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DOLCI LIEVITI e lieviti

Panettone ai due cioccolati – Licoli

Anche se ho realizzato due panettoni tradizionali con la ricetta del 2023, preferisco pubblicare la ricetta dello scorso 2022, sempre “Luigi Gallina“, ma con due importanti modifiche:
– prima volta per me, lievito in coltura liquida (convertito da me dalla pasta madre solida già da qualche mese);
– anziché il mio mix inedito e stratosferico del 2022 al cioccolato bianco allo yuzu e cedro candito, che ripeterò ancora, magari per la prossima colomba, gli inerti dedicati ai golosoni questa volta sono stati con tutto cioccolato bianco e fondente, anche se con un po’ di timore che l’impasto asciugasse troppo.

Ingredienti (dose per due panettoni da 1 Kg circa)
1° Impasto
357 g farina Furia Italiana M. Marino – (autolisi)
160 g acqua – (a)
147 g licoli – (impasto)
110 gr zucchero (i)
75 gr tuorlo [60 (a) + 15 (i)]
175 gr burro (i)
Totale 1024 g

2° Impasto
1024 g primo impasto
143 g farina Furia Italiana (fermo macchina)
5 g malto diastasico in polvere (fm)
20 g acqua (fm)
100 g zucchero (emulsione dolce)
135 g tuorlo [70 g (fm) + 65 g (ed)]
225 g burro [(125 g (ed) + 100 g (emulsione salata)]
18 g miele (ed)
10 g mix aromatico all’arancia (es)
20 g crema Morandin * (es)
1 g semi bacca vaniglia (es)
7.5 g sale (es)
Totale 1708,5 g

Inerti:
500 g, metà cioccolato bianco e metà fondente 72% Novi.
Viene suggerito l’uso del cioccolato bianco per favorire l’alveolatura.

Glassa (GB Montanari):
circa 160 grammi per i due panettoni (80 gr circa per panettone)
Totale generale 2368,5 g per 2 panettoni (con lo sfrido è stato meno).

Anche se stavolta ho riempito un pochino troppo il pirottino da 1 Kg., meglio limitarsi a circa 1000 grammi di impasto più 80 g di glassatura, oppure circa 1100 grammi totale di impasto se si vuole un panettone non glassato.

1° Impasto
Ho preparato acqua, parte dei tuorli, farina e lasciato in autolisi
per 1 ora circa in ambiente fresco.
Una volta pronto il licoli a pH 4.10 (io stavolta pH 4.25) ho iniziato ad impastare l’impasto autolitico e il lievito (per pochissimi minuti, in spirale a velocità bassissima, fino a incordatura).
Poi a filo la seconda parte di tuorli e incordato (l’impasto si è scomposto momentaneamente).
Poi tutto lo zucchero e incordato.
Qui ho inserito metà dose del burro e portato a incordatura, poi la seconda parte del burro, e completato con un occhio a non superare 24-25°C; io arrivo si e no a 22°C, forse meglio aumentare, ma non riesco mai ad arrivare più in alto perché lavoro a velocità zero e la mia spirale non scalda.
Ho messo a lievitare in massa a 22-23°C per 16 ore circa semicoperto (meglio 12-14h; io dopo 12h circa ho aumentato la temperatura a 24-26° fino a raggiungimento del triplo del volume … il mio licoli è stato un po’ lento). Le bolle d’aria che si vedranno attraverso il contenitore devono essere ben distribuite e di grandezza media.
Una volta pronto ho trasferito 1 ora in frigo (ho trovato pH 5.35).

2° impasto
Dalla sera precedente, ho preparato due emulsioni, la dolce e la salata, mettendo a 12°C (in alternativa mettere tutto in frigo, ma ricordarsi di tirare fuori una o due ore prima).

Trasferito il 1° impasto dal frigo alla vasca (con pH 5.35, forse troppo altino, ma i miei panettoni ultimamente non si sono mai rotti per errori di acidità) ho incordato in pochissimi minuti con la farina/malto, i tuorli, l’acqua e ho fatto un fermo macchina di 30′ circa.
Ho ripreso e, in 3 o 4 volte, ho inserito prima l’emulsione “dolce” e poi la “salata”.

Appena portato a incordatura ho concluso aggiungendo le sospensioni e facendo girare per pochissimo la cioccolata freddissima.

Ho trasferito l’impasto sul piano di lavoro, fatto un paio di pieghe in aria e messo l’impasto a puntare in un contenitore, a 28°C per 1 ora.

Passato il periodo ho stagliato, fatta la preforma e pirlato delicatamente, ho lasciato asciugare per 30 minuti circa, dopodiché ho proceduto di nuovo a formare con due sole pieghe a 2 e concluso con una pirlatura leggerissima.

Ho trasferito nei pirottini, messi a lievitare coperti a 25-26°C, fino a far arrivare l’impasto sulle pareti a 4,5 cm dal bordo.
Ho quindi fatto raffreddare in frigo per 30 minuti.

Ho glassato.
Non adoro la glassa nei panettoni tradizionali, ma in questo caso, non più di 70-80 grammi – quale “protezione” in cottura per ciascun panettone – ci vogliono, per far sviluppare meglio l’alveolatura desiderata.
Ho infornato a 150°C statico, per poco più di un’ora.
Dopo 45-50′ infilate le sonde e proseguita la cottura fino ad arrivare a 92° al cuore (**), quindi ho capovolto immediatamente e lasciato raffreddare per 12 ore circa, prima di imbustare con la solita spruzzatina di alcool.

Dopo 3 giorni ne abbiamo gustato uno (l’altro congelato e mangiato per l’Epifania).

Ottimi e persino troppo morbidi, per via dei due accorgimenti descritti sopra:
– * crema Morandin – ho pensato che desse maggior morbidezza, per via del cioccolato che asciuga, ma non è servita, anzi! Evitare per la prossima volta, evidentemente il panettone è già ben bilanciato senza altre aggiunte pur considerando il cioccolato;
– ** per lo stesso motivo di asciugatura del cioccolato pensavo di far bene a tenermi bassa sui 92°C al cuore, ma anche qui, per prossima volta, meglio i canonici 93, anche 94°C.

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LIQUORI, bevande, sciroppi, ecc.

Gazosa della nonna

Grazie ad uno dei “cucinare insieme” di Cookaround di tanti anni fa condotto per l’occasione dall’amica kiki100 (ciao Diana!), siamo andati anche di beveraggi estivi!!

È una preparazione delicata con delle accortezze da osservare per evitare scoppi di bottiglie!
Ricordiamoci che la gazosa fatta in casa dalle nonne, veniva anche denominata lo “champagne dei poveri”!

INGREDIENTI
Sulla base delle dosi suggerite, ecco nel dettaglio gli ingredienti per “soli” 4 litri:

  • 4 litri acqua di rubinetto, oppure oligominerale, oppure filtrata di caraffa, ma non frizzante (2 litri da far bollire prima + 2 da versare a freddo successivamente)
  • 4 limoni piccoli succosi non trattati (di 3 spremeremo il succo, ma useremo la scorza di tutti e 4 i limoni)
  • 10-12 foglie di salvia
  • 480 gr di zucchero
  • 130 g birra (quasi mezza bottiglietta da 330 ml)
  • 8 g cremor di tartaro puro (questa volta è del tipo addizionato da amido di mais e bicarbonato; inoltre ho fatto due prove differenziate con e senza cremor tartaro).

PROCEDIMENTO

  • In tarda serata, per prima cosa ho lavato e messo ad asciugare tutte le bottiglie (preferisco il vetro alla plastica tipo Coc@-col@, anche se poi, scoppiando, i danni sarebbero maggiori) e relativi tappi;
  • ho preso una pentola della capacità di almeno 2 lt e mezzo di acqua, e ho versato la metà dell’acqua della ricetta (2 litri);
  • nell’attesa che bollisse l’acqua, ho spremuto il succo di soli 3 limoni, ma ho pelato finemente la scorza di tutti e 4 i limoni previsti dalla ricetta;
  • ad ebollizione dell’acqua ho aggiunto lo zucchero e ho fatto riprendere il bollore;
  • ho unito quindi la scorza e succo come descritto sopra, e 12 foglie di salvia, mescolando bene il tutto e ho fatto cuocere a fuoco lento e coperto per 20 minuti dalla ripresa del bollore, rimestando di tanto in tanto (ho dato un’assaggiatina: è buono già così, sembra il Gator@de) e lasciato raffreddare per tutta la notte;
  • il mattino seguente, ho preso una pentola grande, della capacità di almeno 5 litri;
  • in questa pentola più grande, ho filtrato con un colino tutto il liquido della prima pentola;
    ho aggiunto poi la restante acqua fredda indicata in ricetta (credo sia indifferente metterla prima o dopo nel pentolone);
  • ho aggiunto la birra e il cremor tartaro rimescolando bene il tutto (qui, volendo fare la doppia prova con e senza cremore, ho diviso in due il quantitativo ed ho aggiunto il c.t. necessario, soltanto in metà dose, ma senza ct si rischia una fermentazione molto più lunga, anche 2 settimane anziché pochi giorni);
  • ho imbottigliato e messo le bottiglie al sole del mio balconcino esposto a sud-ovest (resteranno lì per 4 o 5 giorni);
  • dopo questa esposizione che dovrebbe far “frizzare” la bevanda (grazie alla fermentazione che si produrrà), ritirerò in luogo fresco tutte le bottiglie.

Per prossime produzioni, onde evitare eventuali scoppi di bottiglie, devo ricordarmi di riempire soltanto fino a circa 5 cm sotto al tappo,
e mettere dei tappi a vite o a corona che dovrebbero tenere meglio (come quelli delle birre, da mettere con l’apposita macchinetta), e le bottiglie se di vetro, dovranno essere del tipo spesso e la chiusura a scatto.

Fonte: Agosto 2010 – Cookaround

GAZOSA CON STARTER ALLO ZENZERO

e qui sotto, sempre su suggerimento di Diana, dopo qualche settimana dal precedente, un piccolo tentativo con starter allo zenzero anziché birra e cremor tartaro, da approntare meglio in seguito:

Per lo starter allo zenzero:
375 gr circa di acqua di rubinetto
1 cucchiaino di radice di zenzero fresco
1 cucchiaino di zucchero
Mescolare vigorosamente per 2 o 3 volte al giorno, tenendo il tutto in un vaso, ma non chiuso ermeticamente.
Ogni giorno “rinfrescare” lo starter, aggiungendo 1 cucchiaino di radice e 1 cucchiaino di zucchero, mescolare e mettere al sole in veranda per una settimana, rinfrescando tutti i giorni (non ho più avuto l’opportunità di sentire Diana, ma potrebbero essere sufficienti meno giorni per avviare la gassosa).

Ingredienti
2 litri di acqua (1 litro di rubinetto + 1 litro oligominerale da aggiungere dopo)
2 limoni piccoli (scorza di 2, succo di 1 e mezzo)
6-7 foglie di salvia
250 gr di zucchero
200 gr circa di starter allo zenzero (ho fatto un 10% ad occhio: non ho dati per questa dose).

Procedimento solito come per la gazosa della nonna
1 lt di acqua di rubinetto a bollire
Ad ebollizione, aggiungere lo zucchero
A zucchero sciolto, aggiungere scorze e succo dei limoni e la manciatina di salvia
Far sobbollire per 15 minuti circa
Spegnere e far freddare
(stavolta, per freddare prima l’acqua, ho messo tipo bagnomaria: la pentola con lo sciroppo bollente, in un pentolone grande con acqua fredda)
Una volta freddato lo sciroppo, ho versato 1 lt di acqua oligominerale, lo starter di zenzero e ho poi filtrato con un telo pulitissimo non di detersivo, passando il tutto in un altro pentolone.

Ho infine imbottigliato… sempre con attenzione agli scoppi, e questa volta ho aspettato soltanto un paio di giorni di fermentazione in balcone.

La gazosa è frizzantina, molto buona (sa un pochino di zenzero.. quanto basta: non credo che ci piacerebbe di più se sapesse moltissimo di zenzero), e la schiuma si dissolveva non appena la gazosa veniva versata, quindi diciamo che – a distanza di 1 giorno e mezzo, con il 10% di starter naturale – questo è il risultato.
In famiglia è piaciuta di più questa versione che la prima con birra e ct.
Credo che ormai dobbiamo solo saper gestire un po’ questo lievito naturale per soda drinks e… ci siamo
Può darsi che con meno starter risulti più stabile.

Lascio il quesito per le prove future!

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PANE, pizze, pizzelle e dintorni

Pizza verace con li.co.li.

Procedimento e mia tempistica per un’ottima pizzata totalmente a lievitazione naturale!
In tutto 48h di lavorazione (considerando che per le 38-40h centrali la massa stazionerà tranquillamente in frigo).
Naturalmente partendo da un li.co.li. in ottimo stato e ben rinfrescato.

Fare pizze con lievito madre liquido non serve?
Sicuramente, ma ce l’ho, quindi lo uso 😉

Ingredienti per 6 pizze da 250 grammi:
825 g Farina (io W280, tipo 00 Viviverde e tipo 0 Furia M.Marino)
536 g Acqua a 18-20°C – 65%
122 g Lievito madre liquido – 15%
18,28 g Sale – 2,2% (su farina + malto)
5,77 g Malto diastasico in polvere – 0,7%

Primo giorno (21,8°C in casa)
Rinfresco – h. 15
1:2:2 e a 26°C (ha impiegato 6h per arrivare al picco/raddoppio previsto)

Autolisi – h. 19
Farina (tranne un cucchiaio) e acqua in autolisi per un paio d’ore prima del raddoppio del licoli.
Nell’impasto autolitico ho inserito anche lo 0,1% di sale della ricetta.

Impasto e puntata – dalle h. 21 alle h. 23,45 
Lavoro per 4/5’ in spirale vel. 0 dell’impasto autolitico e del licoli.
Riposo 30′ coperto.
Poi ancora 5’, vel. 0 aggiungendo sale, farina restante e malto fino al velo.
Fermo macchina per 5’.
Ultimi 5’ a vel. 2.
Trasferito impasto in ciotola e riposo a 26°C per 2 h

Frigo – dalle h. 23,45 del primo giorno alle 15 del terzo giorno 
Trasferita la massa a 3-4°C per 36-48h fino al raddoppio, o eventualmente completare il raddoppio fuori, a t.a.

Terzo giorno
Fuori frigo – a t.a. dalle h. 15 alle h. 17
Dopo circa 39h la massa era aumentata di circa il 30% (ma volevamo cenare con le pizze e non potevo aspettare altre 9 ore di frigo), quindi ho fatto crescere ancora in massa a t.a. (22-23°C) per un paio d’ore.

Staglio e apretto – dalle h. 17 alle h. 20
Ho stagliato a massa ben cresciuta anche se non raddoppiata (secondo la ricetta originale, sarebbe meglio aspettare il raddoppio), e i panielli sono stati in apretto per 3h circa a 24°C.
Dei 6 panielli, in questo momento, 3 li ho congelati.

Stesura, farcitura e cottura in F1-P134H – dalle h.20 alle h.21
420-430°C per un paio di minuti.

Fonte: per l’ispirazione, la bravissima Alice Buda di Pan Brioche!

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DOLCI

Scottish Scones

Il classico biscotto semidolce scozzese da tè, realizzato da me con esubero di lievito madre liquido (ottima idea da ripetere!).

Da una ricetta di Alice di Pan Brioche, rivisitata senza lattosio per far gustare questi biscotti anche ad altri componenti della famiglia, e io stessa non avrò troppi sensi di colpa, visto che ho utilizzato per la prima volta l’eritritolo (zucchero a zero calorie derivante dalla frutta).

Ingredienti (975 g circa – sono venuti 23 Scones)

  • 520 g – 100% Farine (338 g pari al 65% tipo 00 di forza medio-bassa + 182 g pari al 35% Farina tipo 2 di forza medio-bassa)
  • 120 g – 23% Esubero di licoli (di 2 gg prima tenuto in frigo con 3 g di sale presi dal totale)
  • 138 g – 27% Latte fresco intero (io parz. screm. senza lattosio) 
  • 80 g – 15% Eritritolo (anche se zucchera il 30% meno dello zucchero, ho voluto lasciare la stessa percentuale indicata e non il 20%, per timore di eventuale retrogusto)
  • 82 g – 16% olio di cocco o burro chiarificato (visto che si tratta di tutta materia grassa ho abbassato la percentuale del burro normale indicata nella ricetta originale, ma ho ricalcolato i liquidi aumentando il latte)
  • 5 g – 1% Sali (3,96 sale + 1,04 bicarbonato)
  • 30 g – 6% nibs di cacao (mia aggiunta)

Procedimento

  • Ho versato in una ciotola la farina e l’olio di cocco freddo a pezzetti e velocemente ho fatto una sabbiatura
  • Poi ho aggiunto il licoli e l’eritritolo, mescolando ancora per amalgamare il più possibile gli ingredienti.
  • Ho quindi versato il latte in più riprese fino a compattare un po’ l’impasto con le mani.
  • Ho agggiunto i sali restanti e ho continuato ad impastare.

  • Qui ho aggiunto sommariamente i nibs di cacao, che ho incorporato meglio poi sul piano di lavoro.
  • Con l’aiuto di un matterello ho steso l’impasto fino a raggiungere circa 2 cm di altezza, poi piegato e ripetuto per 3 volte in tutto, terminando con una “lastra” squadrata di 2-3 cm di spessore (grazie a questa lavorazione, dopo la cottura potrà essere presente una leggera sfogliatura).
  • Ho coperto con pellicola e trasferito in frigo per 18 ore (fino a 24h).
  • L’indomani ho tagliato la lastra a cubotti e triangoli e li ho posizionati su una teglia forata unta con dello staccante; l’ho poggiata su una griglia e messo il tutto all’interno di una teglia.
  • Ho preriscaldato il forno a 180 °C, statico, e infornato per 45 minuti, fin quando sono risultati dorati (gli ultimi 5 minuti ho ruotato la teglia e alzata in un binario alto).

Dopo averli fatti asciugare bene sulla teglia forata, ne ho assaggiato uno: croccante fuori, morbido dentro, buonissimo, abbastanza neutro e da servire come gli scozzesi, con la clotted cream (una crema molto grassa, ma del mascarpone o una crema pasticciera andranno bene ugualmente), o con marmellata/confettura, ecc., naturalmente meglio se accompagnati all’immancabile tazza di tè!

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DOLCI

Cupakes alla vaniglia

I miei famosi, unici cupcakes americani alla vaniglia, realizzati su richiesta della mia nipotina, in occasione dei suoi 4 anni di qualche mese fa.
Unici, perché li ho fatti una volta sola … ma urge replicare.
Della stessa autrice ho fatto anche quelli al cioccolato, ma in questo articolo descriverò solo quelli alla vaniglia, a mio gusto migliori.

Questa è la ricetta che ho seguito, della frizzantissima youtuber/blogger americana.

Ingredienti per 12-16 cupcakes alla vaniglia e relativa rielaborazione dalle misure americane:

156,25 gr farina tipo 0
6,25 gr lievito in polvere
2,38 gr sale
115 g burro non salato, ammorbidito
150 g zucchero
110-120 gr uova intere grandi, a temperatura ambiente (2 uova)
8,66 gr estratto di vaniglia (2 cucchiaini)
122,5 gr latticello (l’ho realizzato con 115 gr panna + 7,8 gr succo limone

Staccante per i pirottini
Totale 680 grammi circa

Per il frosting, vi rimando a questa ricetta, una crema al burro molto delicata, ma potrete guarnire con qualsiasi crema abbastanza soda vi ci piaccia.

Procedimento

Ho preriscaldato il forno a 180°C statico e foderato una teglia per cupcake con pirottini di carta, unti con un velo di staccante.

In una ciotola media, ho mescolato insieme farina, lievito e sale, e messo da parte.

Nella ciotola di uno sbattitore elettrico, ho montato burro ammorbidito e zucchero a velocità medio-alta per 5 minuti fino a ottenere un composto sodo e spumoso, raccogliendo man mano il composto dal fondo della ciotola.

Ho aggiunto solo i tuorli una alla volta, sbattendo bene ad ogni aggiunta, raccogliendo il materiale dal fondo della ciotola e infine ho aggiunto l’estratto di vaniglia, continuando a frullare.

Ho ridotto a velocità media il frullino e ho aggiunto la farina in tre volte, alternandola al latticello.

Ho mescolato ad ogni aggiunta e incorporato il tutto raccogliendo di tanto in tanto dal fondo della ciotola, fino ad avere un composto omogeneo e liscio.

Alla fine, con una spatola, ho unito dal basso verso l’alto gli albumi montati a neve.

Con una sac-à-poche ho riempito ciascun pirottino per due terzi.

Ho infornato per 20-23 minuti a 180°, fino a quando inserendo uno stuzzicadenti al centro ne è uscito pulito.

Li ho lasciati raffreddare nella teglia per 5 minuti, poi li ho trasferiti uno ad uno su una gratella e li ho fatti raffreddare completamente a temperatura ambiente prima di guarnire con il frosting.

07 settembre 2022

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PANE, pizze, pizzelle e dintorni

PANE SCIOCCO

In questo periodo invernale trovo molto semplice tenere il mio licoli (o lievito in coltura liquido) a temperatura ambiente e rinfrescarlo a giorni alterni.
Lo mantengo a 15-17°C in stanza di casa esposta a nord, senza termosifoni, con una proporzione 1lievito : 1farina : 0,80acqua.

Una volta alla settimana, quando decido di fare qualcosa di buono o di dare una bella sferzata di vitalità al lievito, accorcio la tempistica dell’ultimo rinfresco a 15-16 ore (però con rapporto 1:2:0,80), e faccio seguire un solo rinfresco al “caldo” per qualche ora in cella a 25°C circa.
Stavolta rinfresco con rapporto 1:3:0,80 e al momento dell’utilizzo, prendo un licoli ancora “giovane”.

Mi ritrovo però puntualmente con una “caterva” di licoli!
Si, posso trovare altre possibilità di utilizzo, ma in questo caso avrei voluto fare delle ciabatte di Carlo Perrando che prevedevano appunto moltissimo lievito liquido.
Visto che avevo dimenticato di far precedere la lavorazione dall’autolisi che doveva partire già da 18h prima, mi sono chiesta come poter utilizzare tutto quel licoli. Presto fatto!

Ho riscoperto il pane sciocco o senza sale (in famiglia piace moltissimo anche questo pane denso, pastoso e poco alveolato, come la Bozza Pratese fatta tempo fa), e già sono un paio di volte che lo ripeto.
Un pane che fin dal Medio Evo era molto in uso in Toscana, ma anche in Umbria e nel centro Italia tutto (per qualche notizia in più, dare un’occhiata qui).

INGREDIENTI

600 g licoli da farina 00 Bio Coop (ben rinfrescato come dico sopra, diventa praticamente come un prefermento/poolish)
600 g farina tipo 2 Buratto Marino
350 g acqua (praticamente il 65% sul totale, considerando anche acqua e farina del licoli)
6,50 g malto diastasico (0,70% sul totale farine, per ovviare al naturale biancore di un pane con tutto questo lievito mangia-zuccheri)

PROCEDIMENTO
Mi trovo bene a impastare in spirale, quasi sempre a velocità “0”, e mi trovo bene a versare prima tutta la farina/malto, poi il licoli sciolto in quasi tutta l’acqua.
Impastando, aggiungo a filo l’ultima acqua.
Lavoro per 10 minuti.
Faccio un fermo macchina di 10′.
Riprendo per altri 5′.

Stavolta, senza pieghe (è un pane poco idratato, non servono), né tempi biblici, mi sono comportata così (circa 20′ fra un’operazione e l’altra):

  • trasferimento impasto su banco, piega in aria, pirlatura, coperto;
  • staglio in due filoncini;
  • laminazione;
  • preforma;
  • forma a baguette e in cestino.

Lievitazione per 9-10 ore nella solita stanza fredda a 15-16°C.

COTTURA
Tagli e cottura a scalare su refrattaria (volendo dopo un passaggio di una mezz’oretta in freezer).
250°C per 25′ coperti sotto al coppo, vaporizzando.
200°C per 25′ scoperti e solita asciugatura in verticale.

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VARIE - Quel che resta, e non è poco

COPPO – Antico Sistema di Cottura

Ho preso in prestito il “modus” di cottura di uno degli strumenti che ho visto usare alla mia amica abruzzese storica, Teresa.
Solo che lei lo usa sul camino, mettendoci sotto una teglia con del cibo … io l’ho voluto per il mio pane cotto in forno.

Questo è il coppo della mia amica dal quale ho preso spunto per farlo produrre come si vede sopra

Ho stralciato una parte letta su “Il Gambero Rosso“, ma sicuramente qualcuno sa già di cosa si tratta:

Cottura sotto il coppo
La pizza scima abruzzese è uno degli esempi più tipici, ma sotto il coppo venivano cotte anche patate, carni e verdure. Oggi tecnicamente non si usa più per motivi di igiene ma sono ancora molte le famiglie che custodiscono gelosamente questo strumento per conservare i sapori di una volta: questo tipo di cottura, infatti, permette di ottenere prodotti croccanti e profumati, dal gusto intenso e deciso. Ma cos’è esattamente il coppo? Si tratta di un coperchio concavo in ferro spesso e dotato di manico, un utensile di origini antiche che permette di cuocere gli alimenti sotto la brace in maniera uniforme, lenta e costante. Il cibo viene coperto dal ferro e poi inserito direttamente nel camino o comunque sotto la brace.

Antica cottura (da foto di una discussione pubblicata in questo mio post)

Ho prima fatto una ricerca in rete per vedere chi lo produceva.
Naturalmente il solito Amazon ne aveva a iosa, ma io lo volevo “a misura” (ricordo che se ci sono parti sporgenti dalla piastra utilizzata si vanifica l’umidità creata sotto la volta).
Ho contattato uno dei venditori … et voilà.

Aggiungo il contatto e-mail del piccolo produttore al quale mi sono rivolta: info@gldforniture.it

Ho pensato che facendomi fare questo “coperchio” di ferro a misura, avrei potuto cuocere in maniera salutare e in contemporanea le mie due pagnotte settimanali da quasi un chilo l’una.
Solitamente le cuocio una per volta nella pentola di ghisa (dove vengono strepitose), ma per risparmiare energia elettrica ho voluto simulare una cottura in “Dutch Oven” e cuocerle in una sola infornata.

Prima di cuocere ho pensato di bruciare questo interessante utensile, come faccio per le teglie da pizza in ferro (un’operazione che di tanto in tanto sarà meglio ripetere per evitare punti di ruggine dovuti alle vaporizzazioni che do al pane prima di coprire).

Una volta “bruciato” ho portato a temperatura il coperchio, la piastra molto sottile del mio forno Effeuno P134H, e anche un’altra piastra di cordierite che ho posizionato sopra al coppo (ho pensato che successivamente mi avrebbe fatto gioco per mantenere la temperatura elevata raggiunta, durante la fase dell’infornata).

Ho visto che le pagnotte hanno un bello sviluppo – specialmente se si vaporizzano prima di mettere il coperchione – e credo che questo simpatico “coppo” diventerà uno dei miei utensili-da-compagnia molto affidabili.

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DOLCI

Panettone al sapore di CEDRO e YUZU

Ci ho riprovato: il panettone è contemporaneo, gli ingredienti sono quelli sotto, presi di sana pianta dalla ricetta del giovane e simpatico Luigi Gallina, ma con il procedimento ispirato anche agli insegnamenti ricevuti da Giambattista Montanari in un suo corso.

Ingredienti (dose per due panettoni da 1 Kg circa)

1° Impasto (Percentuali su ingredienti primo e secondo impasto)
357 gr farina Furia Italiana M. Marino (autolisi) – più 143 + 73pms = 591
196.5 ml acqua (autolisi) – più 20 + 37pms = 253,5 – <43% idratazione
110 gr pms rinfresco 1:3:0,43 per 7h e ½ a 25°C (impasto) – <31% su 357
110 gr zucchero (impasto) – più 100 = 210 quindi >35,50%
75 gr tuorlo (metà autolisi – metà impasto) – più 135=210 quindi >35,50%
175 gr burro (impasto) – più 225 = 400 quindi <68%
Totale 1023,5 gr

2° Impasto
1023,5 primo impasto
143 gr farina Furia Italiana (fermo macchina)
20 ml acqua (fermo macchina)
100 gr zucchero (emulsione dolce)
135 gr tuorlo (70 g fermo macchina – 65 g emulsione dolce)
225 gr burro (125 g emulsione dolce – 100 g emulsione salata)
18 gr miele (emulsione dolce) – 3% su farine
10 gr pasta arancia (il mio mix aromatico in emulsione salata) – 1,7%
1 semi di una bacca di vaniglia (emulsione salata) – 0,17%
5 gr malto (diastasico in polvere con farina – fermo macchina) – 0,85%
7.5 gr sale (emulsione salata) – 1,27%
Totale 1688 gr del solo impasto

Inerti:
550 gr sospensioni (metà *cioccolato allo yuzu e metà canditi di cedro) – 93% su farine oppure >32% (abbondante) su totale impasto finale

Glassa:
circa 160 grammi per i due panettoni (80 gr circa per panettone)
Totale generale 2398 gr per i due panettoni, ma con lo sfrido verrà di meno.

Nel pirottino da 1 Kg. inserire circa 1000 grammi di impasto se si vuole un panettone glassato, e circa 1100 grammi se si vuole un panettone non glassato.
L’eventuale residuo sarà ottimo per qualche favolosa merendina!

*in questo caso viene appositamente suggerito del cioccolato – meglio bianco – per favorire l’alveolatura.

1° Impasto
Ho preparato acqua, parte dei tuorli (40 g), farina e lasciato in autolisi
per 1 ora circa in ambiente fresco.
Una volta pronta la p.m.s. a pH 4.1 (io stavolta pH 4.30👍) ho iniziato ad impastare l’impasto autolitico e il l.m. (per pochissimi minuti, in spirale a velocità bassissima, fino a incordatura).
Poi a filo la seconda parte di tuorli (35 g) e incordato (l’impasto si è scomposto momentaneamente).
Poi tutto lo zucchero e incordato.
Qui ho inserito metà dose del burro e portato a incordatura, poi la seconda parte del burro, e completato con un occhio a non superare 24-25°C; io arrivo si e no a 22°C, forse meglio aumentare, ma non riesco mai ad arrivare più in alto perché lavoro a velocità zero e la mia spirale non scalda.
Ho messo a lievitare in massa a 22°C per 12 ore circa semicoperto (se in questo periodo non fosse triplicato/quadruplicato, si potrebbe aumentare la temperatura a 26° fino a raggiungimento del volume previsto e le bolle d’ aria che si vedranno attraverso il contenitore saranno ben distribuite e di grandezza media).
Una volta pronto ho trasferito 1 ora in frigo.

2° impasto
Dalla sera precedente, ho preparato due emulsioni, frullando:
– la “dolce”, con burro (125 g), tuorli (65 g), zucchero, miele;
– la “salata”, con 100 g burro, pasta arancia, semi vaniglia, sale;
– ho messo da parte a 12°C (in alternativa mettere tutto in frigo, ma ricordarsi di tirare fuori una o due ore prima).

Trasferito il 1° impasto dal frigo alla vasca (con pH 4.60) ho incordato in pochissimi minuti con la farina/malto, i tuorli (70 g), l’acqua e ho fatto un fermo macchina di 30′ circa.
Ho ripreso e, in 3 o 4 volte al massimo, ho inserito prima l’emulsione “dolce” e poi quella “salata”.

Appena portato a incordatura ho concluso aggiungendo le sospensioni.

Ho trasferito l’impasto sul piano di lavoro, fatto un paio di pieghe in aria e messo l’impasto a puntare in un contenitore, a 28°C per 1 ora.

Passato il periodo ho stagliato, fatta la preforma e pirlato delicatamente, ho lasciato asciugare per 30 minuti circa, dopodiché ho proceduto di nuovo a formare con due sole pieghe a 2 e concluso con una pirlatura leggerissima.

Ho trasferito nei pirottini, messi a lievitare coperti a 25-26°C, fino a far arrivare l’impasto sulle pareti a 6 cm dal bordo o la cupola dell’impasto fino a 4,5 cm dal bordo.
Ho quindi fatto raffreddare in frigo per 30 minuti.

Ho glassato.
Non adoro la glassa nei panettoni tradizionali, ma in questo caso, non più di 70-80 grammi – quale “protezione” in cottura per ciascun panettone – ci vogliono, per far sviluppare meglio l’alveolatura desiderata.
Ho infornato insieme (compreso il piccolo plumcake dell’impasto residuo) a 140-160°C ventilato, a salire, per poco più di un’ora.
Ho coperto con una teglia leggera le cupole per i primi 50-55 minuti, dopodiché ho inserito la sonda e proseguito la cottura fino ad arrivare a 96-97° al cuore (ho preferito stare più alta del solito come temperatura finale), quindi ho capovolto immediatamente e lasciato raffreddare per 12 ore circa, prima di imbustare con la solita spruzzatina di alcool.

Dopo 3 giorni lo abbiamo gustato:
già prevedo che la sofficità e il sapore agrumato faranno di questo impasto un must per le mie preparazioni di GL.

Se dovessi procedere alla versione 2023 con lievito liquido, gli unici ingredienti che convertirò saranno quelli del primo impasto, così:
393,66 farina
73,33 licoli

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DOLCI

PANETTONI & PANETTONI

… è vero: se non rispondono a determinati canoni dettati dal Disciplinare non possono essere chiamati panettoni, ma perché non ci lasciamo conquistare dalle contaminazioni fra il vecchio e il nuovo?
Fra il tradizionale e il contemporaneo?
Fra la nota sofficità e l’aspetto alveolato?

Dopo una 15ina di ore di asciugatura capovolti

Io ci ho provato:
ho adottato un procedimento da panettone contemporaneo tipo questo (dove, oltre alle solite attenzioni sul lievito madre in forma, troviamo il pH adeguato nei vari passaggi, la giusta alternanza di temperature, ma soprattutto l’inserimento del burro come primo ingrediente rispetto agli altri) ad una ricetta da panettone tradizionale, come quella del grande “Giamba” (anche se Lui, con questa ricetta, suggerisce una colomba).

Sotto quindi riporto la foto della “tradizionale” ricetta della Colomba 2022 del Fanclub su Facebook di Giambattista Montanari (di cui sono stata autorizzata a farne l’utilizzo che ritengo opportuno). Naturalmente chi è membro della pagina facebook, potrà accedere direttamente alla foto della ricetta:

Sotto, una galleria di foto di alcuni dei passaggi salienti del lavoro.

INGREDIENTI in grammi – per 2 panettoni da chilo con pirottini 17 diametro x 11 altezza, con qualche piccola modifica agli ingredienti e al procedimento (dai calcoli fatti ho trovato l’impasto un po’ scarso per pirottini da 1 Kg).

PRIMO IMPASTO (fra le 17,00 e le 18,00)
156,5 acqua
30 tuorli
300 farina panettone (io Furia Italiana del Mulino Marino)

93,5 lievito madre solido (qui mantenimento “libero” dopo due rinfreschi per entrare in produzione, secondo Montanari)
40 tuorli
95 zucchero (io, fine)
110 burro (io 77 burro + 33 burro chiarificato ben mescolati insieme)
Totale 825 grammi

(per il procedimento tenere d’occhio anche la ricetta stampata)

Un’ora prima che sia pronto il lievito, ho fatto l’AUTOLISI con acqua, tuorli e farina impastando il tutto per 50/60 secondi.
Ho coperto e fatto riposare a t.a.
Una volta pronto il lievito l’ho aggiunto all’impasto autolitico e ho iniziato ad impastare (normalmente in 4/5 minuti è pronto).
Ho versato ora tutto lo zucchero e riportato a incordatura (questa volta lo zucchero l’ho aggiunto in questa fase ed è andata benissimo).
Ho inserito il burro a 14-16°C in un paio di volte e ho portato di nuovo a incordatura.
Ho versato i tuorli ben freddi a filo, sempre senza perdere la corda.
Ho messo a lievitare l’impasto a 21-22°C x 10-12 h.
Una volta arrivato a triplicazione ho pennellato la superficie dell’impasto con burro e trasferito per un’ora in frigo.
Procedere quindi al …

SECONDO IMPASTO (ore 7,00 – 8,00 circa)
Tutto il primo impasto
75 farina panettone (Furia Italiana)
30 tuorli (me ne sono scappati 33)
100 polentino alla crema di Whisky (gelatinizzazione)
25 zucchero fine
15 zucchero invertito (ho usato sciroppo residuo di canditura di cedro)
27,5 miele (io acacia)
1 estratto malto diastasico (io in polvere)

7 sale

EMULSIONE CARAMELLO (da fare il giorno prima)
100 cioccolato al caramello (non lo avevo quindi 70 g latte condensato + 30 g cioccolato fondente/bianco e lasciato indurire a fuoco basso)
50 panna (ad alta digeribilità, più leggera quindi ho integrato con un po’ di burro chiarificato)
130 burro (io 91 burro + 39 burro chiarificato ben mescolati insieme)
21,5 fruttosio
3,5 scorza limone
60 tuorli (io 64)

30 tuorli (io 33)
180 fichi secchi (220 una volta reidratati)
120 granella grossolana nocciole (per allergia alle noci degli ospiti)
80 grue (acquistati nibs cacao caramellato e non ho avuto bisogno di pralinare)

Totale 1880 circa

Ho messo in spirale il primo impasto freddo e ho fatto girare con la farina/malto in polvere.
Ho prelevato un centinaio di g di burro destinato all’emulsione al caramello e ho impastato fino a incordatura.
Poi ho inserito 33 g di tuorli e il polentino al Bailey’s fino ad assorbimento (preparata questa salda d’amido con 90 g liquore + 30 g farina integrale; vedi procedimento del polentino nella ricetta stampata).
Fermo macchina di 30 minuti (non l’ho fatto).
Ho impastato fino ad incordatura e inserito gli zuccheri passati al cutter ben mescolati; infine ho aggiunto il sale.
A questo punto ho inserito in una sola volta l’emulsione al caramello decurtata da parte del burro inserito a inizio secondo impasto (vedi procedimento dell’emulsione nella ricetta stampata).
Ho terminato con i 33 g di tuorlo.
Alla fine ho inserito la frutta facendo girare per un paio di minuti.
Ho messo in caldo l’impasto per un’ora, a 30-32°C, dopodiché ho spezzato l’impasto, fatto una preforma, atteso 30 minuti di riposo; poi fatta forma e pirlatura delicatissima.
Ho trasferito a 25-26°C (circa 7 ore).
Quando gli impasti sono arrivati a 6cm dal bordo del pirottino, ho traferito in frigorifero per fare un po’ la “pelle”; poi ho glassato e infornato.

COTTURA
Visto che erano due ho cotto a 145°C ventilato.
Per non far asciugare immediatamente la cupola dei panettoni, ho inserito da subito nel forno una teglietta a copertura.
Dopo 50′ circa ho tolto la copertura, infilato le sonde, ma nel giro di pochissimi minuti erano arrivate a cottura (96°C al cuore).

Capovolti per 15 ore circa.

Mie conclusioni: a prescindere dalla bontà degli ingredienti inediti di questa ricetta, la sofficità è pronunciata e il panettone, alveolatissimo!

Prossimo esperimento, chissà!?!
Forse un classicissimo panettone tradizionale canditi arancia/cedro e uvetta, per me insostituibile, bucato o no!!

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LIEVITI e lieviti

Tempo di Grandi Lievitati … e i loro residui?

Si, ok, coi residui dei rinfreschi del lievito madre per il panettone, ripetuti a raffica in questo periodo, si sa:
si possono fare pani, grissini, piadine, e dagli a lavorare e moltiplicare preparazioni!

E se si volesse fare altro?

Pensa che ti ripensa, ho scoperto un metodo che, proprio per la piccola dose del residuo, mi occupa poco tempo dopo ognuno dei rinfreschi fatti poche ore prima, e io avrò 100/200 grammi di:

PASTA FATTA IN CASA!
(Cliccando su alcune delle foto, si troverà il procedimento)

E mi sono anche divertita ad inventare una nuova pasta per i bambini (è bene che il formato sia piccolo e corto, visto che non hanno uova che legherebbe meglio l’impasto):

Gli Unicorni: simpatici, no?

Unicorni
Unicorni passati sulla rigagnocchi

Ero un po’ dubbiosa perché nessuno in giro per il web ne parlava e allora mi sono consultata coi grandi del lievito naturale (addirittura nel Fanclub di G.B.Montanari su fb).

Riporto la risposta del grande Riccardo Scevaroli alla mia richiesta:

“direi che nel momento in cui vai a fare della pasta fatta in casa e congelata non ci sono problemi di sorta se non una maggiore aggiunta aromatica ed un pizzico di acidità. Spesso invece quando l’esubero è rilevante un’ulteriore spunto è di portare ad essiccazione lo stesso per usarlo come i preparati di pasta madre che vendono nei supermercati dove aggiungi semplicemente componente aromatica ed un booster di acidificazione associato a lievito compresso per prodotti di rapido consumo come pizze e focacce“.

Lorighittas ai frutti di mare
Lorighittas – Stupenda pasta sarda

Avuto una sorta di lasciapassare per non creare guai “intestinali” con le mie preparazioni, ormai faccio regolarmente una piccola porzioncina di pasta che surgelo immediatamente.
Per evitare fermentazioni volute infatti, congelo subito le poche decine di grammi di pasta nei vari formati, per poi cuocere successivamente, al bisogno.

Sagne e fagioli
Sagne corte tirate con la “nonna papera”
Sagne più lunghe, tirate col matterello di ottone

Entrando nello specifico, ponendo di avere 50 grammi di pasta madre solida residua, aggiungo a occhio, o come si suol dire, q.b., un po’ di semola rimacinata e impasto.
Facoltativamente aggiungo un goccino di acqua, un pizzico di sale, qualche goccia d’olio (per la tenuta) e se il residuo fosse di più di 1 o 2 giorni, anche un pizzichino piccolissimo di bicarbonato (per l’eventuale acidità).

Quando l’impastino è ben uniforme (se fosse troppo asciutto provo persino una sorta di autolisi, lasciandolo coperto per una 20ina di minuti), tiro semplicemente col matterello, o passo nella “nonna papera” o mi diverto con un coltello per fare qualche orecchietta.

Orecchiette a coltello
Orecchiette con le classiche cime di rapa

… i tagliolini o strengozzi, tirati con la nonna papera. Per la salsa in bianco ai funghi secchi, guardare qui come l’ho preparata.

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… e per ora, il mio ultimo tentativo è dedicato alle “Foglie d’Ulivo”, una pasta regionale pugliese che ha appunto questa forma e destinata ai pranzi in occasione della Domenica delle Palme.

Sopra una versione “in bianco” fatta con i soliti “tocchetti” come per le orecchiette, ma le ho trovate troppo laboriose per come le facevo io.

Sotto invece, seguendo l’input della bravissima Mary Terry, ho inserito la sequenza fotografica delle sfizione “foglie in verde” (ho frullato insieme al licoli un pugnetto di spinaci lessi … tutto ad occhio e a sentimento…).
Per chi ha Facebook, qui la tecnica dove vengono spiegate benissimo.
Occorre fare attenzione a fare cordoncini fini, un po’ come le lorighittas.
Io li ho tagliati in obliquo e tirarli col coltello come le orecchiette:

Insomma: problema residui risolto alla grande 😉