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SALSE, sughi, condimenti, erbe

Pasta e zucchine

Quello che vi propongo e che preparo spesso in famiglia è un piatto facile, non esattamente dietetico, ma che ci permette di mangiare piú verdure con gusto.

Qualcuno la chiama pasta coi cucuzzielli, qualcuno “alla nerano” (ma la nerano è in bianco ben diversa).

Io – quando le zucchine romanesche sono di nuovo di stagione – la faccio spesso e la chiamo semplicemente pasta con le zucchine.

Ingredienti per 4 persone
  • 500 g di pasta
  • 600 g di zucchine (3-4)
  • 1 piccolo barattolo polpa di pomodoro o 5-6 pomodori freschi
  • guanciale (o pancetta magra o eventualmente salsiccia)
  • aglio
  • cipolla
  • olio e.v.o.
  • peperoncino
  • sale
  • un pizzichino di zucchero (facoltativo per l’acidità dei pomodori)
  • parmigiano grattugiato
Procedimento
  • faccio cuocere zucchine, olio e aglio, prima coperte, poi a lungo, scoperte (ci piacciono molto asciutte);
  • a parte faccio una salsina con peperoncino piccante, guanciale (che tolgo una volta pronto, per aggiungerlo croccante, alla fine) e cipolla (o aglio per chi non piacesse); una volta tutto rosolato aggiungo poco pomodoro;
  • alla fine unisco il contenuto delle due padelle, ci spadello la pasta al dente e, spolverando con parmigiano reggiano e aggiungendo il guanciale croccante, porto a tavola;
  • lascio sempre acqua della pasta ove servisse 😋

29.X.2008          

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PANE, pizze, pizzelle e dintorni

BOZZA PRATESE (mia versione)

E’ con profonda soddisfazione che, a distanza di qualche anno da quando realizzai questa mia versione di Bozza Pratese, evidentemente apprezzatissima in tutta la Toscana, tanto da aver istituito questo Consorzio, ho addirittura avuto l’onore di trovare una mia foto pubblicata in un sito dedicato alle curiosità su Firenze e la Toscana, qui.
Qualche altro cenno, qui.

Come altri pani sciapi, anche detti “sciocchi”, a struttura fine (e non alveolata), la Bozza Pratese si accompagna bene con i salumi e i formaggi saporiti della regione Toscana … e non solo. 
Naturalmente nelle case moderne non si hanno le condizioni per preparare al meglio questo pane, che dovrebbe essere cotto nel forno a legna.
Con una buona pietra refrattaria tuttavia si riesce a trasportare sulle nostre tavole il sapore del pane di una volta.


Sotto, le dosi ricalcolate da me per questo pane della tradizione ad impasto diretto, e con l’utilizzo della pasta madre che avevo disponibile, dopo aver preso spunto dalla foto in evidenza fornita da Lora2006, un’amica di Cookaround (che contiene un errore facilmente individuabile relativo alla pasta di riporto), ho proceduto.

Ingredienti
835 farina di grano tenero macinata a pietra bio
250 g pasta madre dopo 3 rinfreschi (non ho voluto utilizzare affatto il lievito di birra citato nella foto)
540 g acqua

La bozza, a cottura finita, pesava circa Kg. 1,100.
I 2 filoncini, ricavati dai ritagli della bozza, pesavano circa 200-300 grammi l’uno.

Procedimento
In una terrina (o impastatrice) ho versato il lievito naturale giá sciolto nell´acqua appena tiepida (ho volutamente omesso il lievito di birra, anche come percentuale, per allungare un pochino la lievitazione), ho aggiunto la farina e ho mescolato.
Se vi aiuterete con un’impastatrice (o macchina del pane, usata in questo caso), impastare per circa 15′ lentamente, altrimenti olio di gomito per 20′ almeno.

Quando l´impasto è diventato elastico e tenero, l´ho versato sulla tavola di legno leggermente infarinata, ho lavorato brevemente e l´ho appiattito un pochino dandogli una forma quadrata.

Ho fatto prima 4 pieghe, prendendo gli angoli dell´impasto e portandoli verso il centro.

Ho poi piegato di nuovo in due in modo da dargli la classica forma allungata denominata “baco”.
Ho poggiato l´impasto su una pala infarinata a lievitare, e l´ho infarinato bene anche sopra.
Ho coperto e lasciato lievitare 3 ore (un’amica toscana mi ha svelato che i fornai di Prato coprono l’impasto messo a lievitare con un paio di teli, il secondo dei quali deve essere ben caldo. Il suo calore farà sì che la farina aderisca meglio alla bozza in lievitazione prima, e in cottura successivamente, e formi le tipiche chiazze bianche in superficie).

Mezz’ora prima che l´impasto finisse di lievitare ho acceso il forno a 300°C con dentro la mia pietra refrattaria.Arrivato il momento di infornare ho messo sotto alla refrattaria il mio solito vassoietto con pochissima acqua, ho tagliato il pezzo che avrei fatto diventare la mia “bozza” e l´ho infornato a 250° (non senza difficoltá: si muoveva da tutte le parti).Ho spruzzato le pareti del forno e ho fatto cuocere 1 ora.
Dopo 30′, ho sfornato i 2 filoncini piccoli (200-300 g ognuno) che avevano terminato la loro cottura, e lasciato cuocere ancora la pagnotta.

Vediamo sopra le classiche fette della “bozza” …
e sotto l’interno dei filoncini piccoli, molto piú alveolato:

Lo trovo un pane stupendo, che spero di ripetere presto, questa volta con lievito in coltura liquida e relativa conversione delle dosi.

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SALSE, sughi, condimenti, erbe

Pesto alla trapanese

Per una delle paste regionali fatte in compagnia delle amiche di Cookaround ricordo che scelsi questo pesto alla trapanese in alternativa ad un altro grande della cucina del sud, il pesto rosso.
Ci condii i miei busiati (o maccarruni, o pasta al ferretto). Quale accoppiamento migliore?
Ingredienti per quattro persone
500 grammi di pasta (dovrebbero essere “i busiati” ma, in mancanza, vanno bene anche spaghettoni o bucatini)
2 spicchi d’aglio senza la nervatura centrale
Un mazzetto di basilico freschissimo (il mio mini-basilico greco che ancora resiste sul balcone)
Un bicchiere d’olio extravergine d’oliva
100 grammi mandorle sgusciate e poi pelate da me (sono più buone)
Sale e peperoncino q.b.
6 pomodori maturi
Pangrattato o mollica (“muddica”, scelta per questo piatto, al posto del pecorino grattugiato)
Procedimento
Ho sciacquato ed asciugato il basilico.
In una pentola di acqua bollente ho immerso le mandorle sgusciate e sciacquate, insieme coi pomodori, anch’essi sciacquati, ai quali ho praticato dei tagli a croce.
Ho lasciato in acqua bollente per un paio di minuti.
Poi ho tolto i pomodori dall’acqua bollente, li ho immersi brevemente in acqua fredda e li ho lasciati da parte.
Ho preso le mandorle, le ho spellate sfregandole in un canovaccio, le ho messe ad asciugare e successivamente le ho tostate brevemente in padella (senza farle bruciacchiare).
A questo punto ho spellato i pomodori, eliminato i semi e tagliata la loro polpa a cubetti.
Per preparare il pesto il metodo classico prevede il mortaio nel quale si riducono in poltiglia aglio, basilico, mandorle, sale, pepe (io peperoncino) e infine si amalgama con l’olio extravergine d’oliva.
Io ho usato un frullatore ed il risultato è stato ottimo.
Un consiglio per evitare l’ossidazione del basilico è quello di riporre in freezer, per una decina di minuti, il contenitore e le lame del frullatore.
Dopo aver preparato il pesto, l’ho amalgamato alla polpa di pomodoro tagliata a cubetti, ho aggiunto un filo d’olio e ho lasciato riposare in modo che il sapore si uniformasse.
Ho lessato la pasta al dente, l’ho servita col pesto, aggiungendo la “muddica” o mollica rosolata (il formaggio dei poveri, come veniva chiamata in passato).
Inizialmente avevo preparato del cacio (quello “paesano” della foto degli ingredienti).
Avendo però letto che spesso è usata la mollica (“muddica”), questa volta ho voluto aggiungere quella frullata del mio pane secco, rosolandola prima in padella con qualche cucchiaio di olio extra vergine di oliva.
E’ un condimento molto deciso e abbiamo preferito non esagerare con le porzioni.
21.XI.2010
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Pesto rosso ai pomodori secchi

Questa volta, dopo aver preparato il mio barattolo di pomodori secchi sott’olio, ne ho volutamente messi via una buona parte per provare questo pesto rosso, tipico del meridione d’Italia.

In rete ognuno ne ha una versione. Ho preso spunto da questa blogger, ma ho preferito utilizzare pecorino (la prima volta li abbiamo provati con parmigiano, ma li trovo migliori col nostro pecorino romano, molto più “vicino” in tutti i sensi alla sempre apprezzatissima ricotta salata sicula!).
Poi, durante la stagione giusta dei pomodori riproporrò in famiglia l’altro saporitissimo pesto provato in passato, quello alla trapanese; in parte simile a questo, ma dove, al posto del formaggio, ho aggiunto “muddica” (denominata appunto in passato, formaggio dei poveri).
Ecco il pesto di oggi!

Ingredienti (per 3-4 persone)
20 gr mandorle sgusciate ma non spellate
1 manciata basilico fresco (dal mio freezer visto che siamo in febbraio!)
spicchi di aglio (senza la nervatura interna) 
100 gr pomodori essiccati sott’olio
50 gr ricotta salata (io pecorino)
30-40 gr olio extra vergine di oliva
qualche seme di peperoncino secco

Procedimento
Ci vorrebbe l’antico mortaio (come del resto per il pesto genovese), ma tant’è!
Mi sono fatta aiutare dal mio bimby.
Ho prima frullato il pecorino –  20″ vel turbo e messo via.
Poi ho frullato grossolanamente le mandorle – 5″ vel 7 – e messe via.
Ho quindi frullato i pomodori secchi col loro olio (non era molto), la manciata di basilico, l’aglio a pezzi, qualche semino di peperoncino, e ancora un po’ d’olio e.v.o. – 5″ vel 7
Ho riportato con una spatola di silicone la salsa dalle pareti sul fondo del boccale (non la spatola del bimby, pessima!), aggiunto il pecorino grattugiato, le mandorle e riavviato per pochissimi secondi per amalgamare il tutto, ma non per affinare troppo la salsa.
Qualsiasi tipo di pasta va bene, soprattutto quella che ci piace di più per l’accoppiata.
Oggi mezze maniche!
E mi raccomando: lasciarsi un po’ di acqua calda di cottura della pasta per ammorbidire il pesto.

 

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DOLCI PREPARAZIONI e tecniche di base

Latte condensato ad alta digeribilità

Prendendo spunto da ricette prese in rete ho preparato questo latte condensato con ingredienti ad alta digeribilità (in fondo all’articolo, anche la versione per il Bimby e una versione vegana).
Naturalmente si potrà preparare con latte intero o parzialmente scremato, e burro “normali”.
Questa ricetta – grazie all’amido che lo rende particolarmente cremoso – vuole una cottura relativamente breve.
Non si corre così il rischio di scurire troppo il prodotto e ritrovarsi con un simil “dulce de leche“, che è buono, ma è un’altra ricetta 😉
Ingredienti
500 gr latte parz. screm. ad alta digeribilitá (oppure intero h.d.)
25 gr amido di mais bio (o altro amido come tapioca, riso, ecc. – provare a metterne solo 15 gr)
250 gr zucchero (ho usato zefiro, oppure zucchero bianco di canna bio)
50 gr burro chiarificato (o burro senza lattosio bio)
1 pizzico di sale (1,5 gr)
vaniglia (ho usato e poi tolto, un po’ dell´esterno del baccello/capsula)

 

Procedimento
Ho versato l´amido in un pentolino, ho aggiunto pochissimo latte, mescolato e formato una pastella. Ho aggiunto il restante latte,
la capsula vuota di vaniglia, lo zucchero,

il burro, il sale.
A questo punto ho acceso il gas e una volta sciolto a fuoco dolce lo zucchero con il burro, ho aumentato un pochino il fuoco facendo sobbollire fino ad addensamento per 10-15 minuti circa dall’inizio del bollore, e comunque fin quando, sempre mescolando, ho visto il fondo del pentolino (i tempi di addensamento/cottura dipenderanno anche da quanto amido si è aggiunto).
Ho tolto la vaniglia e l’ho messa in congelatore (c’è chi giura che è riutilizzabile all’infinito).
Ho conservato il latte ormai condensato in un vasetto di vetro.
Freddandosi si addenserá ulteriormente.
Non sapendo quanto ne dovessi usare a breve, per mantenerlo l´ho suddiviso, pesandolo, in bicchierini da caffé (segnando il quantitativo di ciascun bicchierino), ed ho surgelato.
Delizioso, oltre che per tutti gli impieghi nei dolci (cliccare qui per ricettine da fare con questa crema), anche metterne un cucchiaino nel caffè “macchiato”, al posto di zucchero e latte, o nelle mie fette biscottate.
Dagli 825-830 grammi iniziali, bollendo, il “latte” si è ridotto a 685 grammi.

 
Indico sotto le percentuali orientative del mio latte condensato ad alta digeribilità dopo la cottura.
Ci potranno aiutare se vorremo impiegarlo in alternativa ad altri ingredienti, diversamente indicati in ricette varie (zucchero, latte, ecc.):
Latte ……………..52,33%
Zucchero ………..36,50%
Burro chiarificato …7,30%
Amido ……………..3,65%
Sale ………………..0,22%

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VERSIONE PER IL BIMBY

Una versione col Bimby (più lunga, ma graditissima, da un suggerimento di Lorella, un’amica di Cookaround):
– metto nel bimby 500 gr di latte e 250 di zucchero
– imposto 100° vel 3 10′
– quando raggiunge i 100° abbasso a 90 e faccio andare sempre a vel 3 (aggiungo: senza misurino) finchè pesando il boccale su una bilancia esterna arrivo a 1590 gr (1090 è il peso del boccale). Ci vogliono almeno 45/60 min
– metto nei vasi, di solito riempio uno del miele da 500 più un po’, quando sono freddi li tengo nel freezer, tanto non ghiaccia.

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VERSIONE VEGANA

Ed infine oggi – 18 febbraio 2019 – ecco il mio LATTE CONDENSATO VEGANO ANTIARTROSI, ispirato a questa ricetta. Non avevo “latte” vegetale di un solo tipo a sufficienza, quindi ho fatto la prova con anacardi e cocco.
Inoltre la particolarità di questo “latte” condensato deriva dall’uso dello sciroppo di yacon (bassissimo indice glicemico), piuttosto che dallo sciroppo di acero indicato nella ricetta originale.
500 ml di bevanda vegetale (375 latte di anacardi+ 125latte di cocco)
283 g di sciroppo di yacon
17 ml di olio di cocco
13 g di farina di tapioca
mezza bacca di vaniglia
pizzichino di sale
Ho voluto fare tantissimo latte condensato per varie preparazioni in agenda, per cui la cottura è stata molto lunga, oltre un’ora nel pentolino.
Pur non essendo un “dulce de leche” il sapore dello yacon è molto particolare e deve piacere, e il colore è diventato naturalmente molto scuro, visto che questo sciroppo già di partenza sembra quasi un caramello.

10.09.2012
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COSMETICANDO, casa e persona

Tonico alla vitamina C

Se anche voi avete l’abitudine di usare il tonico, ma non volete spendere troppi soldini, volete un prodotto efficace, che non abbia conservanti, e avete la pazienza di farvi spesso da soli questo cosmetico, ecco un suggerimento su come lo faccio io in poche mosse.
La formuletta proviene dal solito forum, L’angolo di Lola e lì si parte dalla famigerata pasticca di C€bion o equivalente generico, come facevo qui.
Ora invece preferisco utilizzare l’acido L-ascorbico vero e proprio (lo riporto anche nella discussione di Lola, qui).
Vi ricordo che parliamo di acidi, quindi occorre fare molta attenzione e documentarsi prima di imbarcarsi in avventure poco piacevoli (peeling chimico, irritazioni, ecc.).
Io uso questo tonico in inverno, una sola volta al giorno, dopo la detersione serale del viso, su pelle non irritata.
Non mi ha mai dato problemi e mi sembra che l’incarnato migliori nei periodi in cui lo uso.
Se dovessi però avere qualche problemino, potrei utilizzarlo a giorni alterni!
Se al contrario si ha la pelle di “elefante” e si vuole aumentare la concentrazione di ascorbico, farlo con molta cautela e per gradi, ma sempre documentandosi!
L’importante per realizzare questo tonico alla vitamina C è avere una bilancia che pesi i centesimi di grammo (0,01) o almeno i decimi di grammo (0,10).
Ingredienti (per uno spruzzino da circa 22 grammi):
Acqua Lauretana (residuo fisso 14 mg/l)  22 grammi
Acido L-Ascorbico 0,10 grammi

Procedimento
Nella serata in cui decido di iniziare ad utilizzare questo tonico, lavo lo spruzzino e lo sterilizzo con qualche spruzzatina di acqua ossigenata, faccio agire qualche minuto e poi risciacquo.
Verso i miei 22 grammi di acqua Lauretana (o ancora meglio, acqua depurata di farmacia; non uso acqua demineralizzata del super, può essere contaminata microbiologicamente e gli stessi produttori scrivono sulle etichette di non utilizzare per la cosmesi!).
Con una micropalettina di plastica peso i miei 0,10 grammi di acido l-ascorbico e li verso nello spruzzino (la vitamina C disciolta in acqua deve stare più lontana possibile da metalli).

Agito la bottiglia, faccio sciogliere bene, spruzzo sul viso deterso, e infine metto il tonico in frigo.
Lascio agire e dopo circa 15 minuti applico una crema idratante.

Potrò utilizzare il tonico per 48 ore al massimo, prima che possa ossidarsi ed eventualmente ingiallirsi, quindi quando lo preparo, mi limito a metterlo per 3 sere consecutive, o se voglio un’azione più lieve, lo metto, alternandolo, la prima e la terza sera.
Dalla quarta sera potrò proseguire il trattamento preparandolo ex novo.
Il mio preparato ha pH 3-3,5.
IMPORTANTE:
VA CONSERVATO IN FRIGORIFERO
LA VITAMINA C SI OSSIDA PRESTO, E SULLA NOSTRA PELLE FA MALISSIMO METTERE PRODOTTI OSSIDATI, QUINDI NON UTILIZZARE IL PRODOTTO PIU’ A LUNGO DI QUANTO SUGGERITO: AVREMMO L’EFFETTO CONTRARIO DI QUELLO CHE VORREMMO!!
*****
P.S. 08.VI.2018
Con lo stesso procedimento ho preparato un tonico all‘estratto secco di rosa canina, titolato al 70% in vitamina C (acquistato da Farmacia Vernile).
Anche questa forma di vitamina C è instabile e la preparazione del prodotto va ripetuta ogni 3 giorni.
Vista la diversa concentrazione di Vit. C le dosi sono leggermente diverse, come spiegato sotto (per adesso la mia pelle è contentissima e in futuro potrei provare ad aumentare gradualmente l’estratto secco di qualche decimo di grammo):
Acqua Lauretana (o acqua depurata della farmacia), 20 g
E.s. Rosa Canina tit. Vit.C 70%, 0,13 g
pH 4,5
Ho fatto il calcolo che con i 25 grammi di estratto secco che ho comprato avrò tonico alla vitamina C per oltre un anno e mezzo!

*******

Per chi, sensibile ai problemi ambientali, non vuole/può autoprodurre, ma vuol continuare ad acquistare cosmetici o prodotti vari per la casa e la persona, un piccolo consiglio è quello di consultare il famigerato INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients).
Qui sotto due siti dei quali mi avvalgo per la consultazione:
– ewg.org/skindeep/
– biodizionario.it
Quindi, attenzione ai numeri e ai colori degli scores (equivalenti di un semaforo dal verde, al giallo, al rosso, dove naturalmente il verde è il migliore) e all’ordine di inserimento delle varie sostanze nel prodotto (più sostanze con inci verde troverete ai primi posti, meglio sarà; come per gli alimenti, gli ingredienti scritti per primi sono contenuti in dosi maggiori!).

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SECONDI, SFIZI E STREET-FOOD

Saltimbocca di una romana

Il passo-passo dettagliato di questa ricetta della tradizione romana, rivista in versione “infarinata” e secondo il gusto della famiglia, è dedicata ai figli, che quando sono lontani riusciranno a gustarla ugualmente preparandosela da soli!
Ingredienti per 8 persone (5 saltimbocca a testa – devono essere abbastanza piccolini per saltare in bocca!):
800 gr fettine di vitella o vitellone tenere (tagliate abbatanza fini, altrimenti batterle)
150 gr prosciutto crudo (anche di montagna va bene, tanto anche se é un po’ salato, poi il sale si mette solo dalla parte opposta)
40 foglie di salvia fresca
farina q.b.
150-180 gr vino bianco secco
olio extra vergine di oliva
sale (poco)
peperoncino (facoltativo)
stuzzicadenti 40

Procedimento:

Ho tagliato ogni fettina in 3 o 4 pezzi. In totale sono venuti una quarantina di saltimbocca. Poiché dovevo prepararne molti, ho predisposto tutto in un vassoio che ho poi messo in freezer.

Sopra ad ogni pezzo di carne ho messo un pezzo – circa della stessa misura – di prosciutto crudo

Lavare bene la salvia e su ciascun pezzo di carne/prosciutto metterne una foglia

Fermare con uno stuzzicadenti ogni pezzo

A questo punto avrei dovuto procedere infarinando ciascun pezzo, e invece ho coperto con bustine di cellophane e ho messo a congelare (la cena ci sarebbe stata dopo un paio di giorni)
… to be continued …
Dopo due giorni ho tirato fuori dal freezer il vassoio con i saltimbocca, li ho portati a temperatura ambiente ed ho continuato cosí:

ho infarinato i saltimbocca

ho fatto scaldare abbondante olio nella padella antiaderente piú grande che ho in casa e li ho adagiati con la parte della salvia rivolta in basso

ho fatto cuocere coperto per pochi minuti

ho poi lasciato scoperto, rigirando i saltimbocca, e lasciando rosolare dolcemente qualche altro minuto

ho girato di nuovo e sfumato col vino bianco lasciando evaporare a fuoco vivo

ho poi salato, ma solo dalla parte senza prosciutto

ho rigirato, spento e servito caldissimi. Servire su piatti caldi, altrimenti l´ultimo bocconcino che salterá in bocca sará troppo freddo.
L´idea in piú per la stagione fredda!
Per scaldare gli 8 piatti di servizio ho fatto cosí: ho messo pochissima acqua in ciascun piatto, sovrapponendoli. Li ho messi nel microonde alla massima potenza per 20-30 secondi, poi velocemente li ho scolati e asciugati con un foglio di carta-casa.
15.XII.2008
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PANE, pizze, pizzelle e dintorni

Rosette soffiate con pasta madre

Premetto che non le ho provate molte volte perché è un pane difficilissimo da realizzare se non si seguono regole precise e sinceramente vengono una volta su 10, almeno a me che uso la pasta madre! Non per dissuadervi, ma anche qualche panettiere ci mette in guardia nell’affrontare questo pane ….
Ma una volta ci sono riuscita e ricordo che quella volta, tutte e 8 le rosette vennero “soffiate”!
Ed ecco le mie rosette soffiate a lievitazione naturale in tutto il loro splendore, con i dovuti “fili” nell’apertura (ogni scarrafone …..).

Io non ho aggiunto molto (anche se non è stata una passeggiata).
Ho semplicemente convertito per la mia pasta madre. Il resto è già stato tutto fatto dal M.° Piergiorgio Giorilli dal quale ho preso spunto per questa ricetta.
Ecco quanto ho realizzato, con qualche piccola idea in più che spero possa esservi utile:
Questi panini conosciuti anche col nome di michette nel Nord-Italia, sono rinomati per la loro caratteristica che li vuole con l’interno semi-vuoto e la crosta croccante. Unico difetto: vanno mangiati nel giro di qualche ora, pena una accentuata gommosità dovuta all’uso delle farine forti impiegate.
Ho finalmente trovato una ricetta semplice ed efficace, anche se un po’ lunga da seguire.
Inoltre è una ricetta genuina al massimo, vista l’assoluta mancanza di grassi aggiunti e la digeribilità data dalla lunghissima fermentazione della biga.
Occorre però fare attenzione ad alcune regole basilari:
  1. – utilizzare una farina forte per la biga iniziale
  2. – “cilindrare” l’impasto a mano con matterello o meglio con la classica “nonna papera”
  3. – incidere la rosetta al punto giusto con l’apposito stampo, o in mancanza di questo, con l’aiuto di un tagliamela (io ho usato questo, ma nel verso meno tagliente.. poi vi spiego come…)
  4. – cuocere ad altissima temperatura con piastra refrattaria e dare inizialmente molto vapore.

Gli ingredienti dati sono per 8 rosette. Ne ho infornate 4 per volta, cuocendole per 20 minuti circa (se ne volessimo fare di più, al massimo consiglio di infornarne 6 per volta).

Partiamo nel primissimo pomeriggio per mangiare le rosette per il pranzo del giorno dopo.
Ingredienti biga
35 g pasta madre ben rinfrescata (io 3 volte)
380 g farina almeno W280-330 (io ho usato manitoba 0 bio de “Il Frantoio”)
190 g acqua oligominerale (io Lilia)
2 g sale nella biga (con il caldo di questo periodo ci aiuterà a sostenere la biga)
Riposo 16-20 ore (io 20 ore e mezzo, ma avrei potuto continuare altre 2 o 3 ore).
Ho sciolto la pasta madre nell’acqua e lavorato (all’epoca, nella mia macchina del pane), aggiungendo quasi tutta la farina.

Verso la fine ho aggiunto la restante farina miscelata con i 2 grammi di sale.
Ho fatto fare qualche giro lento alla mia macchina, tanto da avere una palla amalgamata, senza arrivare ad affinare l’impasto.
Visto che fa molto caldo – per far riposare la mia biga, mi sono aiutata con borsa termica e i siberini.
Sono arrivata a 20 ore e mezza di maturazione e la mia biga era cresciuta pochino.
Dopo circa 20 ore ho proceduto a fare l’impasto principale, così:
Ingredienti impasto
Tutto l’impasto della biga
80 g farina rinforzata (ho fatto 55 gr di 0 biotrend + 25 manitoba 0 bio “Il Frantoio”)
55 g acqua
5 g sale
4 g malto d’orzo in pasta
Gli ingredienti aggiunti sono pochi, tanto per vivacizzare l’impasto e permetterci di arrivare senza problemi alla fine della lavorazione.
Sciogliamo la biga a pezzetti con tutta l’acqua. Impastiamo con le mani, andando di pugno.
Non appena l’impasto si è un po’ ammorbidito, l’ho versato nella macchina del pane e ho aggiunto quasi tutta la farina (ne ho lasciata un po’ indietro, da aggiungere miscelata al sale previsto).
A questo punto ho lavorato 10 minuti circa utilizzando i giri lenti della mdp.

Verso la fine ho introdotto il sale e la farina rimanenti.
Ho ripassato a mano sulla tavola per pochi minuti.
Faccio riposare 10/15 minuti o poco più.
Ecco come si presenta l’impasto dopo c.ca 20 minuti di riposo.
Con un impasto finale di 730 grammi ho formato 8 panetti da circa 91 grammi.
Questa è la dimensione corretta minima per utilizzare il tagliamela per il disegno delle rosette, ma ci si può spingere fino ad un peso di 120 grammi per rosetta.
Inoltre avere panini dello stesso peso ci aiuterà ad avere una cottura più uniforme.
Cilindriamo diverse volte tutti i panetti dopo averli compattati un pochino e infarinati (ho utilizzato la macchina per la pasta alla tacca più grossa).

Formare delle lunghe strisce che avvolgeremo, dando infine forma di palline (qui.
Facciamo riposare 40 minuti circa a temperatura ambiente e, per evitare che l’impasto si secchi, copriamo con telo umido strizzato e cellophane. Naturalmente per la seconda infornata la lievitazione è andata avanti 20 minuti in più…
A questo punto procediamo a stampare le rosette col tagliamela.

Prima però, ho aggiunto una ulteriore “cilindratura” casereccia, come ci insegnò a suo tempo Maruzzella, pressando col fondo di un tegame ciascun pezzo.
Questo mi darà modo di riportare alla misura giusta ogni rosetta, che altrimenti resterebbe troppo piccola e tonda.
Se avete la mano potrete utilizzare lo stampo apposito (ce ne sono di bellissimi in metallo – ne ho comprato successivamente uno come quello in foto)

In questa foto invece, ecco i miei di questa volta. Simpatico anche quello in plastica bianca, ma per ora mi trovo meglio col tagliamela …
Questa volta ho fatto attenzione a non affondare troppo (la volta scorsa avevo esagerato) e ho stampato capovolgendo il tagliamela (dove non è tagliente per capirci), appoggiando ciascuna palletta sulla superficie di un coperchio (contenitore) a misura… Si dovrà spingere fino a pochi millimetri dalla base.

Per aiutarvi a capire come ho fatto, ecco alcune foto.

Facciamo lievitare altri 40 minuti. (I tempi sono indicativi, non siamo fornai).
Cottura totale 20 minuti

Intanto facciamo riscaldare per tempo il forno a 250° con la piastra refrattaria posizionata nel binario più basso (credo he sia indispensabile, accumula molto calore e contribuisce ad asciugare il pane – io ho fatto scaldare per 1 ora la piastra a 300°C e poi infornando, ho abbassato a 250).
Inforniamo con una pala da forno o un vassoio capovolto infarinato.

Subito prima della seconda infornata, ho praticato di nuovo i tagli alle rosette .. erano quasi tutti scomparsi.
Cosa molto importante è il vapore.

Dovremo provocarlo con acqua o ghiaccio nel fondo del forno e mediante spruzzino direttamente sul pane.
Spruzziamo ogni minuto per i primi 5 minuti sia il pane che le pareti del forno aprendo e richiudendo ogni volta lo sportello del forno.

L’acqua che arriverà sulla crosta contribuirà a renderla croccante.
Dopo questi primi 5 minuti di vaporizzazioni continue, lasciamo lo sportello chiuso per altri 5 minuti. Gli ultimi 10 minuti invece cuoceremo con sportello chiuso a fessura per far asciugare bene le rosette.
Dopo 20 minuti scarsi..i panini sono pronti per essere sfornati.

Il risultato… .. finalmente rosette belle gonfie….. otto su otto..piene di … niente se non di qualche straordinario, soffice, filo di mollica..


una visione di insieme, una bitorzoluta e una precisetta
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DOLCI

Topini di carnevale

Come ci spiega l’autrice della ricetta, questi deliziosi dolcetti fritti sono chiamati così per la loro curiosa forma a pallina e con la “codina” che viene lasciata dalla caduta dell’impasto nell’olio bollente.

Mi dispiaceva che finissero tutti subito e ne ho fatta una dose e mezza, non quella indicata sotto, ma meglio non esagerare, altrimenti non si finisce piú di friggere. Come al solito mi diverto a dare una misura alle cucchiaiate che propongono in queste ricette e quindi eccovi la ricetta anche in grammi.

Ingredienti:
200 gr di farina debole (*)
80 gr zucchero (4 cucchiai colmi)
80 gr marsala secco (8 cucchiai) (**)
20 gr olio di semi di mais o girasole deodorato (2 cucchiai)
2 uova
8 gr lievito per dolci (1/2 bustina del mio lievito autoprodotto) (***)
Abbondante olio per friggere (io arachide)
Zucchero a velo per la decorazione (o semolato)

Procedimento:

Ho sbattuto le uova con lo zucchero e poi ho aggiunto tutti gli altri ingredienti continuando a sbattere. Si ottiene un impasto che fa il “nastro” cadendo dal cucchiaio.
Ho fatto riposare un’oretta coperto (l’autrice della ricetta ci dice che l’effetto del lievito chimico non viene perso col riposo, e che in questo caso il riposo serve sia a far gonfiare i topini durante la cottura che a far assorbire bene l’aroma del marsala nell’impasto!?!).
Ho scaldato abbondante olio di arachide in un pentolino alto. Con l’aiuto di 2 cucchiaini ho fatto cadere l’impasto nell’olio bollente (il cucchiaino non deve essere troppo colmo altrimenti invece di topini saltano fuori dei topoloni per via del lievito).
L´olio deve essere MOLTO caldo altrimenti i topini non salgono subito in superficie.
Ho misurato col termometro, e come per la tempura sono arrivata intorno ai 170°C, friggendo pochi pezzi alla volta.
Appena tuffati nell’olio ho soltanto aspettato che i topini fossero dorati. Ho rigirato e immediatamente dopo li ho scolati e deposti su cartacasa.
Se incontrano il vostro gradimento, andrebbero fritti per breve tempo: è una loro caratteristica; dentro rimane proprio la cremina al marsala che l’autrice asserisce essere spettacolare (comunque a me piace che si asciughino meglio 😉 ).
Ho spolverizzato con zucchero a velo. Tiepidi sono ancora più buoni.
Sono molto veloci da fare, e se per caso o per sbaglio ne dovessero avanzare, sono da conservare coperti ma NON in frigorifero.

                              Una volta pronto l’impasto deve fare il “nastro”

Nella foto sopra … topino e gattino! 😉

 
E ORA – DOPO AVER ESEGUITO LA RICETTA COME DA ORIGINALE – QUALCHE MIA CONSIDERAZIONE/VARIAZIONE!
(*) Per questo tipo di preparazioni, meglio usare una farina con un massimo di 9% di proteine e quindi, confortata da quanto ho letto anche qui, ormai sono solita indebolire la mia farina 0 bio del Conad che ha l’11% di proteine  (la preferisco alla più raffinata 00) con il 20% circa di amido di mais biologico (in questo caso 160 tipo 0 + 40 amido).
(**) Riprovati ieri sera, 28 gennaio 2018 con vino bianco e 1 tappino di tequila per rendere più forte il vino da tavola (non avevo altri liquori in casa).
Buonissimi ugualmente … ergo … fateli col liquore che più vi aggrada!
(***) Per quanto riguarda il lievito, preferisco fare in questa maniera:
lascio prima riposare un’ora l’impasto; poi, prima di friggere, ci spolvero sopra il lievito chimico miscelato con un po’ della farina presa in precedenza dal totale degli ingredienti.
Mescolo dal basso verso l’alto, a lungo per far incorporare bene, e inizio a friggere!
Gonfissimi e – giudizio in famiglia – BBONI!
12.II.2010

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SECONDI, SFIZI E STREET-FOOD

Abbacchio al forno

Da buona romana non potevo non farmi tentare da una ricetta di abbacchio al forno.
Fermo restando che per me l´abbacchio a scottadito non si batte (e lí sono d´obbligo le costarelle, come le chiamiamo a Roma), trovo questa ricetta, una succulenta alternativa all´abbacchio alla cacciatora cotto nel tegame.

Per l´occasione ho provato a farla con un pezzo di spalla anziché le costine della ricetta originale.
Senz´altro da ripetere.

Ingredienti (per 4-6 persone)
1 kg circa di costine d’agnello (o polpa o spalla)
6 patate medio-grandi
olio extravergine d’oliva
sale grosso
pomodorini
mix soffritto di sedano, carote, cipolla
vino bianco
rosmarino
pangrattato
Ho acceso il forno a 200° con funzione statica.
Ho sbucciato le patate, le ho tagliate a spicchi non tanto grandi e le ho  messe in una ciotola d’acqua e sale per far perdere l’amido. Poi le ho sciacquate e lessate per 5 minuti in acqua bollente. Le ho scolate, fatte raffreddare, condite e messe in teglia (vedi qui come faccio solitamente le mie patate al forno).
Nel frattempo ho tagliato a pezzettini i pomodorini e li ho messi nella teglia insieme con olio, sale grosso, rosmarino e mix soffritto di verdure.
Ho disposto in teglia la carne (precedentemente lasciata macerare per almeno un paio d’ore in olio e vino bianco).
Spargo sopra al tutto una manciata di pangrattato. Serve per fare la crosticina.
Ho infornato per circa 35-40 minuti ed ogni tanto ho aperto e scosso la teglia per evitare che la carne si attaccasse al fondo.
Se è il caso, lascio ancora 10 minuti.
18.V.2008