dell’abbattitore Coldline, dove spesso si organizzano di questi eventi.

Qui come l’ho realizzata io, esattamente uguale alla ricetta suggerita, ma con una dose leggermente inferiore, perché avevo poca pasta madre che ho avviato da poco col “metodo in acqua”.
Prossima volta mi organizzo e ne faccio due teglie piene.

Ingredienti (4 mafaldine da 208 g l’una da crude – 187 da cotte)
270 g semolato grano duro Sen. Cappelli Molino SimaBio (in autolisi)
180 g farina tipo 0 W260 Molino SimaBio (in autolisi)
240 g acqua (in autolisi)
90 g pasta madre solida rinfrescata “a secco” 5h e 30′ prima (impasto)
15 g latte fresco intero (impasto)
7,8 g zucchero (impasto)
27 g olio e.v.o. (impasto)
9 g sale (impasto)

Procedimento
Non era prevista autolisi (o fermo macchina), ma vista l’alta quantità di grano duro ho voluto farla, quindi ho unito per una mezz’ora tutte le farine e tutta l’acqua prevista.

Nel frattempo ho pesato gli ingredienti sulla tavola, dopodiché ho cominciato a sciogliere con un cucchiaino, la pasta madre solida col latte e lo zucchero.

Ho unito quindi la pms all’impasto autolitico e ho fatto girare il Ken con la foglia fino ad uniformare l’impasto.

Ho poi montato il gancio a spirale cicciotto e, a filo, ho unito l’olio; infine il sale.
In tutto ho impastato a velocità basse e media per una decina di minuti.
Di tanto in tanto ho ribaltato l’impasto.

Ho trasferito l’impasto sulla spianatoia unta e ho lasciato coperto, per 30′.
Ho poi iniziato a fare delle pieghe a tre, pirlando leggermente a ogni fine piega; ho ripetuto ogni mezz’ora per tre volte in tutto.

Ora si potrà scegliere se aspettare il quasi raddoppio in una ciotola trasparente o trasferire in frigo (ho fatto la seconda).
Ho ripreso l’impasto dopo 10 ore e aspettato che arrivasse quasi a raddoppiare a t.a.

Dopo 3h e mezza l’impasto aveva cominciato a “salire”, ma non era arrivato al livello segnato; ho proseguito ugualmente con la lavorazione:
ho stagliato in 4 palline uguali, appiattendo ciascuna con le mani formando un quadrato, ho riavvolto formando un rotolino;

ho aspettato 30′ circa di riposo e ho iniziato ad allungare ciascun cordoncino fino a 80 cm. circa;

ho dato la classica forma del serpentello con la coda all’insù ai miei panini;
ho pennellato con acqua per far aderire il sesamo a ciascuna mafalda;
ho capovolto e immerso soltanto la parte superiore in abbondante sesamo (la ciciulena);
ho rigirato, poggiato distanziando in una teglia su cartaforno, coperto e lasciato lievitare fin quasi a raddoppiare (io, 4h e 3/4);

l’ultimo quarto d’ora prima di infornare, ho trasferito la teglia ancora ben coperta in freezer.

Cottura
Dopo il freezer ho spruzzato i panini, creato parecchio vapore nel forno e infornato a 220°C, statico, per 15′;
gli ultimi 5 minuti ho abbassato a 180°C statico e ho ruotato la teglia.

Non si fa, ma all’ombra del carretto siciliano in miniatura che mio padre costruì tantissimi anni fa, ho mangiato una mafaldina intera… e calda.

P.S. di qualche tempo dopo.
Non so se per mia colpa o per qualche ovvio cambiamento (più mafaldine in una sola teglia quindi si sono un po’ scontrate; cottura in contemporanea di due teglie sfalsate; inaspettata velocizzazione della lievitazione con la cella), ma utilizzando soltanto semolato fine di grano duro non sono esplose esattamente come le prime.
Sempre belle e sempre buone, ma manterrei comunque la prima versione come risultato più valido 😉

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DOLCI LIEVITI e lieviti

Panettone al cioccolato – pasta madre solida

Ho provato altre ricette, anche più ricche, ma devo dire che oltre alla mia esperienza limitata nei panettoni, oltre a macchinari non adatti (non ho impastatrici a bracci tuffanti, né spirali, ma soltanto una planetaria), ho deciso di replicare il semplice e ottimo Maspoli (sembra una ricetta light, ma risponde comunque alle dosi dettate dal complicatissimo disciplinare del 2005).
Stavolta comunque mamma e sorelle, visto che non amano canditi e uvette (che io ormai prediligo), lo hanno voluto al cioccolato.

Però occorre qualche escamotage per renderli e mantenerli morbidi; il problema dei “panettoni” al cioccolato è che asciugano velocemente.

Con la frequentazione di fanclub dedicati (grazie Morandin) ho pertanto aggiunto una piccola dose di crema pasticcera e crema di mele alla ricetta del Maspoli.
Risultato? Eccellente, soffice, da ripetere se si ama questo dolce!

INGREDIENTI TOTALI
Ne ho fatti due da chilo (circa Kg. 1,070 l’uno), ma inserisco le dosi per 1 solo panettone

82 g pms
327 g farina tipo 0 manitoba biologica W350-380 Molino Sima
98 g burro bio (io Coop, ma ottimo l’Occelli o gli stranieri: Markenbutter, Jager, Lurpak, ecc.)
98 g zucchero
65 g tuorli (da 4-5 uova piccole bio Coop. Agricoltura Nuova)
164 g acqua
2,50 g sale
164 g gocce cioccolato fondente BioSun
33  g pasta d’arancia candita ben frullata
21 g crema pasticciera densa ***
13 g apple butter
mezza bacca di vaniglia (semini) – da quando ho sentito le spiegazioni del M° R. Morandin non metto altri aromi.

**Per la crema pasticciera Morandin:
(la ricetta originale è in dosi per un esercito; io l’ho ricalcolata per un solo tuorlo; al momento dell’uso la emulsiono con parte dell’acque e dei tuorli; viene ben soda ed è sufficiente per 4-6 panettoni)

57 g latte intero
28 g panna del banco frigo
17 g tuorlo (di un uovo)
20 g zucchero
20 g amido (io di mais bio, in alternativa frumina o fecola di patate).

In un pentolino ho sbattuto tuorlo e zucchero e ho aggiunto l’amido.
In un altro pentolino ho scaldato il latte con la panna e l’ho versato sui tuorli.
Ho rimesso sul fuoco e mescolato fino ad addensamento della crema.
Ho coperto con pellicola a contatto e trasferito subito in frigorifero (deve essere preparata in anticipo rispetto all’impasto in modo che possa raffreddarsi completamente prima dell’utilizzo).

PROCEDIMENTO

Ho iniziato la preparazione nella settimana precedente con un rinfresco al giorno, con la stessa farina del panettone, sempre a temperatura ambiente.

La sera precedente il primo impasto ho fatto una piccola legatura (40-50 g in tutto) di 8-10 ore a temperatura ambiente.

Sotto, un esempio dei 3 rinfreschi preparatori che faccio, a partire dal mattino, prendendo sempre una piccolissima parte di pms dal “cuore” degli impasti precedenti (volendo, eccedo con le dosi e mi lascio una piccola parte di impasto che “lego” per la panettonata successiva e/o per preparare del pane):

I rinfresco – 10 g pms +20 g farina (il doppio) +9 g acqua (30% del totale dell’impasto) – La lascio 3h a 26-28°C + 1h a temperatura ambiente (in questo periodo 20-22°C)

II rinfresco – 20 g pms +30 g farina (una volta e mezza) +15 g acqua (30% del totale) – 3h al calduccio +1h a t.a.

III rinfresco – 35 g pms +35 g farina (pari) +16 g acqua (22,5% del totale) – 3h al calduccio +1h a t.a. e potrò partire col primo impasto.

Nell’ultima ora di attesa prima dell’impasto ho preparato gli ingredienti pesati sul tavolo, e ho messo in freezer la ciotola dell’impastatrice, insieme ai ganci.

INGREDIENTI I  IMPASTO

82 g pms
184 g farina
49 g burro a pomata (io lo spatolo da freddo)
49 g zucchero (già sciolto negli 82 g di acqua)
33 g tuorli (in 2 porzioni, aggiunte nell’impasto separatamente)
82 g acqua fredda (con dentro i 49 g di zucchero di cui sopra)

Prima di iniziare ho messo dei siberini sia accanto che sopra al Ken.

così al freddo il mio impasto ci metterà di più nelle lievitazioni, ma così sono sicura che incorda

Ho versato in planetaria, nell’ordine, questi ingredienti:
– acqua zuccherata,
– 1 porzione di tuorlo,
– tutta la farina,
– la pms spezzettata.

Ho lavorato col gancio grosso a spirale, velocità minima, per 15′ circa, fino a incordatura (proprio velocità minima, non prima velocità).
Di tanto in tanto mi sono aiutata con una spatola per raccogliere l’impasto sul fondo della ciotola e l’ho ribaltato per ossigenarlo.

Una volta incordato, ho iniziato ad alternare: 
– l’inserimento del burro morbido,
– la porzione di tuorlo restante.

Ho aggiunto il tutto in 5 volte, una porzione ogni 4-5 minuti, facendo sempre assorbire fra un inserimento e l’altro (burro – mezzo tuorlo – burro – mezzo tuorlo – burro).
Controllare lo stato del velo (o “mutanda”, in gergo).
Se è elastico va bene, altrimenti continuare qualche altro minuto.

Ho chiuso l’impasto dopo 50′ di lavoro a 23,1°C.

Al termine ho preso l’impasto dalla ciotola, ho fatto una sorta di piega/pirlatura in aria con con le mani imburrate e l’ho inserito in un contenitore imburrato a pareti dritte (meglio imburrare anche la superficie).
Ho segnato il livello di partenza e l’ho posizionato in forno spento, acceso precedentemente per un paio di minuti a 30°C, aspettato che si assestasse la temperatura e lasciato a 25-26°C per tutta la notte, coperto da un telo umido strizzatissimo (ho imparato a non coprire ermeticamente in questa fase, per non far inacidire l’impasto).

Dovrà triplicare in 9-12h (stavolta a me, 12h).

Sempre in previsione del riscaldamento della lavorazione in planetaria, ad un centimetro dalla triplicazione ho messo l’impasto in frigo per un’ora e di nuovo la ciotola del Ken nel freezer.
Dopodiché ho preparato sul tavolo gli ingredienti del II impasto.

INGREDIENTI II  IMPASTO

Tutto il primo impasto
144 g farina
82 g acqua (metà pura con un tuorlo; metà zuccherata con l’altro tuorlo e la crema)
49 g zucchero (sciolto in metà dell’acqua prevista)
32 g tuorli (due tuorli: uno in metà acqua pura, l’altro in metà acqua zuccherata/crema)
21 g crema pasticcera soda (in acqua zuccherata e tuorlo)
49 g burro fresco (emulsionato con canditi frullati, crema di mele, sale e vaniglia)
33 g pasta d’arancia canditi frullata, meglio se morbida (nel burro)
12 crema di mele (nel burro)
2,50 g sale (nel burro)
mezza bacca di vaniglia (semini, nel burro)
164 g gocce cioccolato fondente

Ho iniziato col gancione, versando in ciotola la farina sul primo impasto (sempre con i siberini vicino, a raffreddare la lavorazione).
Ho lavorato a velocità minima per 15′ circa fino a incordatura.
Ho cominciato ad inserire la soluzione acqua pura/tuorlo (suddivisa in 3 volte), ogni 4-5 minuti.
Senza perdere l’incordatura, dopo l’assorbimento di ciascuna porzione di ingredienti, mi sono spinta a qualche “giro” a velocità uno!
Ho inserito quindi in 3 battute anche la soluzione acqua zuccherata/tuorlo/crema.
Infine con la spatola ho aggiunto l’emulsione di burro/vaniglia/sale/canditi frullati* sempre in 3 volte (*qualche problemino di incordatura mi sembra che l’abbiano causata).
Imburrare le mani e se il velo è a posto chiudere qui l’impasto; se invece si strappa continuare ancora un po’.
Ho chiuso l’impasto dopo circa 1h e 15′ con temperatura a 20,2°C (controllare).
Dopo mezz’ora circa di riposo ho inserito le gocce di cioccolato freddissime, col metodo della laminazione, ho fatto delle pieghe e una prima pirlatura a mani imburrate (provando a fare la pirlatura alla Morandin)….
… volendo, ripetere le pieghe se le gocce non si sono ben distribuite.
Dopo 40 minuti di riposo a t.a. ho fatto la seconda pirlatura a mani imburrate, ho trasferito nel pirottino con la chiusura sotto.
Da questo momento il pirottino è stato sempre poggiato su una teglietta forata capovolta, servita per spostarlo più agevolmente.
Ho messo tutto “sottocoperta”, avvicinando al pirottino dei barattoli con acqua calda per avere una certa umidità (anche se non è una vera cella di lievitazione, quindi sempre meglio imburrare la superficie e questa volta, coprire il pirottino con cellophane).
Ho impostato la mia “cella di lievitazione” a 28-30°C (mai oltre).


Dopo 7 ore il livello del pirottino mi è sembrato giusto (la circonferenza era due dita sotto il bordo e la cupola emergeva di poco; ho trasferito scoperto in freezer per 15′; intanto ho preriscaldato il forno (si potrebbero cuocere insieme, ma io, il secondo panettone l’ho trasferito in frigo per rallentare la lievitazione e l’ho cotto in un secondo momento).
Il fatto di raffreddarlo un po’ prima della cottura dovrebbe farlo sviluppare meglio in forno; scoprirlo invece, fa venire la pellicina, utile per praticare tagli o fare la scarpatura (che questa volta non ho fatto, ma per la quale non mi sono pentita, visto che col solo taglio a croce, i panettoni si sono aperti benissimo).
Con una lametta  ho proceduto ai tagli e aggiunto un po’ di burro al centro.


COTTURA A SALIRE

Ho letto che R. Morandin parte spesso da una bassa temperatura; anche questo metodo dovrebbe far sviluppare meglio il panettone. Non ho la controprova, ma mi fido del Maestro.

Ho infornato statico, vaporizzato (non gli fa certo male), ho posizionato la griglia a 10 cm dal fondo del forno:
120°C per 20′ statico sopra/sotto
140           “ ” “
160            “ ” ” (in questa fase ho inserito la sonda)
Non appena la sonda è arrivata ai 78-80°C ho impostato la cottura solo sotto, fino ad arrivare a 92°C pieni al cuore.

Capovolgimento con gli spilloni!

Ho incartato dopo 12 ore dalla sfornata.
Il tradizionale dovrebbe conservarsi 4 o 5 settimane (questo al cioccolato, non lo so).
Se si volesse conservare per oltre 2 settimane è il caso di spruzzare alcool etilico alimentare 95-96° all’interno della busta, altrimenti si può evitare, o congelarne uno a fette, come ho fatto io …
Scioglievole e talmente soffice da essere tagliato con difficoltà!!

Come al solito, quando è ancora bene incartato, meglio avvicinarlo ad una fonte di calore 20-30 minuti prima del consumo.

Anche se preferisco il tradizionale, questa è un’ottima alternativa per i golosi.

QUANTO IMPASTO METTERE NEL PIROTTINO?

Formula per calcolare quanto impasto va inserito nei pirottini, (anche se in uno di questi due panettoni al ciocco ho aggiunto una ganache al cioccolato, mi sono regolata con la solita formula come per il tradizionale):
raggio x raggio x 3.14 x altezza x 0.335 + 1,10

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PREPARAZIONI e tecniche di base

Mix aromatico per dolci

Il web è pieno di mix aromatici per i grandi lievitati. 
Io ho preparato questo, da aggiungere ai miei panettoni prendendo spunto da qui.
Ho fatto qualche cambiamento realizzandolo senza l’acqua della ricetta originale (in questo modo è anche più concentrato e ritengo si conservi meglio), col mio estratto di vaniglia naturale e con qualche altra accortezza perché rispondesse di più al mio gusto.
Non ho voluto utilizzare glucosio, sostituito del tutto dal miele!
È venuto molto denso e profumatissimo.

Sotto le mie dosi per 5-10 panettoni a seconda di quanto aroma si voglia preparare.
Le dosi sono molto ridotte rispetto all’originale (da qui i numeri decimali).

Ingredienti:
25 g zucchero
1,75 g sale
62,5 g miele di acacia
75 g arancia candita
25 g arancia intera
7,5 g buccia di arancia
5 g buccia di limone
3,75 g estratto di vaniglia
15 g rum
Totale circa 220 grammi

PROCEDIMENTO
Per grandi quantitativi si può fare nel bimby o simile.
Stavolta l’ho preparato nel pentolino e ho usato minipimer.
Ho messo a sciogliere pianissimo tutti gli ingredienti riducendo prima a pezzettini minuscoli tutti i tipi di frutta:
Da quando ha iniziato a sobbollire ho fatto stare 2-3 minuti, poi ho frullato e alla fine, fuori fuoco ho aggiunto rum ed estratto. 
Frullato ancora.
Dosi per un panettone da chilo, di questo mix aromatico concentrato senz’acqua: direi almeno 20-30 grammi.

Un giorno prima di procedere alla preparazione dei panettoni “lavoro” la dose voluta di questo mix in una parte del burro ammorbidito che utilizzerò per il secondo impasto!
C’è chi fa scaldare sul fuoco anche il burro, ma io preferisco evitare.

Si conserva moltissimo se congelato, ed è molto semplice da prelevare perché non indurisce.
Io comunque l’ho congelato già in porzioni da 20 grammi, così:

ANNOTAZIONE IMPORTANTE:

Qualcuno dei grandi Maestri di pasticceria (in questo caso, qui, Rolando Morandin), limitatamente al panettone, sconsiglia di inserire altri aromi oltre a canditi, uva sultanina ed eventualmente vaniglia.
Io non l’ho mai notato mangiando il mio panettone, ma secondo lui, mix come quello di questo articolo, o zeste di frutta cruda (questo mix la contiene, ma prevede una breve cottura) o anche olii essenziali, ossidandosi, potrebbero dare problemi di bruciori di stomaco.
Da qui, la prossima volta preparerò un mix aromatico semplicemente a base di pasta di vaniglia senza alcool (che preparerò a breve) e arance candite (anche quelle a breve nel blog, ma a differenza dei pur ottimi “canditi più facili, più buoni”, stavolta illustrerò con qualcuno dei metodi tradizionali).

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PANE, pizze, pizzelle e dintorni

Ciabatta Italia a lievitazione naturale

Nel 2008 provai le mie primissime ciabatte, ricetta M° Giorilli, convertendole per la mia pasta madre solida.
Erano i primi pani che le facevo, trovai difficoltà e non le preparai più.
A distanza di anni ho riprovato, ma questa volta con la tipica Ciabatta di Arnaldo Cavallari di Adria (conosciuta anche come Ciabatta Polesana, Ciabatta Natura e infine brevettata dal Cavallari col nome di  Ciabatta Italia).
Qui un articolo con qualche notizia (e purtroppo ho notato che per il lievito di birra nella biga, immagino del tipo compresso, c’è una modifica fatta a mano dal Cavallari: 25 anziché 50!!! Tenerne conto per il futuro).

Grazie ai consigli del gentilissimo Davide Casari Bariani – uno dei fornai amici dell’ideatore di questo pane – contattato sulla sua pagina Facebook “Il Pane di Arnaldo by Essedi”, grazie ai video del Mulino Padano, e grazie a un po’ di esperienza acquisita, questa volta mi sembra di essere riuscita a fare meglio.

INGREDIENTI (idratazione circa il 75%):
600 g farina
490 g acqua
60 g pasta madre solida (mia conversione rispetto ai 3 g di lievito di birra fresco)
36 g crusca
6 g malto d’orzo diastasico
11 g sali

Ho voluto aggiungere quel minimo di crusca nel secondo impasto per simulare la farina tipo 1-2 suggerita (grazie al marito collaborativo, ho seguito una formuletta per portare al 5,2% la fibra dell’impasto totale).

Per la biga 
600 g farina tipo 0 bio Manitoba Tibiona (W390 – invece della tipo 1 W320-350 suggerita: per questo motivo ho aggiunto successivamente un po’ di crusca)
300 g acqua fredda – 50% rispetto alla farina della biga
60 g pms ben rinfrescata – 10% rispetto alla farina della biga.

La temperatura finale dell’impasto dovrebbe essere intorno ai 22°C (io 20°C scarsi)
Anche se non proprio alla lettera, per l’inserimento dell’acqua ho cercato di seguire “la regola del 55” (55, meno temperatura ambiente, meno temperatura farina, uguale a temperatura acqua da inserire).
Mescolati a mano gli ingredienti per 15-20’ circa in una ciotolona di porcellana (quindi niente planetaria), tagliuzzando la pms con un paio di tarocchi di plastica per poterla amalgamare meglio in questo impasto grezzo e grossolano (qualcuno frulla, ma a me non va proprio di usare le lame di un robot per la mia pms, come non mi va di frullare la biga successiva, prima dell’impasto finale) .
Lasciato fermentare per quasi 25 ore a 18°C (quasi sempre intorno a 17,5°C).

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Restanti ingredienti da unire alla biga che ha “maturato”

Per l’impasto finale
Tutta la biga (sono rimasta inizialmente perplessa per l’odore, ma evidentemente, a meno che non debba migliorare ulteriormente questo risultato, deve essere così)
36 g crusca fine setacciata da farina integrale bio Solina di Tholos (in questa fase non sarebbe prevista farina aggiuntiva, ma ho preferito non inserire crusca nella fase iniziale per non rovinare l’impasto). Ho voluto aggiungerla comunque per arrivare al 5,2% di fibra e avere, almeno tecnicamente, una farina analoga alla tipo 1 consigliata.
6 g malto d’orzo in polvere bio Baule Volante – 0,89% rispetto alle altre farine totali
11 g sali (10,20 sale + 0,80 bicarbonato) – 1,61% rispetto alle farine totali
190 g acqua fredda

Mi sono trovata bene a impastare con le mani per i primi minuti e anche con i pugni, fino a far assorbire la crusca mista al malto e, poca alla volta, metà dell’acqua senza sale.
Quando l’impasto è risultato incordato ho passato tutto in planetaria, con la foglia, a bassa velocità, e aggiunto in 3 o 4 volte la restante acqua con il sale sciolto dentro.
Dopo l’assorbimento di ciascuna porzione di acqua ho ribaltato l’impasto.
Alla fine ho fatto qualche giro col gancio grosso del ken.
In tutto ci ho messo all’incirca 30 minuti.

Ho fatto riposare l’impasto in ciotola unta rettangolare di vetro, fin quasi al raddoppio a 22-24°C (ci sono volute quasi 4 ore – la prossima volta aggiungerei qualche piega all’inizio di questa fase).

Ho quindi trasferito l’impasto su uno spiano infarinato, spolverato di farina anche sopra, ho stagliato 3 pezzi longitudinalmente che ho poi diviso ancora (totale 6 ciabattine).

Ho capovolto su telo e lasciato scoperto per circa tre quarti d’ora, facendo prima delle piccole fossette con le dita, ma delicatamente.
Al momento di infornare ho capovolto ancora i pezzi (ho cotto 3 ciabatte per volta) e li ho allungati leggermente sulla mia “barella“.

COTTURA
Ho infornato per 25 minuti totali:
– ho portato a 270°C, abbassando nell’infornare a 250°C funzione statico per 10 minuti, su piastra refrattaria da 1 cm (già ben scaldata da almeno mezz’ora)
– ho prodotto molto vapore (sistema dei ghiaccetti, dei sassi, ecc.)
– ho vaporizzato ogni minuto per i primi 5
– ho proseguito a 200°C per 10 minuti
– ho concluso con altri 5 minuti funzione ventilato, ho ruotato le ciabatte e tolto il pentolino con l’acqua residua (prossima volta Stefano vorrebbe una crosta leggemente meno dura).

20 gennaio 2020

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PANE, pizze, pizzelle e dintorni

Pane 100% grano duro

Edit con l’aggiornamento dell’ultimo pane veloce ed easy fatto di recente nel dicembre 2023 (il migliore fino a questo momento).
(spunto di Antonio Palana)

Sotto, con la baker’s percentage, la ricetta originale.
Il procedimento è simile ai pani fatti in precedenza, ma senza pieghe (io comunque faccio una piega in aria prima di mettere la massa in contenitore), senza frigorifero (ma io trasferisco un’ora in freezer prima della cottura) e senza celle di lievitazione (ma io trasferisco in forno tiepido a 23-25°C quando di mattina, per velocizzare, rinfresco 1:1:1 il licoli; altro momento in forno è al mattino per ½h, dopo l’altro tipo di rinfresco fatto 1:2:2 prima di dormire, in modo di stemperare la temperatura nottura dei 18°C).

✅ Semola rimacinata
✅ 20% licoli (l’autore rinfresca 1:1:1 e prende a 1,5)
✅ 80% acqua (l’autore non cita se inserirla tutta in autolisi)
✅ 2% sale
3h di autolisi
6h 20 gradi (l’autore prende la massa al raddoppio)
4h in forma 20 gradi (l’autore non prevede preforma)
55 min cottura a scalare

Questa sotto la foto del pane di Antonio Palana

A seguire il mio stupendo grano duro quasi in purezza, questa volta “solo” al 90% (non ho licoli di g.d. come nei miei pani precedenti), e con qualche mio aggiustamento rispetto alla ricetta originale:

Ed ecco alcuni dei miei modi di procedere:
– metodo 1 – tutto in giornata (ma è un po’ incalzante), parto al mattino prestissimo (alle h6) col rinfresco del licoli 1:1:1 a t.a. 23-25°C per 3-5h (periodo primaverile, come l’autore) e impiego circa 18-20h fino a fine cottura (tardissima serata);
– metodo 2 – altro metodo è quello di partire col solo rinfresco del licoli 1:2:2 in tarda serata (per poter dormire in tranquillità), riposo notturno a 18-19°C per 7-9h (periodo invernale) e inserirlo in impasto il mattino dopo a livello 1,5, dopo una mezz’ora di t. a 23-25°C. In questo caso faccio l’autolisi di una sola ora, al mattino, a licoli quasi pronto. Anche qui, si concluderà il procedimento in tardissima serata;
– metodo 3 – partendo in serata con una parte della lavorazione (rinfresco, autolisi e avvio impasto in massa per la notte), si avrà il pane per la cena del giorno dopo.

800 g Semola rimacinata Casillo bio – Autolisi
160 g – 20% Licoli – fino a livello 1,5 – Impasto
624 g – 78% Acqua (l’80% se considero anche il licoli) – 85%A – 15%I
16 g – 2% Sale (1,82% se considero il totale delle farine) – I

In questo caso ho adottato il metodo 1 – Tranne il rinfresco iniziale 1:1:1 intorno ai 23-24°C, ho mantenuto sempre un ambiente fresco (sui 19-20°C):
– 3h di autolisi
– Impasto di 3 minuti in planetaria alla massima velocità, successiva piega in aria e riposo in contenitore;
– 9h in massa o comunque fino all’80% del livello iniziale (mi sono trovata meglio che a far raddoppiare la massa)
– ½h preforma leggera con una sola piega (mia aggiunta) e lasciato all’aria 30/40′
– 4h forma leggera arrotolando e nei cestini ovali
– 1h in freezer prima di infornare (mia aggiunta)
55 min cottura a scalare partendo da 250°C (generalmente in dutch-oven), e lascio in forno spento, socchiuso, per altri 20-40 minuti.

In post-cottura il pane ha perso complessivamente il 23% di peso 😉

***************

QUI SOTTO INVECE, ALCUNE DEI PANI FATTI IN PRECEDENZA, DAL 2020 A RITROSO.

In questo ultimo periodo ho ripetuto spesso il mio “vecchio” pane 100% di grano duro con lievito in coltura liquida.

Con l’aiuto dell’ottima farina reperita e qualcuna delle tecniche acquisite negli anni, ormai arrivo spesso all’85% di idratazione di questo splendido pane in purezza, così:

INGREDIENTI (per due pagnotte di oltre 900 g ciascuna)
750 g semolato grano duro Cappelli macinato fine biologico Viviverde Coop
610 g acqua di rubinetto – 85% rispetto al secco totale (insieme a quella del licoli)
500 g licoli di gd ben rinfrescato (trasformato in precedenza con la stessa semola dell’impasto)
15 g sale – 1,50%

PROCEDIMENTO

Rinfresco e autolisi
Ho rinfrescato il licoli col rapporto canonico 1:1:1 (167 g licoli + 167 acqua + 167 semola) e lasciato a temperatura ambiente fino al suo raddoppio (se invece si ha poco lievito liquido di partenza o si vuole suddividere la lavorazione, si può avviare il licoli la sera precedente, rinfrescando con rapporto 1:2:2 oppure addirittura 1:3:3).
Contemporaneamente ho avviato l’autolisi con tutta la semola e il 70% d’acqua (525 g) e trasferita in luogo fresco (reparto verdure del frigo) in attesa del raddoppio del lievito (l’autolisi, visto che la semola è molto tenace, ho scoperto che, più che per altre farine, è necessaria perché migliora la struttura del pane e favorisce lo sviluppo del glutine).

Impasto e pieghe

Per l’impasto ho proceduto a mano, in un ciotolone, per una 10ina di minuti, unendo all’impasto autolitico il licoli, gli 85 g. di acqua poca alla volta, e il sale.
Poi ho trasferito tutto nel Ken dove con la foglia, per 3 minuti esatti di orologio, ho mandato alla massima velocità (in questo modo, fra le mani prima, e i soli 3 minuti di planetaria poi, l’impasto non ha modo di scaldarsi), capovolgendo l’impasto a metà lavorazione.


Ho stagliato in due pagnotte e da qui, direttamente sul tavolo di marmo, a mani bagnate, senza mai aggiungere semola, ho proceduto prima a delle pieghe allungate, e poi a laminazione.

Pieghe allungate… io le chiamo così 😉

Laminazione

Infine – trasferendo in contenitori di vetro oleato – ho fatto 3 serie di “coil folding”.

Fra ogni fase e la successiva ho intervallato di 20-30 minuti circa.

Prevedendo di cuocere una pagnotta dopo circa un’ora rispetto alla prima, ho effettuato una serie di pieghe in più al secondo impasto.

Ho trasferito gli impasti in reparto verdure del frigo per 3 ore circa.

Dopo il frigo ho tirato fuori gli impasti (prima uno e poi l’altro) e ho aspettato l’aumento del 50% del volume (non il raddoppio, ma la metà del raddoppio).

Preforma, forma, cestino in frigo/freezer e cottura freezer/forno.

Capovolto l’impasto sul tavolo, ho fatto una preforma delicata con pieghe a margherita (in queste fasi, si, poca semola o farina di riso sul tavolo di marmo). Mezz’ora riposo.

Formato poi delicatamente e senza sgonfiare, via in cestino per 1 ora circa in frigo.

Dopo 1 ora ho acceso il forno a 270°C con dentro pentola e refrattaria e ho trasferito contemporaneamente il primo cestino in freezer per un’oretta circa.

Cottura freezer/forno col solito metodo a scalare, dopo aver capovolto l’impasto sulla mia barella e fatto i tagli.

Ho spruzzato il pane e infornato su pietra, dando molto vapore e coprendo l’impasto con la pentola rovente.

250°C per 25′ statico
200°C per 25′ statico
140°C per 10′ ventilato
forno spento per 20′ a fessura.

A volte, per avere un pane molto più dorato/scuro ho aggiunto 5-6 gr di malto diastasico (opportuno soprattutto quando le lievitazioni sono lunghissime o quando si utilizza molto lievito di partenza).

Pane di repertorio all’80% di idratazione con malto

Ancora qualche imperfezione nella formatura, ma per alveolatura/sapore in un 100% effettivo di grano duro all’85% di idro, non potevo proprio chiedere di più a me stessa (per ora)!

Pagnottone di repertorio 75% idro – grano duro al 100% del 2011