Categorie
SALSE, sughi, condimenti, erbe

Pasta c'anciova e muddica atturrata (la mia)

      … e cioè: “Pasta con le Alici e Mollica di Pane Tostata”!

Moltissimi anni fa, in riva al mare, in Sicilia, in una località e in una trattoria delle quali non ricordo il nome (avevamo girato per largo e per lungo la stupenda isola), con mio marito ordinammo la pasta con alici e mollica (bada bene: non pangrattato, ma mollica).
Era in bianco!
Detta così sembra semplice e invece …. lo è!
Ma assicuro che aveva un gusto unico dato dal connubio di queste due principali ingredienti.
Provai a replicarla in casa (facevo già spesso la pasta con le alici sottosale), ma senza la “muddica” non c’è storia; si! Il famoso formaggio dei poveri.
Ci sono innumerevoli versioni con formati di pasta forse più adatti, con pomodori, cipolla, uva passa, pinoli, formaggio, e mi riprometto di farle tutte, ma per ora ho preferito la semplicità che in questa versione in bianco (che sembra sia la più antica) mi fa ritrovare più di altre il sapore e i colori di quelle giornate.

Ingredienti per 4 persone
Spaghetti 400 g
Alici sottosale 6-7 filetti***
Aglio 3-4 spicchi
Pane raffermo grattugiato 6-7 cucchiai
Olio Extravergine d’oliva
Prezzemolo
Peperoncino (a piacere)
*** non volendo rinunciare all'”anciova” unita alla “muddica”, devo ammettere che a volte ho fatto un peccatuccio veniale e ho utilizzato con soddisfazione le umili ma ottime alici sottosale “B@len@”!
Procedimento
Ho versato l’acqua necessaria in una pentola e ho portato a ebollizione salando pochissimo (le alici sono veramente saporite!).
Ho tritato uno spicchio d’aglio e gli altri li ho privati della nervatura centrale per renderli più digeribili, ho messo tutto in una padella capiente con un giro d’olio, ho aggiunto poco peperoncino, ho fatto rosolare e subito dopo ho spento la fiamma.

 

 
 
 
 
 

In un altro padellino antiaderente ho versato 6-7 alici sottosale ben sciacquate, diliscate e asciugate, e le ho fatte rosolare brevemente nell’olio (si scioglieranno in brevissimo tempo), ci ho versato la mollica di pane (fatto da me e grattugiato grossolanamente nel bimby) e l’ho fatta tostare in questo olio saporito, mescolando spesso.
Ho scolato la pasta al dente e l’ho fatta saltare nella padella con l’aglio, aggiungendo poca acqua di cottura che avevo conservato.
Ho spento la fiamma, aggiunto “la muddica” croccante, insaporita con le alici, e ho mescolato bene.
Una pioggia di prezzemolo, e il piatto è pronto.
Servire ben caldo.

Categorie
PASTAiola, primi e pasta fatta in casa

Cavatelli con i ceci – Puglia

In alternativa alla ottima “pasta e ceci” che noi romani siamo abituati a mangiare il venerdì (che poi, è una minestra in realtà), con aglio, rosmarino e la classica alice sottosale, immancabile per i più patiti, ho trovato in rete una delle versioni alternative per condire i cavatelli piccoli, quelli “a un dito”.
Ho imparato a fare questa pasta pugliese fatta in casa, in compagnia delle amiche di Cookaround nei vari cucinare insieme (qui trovate la ricetta).

Ingredienti
400 gr. di cavatelli piccoli
300 gr. di pomodorini (io polpa pomodoro in barattolo)
300 gr.di ceci
olio extra vergine di oliva
sale
cipolla, alloro, peperoncino, aglio

Preparazione

La preparazione che segue avviene se non si decide di utilizzare i ceci in scatola.
Dopo aver selezionato i ceci e tolte le eventuali impurità, li ho messi in ammollo per una notte intera in acqua inizialmente tiepida e un cucchiaino di bicarbonato (si potrebbe utilizzare l’acqua di cottura della pasta. Qualcuno aggiunge anche un cucchiaio di farina).
Ho cambiato l’acqua di ammollo dei legumi (senza più aggiungere nulla), anche più di una volta, per dar modo di eliminare le tossine (saponine).
Il giorno dopo li ho messi in una pentola, li ho coperti con acqua fredda pulita per almeno il doppio del loro volume, ho aggiunto un paio di foglie di alloro, l’aglio, di nuovo un pizzico di bicarbonato e li ho fatti arrivare a bollore a fuoco vivace.
Poi ho abbassato il fuoco, coprendo e lasciando una piccola fessura fra coperchio e pentola, per circa 1 ora e mezza.
Eventualmente aggiungere altra acqua caldissima ove se ne consumasse troppa in cottura.
Salare verso fine cottura per non farli indurire (vedi nota in fondo).
A parte ho preparato un sughetto con l’olio, cipolla, peperoncini (ho usato quelli freschi, che ho in freezer, tagliati a rondelle) e pomodorini; lasciarlo cuocere lentamente per una mezz’oretta.
A questo punto ci sono due strade:
1 – Per la pasta – Cuocere i cavatelli nell’acqua di cottura dei ceci riportata a bollore dopo averli scolati in precedenza e messi via;
2 – Per la minestra – Cuocere i cavatelli nella pentola dove sono ancora immersi i ceci nella loro acqua di cottura, riportando prima a bollore.
Questa ricetta viene solitamente servita scolando i cavatelli piuttosto asciutti conditi coi ceci e la salsa, a mo’ di pasta asciutta; in questo caso regolarsi coi vari passaggi di acqua, ceci, salsa, ecc.
Io invece ho scelto la seconda strada (ho voluto provare la zuppa!).
Ho impiattato e aggiunto la salsetta piccante nel piatto, sui cavatelli brodosi.

Nota per cottura/bollitura dei legumi:
Ortaggi e legumi
….una regola empirica ereditata dalle nostre nonne suggerisce “sotto terra, acqua fredda, fuori terra acqua calda”, ovvero: immergete in acqua fredda salata poi portate a ebollizione tuberi e radici, bulbi (patate, carote, cipolle, scorzonere ecc.), mentre invece immergere in acqua salata bollente le verdure che crescono fuori terra.
…………..
Anche i legumi sia freschi che secchi (fagioli, ceci, lenticchie) devono essere immersi in acqua fredda o tiepida, per evitare che al brusco contatto con il calore perdano la buccia; per lo stesso motivo è opportuno salare l’acqua a metà o a fine cottura.

Fonti:
mio archivio Cookaround 22.XI.2010;
laterradipuglia.it/italiano/Primi/cavatelliececi.htm;
Wikipedia

Categorie
PASTAiola, primi e pasta fatta in casa

Cavatelli o strascinati – Puglia

Tratto da un cucinare insieme per le paste regionali che organizzavamo a vicenda fra simpatiche “cookine”.


Sopra, i cavatelli coi ceci, o meglio “cavatielli” (fatti “a un dito”). Per il condimento, guardare qui.


Sopra, gli strascinati (denominati gnoccoli in Sicilia), questa volta con sughetto ai porcini secchi.

Sotto i miei preferiti per la pastasciutta: 8 dita, strascinati sia da una parte che dall’altra per renderli abbastanza sottili, e vogliono una cottura velocissima.

Possono essere fatti ad 1-2-3 o quante dita preferite, sempre “strascinandoli” sulla tavola.
In questo caso ho preferito due formati: a 1 dito per le minestre e poi ho scoperto (ma evidentemente esistevano già da prima), quelli a 8 dita per gustarli a pastasciutta.
Ecco le mie dosi – con qualche piccola variazione rispetto ai cucinare insieme.

Ingredienti per ogni 100 grammi di semola
100 g di semola rimacinata di grano duro (in seguito ho usato con maggiore soddisfazione semola non rimacinata)
40 g acqua appena tiepida (ho preferito fare un impasto abbastanza asciutto. C’è da lavorarlo un po’ di più, ma a mio parere vale la pena)
0,5 sale (meglio a velo, ¼ di cucchiaino raso)

Procedimento

Ho riscaldato l’acqua fino ad averla poco più che tiepida e ci ho sciolto un pizzico di sale.
Ho formato una larga fontana di farina sulla tavola e ho versato un pò d’acqua al centro quindi ho iniziato ad impastare e ad aggiungere altra acqua sino ad avere un impasto appena idratato.
Ho lavorato bene l’impasto per circa 3-4 minuti.
Qui, i miei primi cambiamenti:
di solito mi trovo bene, e mi sembra che la pasta venga meglio, se osservo almeno 3 intervalli di riposo di mezz’ora l’uno, alternati ad altrettante reimpastate (grazie Silvana per questo insegnamento).
1 2 3 4
1)appena impastata; 2)reimpastata dopo 1/2 h di riposo; 3)reimpastata dopo 1 h di riposo; 4)prova impronta dopo l’ultima 1/2 h di riposo
In pratica comincio la lavorazione vera e propria dopo 1 ora e mezza.
Alla fine la consistenza sarà uguale a quella delle orecchiette.
Fra una impastata e l’altra, metto l’impasto in un sacchetto per alimenti e lo ripongo in un posto riparato (in inverno in genere nel forno spento).
Trascorso questo tempo prendo l’impasto, ne taglio un pezzo, formo dei cordoncini del diametro di poco meno di 1 cm.
Taglio tanti tocchetti della lunghezza di 1 cm e con il dito medio o indice li “strascino” sul tagliere (anche se ho visto che usano anche il pollice, trascinando di lato l’impasto).
A un dito
A 8 dita

Presa la misura delle mie 8 dita – naturalmente escludendo i pollici – ho tagliato regolarmente il cordoncino, aiutandomi con una spatola
07.XI.2010
Categorie
SECONDI, SFIZI E STREET-FOOD

Involtini al sugo

Questo è uno dei piatti “storici” che piacciono molto in famiglia e che di tanto in tanto sono costretta a ripetere!

Faccio degli involtini molto semplici, con sole verdure all’interno.
Solitamente quando li preparo utilizzo parecchio pomodoro: la salsina infatti dovrà accompagnare gli involtini (un bel po’ in verità, per fare la “scarpetta”), ma con l’occasione preparo anche la pasta, quindi il sugo dovrà necessariamente essere abbondante (a completamento del piatto di pasta, a noi piace molto una generosa spolverata mista di parmigiano/pecorino).
Ingredienti per 3-4 persone
5-600 grammi di fettine da involtini (questa volta ho utilizzato girello grass fed)
2 coste di sedano
1 carota
mezza cipolla
3 spicchi aglio senza nervatura centrale
sale
dado granulare
½ bicchiere vino rosso
800 gr pelati
200 gr acqua
olio e.v.o.
poco guanciale (o pancetta)
sale
pepe (facoltativo) e/o poco peperoncino
Stuzzicadenti per fermare la carne

Procedimento

Preparo le fettine  sul tagliere dove ho preparato le verdure a listerelle (se sono molto spesse, appiattisco un po’ le fettine col batticarne).

Per ciascuna fetta di carne Inserisco qualche listerella di sedano/carota e mezzo spicchio di aglio intero o molto ben tritato (non amo l’aglio cotto, quindi preferisco che si sciolga in cottura, oppure poi lo tolgo!).
Spolvero con poco sale (e pepe, volendo) e avvolgo la carne nella classica forma ad involtino, fermando con uno stuzzicadenti.

Faccio rosolare per qualche minuto olio, cipolla, aglio, guanciale e peperoncino nella pirofila di ghisa.

Adagio poi gli involtini, facendo rosolare anche loro a fuoco vivace, da tutte le parti.

Sfumo col vino rosso fino a far svanire la parte alcolica, dopodiché aggiungo del sale sulla carne e copro, facendo cuocere a fuoco basso su spartifiamma, per circa mezz’ora.

Aggiungo quindi pomodori spezzettati e acqua, ben caldi (per non fermare la cottura della carne), aggiusto di sale (o dado granulare) e lascio cuocere per almeno un’oretta e mezza a fuoco bassissimo coperto. Se si vuole un sugo più ristretto, lasciare il coperchio a fessura per l’ultima mezz’ora.
Arrivati a fine cottura servo gli involtini (con contorno di purè o altro), oppure preparo prima la pasta che condirò con questo sughetto!

Categorie
SECONDI, SFIZI E STREET-FOOD

Trippa alla romana


La trippa, uno dei piatti della cucina romana, oggi un must per i “non romani” di passaggio che vogliono assaggiare questa prelibatezza tradizionale.
Mia madre, romana di Ponte “Mollo”, ce l’ha sempre fatta molto simile a quella della Sora Lella.
L’unico ingrediente che non usava è il chiodo di garofano che, come diceva nella sua ricetta la sorella del grande Aldo Fabrizi, toglie invece un po’ dell’odore forte della trippa!
Chissà!? Forse a mia madre piaceva l’odore pronunciato di questa specialità!

Per quanto riguarda la fase di inserimento del pecorino romano, avendo preparato tutte e due le versioni, posso dire che l’unica sostanziale differenza aggiungendolo in cottura, è che resta in gran parte attaccato sul fondo della pentola, diventando un problema per il post-lavaggio.
Per il sapore invece trovo le due versioni pressoché simili, per cui resto del filone “pecorino dopo”.
Ormai – a meno di non avere il macellaio di fiducia – si trova più facilmente in vendita la trippa precotta che non presenta grossi problemi di odore forte.
Per chi invece avesse la “fortuna” di trovare la trippa non trattata (che viene venduta ai ristoratori che arrivano prima di noi, come dice mia madre) si potrebbe procedere preventivamente ad una bollitura di 10-15 minuti, aggiungendo mezzo bicchiere di aceto se proprio non si gradisce l’odore particolare finale della frattaglia.
Praticamente c’è una sorta di graduatoria rispetto al profumo/sapore caratteristico finale gradito:
– trippa non trattata solo molto ben lavata e poi cotta (mia madre ha sempre fatto così!);
– trippa non trattata ben lavata, pre-bollita per una 10ina di minuti con poco aceto prima della cottura;
– trippa precotta (quella che si trova nei super) solo ben lavata e poi cotta (io solitamente faccio così);
– trippa precotta dei super ben lavata e prebollita per 10 minuti con sola acqua (faccio così, pur di mangiare di tanto in tanto la trippa, se ho commensali che non ne gradiscono troppo l’odore finale).
La consistenza finale della trippa dipende dai gusti personali.
A me piace appena callosa, non deve restare molliccia per capirci, quindi per la trippa precotta non vado oltre i ¾ d’ora di cottura.
Altro capitolo importante è quello dell’aggiunta della menta romana che è “la morte sua”, mi raccomando. Scientificamente il nome è mentha pulegium.
Non andrebbe messa invece la mentuccia comune (scientificamente clinopodium nepeta.)

 
Ingredienti per 4-5 persone

1 Kg trippa precotta
mezzo bicchiere di olio e.v.o.
1 cipolla bianca o dorata
2 costine di sedano
1 carota
1 grosso spicchio d’aglio senza la nervatura centrale
peperoncino q.b. (io un quarto)
1 manciata di menta romana (non siate timidi, ce ne vuole proprio una bella manciata)
qualche foglia di basilico (e/o alloro: mia madre lo mette)
2-3 chiodi di garofano
1 bicchiere vino bianco secco
500 g polpa di pomodoro (meglio se schiacciata o frullata)
sale q.b.
½ bicchiere di acqua calda (facoltativo – per prolungare la cottura per una trippa più tenera)
100 g pecorino romano
acqua per pre-sbollentare la trippa (facoltativa)

Dall’etichetta nutrizionale della foto si nota quanto la trippa sia ipocalorica

Procedimento

  1. Anche se precotta, quando ho commensali che non gradiscono troppo l’odore caratteristico finale, sbollento preventivamente la trippa in acqua (senza aceto) per una 10ina di minuti.
  2. Poi in un tegame faccio scaldare l’olio, ci verso lo spicchio d’aglio, il peperoncino e il trito grossolano di cipolla-sedano-carota, lasciando insaporire solo qualche minuto.
  3. Unisco la trippa aggiungendo anche la menta, i chiodi di garofano e il basilico.
  4. Lascio restringere, mescolando di tanto in tanto, fino a che si consumino tutti i liquidi rilasciati sul fondo del tegame.
  5. Alzo la fiamma e aggiungo il vino, sfumando fino a non sentire più la parte alcolica.
  6. Aggiungo poco sale, unisco il pomodoro e lascio insaporire per una decina di minuti.
  7. Aggiungo l’acqua, copro e verso fine cottura (30 minuti dopo) aggiusto di sale se necessario  (poco, perché poi c’è il pecorino che dà parecchia sapidità!).
  8. Impiatto aggiungendo una generosa spolverata di pecorino romano!

Categorie
SALSE, sughi, condimenti, erbe

Risotto con rape rosse e finocchio

Molte volte, leggendo qua e là ricette che mi ispirano, trovo suggerimenti di ingredienti che sul momento non ho in casa, e allora mi invento alternative con altri ingredienti, secondo me plausibili.
Questo piatto è uno di quei casi.
Mi sono trovata in frigo delle rape rosse precotte e visto che stavano per scadere, non mi andava di mangiarle così, nature, a fette e visto che avevo delle confezioni di riso bianco e nero da finire, ho voluto provare questo risottino niente male.

E’ un piatto dal retrogusto dolce e un po’ insolito, grazie anche ai gambi di finocchio che ho aggiunto al posto dell’aneto che era indicato nella ricetta di provenienza!
Una ricetta semplice arricchita dai preziosi polifeloni, che pur se inibiti in parte dalla cottura, sono    pur sempre contenuti nella “barbarossa” (è anche questo il nome che viene dato alla rapa rossa!).
Ingredienti per due persone
180 g riso misto bianco e nero bio
20 g pancetta o guanciale bio
140 g rape rosse precotte bio
brodo di dado essiccato q.b.
20 g burro Occelli
30 g parmigiano reggiano bio
i gambi e i ciuffetti di “barba” di un finocchio bio
olio e.v.o.
sale q.b.
Procedimento
Ho fatto rosolare il guanciale in poco olio in un tegame dove poi ho tostato il riso a fuoco vicace.
Ho bagnato con un paio di mestoli di brodo bollente fino a coprire completamente il riso.
Mentre il riso cuoce ho ridotto la rapa rossa a pezzetti.
Ho continuato la cottura del riso aggiungendo brodo man mano che il precedente veniva assorbito.
A circa metà cottura del riso ho aggiunto i pezzetti di barbabietola e i gambi verdi ben puliti di un finocchio, più facili da rimuovere se vogliamo, al termine della preparazione.
Ho regolato di sale (poco, tanto c’è brodo e poi aggiungo parmigiano).
A fuoco spento ho mantecato il risotto col pezzetto di burro e il parmigiano grattugiato.
Ho lasciato riposare il risotto per 3-4 minuti prima di servirlo in tavola.
Ho decorato ciascun piatto con un ciuffetto di barba di finocchio.

 

Categorie
SECONDI, SFIZI E STREET-FOOD

Spezzatino al sugo con patate

Un piatto tradizionale italiano che vale la pena di mettere in tavola ogni tanto è lo spezzatino al sugo con le patate.
Questa è una delle tante ricette, che ho riadattato secondo i gusti della mia famiglia.
Ingredienti per circa 3/4 persone
500 g carne bovino adulto (taglio non magro)
1 Kg. patate
trito di carota, cipolla, sedano, aglio, rosmarino, peperoncino
mezzo bicchiere di vino rosso
farina
1 litro brodo preparato col mio dado granulare
1 barattolo polpa di pomodoro
sale
noce moscata (facoltativo, l’ho messa)
pezzetto di fungo secco porcino (facoltativo, l’ho messo)
olio e.v.o.

  1. Ho tritato grossolanamente a coltello le verdure per il soffritto e le ho lasciate da parte.
  2. Ho infarinato i pezzi di carne e li ho fatti rosolare in abbondante olio caldo fino a formare una bella crosticina.
    Ho mescolato spesso, abbassando poi la fiamma per non farli bruciare.
  3. Una volta rosolata la carne ho alzato di nuovo la fiamma, ho aggiunto le verdure del soffritto e sempre mescolando le ho fatte insaporire per qualche minuto.
  4. Ho aggiunto il vino a fuoco vivace e ho fatto sfumare fino a non sentire più la parte alcolica (efficace la gestualità del cuoco in questa fase).
  5. Ho aggiunto il pomodoro e sempre mescolando, a fuoco alto, ho fatto riprendere il bollore.
  6. A questo punto ho aggiunto 3 mestoli di brodo bollente fino a coprire del tutto la carne.
  7. Una volta ripreso il bollore ho coperto, lasciando uno spiraglio, e fatto cuocere per circa 60 minuti abbassando la fiamma al minimo (meglio 90 se la carne è magra), rimestando di tanto in tanto e aggiungendo brodo caldo se serve.
  8. Passato il tempo ho aggiunto le patate tagliate a pezzi regolari di media grandezza, ho aggiunto ancora brodo bollente; ho salato (attenzione a non esagerare, c’è già il brodo, che poi ritirandosi lascia la sua sapidità), aggiunto una grattatina di noce moscata, il pezzetto di fungo secco porcino, mescolato, chiuso con coperchio e lasciato cuocere circa 40 minuti a fuoco basso, facendo attenzione a mescolare delicatamente di tanto in tanto per non far attaccare le patate al fondo della pentola, ma senza farle disfare.
    Aggiungere altro brodo bollente all’occorrenza.
    Alla fine fare la prova forchetta per la cottura delle patate e della carne (o proseguire aggiungendo altro brodo bollente).
  9. Far riposare coperto nel tegame per 10-15 minuti prima di servire (un po’ perché altrimenti ci si ustiona e un po’ per amalgamare i sapori).
  10. Impiattare e servire ben caldo.

Categorie
SECONDI, SFIZI E STREET-FOOD

Brasato al vino rosso

… con carne grass fed, allevata sui pascoli e che si nutre solo di erba!

😉

Naturalmente il vino rosso di elezione per questo piatto prelibato e importante adatto ad occasioni speciali e non solo, tipico della tradizione culinaria piemontese, è il barolo.
Se non si ha del barolo però non ritengo si debba rinunciare: in mancanza, assicuro comunque un piatto all’altezza dei palati più esigenti.
Questa è la ricetta dalla quale ho preso spunto per un pranzo delle festività natalizie 2018, e sotto come l’ho realizzata.Per il pezzo di carne acquistata, questa volta mi sono rivolta a grassfeditalia.
Presso questo sito viene commercializzata unicamente una carne allevata a erba e pascolo.
Purtroppo questa carne è ancora poco conosciuta ma, a mio parere, molto interessante da tenere in considerazione!

Ci sono versioni che prevedono la steccatura della carne con lardo o pancetta (ma questo se non si dispone di una carne adatta. Perfetto il “cappello del prete” utilizzato).Ingredienti per 6-8 persone
1 Kg. e ½ cappello del prete “grass-fed”
1 bottiglia di rosso IGT Lazio 12,5° **
2 coste di sedano **
1 cipolla **
2 carote **
1 spicchio d’aglio **
2 foglie d’alloro **
2 rametti di rosmarino **
3-4 foglie di salvia **
5 grani interi di pepe nero **
2 chiodi di garofano
1 piccolo pezzo di cannella in stecca
farina per infarinare la carne **
1 cucchiaio di burro chiarificato
4-5 cucchiai olio e.v.o. di frantoio **
sale (io dado granulare **)
** da agricoltura biologica

Preparazione

Il risultato è stato di grande soddisfazione la carne saporitissima e tenera come un burro, come si suol dire.

Mi sono limitata ad una marinatura relativamente breve preparata la notte precedente (i ragazzi erano in partenza e volevo che assaggiassero il mio brasato, ma alcune versioni prevedono tempi di marinatura di 12-24 ore e oltre).

Per quanto riguarda il sapore, per questa volta ho voluto inserire fedelmente tutti gli ingredienti suggeriti.

Qualora volessimo un risultato finale più “naturale”, si potrebbe omettere qualche spezia!

  1. Ho lavato, pelato e tagliato a pezzetti cipolla, carote, sedano.
  2. Ho sistemato la carne di manzo in una terrina capiente di vetro (o coccio), e ho unito le verdure tagliate in precedenza, le foglie di alloro, lo spicchio di aglio pulito e senza la nervatura centrale, la cannella, la salvia, il rosmarino e i chiodi di garofano.
  3. Ci ho versato sopra il vino in modo di ricoprire bene il manzo.

    Non avendo tempo, ho lasciato marinare la carne per “sole” 6 ore, al fresco della notte, in verandina, coprendo la terrina con pellicola trasparente per alimenti.

  4. Al mattino ho prelevato il pezzo di carne dalla marinatura facendo sgocciolare il liquido, l’ho asciugalo delicatamente con della carta assorbente da cucina e ho infarinato per bene da tutte le parti.
  5. Ho messo il burro nella mia Staub di ghisa e l’ho fatto fondere insieme all’olio.

  6. Ho unito la carne e l’ho fatta rosolare per una decina di minuti a fuoco vivace, girandola spesso con dei cucchiai di legno, in modo di farla colorire uniformemente da tutti i lati (questo passaggio è molto importante per sigillare all’interno tutti i succhi.

    Fare anche attenzione a non bucare la carne nel rigirarla).

  7. Terminata la rosolatura, con un mestolo forato ho prelevato le verdure e le spezie dalla marinata e le ho trasferite nella casseruola con la carne.
  8. Ho lasciato cuocere verdure e carne ancora per un quarto d’ora e poi ho spolverato con dado granulare (o sale).
  9. Ho iniziato quindi a bagnare la carne con la marinata di vino che ho stiepidito (è buona norma aggiungere sempre liquidi caldi per non fermare la cottura, ma l’ho fatto anche per far evaporare un po’ di alcool. Sembra lasci un gusto un po’ amaro alla fine!), ho coperto la casseruola e lasciato cuocere a fuoco moderato, coperto, per circa 3 ore, capovolgendo per un paio di volte in tutto.
  10. Una volta cotta la carne, l’ho prelevala dalla casseruola e l’ho tenuta da parte per tagliarla.
  11. A questo punto ho prelevato le verdure (tranne cannella, alloro, chiodi di garofano, che ho gettato) e le ho frullate con un minipimer, creando una cremina (se occorre, rimettere a scaldare sul fuoco prima di servire).
  12. Una volta raffreddatosi un pochino (si taglia meglio da freddo) ho tagliato il brasato a fette e l’ho rimesso nella pentola col sugo caldo.

    Al momento di servire ho disposto le fette in ciascun piatto caldo, versandoci sopra sia la salsa bollente che qualche cucchiaiata di sughetto liquido ben caldo (annotazione: prevedete molto pane in tavola per fare la “scarpetta”!!).

  13. Il brasato si può accompagnare con patate lesse, purea di patate, oppure con cipolline stufate o ancora con una bella e fumante polenta.

Eravamo in 5 e abbiamo mangiato il pezzo grande da 1 Kg.
Il pezzo rimanente da ½ Kg. l’ho congelato separatamente con sughetto e salsetta cremosa per gustarlo insieme al maritozzo quando saremo da soli … eventualmente lasciando anche un po’ di condimento per un bel piatto di pasta o ravioli, ecc.!!!

Categorie
COSMETICANDO, casa e persona

Pronto Soccorso Labbra

Ho replicato anche quest’anno questo favoloso balsamo labbra e il risultato è stato proprio “seta pura”!
Secondo quanto letto nella ricetta de l’Angolo di Lola, questo è un unguento che ha ottime proprietà ammorbidenti sulle labbra, dura un tre-quattro ore senza bisogno di riapplicarlo, è molto confortevole e rende da subito le labbra morbidissime.
Non è la solita formula dei burrocacao: questa è una vera autentica cold cream modificata, in versione completamente “verde”, senza ingredienti discutibili (paraffina, ecc.).
Con qualche trascurabilissima modifica rispetto all’originale, questi gli ingredienti utilizzati per 100 grammi finali:
Fase grassa
Olio di Riso 45
Cera Vergine d’Api non sbiancata 20
Olio di ricino 5
Tocoferolo (vit. E) 5
5-6 gocce di olio essenziale di arancio dolce bio [secondo il suggerimento della ricetta originale serve solo per profumare, quindi in caso di allergie agli o.e. si potrebbe omettere. Io trovo ci stia benissimo; altre volte ho utilizzato o.e. di agrumi non fotosensibilizzanti (bergamotto, pompelmo, yuzu, senza furocumarine) ed è andata altrettanto bene, senza lasciare alcun sapore amaro al prodotto finale].
Fase acquosa
Miele di acacia 20
Glicerina 5
Procedere come nella preparazione della cold cream: scaldare le due fasi separatamente; a scioglimento della cera iniziare a mescolare-frullare (io ho usato un frullino piccolo tipo aerolatte, meglio se adattato in un mandrino del trapano, perché il semplice aerolatte, una volta addensata l’emulsione non ce la fa più a frullare) versando a goccia a goccia il miele fuso misto glicerina, che si versano bene in quanto sono liquidi.
Ho mescolato con pazienza fino a completo raffreddamento (ci vuole quasi mezz’ora) se non lo si fa si rischia che le fasi si separino.
Quando inizia a diventare un po’ denso ed è tiepido (non freddo) aggiungere gli olii essenziali se opportuno.
Meglio preparare almeno 50 grammi di prodotto altrimenti non si riesce ad emulsionare.
Invasettare in una scatolina carina oppure, con l’aiuto di una siringa senza ago, come ho fatto io, riempire direttamente dei tubetti ad hoc.
Li ho comprati su Aroma Zone e con questo ho risolto.

La versione stick pertanto non mi manca neanche un po’.
Ho frullato senza interruzione fino a raffreddamento con un aerolatte, mescolando di tanto in tanto con una spatola di silicone.
Immagine
Immagine
L’emulsione, se ben preparata non si separa e il prodotto si è conservato benissimo anche fino ad un anno dalla produzione (naturalmente si dovrà evitare di lasciare il burro-cacao in ambienti caldi, come i cruscotti delle auto lasciate al sole, oppure vicino ai termosifoni, ecc.).
Immagine
Queste alcune delle giarrine-regalo che preparai.
Altra idea di utilizzo:
in un periodo in cui avevo un po’ di tosse e raucedine ho preso una “ditatina” del balsamo magico, ci ho versato un paio di gocce di olio essenziale di eucalipto e me lo sono massaggiato sul petto a mo’ di Vi.k. Va.oru.b.
Be’, non se se per suggestione, effetto placebo o altro, ma mi è sembrato funzionasse, mi è piaciuto molto, e mi è sembrato di respirare meglio.

*******

Per chi, sensibile ai problemi ambientali, non vuole/può autoprodurre, ma vuol continuare ad acquistare cosmetici o prodotti vari per la casa e la persona, un piccolo consiglio è quello di consultare il famigerato INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients).
Qui sotto due siti dei quali mi avvalgo per la consultazione:
– ewg.org/skindeep/
– biodizionario.it
Quindi, attenzione ai numeri e ai colori degli scores (equivalenti di un semaforo dal verde, al giallo, al rosso, dove naturalmente il verde è il migliore) e all’ordine di inserimento delle varie sostanze nel prodotto (più sostanze con inci verde troverete ai primi posti, meglio sarà; come per gli alimenti, gli ingredienti scritti per primi sono contenuti in dosi maggiori!).
05.II.2015

Categorie
DOLCI

Crema spalmabile alla nocciola

PRIMA VERSIONE 2010, RIVISITATA OGGI, A FINE 2018.
Ancora un po’ di pazienza (sono allo studio di una nuova formula) e forse pubblicherò una nuova versione col risultato sperato (vedi in fondo)!!! All’epoca ebbi un’assistente d’eccezione nel preparare la mia prima crema spalmabile alla nocciola:
ancora più nocciola della crema che stavo per fare, la piccola Diana, figlia della mia sorella minore, ora quasi diciottenne.

Per la privacy si vede poco, ma vi assicuro che si diede parecchio da fare.
Ho ripetuto poche volte delle simil-nutell@ fatte in casa in questi anni perché, pur se più genuine delle commerciali, preferisco non abusarne.
Oggi (siamo nel 2018) ho usato il bimby ( thermomix tm31 ) .
Fra l’altro, per realizzare una versione per i piccolini di casa che fosse quanto più possibile genuina e poco deperibile, ho utilizzato del latte biologico in polvere anziché liquido, prendendo spunto da questa ricetta.
Forse non è un grandissimo problema, ma pur se buone e genuine, nessuna delle ricette provate lascia una crema spalmabile per il giorno dopo, neanche a temperatura ambiente (se passasse di qui qualcuno e volesse dare suggerimenti in merito, sarò ben felice di fare nuove prove).
Intanto ci sto lavorando (vedi sotto).

Ingredienti

150 g nocciole bio già sgusciate, tostate e senza pellicina (voglio che le nocciole si sentano parecchio. Se si tostano in casa delle semplici nocciole sgusciate crude, prevedere una decina di grammi in più in quanto perdono umidità e pellicine durante la tostatura)
100 g cioccolato fondente bio (io con cacao al 74%, della Sarchio)
100 g cioccolato bianco bio (sempre della Sarchio)
80 g zucchero di palma di cocco bio (basso indice glicemico)
50 g olio extra vergine di oliva di frantoio (o un semi più neutro se non amate lo splendido e.v.o.)
20 g latte intero biologico in polvere
i semi di mezza bacca di vaniglia
un pizzichino di sale
 
Procedimento
Una dritta per togliere abbastanza agevolmente le “malefiche” pellicine:
Ho messo in padella le nocciole in un solo strato e le ho tostate a fuoco basso per 20-30 minuti.
Soltanto nel mescolare alzavo la temperatura.
Dopo una decina di minuti, a nocciole caldissime e a fornello acceso (attenzione alle ustioni), con l’aiuto di un telo pulito ripiegato almeno in quattro ho cominciato a “strizzare” fra di loro le nocciole direttamente in padella, quasi come per frantumarle, senza naturalmente arrivare a questo.
Ho ripetuto questo “strofinìo” ogni volta che mescolavo e alzavo un po’ la fiamma.
Assicuro che attualmente è il metodo migliore che ho trovato per togliere il grosso delle pellicine.

Freddate le nocciole, le ho versate nel bimby insieme allo zucchero e intervallando, ho iniziato a frullare gradualmente fino a velocità 10 (turbo) per una 20ina di secondi ogni volta, ripetendo diverse volte fino ad ottenere una pasta densa e aggregata e spatolando per riportare ogni volta i residui sul fondo.


A questo punto ho aggiunto nel boccale i due tipi di cioccolata tagliati in precedenza a pezzettini, il latte in polvere, i semini di vaniglia e il sale.
Ho frullato ancora gradualmente a vel. turbo fino ad ottenere una pasta cremosa.
Ho aggiunto infine l’olio a filo e frullato ancora gradualmente a vel. turbo.
Infine ho impostato 5 min, 50°C, vel. 4.
Alla fine ho frullato a vel. turbo per circa 1 minuto per omogeneizzare il tutto (un po’ come faccio per i gelati homemade).
Ho colato questa crema ancora tiepida e liquida in un barattolone, usando il passino finissimo che si vede accanto (cercherò di fare ancora meglio e riferirò fra queste righe), trasferendo in un barattolino piccolo i residui più granulosi.


Purtroppo, a distanza di qualche ora, la crema è comunque un po’ “sabbiosa” e si compatta troppo, pur riuscendo ad essere prelevata col cucchiaino ed essere spalmata (con una certa difficoltà) sulla fetta di pane. 
Per raggiungere la lucentezza delle foto sarà sufficiente prelevare la dose voluta e farla stare per un po’ vicino ad una fonte di calore (o pochi secondi – ahimé – nel micro-onde).
Per la conservazione non ci dovrebbero essere grossi problemi visto che non c’è latte liquido ma in polvere; direi però di non andare oltre qualche settimana di conservazione.
Il giudizio odierno di Diana è comunque positivo rispetto alla versione di 8 anni fa 😉
P.S. – 02 January 2019
Not yet the final step, but within few weeks I will be back with a new self-produced version.
I hope it will be really spreadable the next day, even if stored in the fridge. Organic and a little expensive, but it is coming for our beloved grandchildren, and the name could be “HAZELNUTTY” … work in progress …

25.VII.2010