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DOLCI

Ciambelline al vino … a bicchierate

VERSIONE IN INGLESE IN FONDO (ENGLISH VERSION AT THE BOTTOM)

Queste ciambelline me le regalava una mia amica di Palestrina (sono famosissime a Roma, nei Castelli Romani e dintorni), nei saltuari incontri che rubavamo alle nostre famiglie, magari per dedicarci ad una passeggiata al centro di Roma, oppure ad una visita ad un museo. Lei arrivava sempre con un vassoio di queste delizie e, quando la sera tornavo a casa, si faceva festa perché erano arrivate le “ciambelline di Carla”.
Ora la mia amica è diventata nonna, è più indaffarata che mai, ci vediamo meno spesso, e le ciambelline me le faccio da me, seguendo più o meno la sua antica ricetta.
Però, oltre ai bicchieri come dosatori, con un po’ di lavorìo sono riuscita a ricavare anche le dosi in grammi. Lo trovo utile qualora volessi verificare le percentuali di zuccheri o grassi della ricetta!

Partiamo con i miei bicchieri colmi colmi per due teglie da forno 43 x 32, per circa 70 ciambelline da 20 gr l’una (ma naturalmente potrete diminuire le dosi, utilizzando vasetti di yogurt o tazzine da caffè):
1 bicchiere di vino bianco secco* (se si usa il frizzante si potrebbe omettere il lievito) – in alternativa vino rosso, ma verranno ciambelline più scure – 230 g
1 bicchiere di olio e.v.o. – 220 g (noi preferiamo così, ma se volete potete mettere olio di girasole deodorato o di arachide, più delicati di sapore e gli unici con un punto di fumo alto simile all’olio e.v.o.)
1 bicchiere zucchero di canna bio – 230 g (o zucchero semolato)
5 bicchieri di farina 00 bio debole per biscotti (o meglio 4 bicchieri di farina + 1 di maizena) – 675 g (135 x 5)
4 cucchiaini di semi di finocchio o di anice – 10 g (facoltativi – io li ho polverizzati nel macinino, perchè non tutti li vogliono fra i denti)
1 piccolo cucchiaino di lievito per dolci autoprodotto – 4,8 g (fatto solo con cremor tartaro e bicarbonato – equivalente a mezza bustina – molti lo evitano, specialmente se si usa vino frizzante o spumante brut)
1 pizzico di sale
60 g zucchero di canna per immergere i cordoncini crudi per un aspetto più rustico.
* … e se vorrete far mangiare queste ottime ciambelline anche ai vostri nipotini di pochi anni, sarà possibile provarle con questo ottimo vino dealcolato fermo, o con le bollicine 😉
 
Procedimento
Direttamente sulla tavola (oppure in una terrina, o nell’impastatrice) ho mescolato tutti gli ingredienti tranne 1 bicchiere di farina e il lievito.
Finito di amalgamare gli ingredienti ho aggiunto il lievito (se ho deciso di metterlo) setacciato insieme al 5° bicchiere di farina (se non metto lievito, metterò da subito tutti i 5 bicchieri di farina/amido).
Ho terminato di lavorare la palla.
Nel frattempo ho preparato una ciotola con dello zucchero per immergere le ciambelline crude (dal conteggio finale è risultato che ho usato 60 grammi).
Con l’impasto utile per una teglia, pronto davanti a me (e coperto da cellophane), ho staccato tanti pezzi e ho formato tanti cordoncini appena abbozzati del peso di circa 20 grammi ciascuno.

Ho rotolato ciascun pezzetto di impasto fra le mani, simulando l’azione di quando le sfreghiamo perché abbiamo freddo.

Ho adagiato questi rotolini grossolani in successione sullo spiano, in modo che alla fine della lavorazione potessi ricominciare dal primo.
Ora non ho fatto altro che portare alla dimensione di circa 15 cm ciascun cordoncino per formare le ciambelline e chiuderlo sovrapponendo i lembi (se si vogliono ciambelline più sottili si potranno fare cordoncini fino a 18-20 cm di lunghezza, ma fare attenzione alla cottura, cuoceranno più velocemente) .
Grazie alla farina debole e a questo riposo i rotolini non opporranno resistenza, saranno più gestibili e l’impasto non si sfalderà.
Un ulteriore metodo che ho scoperto per non far sfaldare l’impasto (soprattutto se non si utilizza amido):

invece di poggiare le mani sulla tavola perpendicolari al cordoncino, le muovo avanti e indietro tenendole parallele a questo. Non so perché, ma funziona!
Ho quindi immerso da una sola parte ogni ciambella nello zucchero, premendo delicatamente per farlo aderire, e le ho adagiate nella teglia con la parte zuccherata rivolta in alto, distanziandole leggermente.
 
Ho infornato a 180°C funzione statica per 25 minuti circa, binario centrale, ruotando la teglia dopo 20 minuti, e alzando di un binario (così si coloriranno anche sopra).
Ho cotto una teglia alla volta, ma se fate dose intera e volete cuocere le due teglie insieme, consiglio di usare il ventilato e abbassare a 160°C, cambiando posizione alle teglie a metà cottura, e ruotandole.

Saranno cotte quando saranno dorate, ma attenzione, bruciano velocemente!


Sopra, più paffutelle di quelle della mia amica,
sotto, più fine; deliziose in entrambi i casi!

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Una bella variante molto simile a quelle realizzate da Claudia!
Se non si fanno le ciambelline, ma si vogliono dare forme più spesse come questa sotto, occorrerà fare cordoncini più sottili, altrimenti non si cuoceranno bene o saranno meno friabili.

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ENGLISH RECIPE
These donuts were a gift of a friend of mine of Palestrina (they are very famous in Rome, in the Castelli Romani area), in the occasional meetings that we stole from our families, maybe to dedicate ourselves to a walk in the center of Rome, or for a visit to a museum. She always came with a tray of these delights and, when I came home in the evening, it was a party because the “Carla donuts” had arrived.
Now my friend has become a grandmother, she is busier than ever, we see each other less often, and  I prepare the donuts by myself, following more or less her ancient recipe.
However, in addition to the glasses as dosers, with a little work I managed to get even the doses in grams. I find it useful if I want to check the percentage of sugars or fats in the recipe!
Let’s start with my glasses filled for two baking trays 43 x 32, and about 70 donuts of 20 gr each (but of course you can reduce the doses, using jars of yogurt or coffee cups):
1 glass of dry white wine (if you use the sparkling you could omit the yeast) – alternatively red wine, but darker donuts will come – 230 g
1 glass of oil e.v.o. – 220 g (we prefer it so, but if you want you can put deodorized sunflower oil or peanut oil, more delicate flavor and the only ones with a high smoke point similar to the oil e.v.o.)
1 glass organic brown sugar – 230 g (or granulated sugar)
5 glasses of flour 00 bio weak for biscuits (or better 4 glasses of flour + 1 of cornstarch) – 675 g (135 x 5)
4 teaspoons of fennel seeds or aniseed – 10 g (optional – I sprayed them in the grinder, because not everyone wants them between their teeth)
1 teaspoon of my baking powder – 4,8 g (half a bag-like, but many avoid it, especially if you use sparkling wine or “spumante brut”)
1 pinch of salt
60 gr brown sugar to dip the raw cords for a more rustic look
Method
Directly on the table (or in a bowl, or kneader) I mixed all the ingredients except 1 glass of flour and baking powder.
After mixing the ingredients I added the yeast (if I decided to put it) together with the 5th glass of flour (if I do not put yeast, I will immediately put all 5 glasses of flour / starch).
I finished working the dough.
I prepared a bowl with sugar to dip the raw donuts (from the final count it turned out I used 60 grams).
With the dough useful for a pan, ready in front of me (and covered by cellophane), I detached many pieces of 20 gr each.
I rolled each piece of dough in my hands, simulating the action of when we rub it because we are cold.
I placed these coarse rolls in succession on the spiano, so that at the end of the pieces processing I could start again from the first one.
Now I have done nothing but bring to the size of about 15 cm each cord to form the donuts and close it by overlapping the flaps.
Thanks to the weak flour and to this rest the rolls will not resist, they will be more manageable and the dough will not fall out (but up to 18-20 cm in length are fine if you want thinner donuts. In this case pay attention. The donuts could burn).
A further method that I have discovered to avoid breaking up the dough:
instead of resting your hands on the table perpendicular to the cord, I move them back and forth keeping them parallel to this. I do not know why, but it works!
So I dipped each donut in sugar, pressing gently to make it adhere, and I placed them in the pan with the sugared side up, slightly apart.
I bake at 180 ° C static function for about 25 minutes, central track, turning the pan after 20 minutes, and raising a track (so they will also color above).
I cooked a pan at a time, but if you make a full dose and you want to cook the two pans together, I recommend using the ventilated and lower to 160 °C, changing position to the trays, and rotating halfway through cooking.
They will be cooked when they are golden, but beware, they burn quickly!
Above, more plump of those of my friend,
below, finer; delicious in both cases!
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A nice variation very similar to those made by Claudia!
If you do not make the donuts, but you want to give thicker shapes like this below, you will need to make thinner cords, otherwise they will not cook well or they will be less crumbly.
Fonte 24.IV.2010

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CONTORNI e verdure di ogni genere

Pomodori essiccati sott'olio

VERSIONE IN INGLESE IN FONDO (ENGLISH VERSION AT THE BOTTOM)


Solitamente – quando possibile – per tutto quello che ha la buccia che va mangiata insieme col frutto, preferisco orientarmi sul biologico, meglio ancora se con prodotti essiccati a basse temperature, come quelli acquistati spesso da Cibocrudo.
Anche i pomodori secchi non sfuggono a questa regola, ed ecco i miei pomodori secchi sott’olio preparati da me ad un costo relativamente ragionevole.

Ingredienti
(per 2-4 persone)
100 gr pomodori essiccati*
50-60 gr aceto di mele* 
100-120 gr acqua di rubinetto ben calda
1 spicco aglio
olio extra vergine di oliva di frantoio (io Aprutino Pescarese)
1 manciata di origano secco*
¼ di cucchiaino di peperoncino secco* (facoltativo)

Procedimento

Premetto che preferisco preparare questo piccolo quantitativo al momento e consumare i pomodori sott’olio entro un paio di giorni.
Risciacquo prima per bene i pomodori essiccati con acqua tiepida/calda e li strizzo sommariamente fra le mani per far perdere parte del sale che contengono.
Li metto poi in un barattolo di vetro dove verso prima una parte di aceto, e poi due parti di acqua caldissima (il quantitativo di liquidi dovrebbe sommergere bene i pomodori), in modo di farli reidratare e dissalare.

Copro e lascio ammorbidire per un paio d’ore.
Passate le due ore, risciacquo di nuovo i pomodori e li strizzo in un telo pulito, accoppiandoli due a due per non rovinarli (ormai sono teneri), pressandoli fra i palmi delle mani, e deponendoli man mano in un piatto dove procedo ad aggiungere il condimento.

Non faccio uso di canovacci o cartacasa per strizzarli al massimo soltanto se voglio pomodori un minimo più polposi.
Riapro tutte le coppie di pomodoro per far ricevere meglio il condimento e aggiungo qualche bel giro d’olio extra vergine di oliva, aglio a listerelle, senza la nervatura centrale, e una bella spolverata di origano secco (spesso aggiungo anche del peperoncino secco tritato), e mescolo molto bene.
Sono quasi raddoppiati di peso, sono ottimi già da subito, ma se si consumano l’indomani il sapore migliora. In questo caso li conservo in frigorifero, in un barattolo di vetro chiuso con coperchio.
Se fosse necessario si potrebbero conservare più a lungo delle 24-48 ore, coprendo completamente i pomodori con l’olio, e anche se i pomodori hanno un pH basso che non dovrebbe favorire lo sviluppo di spore tossiche, per questo tipo di preparazioni casalinghe continuo ad avere qualche riserva per il timore di botulino, e fra l’altro mi sembra uno spreco, visto che gran parte dell’olio, alla fine, probabilmente andrebbe gettato via.
Se proprio si avesse la necessità di prepararne in precedenza comunque, per una migliore conservazione, invertirei le proporzioni fra acqua e aceto, mettendo una sola parte di acqua e due parti di aceto.
Da gustare come antipasto o anche per questo ottimo e saporito primo piatto.
 
ENGLISH VERSION OF THE RECIPE
Usually – when possible – for everything that has the peel that should be eaten together with the fruit, I prefer to orient myself on organic.
Even dried tomatoes do not escape this rule, and here are my organic dried tomatoes in oil prepared by me at a relatively reasonable cost (ah! of course, the other ingredients of this preparation are also organic).
Ingredients (for 2-4 people)
100 gr dried tomatoes
50-60 gr apple vinegar 
100-120 g hot tap water
1 garlic clove
extra virgin olive oil from olive mill (I put Aprutino Pescarese oil)
1 handful of dried oregano 
¼ of tsp dried cayenne pepper (optional)
 
Method
I state that I prefer to prepare this small quantity at the moment and consume the tomatoes in oil within a couple of days.
First rinse the dried tomatoes well with warm/hot water and gently wring them in your hands.
In a glass jar I put tomatoes with first a part of vinegar, and then two parts of hot water (the quantity of liquids should submerge the tomatoes well) in order to make them rehydrate and desalinate. Cover and let soften for a couple of hours. After two hours, rinse again the tomatoes and squeeze them, coupling them two by two so as not to ruin them (by now they are tender), pressing them between the palms of the hands, and placing them gradually in a dish where I add the sauce.
I don’t use tea towels or paper towels to squeeze them to the maximum; I prefer tomatoes a little more pulpy. Reopen all the pairs of tomatoes to better receive the sauce and add some nice rounds of extra virgin olive oil, garlic to strips, without the central rib, and a nice sprinkling of dried oregano (often I add also chopped dried chili) , and mix very well.
They are almost doubled in weight, they are excellent immediately, but if they are consumed the next day, the taste improves. If necessary it could be kept longer than 24-48 hours, completely covering the tomatoes with oil, and even if the tomatoes have a low pH that should not promote the development of toxic spores, for this type of household preparations I am afraid of the botulinum, and among other things it seems a waste, since most of the oil, in the end, probably should be thrown away.
If you really need to prepare it beforehand anyway, for a better conservation, I would invert the proportions between water and vinegar, putting only one part of water and two parts of vinegar.
To be enjoyed as an appetizer or even for this excellent and tasty first course.

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SECONDI, SFIZI E STREET-FOOD

Gamberoni al forno


Anche se non sono un prodotto a chilometro zero, questi gamberoni al forno possono rappresentare un secondo piatto semplice e sfizioso che ho voluto portare sulla mia tavola.
Nelle ricette di questi crostacei non troviamo cotture prolungate e per evitare di indurire o asciugare la carne di questo pesce saporito, la mia scelta è caduta su questa ricetta.
La preparazione ha richiesto soltanto una 20ina di minuti, ma soprattutto, proprio in quanto gamberoni del tipo grande, l’antipatica operazione di pulizia per l’eliminazione del filamento nero sul dorso è stata relativamente veloce.
Inoltre, pur se congelato, ho potuto constatare la freschezza del crostaceo grazie al fatto che il carapace non si è staccato con troppa facilità e la polpa è rimasta ben soda.

Ingredienti per 4 persone
16 gamberoni
70 gr pangrattato
35 gr olio extra vergine di oliva
abbondante prezzemolo
1 spicchio grande di aglio fresco senza nervatura interna
1 pizzicotto di sale a 3 dita
Pochissima scorza gialla grattugiata di limone non trattato (facoltativa – avevo bergamotto, ho messo quella)
Pepe verde (facoltativo)
Procedimento

Ho lavato accuratamente i gamberoni, ho eliminato il carapace lasciando però attaccate testa e coda (eh si! Il piatto finito risulta più scenografico 😉 ).

Con l’aiuto di uno stuzzicadenti ho eliminato il filamento nero sul dorso – l’intestino – e ho lavato nuovamente.
Ho lavato e asciugato accuratamente il prezzemolo, l’ho tritato finemente assieme ad aglio, scorza di limone, sale e pepe verde, e mescolato con pangrattato. Ho aggiunto l’olio extravergine d’oliva e con le dita ho lavorato fino a rendere il tutto ben omogeneo.
Ho adagiato i crostacei su questa panatura  aromatizzata e ho ho fatto pressione prima da una parte e poi dall’altra, in modo che il composto aderisse al meglio ai gamberoni.

Per una grigliatura più omogenea e per evitare di sporcare troppo il forno (cadranno dei pezzi di panatura) ho grigliato i gamberoni rialzati su una griglia, poggiata all’interno di una teglia.
Ho preriscaldato il forno a 250 °C .
Ho posizionato la teglia coi gamberoni in un binario medio-basso e acceso la mia griglia piccola per 8-10 minuti, facendo attenzione a non farli colorire troppo (eventualmente toglierli prima).

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SALSE, sughi, condimenti, erbe

Pasta coi broccoli

Un piatto di pasta invernale, pratico, veloce, genuino, cremoso e saporito?
In inverno lo farei tutti i giorni per quanto mi piacciono i broccoli verdi romaneschi (io sono romana e sono di parte, ma questa buona verdura di stagione potrà essere sostituita all’occorrenza con dei broccoletti siciliani altrettanto gustosi, con delle cime di rapa o col più delicato cavolfiore bianco).
Ingredienti per due persone:
un broccolo verde romanesco piccolo – circa 400-500 gr (solo le infiorescenze)
un paio di spicchi di aglio senza l’anima
olio extra vergine di oliva
peperoncino
pecorino romano (quello con la “coccia” nera)
pancetta (facoltativa.Io non l’aggiungo, ma ci sta benissimo)
sale per l’acqua della pasta…
… e naturalmente il tipo di pasta che preferite! Non troppa: con 70-80 grammi di pasta a porzione avrete già un bel piattone da gustare!
Prepariamolo insieme in pochissime mosse:
Prendiamo solo le infiorescenze belle verdi del broccolo e riduciamole in pezzetti più piccoli, in modo che poi cuociano velocemente in acqua bollente, cercando per quanto possibile di mantenerle integre (tutte le foglie e le parti dure eliminate in questo momento sono destinate a minestroni e zuppe per il giorno dopo). Laviamo bene e scoliamo la verdura.A seconda della grandezza dei broccoli ci potrebbero volere una 15ina di minuti di cottura, per questo meglio fare pezzi piccolini.
In una pentola capiente portiamo a bollore l’acqua, versiamo la verdura, saliamo, copriamo e facciamo riprendere il bollore per 8-12 minuti (evitiamo di mescolare troppo per non disfare oltremodo i broccoli).
“Buttiamo” finalmente la pasta (dopo circa 8 minuti di cottura dei broccoli, se vogliamo cuocere degli ipotetici “ciavattoni” da 14 minuti di cottura; oppure dopo 12 minuti se vogliamo cuocere dei semplici spaghetti che richiedono una cottura breve). Coprire per far riprendere il bollore e completare la cottura di verdura e pasta in contemporanea.

Intanto in un padellino ci saremo preparati il soffritto con aglio olio e peperoncino (più la pancetta se vogliamo più gusto!).


Scoliamo insieme verdure e pasta (lasciarsi sempre da parte un po’ d’acqua di cottura, eventualmente servisse per mantecare), condiamo con il soffritto di aglio–olio–peperoncino e versiamo una generosa spolverata di pecorino romano grattugiato al momento (volendo restare più leggeri, si potrà condire con olio e.v.o. “a crudo” e aggiungere il solo formaggio).

Sotto, la versione con broccoletti (cime di rapa) e reginelle

P.S. – Anche con cottura a vapore!
Per una versione più lunga, meno pratica, ma con verdure piene di nutrienti, si potrebbero aggiungere i broccoli alla pasta dopo averli cotti a vapore.
Questo il procedimento che ho seguito con il Varoma del mio Bimby:
Per prima cosa ho grattugiato nel bimby il pecorino, che ho messo da parte.
Ho quindi versato 8-900 gr di acqua nel boccale (a seconda del quantitativo dei broccoli):
8 min. – temp. varoma – vel. 1
Giunta a temperatura l’acqua, ho disposto i broccoli nel Varoma:
15-18 min – varoma – vel. 2 (a seconda della grandezza dei pezzi di broccolo)

Una volta cotti i broccoli, ho trasferito con attenzione l’acqua bollente del boccale in una pentola dove ho lessato la pasta. Ho completato come da procedimento della ricetta, aggiungendo alla fine l’olio rosolato e il formaggio.

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DOLCI

Biscotti del Lagaccio a lievitazione naturale – Liguria

Questi sono i “Lagaccio” storici che la mia prima “maestra” di pasta madre – Tizzy di Genova – ha insegnato a tutti noi durante un “Cucinare Insieme” nel lontano 2008 all’interno della grande famiglia di Cookaround!

In questa versione ho fatto delle modifiche minime, utilizzando olio al posto del burro previsto, aggiunto anice e un pizzico di sale (non previsti nella ricetta originaria) e riparametrato le dosi per fare 5 filoncini anziché i 4 suggeriti.
                                                                              
Ingredienti per 5 filoncini da circa 190 gr l´uno:

310 gr farina (155 gr manitoba tipo 0 e 155 gr tipo 0 per pane)
310 gr pm dopo 3 rinfreschi (se ci si ritrova più pasta madre, si può sempre prevedere qualche altro lievitato)
125 gr zucchero semolato
75 gr olio evo
125 gr acqua
Pizzico di sale
3-5 gr semi di anice o finocchio interi o macinati (facoltativi)

Primo giorno
H. 19,00 – Impasto
Si potrebbe partire in questo orario, dopo aver eseguito in giornata i 3 rinfreschi di rinforzo di una pasta madre già usata di frequente (orientativamente alle 08.30 primo rinfresco – 12.00 secondo rinfresco – 15.30 terzo rinfresco)

Prendo 310 grammi della pasta madre del 3° rinfresco.
Aggiungo a questa 125 gr di acqua tiepida e stempero la pm.
Unisco quindi i 310 gr di farine setacciate insieme.
Aggiungo poi l’olio, lo zucchero, il sale (e l’anice, opzionale) e lavoro finchè l’impasto non risulta liscio ed elastico.
Ora, secondo quanto indicato in ricetta, lascio riposare coperto per circa 3 ore.
H. 22.00 – Formatura dei filoncini
A questo punto divido i 950 gr di impasto ottenuti in cinque parti, possibilmente uguali, per cui avrò 5 pezzi da circa 190 gr l’uno.
Comincio ad arrotolare come per fare gli gnocchi.
E’ importante fare cordoncini simili fra di loro, con una lunghezza massima di 38- 40 cm. l’uno, altrimenti viene sfasata la cottura.
Procedo alla formatura per dare più forza ai filoncini.
Per evitare che si secchi l’impasto, arrotolo per 3 volte, cambiando verso ogni volta, con le mani umide, facendo riposare fra un arrotolamento e l’altro.
Se non l’ho fatto prima, spesso decido in questa fase di inserire anice o cioccolato o uva sultanina.
Alla fine porto tutti i cordoncini alla lunghezza desiderata.
Li adagio quindi sulla placca del forno coperta con cartaforno.
Li ho distanziati per bene perchè altrimenti durante la cottura si attaccano fra loro.
Quindi in forno a lievitare con un pentolino d’acqua bollente sul fondo (dalle 9 alle 12 ore di lievitazione), da sostituire a raffreddamento con altra acqua bollente.
Metto a lievitare in forno i filoncini: coperti con una griglia, e sopra poggio delicatamente un canovaccio umido (io 12 ore di lievitazione).
Se non fossero cresciuti a dovere, prolungare il tempo di lievitazione rimettendo in forno il solito pentolino d’acqua bollente.
Non sono enormi, ma d’altra parte all’inizio avevamo dei filoncini abbastanza sottili; ora cresceranno ancora durante la cottura.
Secondo giorno
H 08,00 – 10,00 cottura e biscottatura
Cottura
Cuocere in forno statico a 180°C per 20 – 30 min.
Li adagio su una griglia a raffreddare per non far rilasciare umidità sotto.
Taglio e Biscottatura
Una volta raffreddati accendo il forno a 120-140°C ventilato, e li taglio con tagli diagonali larghi un dito (la misura dei miei biscotti tagliati in diagonale: circa 12 cm di lunghezza x 4 cm di larghezza x 2 cm di spessore).
Quindi li rimetto sulla placca del forno con la cartaforno precedente o direttamente sulla griglia, belli vicini a biscottare per 15 – 20 minuti per lato, o fino a quando non saranno asciutti e coloriti.

Un piccolo particolare di cui vado fiera: durante un corso che seguii qui a Roma con le mitiche gemelle Margherita e Valeria Simili, portai in dono un assaggio di questi biscotti, che le sorelle mi dissero di aver gradito molto.
Versione 14.IV.2008

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SECONDI, SFIZI E STREET-FOOD

Brasato al caffè

Qualche tempo fa, seguendo uno sprazzo della trasmissione La Prova del Cuoco, sono stata colpita da questo modo semplice e inedito di presentare il solito “pezzo di carne” in tavola, peraltro con un taglio piuttosto economico e saporito.

Se riuscite a reperire la ricetta on line potrete ripeterla piú fedelmente, altrimenti potrete seguire questa che ho tentato di ricordare a memoria.
Se riuscite, dovrete utilizzare della guancia di vitellone.
Io ho comprato al super un bel pezzo magro di muscolo.
Ingredienti

1 kg guancia di vitellone o piú (ho usato muscolo magro di vitellone)
1-2 spicchi di aglio
olio extra vergine di oliva
cremina di 1 caffé ristretto appena uscito dalla moka, sbattuto con zucchero di canna
Per la marinatura (ho fatto ad occhio):

1-2 carote
1-2 costine sedano
1 cipolla
1 manciatina di chicchi di caffé (non li avevo, ho messo caffé macinato legato in una garza)
1 cucchiaino zucchero di canna
10-12 chiodi di garofano (anche se io ne ho messo qualcuno in piú)
vino rosso corposo (lo stesso che servirete a tavola) q.b. a coprire la carne
sale dell´Himalaia (meno acido del comune sale, secondo lo chef)
pepe nero (io ho messo peperoncino)
Cottura 3 ore – 3 ore e mezza.
Procedimento

Mettere per 24 ore a marinare il pezzo di carne in una terrina coperta con pellicola, con tutti gli ingredienti della marinata (io l´ho tenuto in frigorifero e ogni tanto giravo la carne).

Dopo 1 giorno, scolare la carne e metterla a rosolare in olio e.v.o. con 1-2 spicchi di aglio.
Togliere poi l´aglio.

Dal liquido della marinata ho tolto i chiodi di garofano e la garza con il caffé, e dopo che la carne si è rosolata, ho versato il liquido e le verdure sulla carne. Ho salato.

Ho cotto coperto per 3 ore circa, coperto a fuoco basso.
Verso fine cottura ho aggiunto la cremina di caffé ristretto con zucchero di canna e fatto insaporire ancora un po´.

Se non si sono disfatte le verdure, se volete, potete frullarle con il minipimer e aggiungere la salsetta sulla carne.

Il caffé ci sta benissimo e lascia una nota particolare senza essere predominante.
In famiglia è piaciuto molto!
Fonte: Cookaround 26.II.2010

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PIATTO RICCO mi ci ficco (e piatti unici)

Riso alla cantonese – Cina

Ho sempre rimandato la preparazione di questo riso dalle mille versioni in Oriente, e molto gradito anche qui da noi in Occidente.

Qualche “saltello” in rete per un orientamento di massima ed ecco il mio riso alla cantonese di oggi!

Ingredienti per 4-6 persone

420 g riso arborio (prossime volte basmati, oggi non lo avevo)
200 gr di prosciutto cotto da tagliare a dadini (due fette spesse)
3 uova (io 2 uova più un paio di albumi)
1 cipolla tagliata finemente
2 scatole da 160 g di piselli a vapore sgocciolati (280 g netti, oppure piselli lessati freschi o surgelati)
Olio di soia biologico (o arachide) sia per saltare gli ingredienti in padella che a crudo sul piatto finito (sul piatto finito anche sesamo è ok)
3 o 4 cucchiai di tamari biologico (salsa da soia fermentata)
Pepe verde
Spolverata di curcuma (per accendere il biancore delle uova strapazzate con molto albume!)
Sale q.b. (l’ho messo solo nelle uova strapazzate. La salsa tamari da aggiungere alla fine è già molto saporita)

Procedimento

Riso
Ho “lavato” il riso alla maniera orientale per togliere l’amido.
Ho cambiato l’acqua per 3 o 4 volte fino a vederla trasparente.
Ho cotto versando il riso direttamente in acqua fredda. Non ho salato.
E’ un tipo di cottura diverso, quindi dal bollore ho contato 8 minuti circa (anche se la scatola del mio Arborio riportava “16 minuti”).
Ho fermato la cottura con dell’acqua fredda (ma prima mi sono messa da parte un bicchiere di acqua di cottura del riso, da aggiungere alla soia se il piatto finale risultasse troppo asciutto).
Ho scolato e messo da parte il riso lasciandolo nella pentolina di cottura.

Uova/cipolla
In una prima padellona antiaderente ho cotto in un filo d’olio di soia le uova sbattute, insieme a parte della cipolla tritata finemente, del pepe verde, un pizzico di sale e una spolverata di curcuma.
Ho ottenuto così delle uova strapazzate saporite e ben “ferme” da distribuire nel piatto (alternativa, fare una frittata e spezzettarla nel piatto finito). Lasciare tutto nella padellona.
Prosciutto cotto
In una seconda padella di servizio antiaderente (o wok se lo avete) ho messo un giro d’olio di soia e fatto insaporire per pochi minuti il prosciutto cotto che avevo nel frattempo tagliato a dadini. L’ho scolato e versato nella padella delle uova strapazzate. No sale: il prosciutto è già saporito. 
Piselli/cipolla
Nella seconda padella di servizio svuotata e asciugata con un tovagliolino, ho aggiunto un nuovo filo d’olio, fatto scaldare e aggiunta la restante cipolla.
Ho fatto stufare un pochino, ho aggiunto i piselli dei barattolini (sciacquati e scolati dalla loro acqua di conserva) e fatto insaporire anche loro. No sale: i pisellini ne contenevano già.
Versati anche i piselli nella prima padellona.

Riprendiamo il riso
Nella seconda padella di servizio svuotata e asciugata col solito tovagliolino ho versato ancora un piccolo giro d’olio di soia.
Ho fatto scaldare e lasciato insaporire/tostare pochi minuti il riso.
Ho aggiunto la salsa tamari e mescolato.
Finalmente nella prima padellona ho versato anche il nostro riso, pronto da servire.
Prima di impiattare però ho aggiunto un ennesimo giro d’olio di soia (avendo il sesamo sembra che sarebbe perfetto), questa volta crudo 😉
Buon appetito!

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SECONDI, SFIZI E STREET-FOOD

Pollo alle mandorle – Cina

Ecco anche il mio pollo alle mandorle….

 

Ingredienti
600 g pollo a pezzettini (ho utilizzato petto e anca)
150 g mandorle pelate
farina – per infarinare i pezzetti di pollo
5 cucchiai olio di semi (io arachide, o soia bio)
1/2 cipolla (nella ricetta originaria un piccolo porro)
1/2 bicchiere acqua calda (ne ho preparata di più e mi è servita)

 

Per la salsina***:
salsa di soia, o meglio tamari (soia fermentata) – 2 cucchiai e mezzo
salsa di ostriche – 1 cucchiaio (questa volta non la avevo, ma era molto buono lo stesso)
brodo – 1/2 bicchiere abbondante (l’ho preparato con 1 cucchiaino colmo di dado granulare vegetale)
maizena bio – 1 cucchiaio sciolto in un bicchierino di acqua fredda

 




La salsa di ostrica – suggerita da un ristoratore cinese alla cookina che ci ha presentato questa ricetta – sembra che dia una marcia in più, e in effetti è un po’ come quando – nella nostra cucina – noi aggiungiamo la nota in più delle alici sotto sale ad un piatto non prettamente di pesce: vedi pasta e ceci, salsa al tartufo, ecc…

 

Procedimento:
Prendiamo 600 gr di pollo, tagliamolo a piccoli dadini, infariniamolo e lasciamolo momentaneamente da parte.

 

In una padella antiaderente mettiamo un cucchiaio scarso di olio di semi , facciamolo scaldare e buttiamoci dentro 150 gr di mandorle pelate e facciamole tostare mescolando in continuazione (dobbiamo farle dorare, non bruciacchiare).
Una volta dorate, mettiamole da parte.

 

Nella stessa padella mettiamo 4 cucchiai di olio di semi, un piccolo porro tagliato finemente che faremo appassire, e finalmente il pollo infarinato

 


Facciamo cuocere a fuoco medio per circa 15 minuti (ho coperto), aggiungendo gradualmente circa mezzo bicchiere di acqua calda e mescolando di frequente.
Non vi preoccupate se all’inizio i pezzetti risultano attaccati, man mano che si cuociono si separeranno.
A questo punto prepariamo la salsina***
Due minuti prima della fine della cottura aggiungere la salsina e le mandorle che avevamo messo da parte.

Servire accompagnato da riso bianco, tipo basmati, bollito senza sale.
Se abbiamo ospiti per cena potremo seguire da qualche ora prima tutto il procedimento tranne l’ultima parte. Si potranno aggiungere al momento la salsina e le mandorle tostate nella padella del pollo che verrà scaldata poco prima di servire!
Fonte 19.I.2015
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DOLCI

Cornetti a lievitazione naturale

Per questi miei cornetti sfogliati a lievitazione naturale (all’italiana, visto che hanno uova e aromi) ho voluto ispirarmi a quelli di Paoletta di Anice&Cannella.

Eccoli, con le mie modifiche e le dosi leggermente rivisitate in base a quanto lievito naturale bello attivo avevo al momento.

Certo! Se fossi una pasticciera farei scelte diverse.
Senza l’uso di un burro professionale plastico (stavolta addirittura senza lattosio), senza una sfogliatrice, senza la lievitazione mista che tutti suggeriscono, so per certo che non potrò avere i nidi d’ape leggerissimi che si vedono in giro.
Considero tuttavia i miei cornetti al “mio” top per la genuinità, e il nido d’ape raggiunto mi è sufficiente.

Spesso riduco anche i grassi saturi, inserendo olio al posto del burro negli ingredienti dell’impasto.
Inoltre ho ridotto il burro nella sfogliatura inserendo il 25% rispetto all’impasto dopo lo sfrido, anziché il 30% suggerito sull’intero impasto.
Diciamo che c’è circa il 5-6% di burro in meno rispetto a quello previsto da Paoletta, ma meno di questo non mi sento di inserirlo.
In questo “piccolo gioiello da colazione” una certa quota di burro ci deve proprio stare!

Ingredienti
140 di starter al 68% di idratazione (quasi triplicato dopo un rinfresco fatto 6 ore prima con 70 gr della mia pm bene in forza + 35 acqua + 35 farina W350)
425 gr farina 00 (275g W350 Garofalo/Casillo + 150g debole Molino Chiavazza)
88 zucchero
28 burro (oppure olio di semi dal sapore neutro, tipo arachide o riso)
28 tuorlo
180 acqua
8 latte in polvere
6,5 sali (volendo, 4,7 sale cucina + 1,7 di bicarbonato)
3,5 aromi (un minicucchiaino di vaniglia naturale in polvere bio + alcune gocce di olii essenziali alimentari biologici di arancio/limone).

Dovevano essere 906 grammi circa di impasto. Di fatto, con lo sfrido, sono stati 870 grammi e su questi ho considerato il 25% di burro per la sfogliatura, quindi …

Per la sfogliatura
217 g burro (mescolato a 20-22 grammi di farina, vedi quinto capoverso, qui)

Procedimento:
Qualche ora prima si suggerisce di far sciogliere a fuoco bassissimo il burro con la buccia di arancia grattugiata. Far raffreddare e coprire, deve diventare cremoso (in alternativa, se negli ingredienti si usa l’olio di semi neutro come ho già fatto, gli aromi potranno essere agevolmente inseriti qui).
 
Autolisi:
In planetaria ho sciolto il lievito madre, con parte dell’acqua, aggiungendo buona parte del mix di farine preso dal totale.
Ho lavorato pochissimo solo per idratare, usando la foglia.
Ho coperto con cellophane e lasciato in autolisi per 30′.
 
Ho sciolto bene il latte in polvere nell’acqua rimasta.
Ho avviato la planetaria col gancio e impastato aggiungendo in successione, alternativamente, un po’ di tuorlo, un po’ di zucchero e un po’ di farina, avendo cura che ad ogni inserimento l’impasto rimanga morbido ma legato.
Ho aggiunto l’acqua nella quale poco prima avevo sciolto bene il latte in polvere, seguita dai sali e dalla farina rimanente, tranne un paio di cucchiaiate colme.
Legare l’impasto.
Inserire il burro (o l’olio) aromatizzato con aromi e vaniglia, farlo assorbire e finire l’impasto con una cucchiaiata di farina (l’ultima parte di farina l’ho utilizzata successivamente per lavorarla insieme col burro destinato all’incassamento).
Lavorare l’impasto fino a che sarà ben liscio.
Se si fa a mano, ci vorranno almeno 20/25 minuti.
Poi appiattirlo in un piccolo rettangolo, metterlo in un sacchetto e porlo nella parte più fredda del frigo (non più di 3-4°C)  per almeno 2 ore (ma anche tutta la notte). E’ importante che ci siano 4°C: il panetto non deve lievitare!
Se non si è sicuri della temperatura del frigo, si potrebbe poggiare il panetto su dei siberini ghiacciati, frapponendo un’intercapedine.
 
Intanto ho lavorato insieme burro e farina per la successiva sfogliatura fra due fogli di cartaforno tagliati a misura.
Col mattarello, battendo e rollando, sono arrivata ad un quadrato di circa  18-20 cm di lato.
E’ importante che il burro, durante la manipolazione, mantenga la consistenza della plastilina, del pongo.
Ho rimesso in frigo.
 
Al momento giusto ho tirato fuori l’impasto e col mattarello, l’ho steso in un rettangolo di 40×20 cm.

Ho ripreso anche la lastra di burro incassandola nell’impasto e facendo combaciare al centro i lembi di pasta.

Col solito sistema di battere e rollare ho proseguito con la prima delle 3 pieghe a 3 (notare nel video sotto, al minuto 1,02, come si regola l’assistente di Giorilli per la sovrapposizione decentrata della piega).

Nell’incassamento del burro per la sfogliatura nel panetto di impasto si adottano diversi metodi (si potrà scegliere fra uno di quelli elencati sotto):

– quello a 2, con la sovrapposizione centrale, metodo del M° Giorilli scelto da me in questo caso (vedi qui).

– quello a 3 (vedi qui, alla voce “la sfogliatura – il pacchetto”).

– quello a 2, inserendo il burro al centro come un rombo (qui, nel box)

Ciascuno di questi metodi viene poi seguito dalle pieghe.

Fra una piega e l’altra occorre rimettere in frigo sempre per almeno 1 h e mezza (io sempre su siberini), sempre con l’apertura rivolta verso destra e il lato piccolo verso di noi (attualmente ho imparato che a ogni nuova piega, si procede ad un taglio dalla parte della pasta).
Alla 3ª ed ultima piega, ho messo ancora in frigo per 1 h e mezza almeno (anche qui a volte ho fatto stare fino a 6-8 ore in frigo prima della formatura).

 

  1. Ho tirato fuori il pacchetto dal frigo e l’ho steso in un rettangolo lungo e stretto, spesso 7-8 mm.
    Questa volta l’ho lavorato solo nel senso della lunghezza.
  2. Ho tagliato dei triangoli isosceli, con un coltello ben affilato, di 9 cm. di base e 15 cm. circa di altezza.
  3. Ho praticato un taglio di 1 cm e 1/2 circa al centro della base (successivamente ho imparato che si può omettere).
  4. Ho formato i croissant tirando leggermente e delicatamente con le mani (più lungo è il triangolo, più giri si riescono a fare, e più bello viene esteticamente). 
    Ho iniziato avvolgendo abbastanza strettamente, partendo dalla base verso la punta e allargando il taglio.
  5. Ho fatto in modo di far capitare la punta sulla parte anteriore e sotto il cornetto, altrimenti in lievitazione o in cottura si solleva.
    Dopo aver arrotolato, ho curvato leggermente le punte laterali verso di me.

A questo punto abbiamo due strade:
  • Dopo aver formato i croissant, posarli su delle teglie coperte di carta forno e coprirli con pellicola (notare come ho posizionato una griglia per non toccare i cornetti e permettere un’ottima lievitazione).
    Attendere il raddoppio del volume, e qui impossibile indicare il tempo esatto perché dipende dalla temperatura e dalla forza del lievito madre.
    In estate possono impiegare fino a circa 5h e 30′!

    Pennellare poi di uovo sbattuto (aggiungere 1 o 2 gocce di aceto per neutralizzare l’odore) o di albume, spolverare di zucchero e infornare a 220°C statico per 5 minuti.
    Poi abbassare la temperatura del forno a 180-190°e proseguire fino a cottura completa, circa 9 minuti, fino a che saranno di un bel biondo scuro.
    Altra possibilità suggerita da Paoletta: 200°C ventilato per 5 minuti per poi proseguire a 180° fino a doratura completa (ma io non amo il ventilato; il mio forno casalingo asciuga troppo).

Una mia idea è quella di aggiungere 10-15 minuti di frigorifero prima di infornare (come ormai si fa generalmente per i grandi lievitati), per evitare più possibile eventuali  fuoriuscite indesiderate di burro e migliorare lo sviluppo dei cornetti in cottura.

Oppure …

  • Disporli su un vassoio, metterli in freezer e, non appena congelati, trasferli in un sacchetto per alimenti. Quando si vorranno cuocere, basterà tirarli fuori 6 ore prima, e proseguire come sopra.
Pennellare alla fine con uno sciroppo denso di acqua/zucchero a velo!
 
Consiglio per la preparazione in estate: è possibile, ma seguendo alcuni accorgimenti.
 
– mettetevi nella stanza più fresca della casa, se ce l’avete…
– una volta finito l’impasto, e dopo ogni piega, passate l’impasto in freezer 10′ da un lato e 10′ dall’altro, subito dopo in frigo (4°!) come da procedimento… aiuta!
– siate più veloci della luce 😉

Sarà perché è il IV tentativo consecutivo di cornetti semi-seri che provo, sarà la ricetta – quasi tutta di Paoletta, che è sempre una garanzia – ma finalmente il “nido d’ape” comincia spesso ad essere evidente!

Una versione

Fonte: 01.XII.2014

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LIQUORI, bevande, sciroppi, ecc.

Liquore di Visciole o Maraschino

Inizio subito col sottolineare la differenza fra le ciliegie dolci (prunus avium) e quelle cosiddette acide, quali amarene, marasche e in particolare visciole (prunus cerasus), che sono quelle che ho avuto la fortuna di cogliere direttamente dall’albero di un’amica (grazie Luciana), e che sono indicate per il tipo di liquore che trovate sotto.

La più antica ricetta del maraschino, tipico liquore incolore di origini dalmate (nel mio caso ho preparato un liquore leggermente diverso, con le analoghe visciole, ispirato a questo, ma anche ai suggerimenti dell’amica Pichirina di Cookaround), è stata rinvenuta in un vecchio monastero Domenicano di Zara e risale al lontano XVI secolo. Secondo la ricetta tradizionale, la macerazione avviene in “tinozzi” (simili a botti) di legno. Il legno naturale dovrebbe conferire ancora più sapore al liquore, facendolo divenire più “amaro”.
Questo ciò che ho ricavato da questo prezioso, versatilissimo frutto asprigno:

  • una insostituibile confettura per la preparazione della crostata storica di Nonna Italia,
  •  
  • delle visciole al sole,
  • delle tisane diuretiche con i piccioli che ho congelato,
  • dei cuscinetti termici con i noccioli
  • e naturalmente ho utilizzato i noccioli anche per l’ottimo liquore di cui sto parlando qui.

Procedimento un po’ lunghetto, ma si sa, le cose migliori richiedono tempo 😉
Ingredienti per un litro abbondante di liquore
300 g noccioli di visciole
500 ml alcool 95° ***
400 g acqua
400 g zucchero (volume per il conteggio del grado alcolico: 250) ***
Preparazione
1. Ho sciacquato ripetutamente ma velocemente le visciole e le ho fatte asciugare per un po’ all’aria. Le ho quindi snocciolate manualmente  con un coltellino tagliente (oppure prevedere uno snocciolatore meccanico). Per avere maggiore aroma, qualcuno suggerisce di pestare qualche nocciolo. Io ne ho fatto a meno: l’interno dei noccioli contiene cianuro (acido cianidrico). Non ci intossicheremo con qualche nocciolo pestato, ma è sempre bene sapere quello che immettiamo nel nostro corpo, giusto?!!
2. In un vaso di vetro a chiusura ermetica, ho messo i noccioli e l’alcool. Ho chiuso per bene il vasetto e lasciato i noccioli a macerare per circa quattro mesi (almeno 3, ma meglio 4).
In questo lasso di tempo ho posto il vasetto in un luogo buio, lontano da fonti luminose (per sicurezza l’ho infilato in una federa prima di riporlo). Trascorsi i quattro mesi, ho filtrato il liquido così da rimuovere i noccioli.
3. A questo punto ho fatto sciogliere lo zucchero versato nell’acqua fredda, in un pentolino sul fornello a fiamma media. Una volta che l’acqua è giunta a ebollizione ho lasciato raffreddare lo sciroppo e l’ho versato nel vaso contenente l’alcool aromatizzato.
4. Ho “stabilizzato” il liquore lasciando riposare per circa 1 mese (almeno 20 giorni).
5. Ho filtrato con un setaccio a maglie strettissime (ne ho usato uno per liquidi da 90 micron) e infine ho imbottigliato.
*** Nota sulla gradazione alcolica (clicca QUI per maggiori dettagli).
Può essere utile sapere che il mio liquore alle visciole ha una gradazione alcolica di circa il 41%.
Ho fatto anche un liquore con oltre il 46% di gradazione alcolica.
In questo caso sarà sufficiente inserire 500 grammi di alcool (630 ml in volume), anziché i 500 ml indicati sopra.
Punti fermi:
– consideriamo che un ml di alcool a 95° è pari a 0,79 grammi (un dato utile qualora si dovesse convertire il peso in volume, se nelle ricette si trovasse l’alcool espresso in grammi)
– per lo stesso conteggio, dovremo considerare che 100 grammi di zucchero sviluppano un volume di 62,5 ml

Sotto la formula per sapere quanto è “forte” il vostro liquore (ricordo ancora che per avere il grado alcolico dovremo considerare il volume e non il peso … repetita iuvant! 😉 ):

(alcool/volume totale)*gradazione

in questo caso, facile, facile:

(totale alcool inserito in ricetta diviso per il volume degli ingredienti della ricetta) moltiplicato per la gradazione dell’alcool utilizzato

e cioè
(500 : 1150) x 95 = 41,30°