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GELATI

Sorbetto all'anguria

Questa, più che una ricetta, vuole essere la descrizione per poter fare qualsiasi sorbetto alla frutta che ci piaccia…
ecco a chi mi sono ispirata per questa condivisione:

 

  • … Al “Martinetti di Grom” di qualche tempo fa (ora ha lasciato, ma in un video era comprensibile la sua spiegazione), per “giostrarmi” fra quelle che lui riteneva le percentuali esatte da applicare.
  • poi c’è il Corriere della Sera, ancora da approfondire. Interessante, perché prevede la preparazione di uno sciroppo a base di acqua e zuccheri – valido per qualsiasi sorbetto vogliamo preparare. Questa, denominata “Base di frutta”, si conserverà per circa una settimana nel frigo. Però vorrei prima cercare di capire se la composizione finale del sorbetto suggerito si differenzia molto da quelli suggeriti da Martinetti.
  • e infine Cioccogolosa – che mi ha dato il là con le sue basi x gelato trasmettendomi la curiosità per i gelati artigianali veri (materia dove ho tutto da imparare), alla quale mi rifaccio per avviare questa discussione che però parlerà prettamente di sorbetti, fatti quasi esclusivamente di frutta fresca, zuccheri e acqua…

Si lascia comunque un po’ di spazio alla libera iniziativa, siamo infatti noi che possiamo decidere con quanta frutta vogliamo partire, anche se di solito si cita un generico 50%, che però non è tassativo per tutti i frutti…
e ne è uscito questo mio primo sorbetto all’anguria …
Si.. alla fin fine la ricetta è mia, perché mia è stata la decisione di inserire una dose ics di anguria, e sulla base di questo ho calcolato tutto quello che avrei voluto utilizzare, e come….

 

Gli ingredienti x circa 500 grammi (4 sorbetti)
350 g anguria già pulita (orientativamente si usa il 50% di frutta rispetto al totale degli ingredienti, ma per l’anguria si può aumentare… Io ho deciso il 70% di polpa)
120 g zuccheri – qui zucchero canna integrale bio 100 g + destrosio 20 g (max 28% di zuccheri compresi quelli contenuti nella frutta)
22 g acqua (tolti tutti gli altri ingredienti, si dovrà arrivare al 100%)
6 g succo limone bio – un cucchiaio scarso (max 1,2%)
2 g farina semi carrube bio (max 4‰, ma in alcune soluzioni si diminuisce fino al 3‰ se in combinazione con altri addensanti, forse farò altre prove)

Procedimento
Visto che in questo caso l’acqua prevista da inserire era veramente pochissima, ho pensato di separare parte del succo dell’anguria e utilizzare quello da scaldare, per far sciogliere gli zuccheri e l’addensante (il mio – la farina di semi di carrube biologica – lavora solo a caldo).
Ho frullato brevemente la polpa di anguria e ho filtrato il succo.
Ho messo da parte la polpa restante, da aggiungere dopo il raffreddamento della base, e ci ho versato da subito le poche gocce di limone.
Ho versato il liquido ricavato dalla polpa di anguria, l’acqua, gli zuccheri e la farina di semi di carrube nel boccale,
portato per
4′, 80°C, vel 3 (più 2′ una volta giunti a temperatura)

Una volta arrivata a temperatura, ho continuato per almeno altri 2 minuti per poter far sciogliere bene la farina di semi di carruba

Ho messo la base di sciroppo in una ciotola larga a freddare velocemente.
Appena fredda ho aggiunto la polpa, ho riversato il tutto nel boccale (o potete fare con un mixer) e ho omogeneizzato per
1′, vel 8-10
Ho messo a maturare per almeno 2 ore in frigorifero
(a questo punto chi ha la gelatiera .. la usi
Io ho trasferito in congelatore.
Dopo un adeguato periodo di congelazione (6-8 ore.. dipende anche dalla quantità), ho tagliato a cubetti la lastra, ho mantecato per
20″ vel. 7
e
20″ vel. 4

Rimettere un paio d’ore in freezer per mangiarlo abbatanza sodo.
Il cucchiaino affonda molto bene, anche dopo diverse ore.

Ho usato il bimby, ma come si vede in video potrete utilizzare la gelatiera.
In mancanza di questa, frullare il composto in un contenitore mantenuto in freezer ogni 45 minuti per 2 – 3 o più volte e aspettare che si solidifichi prima di gustare.
Qualche perché
D: Perché queste percentuali?
R: Perché ho voluto rifarmi quasi esclusivamente a quanto suggerito nel video linkato, e cioé:

  • Fatto 100 il totale degli ingredienti del sorbetto
  • generalmente si impiega il 50% di frutta fresca (ma per qualche frutto si può aumentare o diminuire a piacimento)

 

  • bisogna poi arrivare ad un 28% di zucchero (decurtando però lo zucchero naturalmente contenuto nella frutta fresca)
  • anche se non previsto nel video, ho deciso di mettere sempre l’1,2% circa di succo di limone per mantenere più vivo il colore della frutta (il Corriere lo prevede..)
  • la restante parte per arrivare a 100, dovrà essere di acqua.

D: Perché partire da 350 grammi di anguria anziché il 50% rispetto al totale degli ingredienti, che di solito si suggerisce per la frutta?
R: Perché ne avevo molta da consumare e – a differenza di altri frutti (il limone), che devono essere usati in dosi minori rispetto al classico 50% – l’anguria si può/deve aumentare… e qui ho voluto portarla al 70%…
D: Quanti zuccheri contiene all’incirca l’anguria
R: Orientativamente, il 6,4%. Ho consultato questo sito
D: Perché l’utilizzo di zucchero di canna integrale biologico anziché comune zucchero da cucina (saccarosio), o zucchero di canna greggio, o zucchero di canna bianco?
R: Per quanto possibile lo preferisco, perché è il meno raffinato che si trova in commercio …
Chi volesse approfondire qualcosa sugli zuccheri, può guardare qui.
Ero molto titubante, e avevo paura di una cattiva riuscita (una volta mi sono venuti malissimo i canditi, e da allora ci vado cauta)…infatti per i gelati alla crema, fiordilatte, ecc. a base bianca, ho sempre usato il greggio, ma questa volta non serviva che il gelato restasse bianco candido, quindi ho deciso diversamente!!
D: Perché integrare la dose di zucchero con destrosio?
R: Ho imparato, leggendo anche qui, che si può usare fino al 20% circa di destrosio sul totale dello zucchero di una ricetta, per rallentare il processo di cristallizzazione dell’acqua presente nel gelato
D: Come fare, nel caso in cui l’acqua prevista non sia sufficiente per essere scaldata e far sciogliere gli zuccheri e la farina di semi di carrube?
R: Per evitare addensanti non biologici che funzionano anche a freddo, ho pensato di utilizzare parte del liquido contenuto naturalmente nella frutta, portare anche quello alla giusta temperatura per sciogliere zuccheri e addensante, e aggiungere successivamente la purea più asciutta.
Per gli addensanti guardare anche qui e qui
E’ solo il primo di una lunga serie di sorbetti.. man mano aggiungerò in prima pagina quelli che faccio, ma ritengo che sia venuto veramente bene, e quindi mi ha fatto piacere mettervi a parte di tutto quello che ho imparato in questo periodo..
Fonte 30.VII.2012

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LIQUORI, bevande, sciroppi, ecc.

Sciroppo alla liquirizia

Spesso nelle mie ricerche mi ispiro anche a blog individuali esterni a Cook che – oltre ad insegnarmi qualcosa – mi colpiscono per la sintonia che a volte percepisco di avere con l’autore, gli intenti comuni che intravedo…….
Anche questa volta è andata così.. per cui il mio sciroppo di liquirizia (appena appena modificato nel procedimento) è ispirato a questa idea
Perché fare con uno sciroppo come questo?
Per metterne un cucchiaio in un po’ d’acqua per una bibita bella fresca da sorseggiare in estate
Per versarne un po’ sopra a qualche gelato al cioccolato o al caffè o qualche dolce preparato da noi..
Per trasformarlo parzialmente, se vogliamo, in liquore alla liquirizia (ho letto da qualche parte che si può fare, … mentre non si può fare il contrario)
.. ma soprattutto, visto che è uno sciroppo, e non un liquore alla liquirizia, quest’anno ci vorrei fare dei ghiaccioli per i figli delle mie sorelle che scorrazzeranno in campagna, dove ci riuniremo per qualche giorno di vacanza…
(Ecco i ghiaccioli alla liquirizia realizzati successivamente)

… ecco gli ingredienti (ho ricavato circa 700 grammi di sciroppo)..36 g tronchetti liquirizia extraforte (tutto il pacchetto)
360 g acqua
360 g zucchero integrale canna
mezzo limone bio1 bacca di anice stellato (facoltativa)
1 bacca di cardamomo (facoltativa)

foto cliccabili.. e il procedimento..
Per un paio di volte ho tritato i tronchetti di liquirizia così
10-15″, vel. 7-8
e ho messo via la polvere

Senza lavare il boccale ho versato l’acqua e il limone, portando a ebollizione
5′, 100°C, vel. 2, antiorario
Appena a temperatura ho versato la liquirizia polverizzata attraverso il foro e ho mescolato
15″, vel. 4, antiorario
Ho versato subito il liquido caldo in un barattolone di vetro precedentemente scaldato al microonde con un po’ d’acqua, per non fargli subire shock termici (almeno uso il m.o. per qualcosa) e ho lasciato in infusione coperto per una 15ina di ore.

Il giorno successivo, dopo aver tolto la buccia di limone e aver filtrato il liquido con un colino a maglie strette, l’ho versato nel boccale e portato prima a ebollizione così
3′, 100°C, vel. 2 (antiorario se metteremo anice stellato e cardamomo)

Subito dopo, ho aggiunto lo zucchero, e senza misurino, ho continuato così
30′, 80°C, vel. 2

Ho preferito far freddare velocemente (come faccio per i miei gelati, con ghiaccio e siberini), imbottigliare subito dopo, e trasferire in frigorifero…
Da qualche parte ho letto che sciroppi con meno zucchero in percentuale, rispetto a questo, si conservano per circa 1 mese in frigorifero…ma credo che con queste dosi si possa prolungare…
Non penso di avere problemi di consumo (se avete nei paraggi dei diavoletti come quelli delle sorelle), altrimenti fare metà dose di tutto……
Una nota: ricordo che abusare di liquirizia può causare vari problemi…

…e qui, fra le mie erbe aromatiche
Con lo stesso sistema ho fatto anche:
Sciroppo alla menta
Fonte 03.VIII.2012
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COSMETICANDO, casa e persona

Come mi coloro i capelli

Eh, sí! L’etá c´è, qualche capello bianco pure. Devo dire che sono una fortunata, e per gli annetti che ho, fra i miei capelli castano scuro naturali, di capelli bianchi ne ho relativamente pochi.
Peró sono antipatici no?
Visto che sono pochi e che ci tengo alla salute (da buona aficionada di Cookaround e anche dell’Angolo di Lola), me li coloro in maniera ecosostenibile, cosí:

Ogni riccio un capriccio!

Ingredienti della ricettina attuale (dosi per una testina con capelli di lunghezza media):
– succo di 1 limone
– 1 yogurt naturale, magro o intero è uguale
– un paio di cucchiai colmi di henné rosso naturale (lawsonia inermis – le polveri delle erbe di Janas sono considerate ottime o lo potete comprare in erboristeria a peso, ma accertarsi che non contenga picramato)
– 30 grammi di henné nero o indigo bio – stesso discorso come sopra (Janas)
– 1 cucchiaino di olio di mandorle (facoltativo, per capelli secchi)
– 5 gocce di olio essenziale di lavanda (facoltativo)
– un paio di guanti di lattice, per non annerirsi le mani
– un po´ di acqua calda da aggiungere all’occorrenza alla pappetta, subito prima di colorarsi

Procedimento:
– in un vaso capiente di vetro versare lo yogurt
– versarci dentro le due polveri di henné e mescolare
– spremere il limone e versarlo sull´impiastrino e mescolare ancora
– volendo, aggiungere olio di mandorle e olio essenziale di lavanda (io solitamente mi comporto diversamente; vedi sotto)

– chiudere avvitando bene il coperchio e lasciar macerare per qualche ora (in teoria l’indigo non si dovrebbe acidificare, anzi, ma io faccio da anni questo lavoro e la chioma non ne risente, e poi – diciamocelo – non farei mai un doppio passaggio di “tinteggiatura”, uno acidificato e uno basificato).
– al momento di colorarsi, se occorresse, aggiungere un po´ di acqua calda e mescolare (in inverno la pappetta è troppo fredda)

– lo applico con le mani, protette da guanti di lattice, spalmandolo con le dita
– tengo l´impiastro per minimo 1, ma anche fino a 3 ore, intanto che faccio le faccende di casa
– naturalmente dopo aver ben chiuso la testa fra due cuffie di nylon ed una fascia che non faccia colare l´henné quando si scalda, con la temperatura corporea
– dopo circa 3 ore, in mancanza dell’olio da inserire nell’impastino, metto un po’ di balsamo autoprodotto e sciacquo via ripetutamente tutto il terriccio senza usare shampoo (vi consiglio di raccogliere il grosso della fanghiglia in un catino capiente, se non volete che la vostra vasca si intasi nel giro di breve tempo)
– faccio lo shampoo dopo un paio di giorni (questo dà modo all’henné di non “scaricare” troppo da subito e attecchire meglio)
– consiglio in piú: per la prima notte dopo l´henné, dormite con una federa scura o un asciugamano sulla federa (potrebbe tingere ancora per un po’)
– sembra che l´henné sia anche un ricostituente del capello.
Difetti:
– dovete sopportare l´odore non esattamente piacevole che ha l´henné
– Ad una cookina che aveva già una tinta chimica precedente ha “inverdito” i capelli, quindi assolutamente da evitare sui capelli tinti.
Ciao a tutte e buon colore salutare
Ah! Dimenticavo:
prima

e dopo

ecco i fili di rame al posto di quelli d´argento

appena asciugati a testa in giú

*******

Per chi, sensibile ai problemi ambientali, non vuole/può autoprodurre, ma vuol continuare ad acquistare cosmetici o prodotti vari per la casa e la persona, un piccolo consiglio è quello di consultare il famigerato INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients).
Qui sotto due siti dei quali mi avvalgo per la consultazione:
– ewg.org/skindeep/
– biodizionario.it
Quindi, attenzione ai numeri e ai colori degli scores (equivalenti di un semaforo dal verde, al giallo, al rosso, dove naturalmente il verde è il migliore) e all’ordine di inserimento delle varie sostanze nel prodotto (più sostanze con inci verde troverete ai primi posti, meglio sarà; come per gli alimenti, gli ingredienti scritti per primi sono contenuti in dosi maggiori!).

Fonte 19.IV.2009

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LIEVITI e lieviti

Rinfresco e sfarinato di pasta madre

Qualche ora fa… avevo appena rinfrescato per la III volta la mia pm che giaceva in frigo da 10 giorni (poveraccia.. ultimamente l’ho strapazzata un po’ …non mi va troppo di usarla!!) e mi sono detta:
al raddoppio una parte la uso, una parte la trasformo in scaglie e una parte la rimetto in frigo, sperando che fra 4-5 giorni mi venga la voglia di rifare il pane…
Poi però.. ho visto che era veramente tantina e allora?!!
…. lo sfarinato come back-up della mia pasta madre mi mancava.. e allora stasera.. via!!!

Ho usato il bimby, e ho fatto così:
140 g di pm rinfrescata per la III volta un quarto d’ora prima (non ho aspettato il raddoppio, vedete l’ora, no?!!) l’ho spezzettata grossolanamente e l’ho jettata nel bimbyno…
10″, vel. 7

Ho aggiunto pari manitoba, quindi 140 gr
5″, vel. 7

Et voilà!! Sfarinato pronto da trasferire in frigo, impacchettato, etichettato e datato.. e liberi per un mesetto … almeno su questo fronte… (ma possibile che abbia una conservazione così limitata? Mumble…mumble!!)

Da ulteriori confronti ho letto che è possibile congelare questo sfarinato per moltissimo tempo. Non ho ancora provato, ma al prossimo tentativo mi riservo di congelarlo e riportare qui il risultato dopo l’eventuale rinvenimento.
Fonte 08.VIII.2012
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DOLCI

Mele essiccate snack



Si, sono sempre loro, le melette del mio albero al paesello: piccole, saporitissime, asprigne, ma soprattutto, totalmente biologiche.
In 2 giornate (suddivise in 2 kg e mezzo circa ogni volta) ho lasciato a seccare appese, nel mio forno di casa, circa 5 kg di rondelle di mela..
Praticamente le ho dimenticate nel forno (tranquilli, il consumo è minimo, grazie al termostato che riaccende il forno giusto di tanto in tanto).
Ogni quantitativo l’ho tenuto per 24 ore circa, a 40°C ventilato le prime, e 50°C ventilato le seconde (sono venute leggermente più asciutte ma non friabili come speravo..). Sembrerà un’enormità di tempo, ma a temperature più alte non intendevo assolutamente essiccarle, né tantomeno nel microonde, come ho trovato in rete…. povere meletteeeee!!!
Ho prima lavato le mele con bicarbonato sperando di intenerire un pochino la buccia..

Poi mentre ho tolto tutti i torsoli, le ho messe in acqua acidulata con del limone.




Non ho tolto la buccia, le ho tagliate a rondelle di mezzo cm circa (secondo Stefano dovevano essere più fini, ma ho letto che poi si spezzano tutte) e, prima di infilarle su bastoncini le prime – e poggiate su teglie forate le seconde – le ho immerse brevemente in acqua stiepidita salata(prima bollente dove avevo messo del sale fino nella misura di 1 cucchiaino ogni tazza di acqua. Poi ho aggiunto acqua fredda fino a farla diventare tiepida).
Questo serve per non far annerire la polpa, e devo dire che sono rimaste belle chiare anche dopo l’essiccazione.




… Al palato risultano gommosette, sia le prime (più morbide), che le seconde, ma almeno ho una scorta di melette del mio albero buone e genuine.
Il primo quantitativo l’ho frullato fino a farle diventare pezzetti da mettere eventualmente nei fiocchi di cereali (tipo muesli).
Le seconde (più asciutte), le ho conservate in dispensa, dentro ad una busta del pane (quelle carta e cellophane forato).
La resa è stata naturalmente minima, visto che l’acqua evapora praticamente quasi tutta, e da circa 5 kg, si e no sono venuti fuori 4-500 grammi di mele essiccate.
Il sapore che lasciano in bocca è ottimo, ma non vengono come quelle comprate.
Vediamo quanto si conservano (be’, le ho congelate, quindi le ho ancora oggi, a distanza di anni, nel freezer).
Ci potrò fare succhi, rinvenendole con acqua e miele,
ci si possono insaporire le marmellate e secondo me – se polverizzate – ci si potranno fare anche degli ottimi gelatiiiii!!.

Fonte 02.II.2011 
 

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VARIE - Quel che resta, e non è poco

Evviva la cottura passiva!

Della serie, gas acceso per 2 minuti o poco più e, la pasta è pronta!
Magari lo sapevate già. Per me fino a poco tempo fa era una novità!
Lo scorso anno, quando Francesco, un mio collega raccontò la cosa, e non avendo mai fatto studi di chimica, ho pensato che scherzasse.
Mi è passato di mente fino all’altro giorno, quando ho voluto provare questo metodo di cottura (denominata anche “pasta senza fuoco”, che sembra invece fosse già conosciuto alla fine del 1700).

Avevo dei rigatoni – tempo di cottura: 14 minuti
Quale pasta migliore da testare, se non una buona pasta italiana che tenesse la cottura?
Per par condicio inserisco anche la foto di una pasta diversa, altrettanto buona!

Il necessario:
– la pasta che preferite
– una pentola, preferibilmente con fondo doppio o triplo, e relativo coperchio (possibilmente ermetico o comunque pesante per non far fuoriuscire il vapore)
– acqua per la cottura (meglio se abbondate, soprattutto se la pentola non ha il fondo spesso…)
Ed ecco il procedimento semplice-semplice, che più semplice non si può:

  • una volta giunta ad ebollizione l’abbondante acqua necessaria per cuocere la nostra pasta quotidiana, ho salato, mescolato, versato i rigatoni e ho lasciato a fiamma vivace (pentola scoperta)
  • ho aspettato una manciata di secondi perché l’acqua riprendesse a bollire
  • da quel momento ho mescolato per 2 minuti (puntate il timer: io ho solo quello del forno, non precisissimo, quindi ho contato fino a 120!!). Questa pratica del rimescolamento è suggerita per evitare che l’amido rilasciato dalla pasta la faccia attaccare al fondo della pentola.

A questo punto ho spento il gas, ho coperto la pentola e aspettato che la pasta terminasse la cottura a fiamma spenta per il tempo residuo scritto sulle istruzioni (quindi ho impostato il timer del forno per altri 12 minuti). Ah! Non vi fate tentare dal riscoperchiare la pentola e girare la pasta: si abbasserebbe  oltremodo la temperatura dell’acqua, mentre a noi serve che resti almeno al di sopra di 80°C (il nostro amico “chimico di quartiere” docet)
Appena suonato il timer ho scolato e, tutto qua!
La pasta si è cotta perfettamente e pur se il risparmio di gas non sia elevato è pur sempre una notizia in più da sapere.
******
Una nota di Ladycrazy per la cottura del riso
Cottura del riso anche da parte di Nico, ma per la pastiera
Grazie a Ladyleo, un paio di spunti anche sul pollo, qui e qui (ma ho qualche riserva relativa ai batteri, quindi … “occhio!!!”)
Qui Guadalupe con i suoi fagioli secchi
… e Nanino con le sue verdure

Fonte 06.IX.2012

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SECONDI, SFIZI E STREET-FOOD

Pesce e patate nel forno estense

Questo uno dei primi esperimenti con l’aiuto del mio forno estense.

Ho messo un po’ d’acqua in un posacenere d’acciaio poggiandolo a diretto contatto dello spargifiamma (devo ancora comprare la teglietta per metterci il sale, e anche una griglietta tonda o quadrata, a misura .. la volta scorsa ho fatto delle prove ma la griglietta piccola del mio forno è comunque sempre troppo grande).
Ho inserito il supporto triangolare, e su questo ho messo capovolto un coperchio tutto di metallo, riempiendo anche questo di acqua (ho messo appositamente questa sorta di doppia intercapedine per evitare che il calore infuocasse troppo la cartaforno, che ricordo, non regge oltre 220°C circa).

Ho poggiato la teglia sul coperchio (che mi è parso stabile), e ho acceso l’estense vuoto, coprendo con la campana. Ho fatto scaldare per una 10ina di minuti a fuoco medio sul gas (ghiera da 10 cm di diametro).
Appena scaldata l’acqua ho messo la cartaforno tagliata a misura nella teglia, ho versato le patate a tocchetti condite (olio, sale, aglio, rosmarino, salvia, aglio), tagliate abbastanza fini e irregolari.
Sopra a queste, creando una sorta di canali, ho adagiato i 3 pesci, conditi all’interno con olio, sale, prezzemolo, aglio. Ho tagliato via la coda altrimenti erano troppo lunghi.

Memore del primo tentativo (a fuoco basso e con due teglie non si cuoceva mai!!), ho fatto stare per 1 ora a fiamma altissima, senza mai abbassare, sempre a fori chiusi (ma si risparmierà veramente qualcosa, paragonando i costi del gas a quelli dell’energia elettrica che avrei speso cuocendo nel forno elettrico per 1 oretta scarsa?).
Poi ho sollevato con attenzione la campana, capovolto i pesci, richiuso e impostato altri 15 minuti, ma questa volta a fori aperti.
Patate stupende (circa 1 Kg. scarso), e perfino qualcuna dorata sopra.
Il pesce (3 branzini – o spigole), anche questo circa 1 Kg., è risultato bello asciutto.
L’ho preferito la prima volta però (era più morbido): eventualmente la prossima volta tolgo il pesce dopo 1 ora e proseguo gli altri 15 minuti con la cottura delle patate..
E’ stato un bell’esperimento… ..
Fonte 12.IX.2012

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GELATI

Gelati – Sequenza immissione liquidi-solidi

Alla luce della piccola esperienza che mi sto facendo – volevo annotare quanto adottato per l’immissione dei solidi/liquidi nelle “basi” bianca o gialla che siano (in questo caso, base bianca).
Per adesso questo è il mio sistema migliore con l’aiuto del bimby (ottimo soprattutto per la fase di omogeneizzazione finale, prima della maturazione in frigo).

PRIMO PUNTO
Cercare di avere una panna (quelle del banco frigo), freschissima, così da poterla aggiungere dopo la pastorizzazione del latte per abbassare velocemente la temperatura (se avesse una scadenza molto prossima, consiglierei di pastorizzare anche lei).
SECONDO PUNTO
Inizialmente inserire quindi nel boccale il solo latte.
Impostare il tempo di riscaldamento, vel. 2, con misurino, per fargli sfiorare la temperatura di 90° C (a seconda della quantità di latte ci potranno volere 8 – 10 – 12 minuti), ma subito dopo scendere a 80°C (purtroppo qui il bimby non ha le mezze misure, sarebbe stato meglio 85°C fissi per 2 minuti per la pastorizzazione e allora preferisco chiudere col misurino e fare 80°C fissi per 2 minuti per lo scioglimento del neutro), come spiegato al quinto punto

TERZO PUNTO
Intanto che il latte arriva a temperatura, mescolare sulla tavola, fra loro soltanto gli zuccheri pesati in precedenza (in genere io, saccarosio e destrosio), lasciandone da parte una cucchiaiata

QUARTO PUNTO
Sempre sulla tavola, al mix degli zuccheri aggiungere ora il latte scremato in polvere e mescolare.
Questo mix potrò immetterlo a pioggia nel boccale (aumentando momentaneamente la velocità delle lame) non appena il latte arriva intorno ai 40-50°C circa (è il compromesso di temperatura migliore per la solubilizzazione di questi solidi), reinserire il misurino.
Alla luce dell’esperienza successiva ritengo che queste polveri zuccheri possano essere messi da subito (secondo punto) senza creare problemi.

QUINTO PUNTO
Nella cucchiaiata di zuccheri che avevo lasciato indietro, sempre sulla tavola, posso ora mescolare il neutro (io farina di semi di carrube e farina di guar, rapporto 9:1).
Nel momento in cui “la base” nel boccale avrà toccato i 90°C, reimposterò 80°C (vedi secondo punto) per 2 minuti almeno.
A questo punto inserire a pioggia il piccolo mix di neutro/zuccheri, aumentare la velocità delle lame a 7 (per evitare grumi) e mantenere così per i 2 minuti con misurino.

SESTO PUNTO
Passati i 2 minuti a vel. 7, spegnere e aggiungere la panna freschissima fredda, aspettare che la temperatura scenda intorno ai 60-70°C (purtroppo prima non è consigliato far funzionare il turbo) e quindi omogeneizzare per 1 minuto a velocità 10.

Subito dopo versare la base in un ottimo abbattitore o in un bagnomaria gelido per far scendere presto la temperatura … e proseguire con la maturazione in frigo e con la propria ricetta.
Fonte 17.IX.2012

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DOLCI

Fette biscottate bicolore dei nonni

Queste fette biscottate, realizzate con lievito liquido naturale, sono il frutto delle prove ripetute fatte con varie ricette che non mi avevano mai soddisfatto del tutto.

Dulcis un fundo, è arrivato Nonno Claudio – nonno come ormai lo sono anche io – e mi ha dato il là con la versione dalla quale ho preso spunto.
E proprio per il fatto che in cucina nessuno inventa niente, ma ognuno può rendere unica la sua ricetta personalizzandola, vi presento le mie fette biscottate bicolore, che a differenza di molte altre che ho provato, anche di personaggi famosi dell’arte bianca o pasticcieri, sono risultate friabilissime.

INGREDIENTI (2 stampi 22cm lunghezza x 9cm larghezza x 6,5cm altezza, ma può andar bene anche uno stampo 30x10x10).
330 g farina forte tipo 0 (220 per autolisi + 95 per impasto principale + 15 per impasto scuro)
90 g licoli – rinfrescato 1:4:4 (impasto principale)
80 g acqua (autolisi)
70 g latte fresco intero (50 autolisi + 10 impasto principale + 10 impasto scuro)
40 g zucchero (impasto principale)
30 g latte condensato (impasto principale)
20 g olio e.v.o., o altro neutro (impasto principale)
5 g miele (impasto principale)
5 g orzo solubile (3 cucchiaini colmi – impasto scuro)
5 g malto in sciroppo (facoltativo – impasto scuro)
3,60 g sali, di cui 0,60 bicarbonato (autolisi)
Totale 678,60 g

PROCEDIMENTO (ORARI DI MASSIMA)

PRIMO GIORNO
Rinfresco
Rinfrescare i 10 grammi di licoli con 4 parti d’acqua e 4 parti di farina (una sorta di poolish praticamente, o prefermento) in modo che arrivi a raddoppiare per l’impasto principale serale.

Autolisi
h 21 (o in prossimità del raddoppio del lievito)
Sulla tavola (o in impastatrice) fare una fontana con i 220 g di farina, gli 80 g di acqua, 50 g di latte.
Impastare, coprire e lasciar riposare 45 minuti (almeno 20′).
Se fa molto caldo, trasferire in frigorifero.

Intanto preparare un’emulsione con 20 g olio e 10 g latte tiepido.
Aiutandosi con un frullino, aggiungere 40 g zucchero, 30 g latte condensato (serve come emulsionante), 5 g miele e i sali.

Impasto principale
h 22 circa
Allargare l’impasto autolitico e aggiungere il licoli raddoppiato.
Impastare per amalgamare (all’epoca non avevo impastatrice).
Aggiungere gradualmente l’emulsione e infine incorporare gradualmente la farina restante.
Incordare e lasciar riposare coperto al fresco per 30 minuti.

Impasto scuro
Dopo i 30′ prelevare un terzo dall’impasto principale (che continuerà ancora un po’ il suo riposo).
In questo impastino aggiungere l’orzo sciolto nei 10 g di latte tiepido, il malto e i 15 g di farina per riportare alla giusta consistenza. Lavorare molto bene per uniformare la colorazione.
A volte, per velocizzare/semplificare, non ho previsto questo impasto scuro, ma ho lasciato le fette tutte chiare – in questo caso eliminare dalla lista gli ingredienti indicati – ma l’effetto è così carino!

Prima lievitazione notturna
h 23
Riprendere l’impasto grande chiaro e dare qualche piega in aria per metterlo in forza.
Mettere quindi gli impasti (sia chiaro

che scuro) a lievitare in due ciotole, per tutta la notte (6-7h).
Se la temperatura è molto bassa, può essere utile far riposare gli impasti nel forno spento con la lampadina accesa almeno per la prima ora.
Ecco come si presentavano gli impasti prima della lievitazione, e al mattino successivo (dopo 7 ore circa):

SECONDO GIORNO

h 6 circa
Aiutandomi con cartaforno, in quanto l’impasto risulta abbastanza appiccicoso – eventualmente passare in frigo una mezz’oretta per lavorarlo meglio – al mattino ho steso prima l’impasto chiaro con il matterello fino a fare un rettangolo di circa cm. 40 x 25/30.
L’impasto scuro l’ho steso leggermente più piccolo.
Ho vaporizzato con acqua, sovrapposto e pressato delicatamente per far aderire bene le due parti (per evitare il formarsi di sacche d’aria).

Ho arrotolato delicatamente dal lato lungo gli impasti sovrapposti. Alla fine ho sezionato il rotolone e ho posizionato i due rotoli negli stampi passando lo staccante).

Ho lasciato lievitare in forno (lucetta accesa solo per la prima ora) fin quando la cupola dell’impasto è arrivata al bordo degli stampi.
Possono volerci 9-12 h.

Cottura
h. 18 circa
Prima di infornare, ho vaporizzato con latte.
Ho preriscaldato a 180°C, ma ho infornato a 160°C – funzione statica – per circa 45 minuti, posizionando gli stampi nel ripiano più basso del forno.
Per una cottura più omogenea, dopo almeno 25 minuti, ho cambiato di posizione e ruotato gli stampi.


Ho sfornato, tolto dagli stampi e fatto raffreddare su griglia (6h).
Se riuscite, direi che è sempre buona norma capovolgere i filoni per il raffreddamento.
A volte mi sono comportata come per i panettoni: li ho tirati fuori dallo stampo, ancora rivestiti della loro cartaforno, e li ho infilzati, capovolgendoli (comunque si riesce a infilzare anche il filoncino nudo).
Passate le 6h ho avvolto ciascun filoncino in un telo di lino, in attesa del lungo tempo di riposo (almeno altre 12h, ma si può arrivare a 24h) prima di poterli finalmente tagliare e biscottare.

TERZO GIORNO
Biscottatura
h 22
Dopo circa 24 ore, aiutandomi con la pinza scanalata per arrosti (ma va benissimo anche solo con un coltello adatto: le fette sono morbidissime ma sostenute, e non si sbriciolano al taglio), ho tagliato fette spesse circa un centimetro.
Le ho posizionate direttamente sulle griglie del forno.
Ho preriscaldato il forno a 140°C abbassando nell’infornare a 120°C, funzione ventilato per circa 35 minuti (ho notato che la temperatura bassa favorisce sia friabilità che effetto bicolore).
Nei vostri forni potrebbe essere superfluo, ma dopo 25 minuti ho cambiato posizione alle griglie, le ho ruotate di 180 gradi, e ho capovolto le fette una per una, portando a termine la doratura per gli ultimi 10 minuti.
Le ho infine lasciate asciugare ancora 5 minuti a forno spento, chiuso a fessura, per eliminare l’ultima eventuale umidità.

Ringrazio ancora una volta nonno Claudio, che saluto cordialmente anche da qui…

Fonte: mia ricetta su Cookaround del 09 febbraio 2011

Categorie
LIQUORI, bevande, sciroppi, ecc.

Mojito cubano

Ah, Cuba! Che bei ricordi.. e fra questi, il mojito.
Bevuto sulla terrazza dell’Hotel Dos Mundos a la Habana, ma anche altrove nell’isola caraibica 😉

Complici le giornate ancora caldo umide di questo inizio autunno romano (questo mio messaggio originario è del settembre 2012) e la menta che cresce sul mio balconcino ho voluto concedermi questo famigerato cocktail.

E anche se l’ho preparato con quello che avevo a disposizione, eccovi ..
.. la ricetta secondo Wikipedia …

  • Rum ambrato cubano Havana Club 3 anos (4.5 cl.)
  • succo di lime (limon criollo 3 cl.);
  • 2 cucchiaini di zucchero di canna bianco
  • un rametto di Hierba buena (o menta marocchina)
  • da 5 a 12 cubetti di ghiaccio
  • acqua gasata (acqua di Seltz o soda). Usare un bicchiere del tipo tumbler alto, come l’Highball.

Si prepara ponendo sul fondo del bicchiere due cucchiaini di zucchero di canna bianco e il succo di mezzo lime, il rum e la menta . Si amalgama il tutto premendo delicatamente le foglie di menta (anzi, il rametto intero, asserisce qualcuno) per far sì che si mescolino i sapori e successivamente si unisce il ghiaccio e l’acqua gasata mettendo alla fine un rametto di hierbabuena come decorazione.
(Nota): la hierba buena a Cuba è un’erba spontanea che si trova facilmente, il suo aroma è più delicato e meno persistente della menta selvatica o mentuccia che si trova in Europa, la varietà che più si avvicina è la menta marocchina, reperibile nei vivai ad inizio primavera.
*Una curiosità : il ghiaccio è spezzato poichè ancora oggi molti locali cubani usano tenere un gigantesco blocco di ghiaccio vicino al bancone che viene spezzettato con un rompi ghiaccio (questo lo confermo: ho visto i blocchi di ghiaccio con i miei occhi, proprio come qui in Italia quando ero bambina…)

Fonte Wikipedia