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SECONDI, SFIZI E STREET-FOOD

Alici fritte in tempura

… eh sì! Ieri passando al banco del pesce al mercato, la mia “pescivendola” mi ha proposto 1 Kg e 200 gr di alici appena pescate.
Ieri sera le ho pulite tutte per bene, il grosso l’ho messo nel congelatore per farci delle alici marinate, e lì rimarranno per 4 giorni.
Leggi qui per l’abbattimento dell’anisakis.

Ma potevamo non gustarne qualcuna al momento?
Non mi ricordavo esattamente le dosi della tempura preparata in precedenza (qui trovate il link), poi ero veramente stanca per cercare in rete, quindi ho approssimato, ricordando la cosa principale della tempura: il FREDDO!!!
Ho lavorato con contenitori e alici, poggiando tutto su siberini ghiacciati.
Ho preso un grosso pugno di farina 0 bio del con@d, un grosso pugno di amido di mais bio, mescolati e aggiunta l’acqua minerale fredda che fortunatamente avevo in frigo.
Fatta una pastella pochissimo densa.
Ho infarinato leggermente le alici ben asciutte, poi le ho tuffate nella pastella e infine nell’olio di arachide ben caldo a circa 170-180°C, poche alla volta.


… ci credete? Una delizia!!! Senza nemmeno aggiungere sale, né limone!!!
Fonte  01.III.2017
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SECONDI, SFIZI E STREET-FOOD

Filetti di baccalà in tempura

Tanto freddo, questo uno dei segreti per la famigerata e leggera pastella, che definirei “mondiale”.

Il perché di questo termine ormai obsoleto, ma in uso quando ero giovincella (per dire che una cosa era buona, ganza, che spacca, ecc.), è giocosamente dovuto al fatto che oggi questa preparazione è conosciuta come giapponese, sembra però che abbia natali portoghesi, e io l’ho adattata ai classici filetti fritti di baccalà romani 😉 .
A Roma nelle pizzerie infatti, prima di una buona pizza al piatto, si usa servire fritti vari come antipasto (fra i quali gli immancabili supplì, i fiori di zucca con mozzarella e alici, le olive ascolane, le crocchette di patate, il baccalà appunto, ecc.) …
Poi come dimenticare i fritti che “aprono le danze” su gran parte delle nostre tavole nella notte della vigilia di Natale (broccoli, carciofi, mele, baccalà, ecc.)?
Naturalmente, oltre che come antipasto, nulla vieta di gustarseli come ottimo “secondo piatto”, preparati come si trovano nel localini dedicati della vecchia Roma, o come abbiamo fatto in famiglia ieri sera …

Ecco la mia versione:

Ingredienti
– 1 filettone da 1 Kg circa di baccalà sotto sale (oppure baccalà già ammollato)
– abbondante olio per friggere (io circa 3/4 di litro di olio di arachide)
– due o tre pugni di farina per infarinare i filetti.
– sale fino da aggiungere a fine frittura e qualche spicchio di limone (facoltativi)
Per la/il tempura (scegliete voi il genere):
150 gr di farina (metà 00 debole per biscotti + metà farina di riso o amido)
250-300 gr circa acqua frizzante freddissima di freezer! (circa il doppio della farina impiegata: la pastella non deve essere densa)
qualche cubetto di acqua frizzante congelata
Procedimento
La storia comincia con l’acquisto del baccalà: un bel filettone senza spine.
Se lo comprate sottosale, potete fare come spiego sotto, altrimenti comprandolo già ammollato (a Roma di solito si trova nei mercati rionali il martedì e il venerdì) potete procedere subito a preparare i filetti fritti.
Arrivo a casa, lo sciacquo sommariamente e lo adagio in una terrina di vetro, sommergendolo di acqua (lo metto “ammollo”, come si dice a Roma), copro e metto in frigo.
Per dissalarlo, lo faccio stare almeno 2 o 3 giorni in frigo.. anche 4, cambiando l’acqua un paio di volte al giorno (se vi va potete assaggiarne un pezzettino per sapere se ha perso abbastanza sale).
Arrivato il giorno della frittura ho tolto la pelle al baccalà con un coltello ben affilato (fate attenzione, non tagliatevi, ci vuole un po’ per non rovinare il pesce) e ho ricavato dei filetti piccoli abbastanza fini.
Li ho asciugati benissimo con della cartacasa e rimessi in frigo.
Ho messo in frigo anche una ciotolina con della farina: servirà per infarinarli leggermente prima di impastellarli.
Intanto ho preparato un bagnomaria gelato mettendo acqua e alcuni siberini all’interno di una ciotolona (se non avete siberini, riempite di ghiaccioli).
All’interno di questa ciotola grande, ho fatto galleggiare un’altra terrina dove ho versato le farine setacciate e l’acqua frizzante fredda di freezer.
Ho dato una mescolata sommaria (non è necessario che il composto sia liscio, anzi molti consigliano di lasciarlo grumoso).
Per far sì che il tutto si mantenesse ben freddo ho messo all’interno della terrina con la pastella, anche un paio di cubetti di acqua frizzante congelata, e un tubo in plastica chiuso (non dobbiamo correre rischi che la pastella si annacqui oltremodo) pieno di acqua ghiacciata, rubato alla brocca da acqua che vedete in secondo piano (in alternativa si potrebbero usare dei sacchetti formaghiaccio).
La pastella non deve risultare densa e non ha bisogno di riposare.

La mia era così:

 

In mancanza del wok che sarebbe la cosa più adatta (o forse della friggitrice, ma non ce l’ho), ho portato a 170-180°C l’olio di semi in un pentolino antiaderente alto.
Se non siete bravi, come non lo sono io, a capire quando l’olio arriva alla giusta temperatura, potrete servirvi di un termometro da cucina.
La sequenza che ho osservato è stata questa:

  • pochi pezzi di baccalà  asciuttissimi per volta,
  • li ho infarinati leggermente,
  • tuffati velocemente nella pastella fredda scolando l’eccesso
  • e immersi quindi nell’olio caldo facendo friggere per 5 minuti circa

 

 

 

Man mano che proseguivo nella frittura ripetevo i passaggi, non ultimo quello importantissimo di riportare a temperatura l’olio.

Risultato: gonfi, leggeri, croccanti, chiari (se si volessero più coloriti provare ad aggiungere un uovo alla pastella, anche se la versione tradizionale casalinga della tempura giapponese non lo prevede), non c’è stato bisogno di sale o limone .. ottimi già così!
P.S. del giorno dopo
Qualcuno degli ultimi filetti lo abbiamo lasciato, ma niente paura: fino al giorno dopo sono ottimi e croccanti… quasi quanto i primi ..
Quasi quasi ci faccio un pensierino per i fritti di Natale
Li ho messi in frigo, e il giorno dopo li ho adagiati ben separati su carta per fritti, in forno già caldo, per una 10ina di minuti a 150°-170°C ventilato (vedete voi col vostro forno).

Stesso procedimento per le umili e deliziose alici fritte in tempura

 

Fonte 04.XII.2014
 

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DOLCI

Orange marmalade … punto!

Chapeau alla nonna inglese di Gwendoline!!


Posso sembrare esagerata (anzi a volte lo sono proprio), ma quando posso, provo a riprodurre esattamente le ricette per come mi si propongono (salvo cambiarle successivamente a seconda delle mie esigenze), quindi, come da ricetta originaria, volevo preparare questa delizia con arance bionde, limoni e pompelmi gialli.
Ma ho anche le mie idee, e quindi non avrei mai fatto la “Orange marmalade” della nonna di Gwendoline (Reginette di Cookaround) senza agrumi non trattati..
Avevo quindi inizialmente rinunciato a prepararla per la difficoltà – nella citta in cui vivo – di reperire pompelmi biologici non trattati gialli. I pompelmi rosa non trattati si trovano, ma a me servivano gialli!!!
Immaginate la mia sorpresa quando, giorni fa, ho trovato una cooperativa agricola bio nel mercato rionale (dove purtroppo raramente faccio la spesa, perché al mattino sto in ufficio) che oltre ad arance bionde e limoni aveva anche degli splendidi, piccoli pompelmi gialli, tutto rigorosamente biologico e non trattato.
Ho cercato di seguire alla lettera il tutto e, come dice Gwendy, il risultato è quello sperato:
Unica! Particolare! Per palati raffinati … grazie ad un segreto che – secondo me – è anche quello di lasciare nella marmellata tuuuuuttti gli olii essenziali degli agrumi che sarebbe una disdetta perdere con lavaggi prolungati delle bucce, o ammolli, o punzecchiature, o peggio bolliture, ecc.).
Chiaramente questo richiede una dose enorme di zucchero, che però ci sta divinamente!!


Per una cottura che non superi i 40-45 minuti con i miei 2+2+2 frutti (sarebbe un peccato prolungarla: la marmellata si scurirebbe e immagino che cambierebbe sapore) meglio comprare limoni con buccia fine (tipo quella dei pompelmi); quelli ruvidi acquistati da me hanno la buccia troppo spessa. Buona lo stesso, ma si è cotta meno degli altri agrumi.

Fonte 12.XII.2014

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DOLCI

Stollen con pasta madre – Kerststol

Ho voluto provare a fare anche io questo dolce, originario della tedesca Dresda, ma ormai personalizzato con innumerevoli versioni e presente in moltissime delle tavole natalizie del Nord-Europa.

Per la storia del dolce tedesco, vi rimando a Wikipedia.
In particolare però mi sono ispirata al Kerststol olandese perché il figliolo, lo scorso anno, me ne ha portato uno delizioso dall’Olanda (Groningen).
Con qualche mia licenza e modifiche varie, ho preso spunto anche dalla ricetta con lievito di birra di Adriano Continisio.
Come faccio ormai sempre per i dolci a lunga lievitazione, ho inserito un pizzico di bicarbonato per neutralizzare l’eventuale acidità non gradita della pm (decidete voi se ometterlo: se rinfrescherete per bene la pm come spiego sotto, non è indispensabile visto che non stiamo di fronte a una lievitazione interminabile!).
Ingredienti
(per 3 stollen da Kg. 1 ciascuno, oppure 2 stollen da Kg. 1,500)

550 g farina W 300 (440 g tipo 00 W350 Garofalo + 110 g tipo 00 bio Conad, prot. 10%)
110 g uova intere (3 tuorli + 2 albumi: erano piccoline)
250 g latte fresco intero
200 g zucchero
230 g burro
180 g pm ben rinfrescata con latte anziché acqua (60 g pm nel poolish + 120 pm nel preimpasto dopo 8 h circa, quindi rinfrescata di nuovo)
13 g sali (10,50 sale + 2,50 bicarbonato)
20 g circa scorza di 1 limone non trattato + 1 pezzetto di zenzero fresco grattugiati
465 g frutta secca (uva passa bio 250 g + albicocche 125 g + more di gelso 60 g + bacche di goji bio 30 g)
100 g canditi arancia
200 g circa acqua e liquore secco di arancia come bagna per la frutta secca/canditi
170 g nocciole tostate e tritate grossolanamente a coltello (o granella)
12 g circa spezie polverizzate (in ordine di quantità: vaniglia, cannella, noce moscata, cardamomo, ch. garofano)
8 g miele acacia bio (1 cucchiaino)
Totale impasto 2508 g (ma dopo sfrido e eliminazione della bagna per la frutta, si è ridotto a 2385 g reali)
Marzapane
(550 g circa, per realizzare 3 rotolini)
200 g farina di mandorle acquistata, arricchita da
50 g fra mandorle amare (una 20ina), mandorle dolci e la granella fine di nocciole avanzata dal taglio a coltello, tutte tritate dopo un passaggio in freezer,
135 g zucchero semolato,
135 g zucchero a velo (in futuro valutare se rifarlo con la maggior parte di zav),
1 albume (quello avanzato dalle 3 uova dell’impasto)
Impastare tutto a freddo, avvolgere in pellicola e riporre in frigo.

Per la copertura (100 g circa)
40 g burro fuso,
40 g zucchero a velo
un po’ di zucchero semolato
Procedimento
Sera poolish aromatizzato con:
130 g di latte a temp. ambiente,
70 g di farina,
60 g di lievito madre rinfrescato con latte qualche ora prima,
metà delle spezie polverizzate,
buccia grattugiata di 1 limone,
un pizzico dei sali presi dal totale.
Messo in frigo in un pile nel reparto verdure (ho lasciato in frigo per circa 15 ore).
Immersi intanto frutta secca e canditi in acqua fredda e liquore secco di arancia (non avendo altri liquori, l’ho fatto da sola, mettendo a macerare della buccia di arancia in alcool a 95°) e riposti in frigo.

Durante il riposo del poolish in frigo intanto ho rinfrescato di nuovo la pasta madre (sempre con latte) per poterla utilizzare di nuovo bella pimpante per il preimpasto successivo.
Il mattino dopo (o dopo 8 ore) ho preparato un preimpasto con i
60 g di latte rimanente,
60 g di farina,
120 g pasta madre, sempre rinfrescata con latte,
8 g miele e
pizzico di sale.
Lasciar gonfiare a temperatura ambiente (oppure fare come me: ho messo in frigo anche questo preimpasto per 7-8 ore circa, oltre al poolish che continuava a stare in frigo).
Passate le ore ho tirato fuori contemporaneamente sia il poolish aromatizzato (è stato circa 15 ore in frigo) che il preimpasto (circa 7-8 ore in frigo).
Tutti e due si erano alzati di livello di un paio di cm.

A sinistra della foto il poolish di 15 ore di frigo – a destra il preimpasto di quasi 8 ore di frigo.
Ho preparato tutti gli ingredienti, e impastato il tutto (con il gancio a foglia) inserendo prima le uova con il poolish, il preimpasto e parte della farina, poi gli ingredienti rimasti – sempre un po’ alla volta- e lasciando alla fine i sali, poi il burro ammorbidito, aromatizzato con le restanti spezie/zenzero.
Raggiunta l’incordatura (e dopo parecchi capovolgimenti per ossigenare l’impasto + un breve riposo in frigo mentre pensavo ad asciugare la frutta) ho sostituito la foglia col gancio a spirale per rifinire.

Infine ho unito, con pochi e lentissimi giri di planetaria le nocciole + la frutta secca/canditi ammollati dopo averli ben asciugati con scottex, leggermente infarinati e scrollando via l’eccedenza di farina in uno scolapasta.

Prima di mettere in frigo per tutta la notte (o almeno 8 ore come ho fatto io) bisognerebbe aspettare 40 minuti circa a temperatura ambiente per far partire la lievitazione.
Io invece ho preferito mettere da subito in frigo in quanto fra capovolgimenti e breve riposo in frigo dell’impasto fra una lavorata e l’altra, sono stata dietro a questo impasto per quasi 2 ore.
Il mattino successivo ho spostato l’impasto a temperatura ambiente per qualche tempo prima di lavorarlo (si suggerisce anche fino a mezza giornata per farlo tornare lavorabile, ma io l’ho lasciato a t.a. soltanto 1 h e mezza circa).
Ho spezzato in 3 pezzi, preformato a sfera e coperto a campana per 20′.
Poi ho messo di nuovo in forza, “pirlando” ciascuna sfera di impasto, ho coperto di nuovo a campana e aspettato ancora 20′.
Ho formato quindi a filone stretto e aspettato altri 15′ per dare la forma definitiva.
Ho infine appiattito a rettangolo con le mani leggermente unte, lasciando più gonfio uno dei due lati, e ho inserito una barretta di marzapane preparata come descritto sopra.

Ho disposto su teglia con dei divisori fatti con cartaforno e ho fatto lievitare al tiepido (in forno con sola lucetta accesa) per circa 5 ore (è un impasto che non deve raddoppiare).
In totale i miei stollen, dalla prima lievitazione dell’impasto in frigo, alla cottura, hanno lievitato “soltanto” per 16 ore.
Una volta pronti, ho pennellato con latte misto a un po’ di albume e portato il forno a 220°C scendendo subito a 190°C una volta infornato (ho deciso per questa temperatura perché gli stollen erano 3, e poi il mio forno è un po’ moscetto.. voi vedete col vostro..)
Ho fatto cuocere per circa 50 minuti, ruotando la teglia dopo 30 minuti circa.

All’uscita dal forno, ho pennellato abbondantemente con burro fuso (anche sotto, manovrando con delicatezza che è morbido), spolverato da tutte le parti prima con zucchero semolato e poi con zucchero a velo.
Fatti freddare per alcune ore.
Al momento di regalarli si possono avvolgere nel cellophane e infiocchettarli come da tradizione.
Prima dell’infiochettamento però è bene avvolgere i filoncini in carta-alluminio per la conservazione al fresco.
Conservare in un ambiente fresco di casa (o, visto che siamo in inverno, direi che va bene far riposare in balcone se non esposto al sole) come minimo per un paio di giorni prima di consumare, anche se a parer mio, soltanto dopo almeno una settimana si uniformano gli aromi delle spezie/frutta.
Le donne tedesche sembra che preparassero questo dolce per l’8 dicembre e lo nascondessero fino all’arrivo del Natale per non farlo sbafare dai familiari (però a quelle latitudini fa più freddo; da noi, secondo me, con tutto quel tempo si corrono rischi di muffe.. fate attenzione).
Mi ha fatto piacere tuttavia fornirvi la ricetta di Continisio (una certezza in materia bianca 😉 ) modificata da me con lievito naturale solido, per darvi modo, se voleste provare a farlo, di riuscire a prepararlo anche voi e consumarlo prima della fine di queste feste natalizie.
Buone Feste 🙂
P.S. DOMENICA 28 DICEMBRE 2014 – H. 01,58
Ed eccomi con le foto delle fette e le conclusioni…
Non ce l’ho fatta ad aspettare di più, e quasi allo scadere del 6° giorno l’ho tagliato, anche perché è la prima volta che lo faccio e con tutta quella deliziosa frutta umida, avevo paura di eventuali muffe.
Come dicevo qualche paragrafo sopra, ho pensato che il suggerimento che ho trovato da diverse fonti, circa la conservazione al fresco/asciutto, non può adattarsi al clima mite di Roma, ben diverso da quello gelido del Nord-Europa.
Infatti ho letto diverse recensioni che denunciavano che a molte persone si ammuffisce… quindi regolatevi.
Uno l’ho lasciato in balìa di parenti e amici buongustai, e gli altri due, tagliati a metà li ho surgelati.
Il sapore non mi ha tradito: non ha la sofficità di quello assaggiato lo scorso anno (in futuro voglio fare una prova col procedimento milk-TZ o milk-roux), ma ha una consistenza “fondente” e le spezie si sono amalgamate alla perfezione: nessuna prevale sull’altra (o forse, leggerissimamente, la cannella).

Sono contenta di aver mantenuto le nocciole come nell’impasto olandese, tanto l’aroma della mandorla del marzapane è predominante, probabilmente anche per via del profumo unico delle mie mandorle amare.
Se non amate troppo le mandorle potrete …
omettere le mandorle amare,
oppure fare il salsicciotto più piccolino,
o toglierlo del tutto (sotto, come appare una fetta senza il marzapane all’interno),

ma è un peccato togliere il marzapane 🙁 : è di una golosità unica!!
.. e ricordate se lo fate: gustatelo a fettine sottili
Fonte 23.XII.2014

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MINESTRE, zuppe e vellutate

Vellutata di lenticchie – Ads Shorba – Zuppa Araba

Mangiata per la prima volta durante un corso di panificazione alle porte di Roma, la padrona di casa ci ha deliziati con questa zuppa di lenticchie rosse che mi ha entusiasmato.

C’è da dire che suo marito è “siculo”, quindi come per il cous cous e altri piatti di origini nord-africane si hanno ormai contaminazioni culinarie di tutto rispetto.
Lei ci ha aggiunto dello zenzero grattugiato e la buccia di limone.
Io invece, questa volta ho voluto inserire del cumino, trovato in altre ricette online, per testare la differenza di sapore.
L’ho quindi replicata così.

Ingredienti per 3-4 persone
250 gr lenticchie rosse decorticate bio
1/2 cipolla media
1 spicchio di aglio
1 pezzetto di peperoncino fresco
1 litro d’acqua (calda)
sale (io un cucchiaino del mio dado granulare)
6 cucchiai di olio evo (4 per soffriggere e 2 per la salsetta finale)
1 cucchiaino di cumino
1 cucchiaio di farina 00 bio
1 limone intero piccolo non trattato (sia la scorza gialla dolce che il succo)
prezzemolo

Procedimento
Ho fatto soffriggere 4 cucchiai di olio, cipolla, aglio, peperoncino.
Ho aggiunto le lenticchie crude.


Una volta insaporito il tutto ho aggiunto 1/2 litro di acqua calda, coperto e cotto per 1/2 ora circa mescolando di tanto in tanto.
Quando ho visto ritirarsi troppo la zuppa, ho aggiunto l’altro mezzo litro di acqua calda.
Arrivati al termine della mezz’ora ho aggiunto la salsetta fatta col cucchiaio di farina, i due cucchiai di olio evo, 1 cucchiaino di cumino e cotta scoperta ancora per circa 10 minuti.
Nonostante le lenticchie fossero decorticate, quindi senza pelle, ho ritenuto opportuno dare qualche colpetto finale di minipimer – dopo aver tolto aglio e peperoncino – direttamente nella pentola, per rendere più vellutata la zuppa.

Alla fine ho aggiunto la scorza grattugiata e il succo del limone …
Regolarsi lasciando asciugare qualche altro minuto per la densità.
Guarnita con prezzemolo e .. impiattata: buonissima!
La prossima volta, per farla simile a quella mangiata al corso, metterò zenzero al posto del cumino.

7 marzo 2015

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SALSE, sughi, condimenti, erbe

Tahina – Salsa di semi di sesamo tostati

Fra gli ingredienti principali per preparare l’hummus, occorre la tahina (o tahine, o tahini), una salsa di semi di sesamo tostati utilizzata come condimento in numerose ricette.
L’ho preparata dando un’occhiata anche a questo sito.

Ho provato una improbabile etichetta arabeggiante… la prossima volta cercherò di fare meglio.
L’ho provata più di una volta, sia col rapporto sesamo/olio 3:1 (che preferisco), che col rapporto 2:1 suggerito.
Riporto la ricetta che mi è piaciuta di più (meno oleosa).

Ingredienti
150 g semi di sesamo chiari non tostati
50 g olio di sesamo (o altro olio dal sapore abbastanza neutro)
1/2 cucchiaino di sale fino, meglio se a velo (da omettere se si vuol lasciare la tahina per preparazioni dolci, ma ho preferito aggiungerlo per una migliore conservazione).

Procedimento
Prima di procedere, alcuni suggerimenti per una riuscita migliore della salsina:

  • per non surriscaldare il prodotto, la cosa migliore naturalmente sarebbe quella di pestare a mano il sesamo in un mortaio o suribachi (il tradizionale mortaio giapponese).
  • in mancanza di tempo o di mortai tradizionali quindi, se lo avete usate un macinacaffè: verranno finissimi.
  • secondo me viene meglio triturare/frullare prima i semi, da soli.
  • per evitare il surriscaldamento in fase di frullatura, sarebbe bene mettere in frigo per un’oretta sia gli utensili che gli ingredienti.

Quindi … ho tostato in una padella antiaderente i semi, a fuoco medio, mescolando continuamente, fino a sentire il profumo del sesamo tostato e i primi scoppiettii.
Ho tolto dal fuoco e ho versato in un piatto per non far proseguire la tostatura.
Dopo un passaggio in freezer di una 20ina di minuti ho frullato a intermittenza i semi da soli con l’omogeneizzatore della Kenwood.
I semi cominciavano a tirar fuori il loro olio: il risultato è stato un impasto aggregato grezzo.
Ho aggiunto il sale fino e l’olio, dato una mescolata, e frullato ancora a intermittenza per 1 minuto o 2 circa, per non far surriscaldare troppo il composto.
Ho travasato in un vasetto di vetro.
Me l’aspettavo più densa (non ho paragoni con quella comprata), ma immagino si addensi in frigo.

Quando ne ho fatta in dosi maggiori ho utilizzato sia ingredienti che bimby ben freddi di freezer, ed è venuta benissimo.

Conservazione
Ho letto che si conserva in frigo al massimo per una 15ina di giorni, altrimenti potrebbe irrancidirsi!

Quando ho fatto dosi maggiori, ne ho porzionato una parte negli stampini per ghiaccioli.

Buonissima!!!

7 marzo 2015

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CONTORNI e verdure di ogni genere

Hummus – Crema di ceci

Risulterà strano come le specialità da tutto il mondo io riesca a mangiarle a casa di mio figlio, in Olanda.
Eh, si! Le mamme arrivano sempre con l’ultimo treno!!!
Anche l’hummus l’ho conosciuto da lui …
Be’, mi ha conquistato!
Breve ricerchina per raggruppare come al solito le idee prese qua e là in rete, ed ecco la mia versione!

Ingredienti
550 g ceci lessati senza pellicine (gonfiano di meno e il risultato finale è migliore)
4-5 foglie di alloro secco per la cottura dei ceci
2 grossi spicchi di aglio senza l’anima (il filetto centrale, indigesto)
100 grammi di tahina (3 cucchiai colmi)
40 g succo di un limone succoso
acqua di cottura dei ceci, q.b. ad ottenere una consistenza come una maionese soda
sale q.b. (io a velo) – pochissimo a fine cottura nell’acqua dei ceci, più 3 piccole prese nel composto finale
una puntina di cumino (lo metterò in futuro, non lo adoro, ma secondo i puristi ci andrebbe).

Procedimento
Ho preparato tutta la bustina di ceci secchi bio (erano 500 gr di “ceci del solco dritto” di Onano).
Ho messo i ceci in abbondante acqua appena tiepida in una terrina di vetro per 18-20h, con un cucchiaino di bicarbonato.
Il giorno dopo ho sciacquato per bene i ceci e li ho messi a bollire coperti, con le 4 foglie di alloro, sempre in abbondante acqua (oltre il doppio rispetto al volume).
Ho coperto, schiumato quando si è formata la saponina, e ho lasciato cuocere per circa 3 ore.
Ho salato pochissimo soltanto dopo un paio d’ore (mai salare da subito i legumi: indurirebbero).

Una volta lessati (in cottura sono diventati oltre un chilogrammo) li ho scolati e ho iniziato a togliere la pellicina uno ad uno fino ad arrivare ai 550 grammi netti (non ce la facevo più!).
Fatevi aiutare!
Ci è voluto un bel po’ di tempo (oltre un’ora in due persone), ma ne è valsa la pena.
Non c’è paragone rispetto a quando ho utilizzato il passaverdure!

E finalmente passiamo alla magica crema dalle mille e una notte che ho frullato con l’aiuto del mio “bimby”.

Ho messo prima l’aglio tagliato a metà, dal foro del boccale con lame in movimento, per sbriciolarlo al massimo – 2 o 3”, vel 7
stop (ad ogni stop ho mescolato, aggiunto altri ingredienti e riavviato il bimby)
ho versato i ceci, frullato gradualmente – 20”, vel 7
stop
aggiunto sale, tahina – 10” vel 7-8
stop
aggiunto succo di limone e acqua dei ceci in più riprese, solo mescolando, fino a rendere la consistenza del composto analoga a quella di una maionese soda.
Frullatina finale e … è venuta una crema liscissima e deliziosa.

Lo potete gustare semplice, con una fetta di buon pane (arabo o pita), guarnito con alcuni ceci e/o un giro d’olio, prezzemolo, peperoncino/paprika dolce, limone.
Quello che resta può essere conservato in frigo (direi 2-3 giorni al massimo), e deve essere sempre tirato fuori almeno 20 minuti prima di essere consumato.

Conservazione
Qualcuno suggerisce che è possibile congelare l’hummus (e consumarlo nel giro di un paio di mesi), qualcuno suggerisce il contrario!
Farò qualche prova e poi riporterò in questo articolo.

9 marzo 2015

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DOLCI

Tortina al cocco

Ho eseguito questa tortina al cocco, che mi ha fatto conoscere una “cookina” di Cookaround. Amo il cocco e, aiutandomi col Ken e non col Bimby (come da ricetta originaria), ho voluto provarla.

Ingredienti per 8 porzioni:

250 g farina 0 (852,5 cal. – 341/100g)
250 g zucchero semolato (980 cal. – 392/100g)
100 g latte di kefir autoprodotto (33 cal. – 33/100g)
25 g burro (187,5 cal. – 750/100g)
120 g olio di vinaccioli bio (1170 cal. – 900/100g)
100 g farina di cocco bio (660 cal. – 660/100g.)
18 g lievito in polvere bio (Baule Volante, 1 bustina è per 500 gr di farina) (60 cal. – considerata maizena 338/100g)
1 pizzico di sale – (0 cal.)
Per la copertura:
25 g miele (1 cucchiaio) – (76 cal. – 304/100g)
25 g farina di cocco (165 cal. – 660/100g)
Totale circa 915 grammi per un totale di circa 4184 calorie.
Calorie per 100 grammi – circa 457,27
Calorie per porzione (8 porzioni da 114 g circa l’una) – circa 523
Ho amalgamato nel Ken prima il burro ammorbidito e l’olio per un po’, montando con il gancio a filo; poi ho aggiunto lo zucchero e continuato a montare; poi aggiunto il kefir, la farina di cocco e continuato con la frusta per un po’.
Nel frattempo avevo setacciato la farina con il lievito e il sale.
Ho cambiato il gancio al Ken, montando quello con la spatola di silicone 
e poi ho unito la farina al resto del composto.
Ho unto uno stampo da parrozzo

ho portato a 195°C la temperatura ma infornato scendendo subito a 175°C per 40 minuti.
Ho spento e lasciato in forno a fessura ancora per 10 minuti ad asciugare meglio.
Sfornato, sformato capovolgendo, versato prima il miele e poi la farina di cocco su tutta la superficie, premendo un po’ per far aderire il cocco.
Per far asciugare meglio la tortina che mi sembrava un po’ umida, ho lasciato freddare poggiandola su un cestino e un canovaccio (maggiormente aerati rispetto ad un vassoio).
Non so se sia venuta particolarmente umida perché ho dovuto cambiare qualche ingrediente (non avevo tutto), o se perché ho cotto in uno stampo semisferico, ma se piacciono le tortine di questo genere (si scioglie in bocca) e se piace il cocco, considerando un voto da 1 a 10, direi che questa tortina semplice e veloce merita anche la lode!

Ne abbiamo fatta fuori metà in 4, dopo una cena luculliana!!
Bisogna andarci piano, perché ogni “porzioncina” da 110-115 grammi ci regala oltre 500 calorie, ma è una golosità assolutamente da ripetere!
Grazie Babymamma

Fonte 22.III.2015

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DOLCI

Canditi allo zenzero

Avevo utilizzato lo zenzero in passato, ma saltuariamente.

 


 

Da quando su Cook ho trovato anche un primo piatto profumato con lo zenzero fresco e da quando delle amiche mi hanno fatto provare i canditi della stessa radice dalle molteplici proprietà, sono rimasta definitivamente conquistata, mi sono voluta cimentare ed ecco i miei canditi..
Un po’ lunghi da fare, ma meno di altri procedimenti, secondo me vale la pena e li ho già ripetuti più volte, sia a chips che a cubetti (che preferisco).
Nella maggior parte delle foto vedete dello zenzero dello Sri Lanka (più costoso e difficile da reperire, ma più piccolo, tenero e profumatissimo).

Successivamente ho fatto anche canditi col più comune zenzero cinese, più grande, ma sempre buono. Ho cercato di reperirlo sempre biologico.
Soprattutto se già conoscete la bontà di queste “caramelline”, vista la lavorazione lunghetta e gli amici che svuoteranno i barattoli davanti ai vostri occhi, come è capitato a me, consiglio di farvi una buona scorta.
 
Ingredienti per 800 grammi finali circa di canditi di zenzero:
1 Kg di zenzero bio da pulire (da Naturasì costo sui 9€/Kg, io l’ho comprato bio, tornando dall’Olanda, pagandolo 4€/Kg)
650-700g di zucchero semolato o di canna (ma secondo me, il semolato per i canditi è migliore)
acqua per la cottura dei cubetti di zenzero
un paio di spicchi di limone non trattato (facoltativo)
Ho pulito la radice con un pelapatate, poi con un coltellino affilato (serve per trinciare di netto l’eventuale fibra se prendete lo zenzero più grosso) ho tagliato a cubettini regolari e molto piccolini … Mi raccomando: NON VI FATE MALE!
Mettetevi su un tagliere di legno, così che i pezzi non scivolino via facilmente dalle mani.

Ho cotto in pentola a pressione (ma va bene anche una pentola normale) con acqua che appena copre i cubetti.
Dal fischio 15 minuti (o 40 minuti in pentola normale).

Poi scolare (non gettate via l’acqua di cottura) e mettere in una padella capiente, aggiungere pari peso di zucchero (i miei cubetti scolati erano intorno ai 660 grammi, quindi ho aggiunto 660 gr di zucchero).

Far cuocere a fuoco medio, eventualmente abbassando per non far bruciare, per 45-60 minuti o più, a seconda della quantità (assaggiare se fossero ancora troppo duretti).
Mescolare di tanto in tanto, ma soprattutto verso la fine.

Solo se serve, aggiungere un paio di cucchiai di acqua di cottura dello zenzero.
Io a questo punto invece, nell’ultima versione fatta, ho voluto provare ad aggiungere un paio di spicchi di limone per schiarirli (ma non cambia granché).
Quando sta per caramellare lo zucchero, togliere dal fuoco e allargare su cartaforno.


Appena è possibile toccare i canditi bollenti, io li separo uno a uno, e aggiungo solitamente una spolverata di zucchero semolato.
Li lascio asciugare sotto a un telo rialzato per una giornata circa.
Sembreranno delle pepite d’oro.
Nell’ultima versione ho invece voluto recuperare lo zucchero staccato dai canditi (che altre volte ho invece aggiunto all’acqua di cottura dello zenzero successivamente congelata), l’ho reso a velo e l’ho spolverato sopra (molto carini anche così chiari e ancora più saporiti col loro zucchero di recupero).

Come da suggerimenti trovati in rete, ho recuperato lo zucchero rimasto attaccato alla padella di cottura dei canditi, versandoci la preziosa acqua di cottura dello zenzero fresco tenuta da parte.
Ho fatto sciogliere e ho versato nei sacchetti formaghiaccio.
Al momento, qualche cubetto andrà ad aromatizzare il té pomeridiano o qualche tisana digestiva e piccantina.
Conservazione: ho letto che fino a un paio di mesi non ci sono problemi (chiusi in un barattolino di vetro o tipo tupperware.
Altrimenti c’è sempre il fidato congelatore (molte volte ho congelato i miei canditi più facili più buoni senza alcun problema).
Fonte 23.III.2015

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PANE, pizze, pizzelle e dintorni

Pane tutto buchi estivo

Dopo la saga dei cornetti ho deciso di ricominciare a curare un pochino di più la mia pasta madre e rifare del pane.
Effettivamente questo pane merita, e ve lo vorrei proporre.
Se volete tutti i buchi promessi utilizzate le farine abbastanza raffinate suggerite..

Io invece non riesco ad usare solo farine “bianche”, quindi preferisco inserire la mia amata farina semi-integrale di montagna Solina o altre farine poco raffinate, e se anche ottengo qualche buco in meno, va bene lo stesso 😉 .
Nessuna novità: solo un po’ di tempo in più da dedicargli in tutta la prima fase di lavorazione, per le pieghe, la formatura (della serie: per 4 ore circa bisogna stare al chiodo), poi tanto frigorifero (io “solo” 15 ore per via delle farine più deboli impiegate, anziché le 18 suggerite), ancora 3 ore circa per riportare a temperatura ambiente, capovolgimento e cottura, e abbiamo un bel pane asciutto assicurato!!
Ho fatto quasi doppia dose (metà farina di Solina e metà farina per pizza Rossetto), partendo da quasi 120 grammi di pm.
Ecco dove ho preso lo spunto, ma sotto trovate le specifiche per averlo provato e riprovato anche con la calura di luglio-agosto e se avete bisogno di delucidazioni sono qua.

 

Pane tutto buchi estivo

Ingredienti:
70 g pm ben matura rinfrescata 3 ore prima (nell’impasto principale)
500 g farina (250 g farina forte tipo 00 garofalo W350 + 250 g semiintegrale o farro o rimacinata di grano duro o kamut, ecc., tutto nell’autolisi)
390 g acqua gelata (300 g nell’autolisi + 90 g nell’impasto principale)
10-12 g sale (nell’autolisi)
1 g scarso bicarbonato (mezzo cucchiaino raso – nell’autolisi)
1 piccolo cucchiaino di malto o miele (nell’impasto principale)
Procedimento
Rinfrescare la pasta madre (e nel frattempo avviare l’autolisi).
Autolisi (in questo caso dai 20 minuti alle 3-4 ore circa, a seconda di come vi organizzerete):
mischiare tra di loro le farine in una ciotola o direttamente nell’impastatrice e idratarle con i 300 gr di acqua gelata, mischiando giusto il tempo di far assorbire l’acqua. Aggiungere anche il sale e il bicarbonato. Anche qui, un solo minuto, tanto da arrivare ad una massa grumosa e non omogenea. Lasciare riposare in autolisi fino a 3 o 4 ore (ho considerato interessante che i tempi di fine autolisi possono coincidere con la pm pronta per essere inserita nell’impasto). Volendo comunque si potrà fare un’autolisi anche di soli 20-30 minuti (ma allora, sale e bicarbonato andranno direttamente nell’impasto principale).
Impasto principale:
Passate le 3 h circa di autolisi ho proceduto all’impasto nell’impastatrice aggiungendo gli ingredienti residui (70 di pm spezzettata delicatamente, 85-90 di acqua un po’ alla volta e il miele).
Ho impastato per circa 10-12 minuti (ho iniziato con gancio a foglia e rifinito con gancio a uncino, capovolgendo di tanto in tanto l’impasto per ossigenarlo, avendo cura di non allungarlo troppo né stracciarlo mai (aiutarsi con spatole e tarocchi), fino ad avere una massa omogenea e compatta.
Di solito sposto l’impasto su spiano di silicone unto (ma anche in una vaschetta a chiusura ermetica, va bene) coprendo con una ciotola a campana per tre ore circa.
In questo tempo ripeto a intervalli di circa 40-45 minuti delle pieghe di rinforzo oppure, se in vaschetta, tiro dei lembi dell’impasto riportandoli sull’impasto stesso più volte per farlo asciugare e far tornare soda la massa.
Passate le tre ore posso formare una pagnotta tonda (facendo delle pieghe a fazzoletto e pirlando un po l’impasto per serrarlo bene) oppure a filone (seguendo a grandi linee la formatura di Hamelman, qui, al minuto 2,40)  Metterlo in un cestino da lievitazione ben infarinato di semola oppure in uno scolapasta foderato con un canovaccio sempre ben infarinato. Coprire il tutto con una bustona di cellophane e riporre in frigorifero per circa 12-15 ore (fino a 18 ore in inverno).
Passato questo tempo, l’impasto si presenterà già visibilmente lievitato; farlo finire di lievitare a temperatura ambiente fino a raggiungere lo sviluppo ideale.
Io qui già faccio un capovolgimento, riposizionando l’impasto all’interno del cestino.
Ci vorrà ancora circa 1 oretta di cestino (2 ore – 2 ore e mezzo circa, in inverno) prima del nuovo ribaltamento, immediatamente prima di entrare in forno preriscaldato.
Cottura:
Scaldare il forno in funzione statica, con dentro una teglietta.
Quando avrà raggiunto i 250°C, ribaltare l’impasto su pala da forno infarinata. Se volete si potranno realizzate delle incisioni sulla superficie con un bisturi/taglierino/lametta; quindi con un movimento deciso infornare.
Gettare qualche cubetto di ghiaccio nella teglietta rovente.
Generalmente durante i primi 5 minuti, spruzzo ogni minuto anche dell’acqua sulla superficie del pane e sulle pareti del forno.
Cuocere in tutto un’ora diminuendo gradualmente la temperatura nei primi 20-30 minuti fino arrivare a 200°C.
Negli ultimi 10 minuti, cuocere ventilato, tenendo socchiuso il portello del forno a fessura (bloccare con un manico di un cucchiaio di legno piatto).
Se aumentate in proporzione le dosi e volete una pagnotta più grande, per una 20ina di minuti potrete lasciare il pane in verticale, a forno spento, a fessura.
Finita la cottura lasciare raffreddare in verticale il pane.
Fonte 29.III.2015