Con la voglia di realizzare un gelato al cioccolato genuino per il mio nipotino, ma che avesse anche caratteristiche di alta digeribilità per altri membri della famiglia, ho voluto provare a farne uno a base bianca (anziché a base gialla, generalmente utilizzata per il gelato al cioccolato) diverso da quelli canonici, ma con le stesse caratteristiche di cremosità e spatolabilità.
Eccolo, realizzato con l’aiuto iniziale del bimby e successiva mantecatura in gelatiera autorefrigerante.
La prima volta l’ho preparato usando latte intero senza lattosio, ma soprattutto miele anziché destrosio (ci sono delle analogie fra le due tipologie di zuccheri), e tutti gli altri prodotti senza lattosio per poter far mangiare il gelato anche ad altri membri della famiglia con qualche problema di intolleranza!
Naturalmente si potranno utilizzare gli analoghi ingredienti tradizionali anziché senza lattosio!
Il giorno dopo era ottimo e senza alcun cristallo di ghiaccio evidente, anche se un po’ duro (piccolo pegno da pagare alla mancanza di destrosio).
E’ stato però sufficiente passarlo dal congelatore al frigo per un po’ prima di consumarlo.
Per una vaschetta da quasi 800 gr di gelato:
395 latte fresco intero senza lattosio
108 panna fresca senza lattosio
36 albume
23 latte scremato in polvere senza lattosio
86 zucchero di canna chiaro
40 miele di acacia bio
1,80 neutro (farina di semi di carrube più gomma guar – rapporto 9:1)
65 cioccolato fondente 70%
35 cacao amaro
1 cucchiaino di vaniglia naturale in polvere
Lavorazione iniziale solita nel bimby. Messo a maturare in frigo per minimo 2 ore e poi mantecato per una mezz’oretta in gelatiera!
*****
Ne ho fatta anche una seconda versione con latte di mandorla (per provare anche ad evitare del tutto il latte vaccino), e con zucchero semolato.
La prima versione mi è comunque sembrata migliore.
La cosa simpatica è stata offrire il gelato in coppetta al nipotino (non ne aveva ancora mai mangiato così) e, voltandosi dall’altra parte, sembrò voler dire: “ma che mi vuole propinare questa nonna?”.
Mi è bastato avvicinare il cucchiaino sporco di gelato all’angolo delle labbra del “pupo”; si è voltato, mi ha preso il cucchiaino e, toh! Si è fatto fuori quasi 3 minicoppettine!
GELATO PROMOSSO … e pancino a posto!
Autore: admin
Ho aggiunto un po’ di farina 00 (il 25%), per rendere lavorabile il ruvido ma digeribilissimo farro.
Infine ho lavorato il tutto con metà albume rispetto alle farine (sono partita dalla dose di albume che vedete, in quanto era quello rimasto dal brik, e l’ho usato tutto).
PER GLI STRANGOZZI
Ecco gli unici ingredienti per 4-6 persone (dipende dai commensali!!)
180 g albume
Ho formato la solita fontana di farina sulla tavola, ho messo dentro gli albumi e ho lavorato benissimo per almeno 15-20 minuti (sarebbe anche meglio diminuire un pochino il totale dell’albume rispetto alla farina, a patto di fare un paio di lavorazioni in più, alternate ad altrettanti riposi).
Ho fatto asciugare un pochino sotto a dei canovacci, prima di tirare la pasta con la chitarra.
Ho comunque passato di nuovo ogni striscia nella macchinetta con la tacca al massimo spessore (la prossima volta tirerò in questa fase con una tacca in meno).
Con il mattarello di acciaio ho tirato ciascuna striscia sulla “chitarra” ed ho messo ad asciugare, coprendo con un canovaccio, per 1 oretta prima della cottura.
Almeno 5 minuti, o secondo il proprio gusto, dalla ripresa dell’ebollizione dell’acqua.
Note su questa pasta
In tutti e due i casi a farne le spese erano i prelati dell’epoca, che sembra venissero strangolati con delle stringhe.
Chi volesse saperne di più, può approfondire in questo sito.
Ingredienti per 4-6 persone (500 gr di strangozzi o altra pasta fresca)
Tartufi interi ……..100 gr (io ho usato un barattolino di crema di tartufo)
acciuga al sale diliscata ………1
olio e.v.o. ………..100 gr
spicchio aglio ………….1
sale e pepe ……………..qb
Procedimento
Scaldare in un tegame largo l’olio, l’aglio e l’acciuga a pezzetti mescolando finché si sarà completamente disciolta.
Ritirare dal fuoco non appena l’aglio sarà dorato, quindi togliere l’aglio.
Attendere che l’olio si raffreddi un poco (passaggio importantissimo secondo me, per lasciare intatto il profumo del tartufo) e unire i tartufi grattugiati o tritati, il sale e il pepe.
Scolare la pasta lessata al dente, metterla nel tegame della salsa appena preparata e saltarla per un minuto a fuoco vivace.
E allora prepariamoci una bella sfoglia (neanche tanto pallida per quanto riguarda i ravioli, per via della farina nera di Castelvetrano) con soli albumi e un po’ olio per sopperire al grasso mancante dei tuorli che non ci sono. In questo caso ho voluto provare con un 10% circa.
Ho tirato i ravioli con la nonna papera fino alla penultima tacca: quinta di sei.
Questi gli ingredienti:
– 36 g olio evo (a differenza dei primi strengozzi che ho fatto con soli albumi, ormai metto dell’olio per sopperire ai grassi dei tuorli mancanti)
– 850 gr di farine (250 g semola di gd del mio mix Pane Nero di Castelvetrano + 600 g di 0 della conad).
Ho impastato (come si vuole: mani, mdp, impastatrice, bimby, ecc.), ho fatto riposare una mezz’oretta, poi ho suddiviso in pallette e ho tirato con la nonna papera ciascun pezzo per 10 volte al massimo spessore, ripiegandolo ogni volta in 4 strati, e poi 1 volta per ciascuno spessore, fino ad arrivare al penultimo.
Guardare qui come mi regolo per la schiaritura dei ravioli e la conservazione in congelatore.
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Successivamente (01.V.2018) ho preparato delle classicissime e velocissime fettuccine.
Questa volta il marito aveva fame, e le ha volute così fine!
160 g albumi
La pasta non si è assolutamente “stracciata”.
… non sono altro che impasti gelatinizzati.
ll Tang Zhong infatti è il termine per indicare l’antica tecnica cinese di gelatinizzazione di un impasto.
Lo potremo preparare sia su base di acqua che di latte, sia con acqua che con amido.
Water Roux o Milk Roux sono tutti termini occidentalizzati per indicare lo stesso tipo di impasto gelatinizzato.
A cosa serve? Ad evitare il raffermamento veloce del pane ed avere quindi un migliore shelf-life.
– Water Roux – lo uso principalmente per fare il pane e lo faccio con 1 parte di farina e 5 parti di acqua.
Si deve far sì che la farina impiegata sia all’incirca il 6% del totale della farina della ricetta.
Sarà meglio che la farina usata per la “pappetta”, sia quella della ricetta, o almeno la stessa impiegata per l’eventuale poolish o biga se previsti.
– Milk Roux – più indicato per i dolci. Lo preparo con 1 parte di amido e 10 parti di latte (volendo si può utilizzare acqua al posto del latte).
Da sottolineare che io aggiungo questa pappetta al totale degli ingredienti della ricetta originale e non la vado ad integrare.
Occorre fare le proprie prove, ma già aggiungendo un quantitativo di 130-150 grammi di MR su 500 g di farina si ottengono ottimi risultati.
Preparo così sia il Water Roux che il Milk Roux:
Per evitare grumi, sciolgo prima a freddo tutta la farina del TZ/WR/MR con pari peso di liquido.
Aggiungo poi, ancora a freddo, e sempre mescolando, il resto del liquido.Metto quindi sul fuoco basso, sopra a spartifiamma (chi ha robot tipo il KCC o il Bimby può utilizzarli impostandoli a 65°C per un paio di minuti fino ad arrivare ad addensare la gelatina).
Mescolo di continuo, alzando per pochi secondi la fiamma di tanto in tanto, ma sempre girando (ci possono volere solo un paio di minuti se il quantitativo è modesto; oggi ne ho fatta molta e naturalmente ho impiegato di più).
Una volta arrivati alla densità desiderata spengo.
Attenzione che freddandosi, la gelatina tenderà a rassodarsi ulteriormente.
Diciamo che, quando mescolando vedrete il metallo del fondo del pentolino, la gelatina è pronta.
Per “abbattere” la temperatura velocemente, metto il pentolino caldo in un bagnomaria freddissimo, continuando a mescolare (a volte aggiungo qualche cubetto di ghiaccio all’acqua del bagnomaria).
Una volta raffreddata, copro la pappetta con pellicola a contatto (uso il tipo senza ftalati e BPA).
Conservo in frigorifero se non utilizzo subito.
Conservazione.
Si può conservare fino a due-tre giorni in frigorifero (io preferisco comunque utilizzarla al massimo entro 24 ore, specialmente il milk roux).
Quando lo si utilizza, assicurarsi che sia a temperatura ambiente.
Un metodo simile è il mashing, usato però nella birrificazione.
30 maggio 2011
Pangoccioli 65°C
Con questa tecnica dagli “occhi a mandorla” seguita con gli amici di Cookaround fin dal 2011 (Tang Zhong, o Water Roux, o Milk Roux con il nome occidentalizzato), ho voluto riproporre l’ennesima ricetta di pangoccioli.
Perché li ho chiamati 65°C?
Perché tanti sono i gradi che ci vogliono per portare a gelatinizzazione la pappetta (in questo caso denominata milk roux in quanto preparata con latte e non con acqua) che ci aiuterà ad avere un lievitato migliore, morbido fino al giorno dopo.
Ricordo che non li feci al meglio – non avevo impastatrice, ma solo macchina del pane – e forse rischiai la slievitazione per aver dormito troppo (successivamente ho cambiato gli orari) – ma nonostante questo il prodotto finale fu al di sopra delle mie aspettative.
Ingredienti per 10 pezzi da circa 60 grammi l’uno
(in qualche foto ci sono più ingredienti per altri lievitati in preparazione):
262 g farina forte (80% manitoba t.0 + 20% t. 00 per pane)
100 g latte fresco intero
80 g zucchero
60 g gocce di cioccolato raffreddate qualche minuto in freezer
41 g burro
1 uovo intero piccolino (40-45 g)
26-28 gr di tuorlo (uno grande o due piccoli)
15 g rum
scorza di mezzo limone e mezza arancia piccoli (io ho usato 10 g circa di scorza secca di agrumi)
8 g licoli (lievito in coltura liquida)
6 g di amido di mais (o maizena)
un pizzichino di sale
Procedimento
POOLISH – h. 24,00:
8 g licoli
40 g latte fresco intero
40 g farina forte
PRIMO IMPASTO – fra le 7 e le 7,30 circa
tutto il poolish (al raddoppio)
15 g burro a pomata
1 uovo intero piccolino (max 40-45 gr. eventualmente mettete via un po’ di albume: vi servirà dopo)
30 g zucchero
130 g farina forte
un pizzichino di sale
Ho prima montato un pochino le uova e lo zucchero, poi con la macchina del pane ho miscelato poolish, uova e zucchero, ho aggiunto un po’ di farina, il burro un po’ alla volta.
Infine ho aggiunto la restante farina, dove avevo mescolato il sale.
Ho arrotondato sulla tavola, ho coperto e messo a lievitare.
Dopo il primo impasto potremo preparare il …
TANG ZHONG (milk roux) – h. 8,00 circa
6 g di amido di mais (o maizena)
60 g latte intero fresco
Preparare la gelatina portando a 65°C il composto, mescolando di continuo (si perde qualche grammo per evaporazione dell’acqua).
Con un quantitativo così esiguo ci potrebbero volere solo un paio di minuti per gelatinizzare.
Poi faccio raffreddare mescolando in un bagnomaria freddissimo.
Una volta freddo, copro con pellicola a contatto, e metto in frigo.
Se ne può preparare di più se si prevedono altre preparazioni entro il giorno successivo (anche se ho letto che la conservazione può andare da uno a tre giorni, meglio regolarsi per difetto: è estate e qui dentro c’è latte!).
SECONDO IMPASTO – dalle 16 alle 16,30 circa:
tutto l’impasto precedente
26-28 gr di tuorlo (uno grande o due piccoli)
26 g burro a pomata
50 g zucchero
15 g rum
scorza di mezzo limone e mezza arancia piccoli (io ho usato un paio di cucchiaini di scorza secca di agrumi)
92 g farina forte
tutto il tang zhong a temperatura ambiente
60 g gocce di cioccolato raffreddate qualche minuto in freezer
Sempre nella mdp ho lavorato l’impasto con zucchero/uova montate in precedenza e rum (dove avevo messo a macerare le scorze d’agrumi), fino a renderlo omogeneo.
Ho aggiunto un po’ di farina, poi il burro, poco alla volta, e ho continuato con la farina.
Ho quindi terminato, aggiungendo, un cucchiaio alla volta, il milk roux, facendo incordare bene.
Ho rilavorato l’impasto sullo spiano di silicone (è molto appiccicoso, ma ho usato due spatole per aiutarmi).
Alcune foto sulla formatura e lievitazione, più chiare di ogni parola.
COTTURA h. 20,00 circa (al raddoppio)
Ho preriscaldato il forno a 180°C statico.
Intanto ho pennellato ogni pezzo con del latte mescolato all’albume rimasto.
Ho cotto per 30 minuti, in un binario medio-basso del forno, ruotando la teglia dopo circa 20 minuti e coprendo in questa fase il cielo del forno con un’altra teglietta per non far bruciare i pangoccioli.
Una volta freddi li ho spolverati con zucchero a velo “bucaneve”
Nota sulla morbidezza del giorno dopo.
Assaggio di un pangocciolo incartato con la cartaforno e messo in una borsina di tela (volutamente non l’ho messo in sacchetto di cellophane).
Risultato:
con questa pezzatura, naturalmente appena sfornati, tiepidi o freddi che siano, sono migliori, ma i denti affondano ancora benissimo nella mollica, e non c’è stato bisogno di scaldarlo.
Per una migliore conservazione, appena freddi, li congelo.
15 luglio 2011
Tempo fa, a mensa, ho mangiato un pesce in crosta di zucchine, leggero e saporito (non ricordo il nome del pesce che ci proposero).
Memore del successo che avevano avuto in passato i filetti di pesce in crosta di patate (procedimento leggermente diverso), ho voluto riproporre questa ricetta analoga in famiglia.
Successivamente ho chiesto all’addetta della mensa che tipo di cottura avesse adottato e mi ha confermato quanto intuito: le zucchine erano state messe crude sul pesce già cotto.
Ingredienti per 3 persone:
3 zucchine
6 filetti di platessa freschi (questo pesce mi è sembrato adatto)
olio e.v.o.
sale
farina
pangrattato
limone (facoltativo)
Prima ho tagliato a filini le zucchine con una mandolina apposita, e le ho messe in un colino a perdere l’acqua con un po’ di sale (dopo un po’ le ho anche strizzate delicatamente).
Nel frattempo, nella leccarda del forno, ho versato un filo d’olio sui filetti di platessa freschi, li ho infarinati per non farli attaccare (ma volendo si può mettere su cartaforno) e li ho fatti cuocere a 180°C statico per 10-15 minuti.
Ho sfornato, aggiunto velocemente sparpagliandoli su ciascun filetto di pesce, i fili di zucchine crudi, poi un giro d’olio e una spolverata di pangrattato.
Reinfornato per 5-10 minuti con ventilato/grill
Ecco il risultato….
Servire con una spruzzata di limone
FILETTI DI BRANZINO IN CROSTA DI PATATE ALLA JULIENNE
Ottima ricetta da provare per mangiare più pesce, e proporlo ai piccoli in famiglia.
Ricordo che presi spunto da qui per la versione in crosta alla “julienne”.
Ingredienti per 4 persone:
4 branzini (se siete inesperte come me, fatevelo sfilettare dal pescivendolo)
6 – 8 patate
rosmarino e origano (o erbe a gusto personale)
aglio 1 spicchio
olio e.v.o.
sale (e pepe o peperoncino, facoltativi)
limone (facoltativo)
Ho grattugiato le patate crude con la mandolina apposita.
Le ho quindi lavate per togliere l’amido in eccesso (ho pensato che fosse meglio per farle venire croccantine, e così è stato).
Le ho scolate, strizzate benissimo, asciugate con un canovaccio e le ho condite in una terrina con olio, rosmarino, origano e sale.
Ho bagnato e strizzato un foglio di cartaforno, sul quale ho adagiato parte delle patate.
Ho poi poggiato su queste il branzino, ho condito i filetti con poco olio e sale; ho ricoperto con le restanti patate e qualche mezzo spicchio di aglio senza nervatura che poi ho tolto, e aggiunto un altro giro d’olio.
La particolarità è che – per far cuocere meglio le patate – ho coperto con un altro foglio di cartaforno e ho infornato già caldo a 180°C statico sul binario più basso, per 30 minuti circa.
Dopo questo periodo – a seconda della cottura del proprio forno – togliere il foglio di copertura, passare direttamente a grigliare per 5-10 minuti (oppure, prima di grigliare, continuare come me la cottura per altri 10-15 minuti).
Buoni, da rifare, vista la croccantezza appetitosa..
Volendo, aggiungere del limone.
FILETTI DI PESCE PERSICO, IN CROSTA DI PATATE A FETTE
Sempre di filetti di pesce si tratta, ma questa volta mi sono divertita ad affettare finemente le patate e cambiare un po’ i sapori. Qui uno spunto.
Ingredienti:
7-8 patate
600 g filetti pesce persico
olio e.v.o.
sale
cipolla q.b. tagliata fine
timo
rosmarino
peperoncino tagliato fine
Procedimento (analogo alla ricetta precedente)
Patate affettate finissime con la mandolina.
Poi sciacquate via dall’amido e asciugate benissimo.
Le ho condite con olio evo, sale, rosmarino e questa volta, anziché origano, ho messo il timo del mio balconcino (sono molto simili).
Dopo aver affettato la cipolla con la mandolina, l’ho ulteriormente sminuzzata con le mie formici “magiche” e l’ho aggiunta alle patate condite.
Poi, ho seguito il solito metodo:
– ho messo un foglio di cartaforno sul fondo,
– sul foglio ho messo uno strato di patate condite,
– ho adagiato il pesce, aggiungendo un pizzico di sale e un filo d’olio,
– ho ricoperto di nuovo con patate condite,
– ho coperto il tutto con un foglio di cartaforno.
Ho infornato a 180°C statico, binario bassissimo del forno, per 30/40 minuti con sopra cartaforno + 10′ scoperti, più altri 5-10′ a grigliare, a seconda del vostro forno.
Se si volessero suddividere i filetti in monoporzione e le patate fossero veramente finissime, si potranno ridurre i tempi di cottura (grazie Mafi 😉 )
09.VII.2011
Fin da piccoli, i miei figli erano abituati a sentirmi dire che dovevano raggiungere le previste 5 porzioni di frutta/verdura al giorno.
Certo che se presentavo loro un piatto di verdure travestito da manicaretto era tutto più semplice… e con un piatto-unico di questo tipo e un frutto dopo, potevo stare tranquilla!
6 fette di pane tagliate abbastanza quadrate, fine e regolari (diciamo max 5-6 cm di lato), al posto del pancarrè suggerito in ricetta
2 pomodori medi da sugo da affettare
1 bella mozzarella da 3-4 etti da affettare
olio, origano, peperoncino, sale,
pangrattato per la copertura.. e tanti stuzzicadenti per chiudere le gabbiette
Procedimento
– affettare finemente le zucchine, meglio se con una mandolina (io non l’avevo e le fette sono venute troppo spesse), oppure con il coltello o con il pelapatate e, per ogni gabbietta, disporre 4 fette a croce come in foto, oliare e salare
– su ciascun gruppo di zucchine disporre una fetta di pane, una di mozzarella e una di pomodoro
aggiungere olio, sale, origano, poco peperoncino sminuzzato (più parmigiano grattugiato o in scaglie, soprattutto se si tratta di melanzane)
– passando alla “costruzione” delle gabbiette, se non si riesce a sigillarle bene, aggiungere qualche fetta di zucchina a copertura, prima di infilzare con gli stuzzicadenti
– adagiare le gabbiette in teglia unta o su cartaforno, spolverare ciascun pezzo con del pangrattato e aggiungere qualche giro d’olio
– infornare a 180°C statico per 30-40 minuti circa e comunque fino a doratura.
(sotto le foto anche di questa versione)
Si possono preparare prima, conservando in frigo, e scaldandoli/grigliando qualche minuto prima di servire.
Qualche verdurina leggera non può che farci bene in famiglia.
2 cipollotti (ho usato cipolle: piacciono molto lo stesso in famiglia)
2 patate grandine
2 carote
3 pizzichi di sale fino
1 pizzico di peperoncino (lo preferisco al pepe)
2 albumi
poco olio per arrostire
Procedimento
Tagliuzzare molto finemente o addirittura grattugiare le verdure. Ho voluto strafare e ho preparato le mie due versioni.
La prima versione, tagliuzzata alla “meno peggio”, con pelapatate e coltello.
La seconda versione, con le verdure più sminuzzate (forse una via di mezzo sarebbe la cosa migliore).
Per evitare che i rosti si disfino troppo in cottura (analogamente alla scarpaccia di zucchine), se si ha tempo si potrebbero condire le verdure con sale e peperoncino, dopo averle tagliuzzate, e farle scolare per almeno 3 ore dentro uno scolapasta, per far perdere il grosso dell’acqua (senza però gettarla via).
Poi ho pigiato con il dorso di un cucchiaio e aggiunto un po’ di albume sopra ad ogni rosto.
Se le verdure si fossero asciugate troppo, mescolare un po’ dell’acqua residua insieme agli albumi e versare questo mix sopra ad ogni rosto, altrimenti solo albume.
Per non rovinarli in cottura, capovolgerli con l’aiuto di una spatola.
In alto, la prima versione: nella paellera gigantona antiaderente ce ne sono andati 7.
In basso, la seconda versione: nella padella di ceramica ne ho cotti altri 7.
Li ho fatti cuocere 10-12 minuti buoni..
Hanno un sapore delicato, e qualcuno ha detto che somigliavano vagamente agli involtini primavera.
La prima versione, più rustica.
La seconda versione, con verdure tagliate più finemente.
Insomma, con qualche accorgimento, è un contorno da replicare.
Per questo levasmalto delicato lo spunto principale come al solito viene da una delle formule de L’angolo di Lola.
Nei negozi biologici un tale solvente delicato ha un costo notevole.
Facendolo noi in casa in maniera semplicissima, riusciamo in contemporanea a dimezzare la spesa e a salvaguardare le nostre unghie.
Le mie piccole variazioni sono relative soltanto agli olii essenziali, che hanno tuttavia le stesse caratteristiche mirate per l’uso ottimale del prodotto.
Fase unica:
Ethyl lactate 50 (nome commerciale qui, Eco Dissolvant)
Alcohol (buongusto per liquori) 95° 40
Glicerina 5
Olio di ricino 4
Olio essenziale di limone 0,50
Olio essenziale di arancio 0,25
Olio essenziale di bois de ho 0,25
il pH è 6 senza correzioni.
In un documento di un organo di controllo americano è stato testato in patch semi-occlusivo al 49% e non ha dato irritazioni o sensibilizzazioni.
Dovrebbe essere più delicato dell’alcohol e in questo caso lavorano in sinergia.L’olio di ricino e la glicerina fungono da addolcenti, così come descritto in due levasmalto bio: quello della Sante e quello della Benecos.Inci levasmalto Sante
alcohol denat.*, ethyl lactate, ricinus communis seed oil, aqua, citrus aurantium dulcis*, limonene, linalool.Inci levasmalto Benecos
ethyl lactate, alcohol denat, glycerin, aqua, citrus aurantium dulcis (orange) peel oil, citrus limon (lemon) peel oil, limonene, citral.Secondo quanto confermato da Aroma-Zone, il venditore dell’Eco Dissolvant (e altri riscontri trovati in rete), gli oli essenziali con molto limonene aiutano la funzione solvente.
Io non sono una utilizzatrice frequente di smalto e dunque di levasmalto, un po’ perché l’odore dell’acetone mi dà molto fastidio, un po’ perché ho sempre mangiato le unghie, anche se sto cercando di smettere.E’ abbastanza semplice far venire via uno smalto normale anche se con questo remover impiego un po’ di più.
Ma questo levasmalto l’ho testato – armandomi di pazienza – su uno smalto molto difficile da togliere anche con altri solventi: il Candy Canes verde della Kiko – 43 Fizzy Peppermint.
Non senza difficoltà, ma alla fine ha funzionato, senza dare quella immediata sensazione di secchezza, ma anzi lasciando le unghie ben nutrite, grazie all’olio di ricino.
Rispetto ai levasmalto tradizionali quindi ci impiega un pochino di più, ma il gioco vale assolutamente la candela.
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Per chi, sensibile ai problemi ambientali, non vuole/può autoprodurre, ma vuol continuare ad acquistare cosmetici o prodotti vari per la casa e la persona, un piccolo consiglio è quello di consultare il famigerato INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients).
Qui sotto due siti dei quali mi avvalgo per la consultazione:
– ewg.org/skindeep/
– biodizionario.it
Quindi, attenzione ai numeri e ai colori degli scores (equivalenti di un semaforo dal verde, al giallo, al rosso, dove naturalmente il verde è il migliore) e all’ordine di inserimento delle varie sostanze nel prodotto (più sostanze con inci verde troverete ai primi posti, meglio sarà; come per gli alimenti, gli ingredienti scritti per primi sono contenuti in dosi maggiori!).