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LIQUORI, bevande, sciroppi, ecc.

Estratto di vaniglia

Seguendo quanto reperito in rete, dopo aver messo sottovuoto parecchie bacche fra congelatore e frigo (ne avevo comprate parecchie con un’amica), le ultime 15-16 le ho volute destinare a preparare questo estratto!!


Gli ingredienti:

– Mezzo litro di vodka (visto che era a 38° e non i 40° richiesti, ho aggiunto un tappino di alcool a 95°) oppure 500 grammi metà alcool a 95° + metà acqua oligominerale.

– 60 grammi di baccelli – sono una 15ina di pezzi – per mezzo litro di vodka a 40°.

Poi occorre una bottiglia scura da ¾ di litro (meglio scura per la luce o schermata con fogli di alluminio).

Questi che leggete sotto in corsivo in verde, sono i 5 punti di Tuki.

Come realizzare l’estratto di vaniglia in 5 semplici passi:

1. Procurarsi una discreta quantità di bacche di vaniglia di buona qualità, io ho utilizzato la qualità Bourbon. Quali caratteristiche ci permettono di stabilire la qualità della vaniglia? Innanzitutto i baccelli devono essere “grassi” e non secchi, morbidi (non mollicci!) e belli lucidi, devono risultare flessibili (se il baccello si spezza non va bene per niente), devono trasudare olio ed avere una buona quantità di semi all’interno; last but not least, il profumo la dice tutta sulla qualità, ma per questo non posso aiutarvi molto; più baccelli passeranno sotto il vostro naso più imparerete a “sentire” quando la vaniglia è buona. Ah, servirà anche della buona Vodka, non importa quale, a noi interessa che contenga circa il 40% di alcool, in modo da avere la concentrazione ottimale per l’estrazione (a tale proposito si trovano studi piuttosto interessanti sull’argomento). In alternativa, facendo due calcoli, è possibile preparare una soluzione al 40% di alcol, andrà benissimo.

2. Pesare 60 g di baccelli (una quindicina, a seconda delle dimensioni) per ogni mezzo litro di vodka, queste sono le proporzioni per ottenere un estratto che possa essere definito tale.

Ho sezionato longitudinalmente e aperto (per esporre meglio i semini all’alcool) e tagliato a pezzi le bacche (meglio farle a pezzetti per far sì che siano bene immerse).

3. Aprire i baccelli a metà nel senso della lunghezza, in modo da avere i semi esposti, tagliarli a pezzetti piccoli ed introdurli in una bottiglia di vetro scuro capiente (se si intende usare mezzo litro di vodka prendere una bottiglia da 1 litro, in modo da poter agitare comodamente il tutto) assieme alla vodka. Il fatto di tagliare i baccelli a pezzetti non è tanto dovuto alla migliore estrazione, quanto alla praticità di non doversi sempre accertare che tutti i baccelli siano completamente immersi nella vodka.

4. Chiudere bene la bottiglia, dare una prima vigorosa “scecherata” e riporre in un luogo fresco e buio; ripetere quest’operazione di frequente, diciamo una volta al giorno per i primi 15 giorni e, successivamente, una volta alla settimana o quando ve ne ricordate.
5. Dopo 6 mesi l’estrazione dovrebbe essere completa, non resta che filtrare il tutto e cominciare ad utilizzarlo nelle varie preparazioni. In realtà l’estratto si può incominciare ad utilizzare dopo il terzo mese ma la differenza c’è, infatti, passati i tre mesi l’estratto continua a diventare via via più denso e scuro e l’odore di alcol tende a lasciare sempre più spazio alla vaniglia, fino a sparire completamente (bisognerebbe addirittura lasciarlo riposare altri 6 mesi per permettere all’aroma di perfezionarsi). L’aroma dell’estratto tende a migliorare con il tempo e non ha una scadenza. Come si usa?
Questo estratto è molto concentrato rispetto a quelli industriali, si utilizza soprattutto quando non avete tempo di aprire e raschiare i semi o perché magari, per qualche strano motivo, non volete che si vedano i “puntini”. Le quantità variano in base ai gusti e alle preparazioni, una volta fatta la mano ci si abitua. Se può esservi d’aiuto, io uso circa un cucchiaino da tè colmo di questo estratto là dove andrei ad utilizzare una bacca.
Fonte 05.II.2012

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PREPARAZIONI e tecniche di base

Pasta choux per bignè

Non sono partita da ricette dei Mostri Sacri della pasticceria, ho solo dato un’occhiata a qualche video su youtube. Poi però – per questa mia prima prova assoluta – ho deciso di seguire senza esitazioni l’aiuto di Tano, un amico cookino di Cookaround.

e parto da un passaggio intermedio alla ricetta che ho colto fra le righe, e che ho trovato fondamentale: la prova del “filo” … 🙂

.. ed ecco gli Ingredienti per la pasta chouxper una teglia abbondante – 225 grammi di bignè (se si fanno tutti piccolini, possono venire fino a 45-50 bignè. Io li ho fatti misti e, non volendo rischiare, ho fatto una prova ridotta rispetto a Tano):129 gr acqua107 gr farina 0064 gr burro (di frigo a pezzetti)3 uova (a temperatura ambiente)pizzichino di salela metà di un cucchiaino raso di zucchero (se per preparazioni dolci)

ho messo acqua, burro a pezzetti, sale e zucchero in un pentolino a fondo spesso, fino a ebollizione..Dopodichè ho versato tutto in un colpo la farina (sorry, no foto!! troppo delicato questo passaggio.. la metterò in seguito), e ho mescolato velocemente/vigorosamente con una paletta di legno, rialzando un po’ la fiamma…

.. fino ad arrivare a questa consistenza.. mescolando si formerà una sorta di palla.Non ho fatto stare i 4 minuti suggeriti da Tano per asciugare l’impasto, perché le dosi erano meno della metà, quindi dopo 2-3 minuti ho cominciato a sentire che il “suono” dell’impasto cambiava… “sfrigolava”.. e questo mi ha suggerito di smettere di stare sul fuoco…anche perché si era formata una leggera patina sul fondo del pentolino!

ho versato tutto in un’altro contenitore dove ho continuato a girare.. Ho aspettato che l’impasto si freddasse un po’…

.. a impasto appena tiepido ho aggiunto un uovo alla volta a temperatura ambiente, facendo assorbire prima di metterne un altro (oppure sbattere tutte insieme le uova e inserirle gradualmente, come ha fatto Tano).Mettere gradualmente l’ultima parte di uovo sbattuto, così se non servisse tutto evitiamo, per non avere un impasto finale troppo molle.

Quando l’impasto è così… bello lucido.. dovrebbe essere pronto.. basta assicurarsene facendo la prova “filo” che vedete a inizio ricetta, e cioè prendere un po’ di impasto fra due dita.. se è elastico e non si rompe, allora procedete, altrimenti continuate a mescolare per un po’…
versare quindi in una sac-a-poche l’impasto e.. con un beccuccio a bocca larga o a stella versare un piccolo quantitativo di impasto per volta sulla teglia, lavorando in obliquo per vedere la quantità depositata.Per i cosiddetti mignon, saranno sufficienti mucchietti da 2,5 cm di diametro.
…unica piccolissima variazione rispetto a Tano, ho cotto su teglia di ferro pochissimo unta di burro e ripulita con uno scottex dall’eccesso di grasso (lessi una volta che per gonfiare meglio, è addirittura meglio per i bignè “attaccarsi” un pochino alla teglia, e non poggiarli su basi antiaderenti quali teflon o cartaforno .. mah?!.. effettivamente a me è andata bene!)
Cottura:
Ho preriscaldato a 225°C, infornando ho abbassato a 220° per 10 minuti, poi altri 15 minuti a 180, e ancora 5 minuti a forno spento… mai aperto lo sportello…Mi sono venuti talmente leggeri.. quasi soffiati direi, che non credo proprio di trovare problemi di umidità dentro ai bignè, ma non ho voluto assolutamente fare prove strane tipo aprire gli ultimi minuti a fessura.. oppure bucare a fine cottura con uno stuzzicadenti per far fuoriuscire l’umidità, ecc.non saranno perfetti, ma non sono stupendi lo stesso??.. per me lo sono

… e non si sono sgonfiati più (quella era la mia paura), neanche tirandoli fuori dal fornoQuesta era più che altro una sfida con me stessa, visto che non li avevo mai fatti, ma me ne avevano parlato come di una delle bestie nere della pasticceria…e quindi per adesso sono nel mio congelatore, in attesa di essere riempiti di cremine ad hoc….. ed ecco la prosecuzione…. un parere sui bignè scongelati.. a proposito, ecco una foto dell’interno di un bignè che ho sacrificato per mostrarlo…

Allora, calcolate che io non sono assolutamente esperta ed è la prima volta che li facevo, quindi non ho metro di paragone.. ma mi sono sembrati perfetti, sia la parte che ho scongelato a temperatura ambiente, che quella che ho passato per un attimo in forno caldo…I secondi sono venuti leggermente più asciutti, ma visto che si riempiono di crema, credo siano perfetti in tutti e due i casi…
Ove ci fossero problemi di umidità o poca croccantezza si potrebbe provare la cottura con questo metodo (da Terry, con la ricetta di Montersino):
220° con teglia in alto (seconda tacca del forno) per 15 minuti, statico. Una volta trascorso il tempo, socchiudere lo sportello e lasciare dentro qualche ora, fino a completo raffreddamento.

Fonte 04.III.2012

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DOLCI

Frappe, chiacchiere, cenci …

I nomi di questi classici dolcetti di carnevale sono diversi a seconda della zona d’Italia in cui ci si trova.

Io le frappe di carnevale (a Roma si chiamano così), solitamente non le faccio perché non mi fanno impazzire;  quando le ho provate non mi hanno entusiasmato (né fritte né al forno), ma sono un must, e quindi quest’anno ho voluto riprovare e mi sono lanciata con la ricetta di …

Tano65

Il segreto per farle buone, anzi buonissime e con le bolle? Tirarle extrafine: estremamente consigliato tirarle con la “nonna papera” (macchina per fare la pasta”.
Se si ha tempo e voglia si può fare la dose intera linkata sopra, oppure sotto ci sono le dosi ricalcolate per 1 solo uovo:

Ingredienti per circa 300 gr di frappe:
167 g farina 0 debole (si può integrare col 20% di amido, mais o fecola di patate bio)
33 g zucchero aromatizzato alla vaniglia (***)
17 g burro morbido a pezzetti
1 cucchiaio e mezzo di grappa
1 uovo intero
buccia grattata di mezzo limone non trattato
un pizzico di sale
olio di semi di arachide per friggere
zucchero a velo per guarnire (***)
Col bimby ho prima reso a velo un po’ del mio zucchero aromatizzato alla bacca di vaniglia naturale (***) per poterlo spolverare poi sulle frappe.
Ho poi frullato la buccia del limone insieme con la farina (le dimostratrici bimby ci insegnano che la farina assorbe l’umidità del limone e si trita meglio).
Non avendo impastatrice, ho preferito fare la fontana di farina sulla tavola, dove ho inserito tutti gli ingredienti, lavorando bene.
Ho poi lasciato riposare il panetto mezz’ora nel cellophane.
Inizialmente non sono riuscita a tirare con la macchinetta della pasta: l’impasto era troppo morbido. Ho tirato col matterello ma, visto che erano evidentemente troppo spesse, la prima frittura non mi ha soddisfatto.Successivamente, visto che le striscette di impasto si erano asciugate, le ho spolverate con poca farina, le ho passate nel 5° spessore (su 6) della “Nonna Papera”, e le ho fritte: è andata!
Per la prossima volta le farò un pochino più larghe, ma lo spessore per la frittura era perfetto, bolle comprese!
Friggere pochi pezzi per pochi secondi, in olio ben caldo (170°C).
Guardarle a vista altrimenti coloriscono troppo e diventano pessime!

Le ho quindi scolate, asciugate su cartacasa, fatte freddare un po’ e spolverate con zucchero a velo.

Friabili anche al mattino dopo.
Queste sotto, le prime che ho fritto: carine, ma troppo spesse con la stesura col matterello.

Annotazioni:
Portare a ebollizione 1 bicchiere di acqua e 1 di aceto. Il vapore provocato dovrebbe neutralizzare l’odore di fritto.

e un piccolo commentino-aiuto dell’amico cookino Tano:
“…. Il calcolo delle uova l’ho fatto per 500 gr di farina e la quantità di uovo con quella farina era 2,5 uova ma io ho arrotondato a 3, vanno bene anche 2, però se non hai l’impastatrice la devi passare più volte nella macchinetta per amalgamarla meglio. Io qualche volta ho tolto 1 albume ed è andata a meraviglia…..”


Fonte 22.II.2012

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DOLCI

Propati della zita – Dolce pugliese

In periodo pasquale è consuetudine – in terra di Puglia – preparare questo dolce.
Vi è anche un’altra tradizione, legata ai “propati”.. ma andiamo con ordine ..
Non sapevo dell’esistenza di questo mega-simil-tarallo… fin quando, pochi giorni fa, ho avuto l’opportunità di assaggiare questo dolcetto-souvenir che un simpatico collega ci ha riportato da uno dei suoi viaggi di lavoro (grazie Francesco).
Mmmmhhh.. cannella.. questa la caratteristica che prevale (quindi chi non la ama può lasciar perdere da subito la lettura della ricetta) e nel giro di qualche minuto già rimpiangevo il profumo/sapore di quel dolcetto semimorbido un pochino asciutto che – morso dopo morso – mi aveva conquistato……

 

Il collega era uscito e nessun altro sapeva dirmi il nome del tarallone (naturalmente già pregustavo il fatto di riprodurlo al più presto)… ma come si chiama ‘sto benedetto dolcetto???
Ricerchina in rete con le paroline magiche: prima l’una, poi l’altra, poi insieme e ….Puglia, dolce, ricetta, cannella… alla fine hanno dato i loro frutti…
Il blog della simpatica Clementina ci illustra come, in passato, non si potesse fare a meno di questo dolce di buon auspicio per ogni “zita” (fidanzata) durante il giorno delle sue nozze…….
Unica cosa: il quantitativo degli ingredienti è espresso in funzione delle centinaia di commensali, amici e parenti che orbitano intorno ai matrimoni (e fin lì non sarebbe un problema: si fanno le dovute conversioni), ma soprattutto non ci sono suggerimenti per la cottura… allora ho improvvisato due tipi di cotture diverse!!!

Si, perché nel giro di 4 giorni ho ripetuto due volte
Ed ecco il risultato…


Ingredienti per 3 propati da 400 grammi scarsi ciascuno, dopo cotti
700 g farina 00
300 g zucchero (io ho messo il mio, aromatizzato alla vaniglia)
buccia grattata di un piccolo limone
2 uova grandi
12 g lievito per dolci (due terzi di bustina)
due terzi di bustina di vaniglia (io non l’ho messa, perché avevo il mio zucchero aromatizzato alla vaniglia, altrimenti direi che si potrebbe usare mezza bacca naturale da far bollire insieme al vino)
40 g olio e.v.o.
100 g vino biano
uno spicchio di limone
1 cucchiaino di cannella
un pizzichino di sale
farina per spolverare la tavola se necessaria..

Fate bollire del buon vino bianco con un pezzetto di limone e metà dello zucchero.
Io ho usato il bimby impostando 3′, vel 1 antiorario, 100°C.
(alla fine ho tolto il limone)

Ho fatto freddare il vino nel boccale e intanto ho setacciato insieme la farina, il lievito e la cannella.
Qui la ricetta indica questa sequenza:
– montare bene le uova e lo zucchero
– fare la fontana di farina sulla spianatoia
– aggiungere le uova montate, il vino bollito e il resto degli ingredienti
Io invece – una volta freddato il vino – ho messo tutti gli ingredienti insieme nel bimby e ho impostato 3′, vel. spiga..

.. ho poi lavorato un pochino sulla tavola per avere un impasto liscio (che comunque somigliava vagamente ad una pasta frolla leggermente più elastica).
Ho suddiviso il quantitativo e formato 3 cordoncini di quasi 50 cm., spessi 4 cm, del peso di 420 gr e che comunque entrassero nella mia teglia 30×40.
Ho poi unto leggerissimamente la teglia e spolverato appena di farina (togliendo l’eccesso).
Volendo si può usare cartaforno (ma non mi piace troppo, ferma la cottura..)

.. e qui ci divertiamo.. come cuocere????
Per il mio primo tentativo ho preriscaldato a 200°C, infornato e abbassato contemporaneamente a 180°C statico per 50 minuti.
Poi ancora 5 minuti di riposo a forno spento.
Questi primi sono venuti della consistenza di un biscotto (tagliandoli si spezzavano se non si faceva attenzione)…
ma.. che dire?? Ottimi

.. questi invece, grazie alla cottura più “dolce”, sono rimasti più morbidi….
Ho preriscaldato a 180°C e, infornando, ho abbassato contemporaneamente a 160°C statico per 40 minuti.
Che dire??? Ottimi pure questi..
Ogni paese, o addirittura ogni forno o ogni massaia avrà la sua ricetta “di casa”, quindi adesso .. a voi..
Potete sbizzarrirvi, tanto sono buoni sia biscottati che più morbidi…
Fonte 28.II.2012

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PANE, pizze, pizzelle e dintorni

Treccia stracchino e cotto

Grazie agli in-put che ci diamo continuamente l’un l’altro, ecco un altro prodotto slurposo, questa volta realizzato da Maria e modificato in minima parte da me per tempistica e gusti familiari.

poolish
50 g lilì
100 g p-mix (70 g tipo 0 bio – 30 g manitba 0 bio)
100 g latte intero
far triplicare (ci sono volute circa 7-8 ore…)
milk roux
15 g fecola di patate
150 g latte
impasto
600 g p-mix (420 tipo 0 – 180 g manitoba 0 bio)
4 tuorli
150 g latte intero
1 cucchiaino di zucchero
22 g di sale (3%)
100 g burro morbido
20 g acqua (o q.b.)
farcia
485 g roux fatto con 440 latte di stracchino + 45 g fecola di patate (avevo dello stracchino autoprodotto che si era un po’ liquefatto, e allora – grazie al suggerimento di Maria – l’ho utilizzato così)
200 g prosciutto cotto (6 fette tagliate un pochino spesse)
poco pepe verde (messo dopo, su qualche fetta)

Procedimento:
– ho versato la farina nell’impastatrice con al centro il milk roux, i tuorli e il poolish e ho fatto andare a velocità 1
– ho unito il latte a poco a poco facendo prima assorbire e poi unendone altro
– ho aumentato la velocità a 3 e a poi 4 facendo incordare x bene (fermando ogni tanto la macchina per capovolgere l’impasto, per ossigenarlo)
– poi ho unito il sale sempre a velocità 4 e infine il burro morbido un pezzetto alla volta (l’impasto si presentava ora un po’ appiccicoso però ho notato che aumentando la velocità si staccava dalle pareti)
– ho unito 20 g di acqua a goccia a goccia
– mi sono fermata quando ho visto l’impasto bello liscio, gonfio e vellutato e ho ottenuto questo velo che mi ha soddisfatta

– ho fatto riposare l’impasto x mezz’ora a temperatura ambiente
– alle 21,15 circa ho messo in frigo per 20 ore circa
– alle 16,45 del giorno dopo l’ho ripreso e lasciato fuori mezz’ora a temperatura ambiente per formare la treccia
– ho diviso l’impasto in 3 e steso a forma di rettangolo
– farcito con fette di prosciutto cotto e sopra lo stracchino-roux messo con un cucchiaino e una spatolina..
– ho arrotolato prima il prosciutto sullo stracchino e poi il rotolo, infine ho formato la treccia
Ho messo la treccia in lievitazione per circa 4 ore, dalle 18 alle 22 ,00 (purtroppo era molto tardi per via dell’ufficio… la prossima volta, per mangiare la treccia per cena, anticipare di 2 o 3 ore).
Prima di infornare, una spennellata di albume – residuo dei tuorli della ricetta – e poco latte, frullati insieme

Alle 22,00 infornata x 45′ a 190°C
ed eccola ancora calda…..e profumata….con la goccia di stracchino da leccare


…questa volta con un po’ di pepe verde
Fonte 05.III.2012
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PANE, pizze, pizzelle e dintorni

Pane nero di Castelvetrano

Ecco la versione che mi ha soddisfatto, leggermente diversa rispetto a quanto suggerito in uno dei Cucinare Insieme seguiti in Cookaround.

Ci sono solo un paio di piccole aggiunte:
un po’ di malto pennellato per scurire la superficie, e 10 grammi di glutine per reggere la lievitazione totale di 20 ore e mezzo…
Ecco il procedimento
Sono partita alle ore 00,15 di lunedì 12 marzo con una dose ridotta così (con l’ultima parte del mix-pane-nero-Castelvetrano bio che ho acquistato):
– 60 g di lievito liquido di mix-pnc al 100% di idratazione utilizzato al raddoppio dopo un bel rinfresco (me ne sono lasciata una 40ina di grammi dal cucinare insieme) – <10%
– 640 g di mix-pnc bio
– 545 g acqua – <85% (l’idratazione, considerando l’acqua complessiva – 575 g circa fra acqua ricetta/acqua lilì – è stata calcolata sul totale della materia secca, quindi sui 680 g di farina ricetta/farina lilì/glutine)
– 10 g di glutine – quello per fare il seitan (visto che ho necessità di fare una lievitazione lunghissima ho voluto provare ad aggiungerlo) – <1,5%
– 10 g sale – <1,5%
– 6 g malto d’orzo in pasta – <1%
– 6 g olio e.v.o. – <1%
– altri 6-7 g circa di malto in pasta sciolto in poca acqua per scurire la pagnotta insieme con 10 grammi circa di semi di sesamo per la copertura
Totale circa Kg. 1,290
Ho impastato nel Ken, utilizzando un metodo che non avevo ancora usato, e cioè intervallando l’acqua, un po’ ogni 15-20 minuti, aggiungendo contemporaneamente sempre una spolverata di farina per farla assorbire meglio:
– prima ho fatto sciogliere il lievito con il malto e ho fatto riposare qualche minuto nella ciotola del ken
– intanto ho setacciato la farina con il glutine (sempre meglio per farla ossigenare)
– ho suddiviso in 3 parti la farina e solo in 1 parte ho messo il sale
– le 2 parti di farina non salata le ho subito messe nell’impastatrice, ho mandato prima al minimo, a secco per 4-5 minuti, poi ho aggiunto circa un terzo dell’acqua totale e ho impastato a vel. 1 ancora per qualche minuto
– ho fatto riposare per 15 minuti circa (una sorta di autolisi, anche se la vera e propria autolisi si intende di sola acqua e farina)
– ho quindi capovolto l’impasto, ho aggiunto un po’ della 3a parte di farina salata, un po’ d’acqua , ho fatto incordare un po’ e ho aggiunto anche l’olio a filo, sempre a vel. 1
– ho fatto riposare di nuovo per altri 15-20 minuti
– ho infine ripreso a impastare aggiungendo quasi tutta la farina, altra acqua piano piano e per ultimo una cucchiaiata di farina…sempre a vel. 1, ma alla fine un paio di botte pazze, brevissime, al massimo della velocità le ho date…
Ho subito trasferito in una ciotola di vetro unta, fatto delle pieghe con una spatola, dal bordo verso il centro, ho coperto con un piatto, messo in un cellophane, coperto con un pile e infilato in frigorifero alle 01,30…
Visto che era un impasto molto idratato, alle ore 9,00 e alle 16,00, ho fatto fare (al maritino, perché io ero al lavoro) delle pieghe in ciotola, per poter far arrivare l’impasto in buone condizioni fino a sera..
Alle ore 19,15 ho tirato fuori il cestino dal frigo e ho fatto riposare a temperatura ambiente per una mezz’oretta.
Ho quindi trasferito l’impasto sullo spiano oleato e ho fatto delle pieghe a 3 (o a libro, chiamatele come volete), e subito ho tornito un po’.

Alle ore 20,00 ho messo in cestino per circa 3 ore.
Alla fine ho capovolto su pala, pennellato la superficie di semi di sesamo misti a malto e un po’ d’acqua (mi sono aiutata a distribuire questo miscuglio anche con le mani, delicatissimamente… l’impasto era ormai molto molle…), e infine ho punto tutta la calotta con un bisturi tagliente

Alle ore 23,00 ho cotto su refrattaria con forno preriscaldato da 45′ prima a 300°C
Prima di infornare ho passato un paio di volte uno straccio umido sulla pietra
Infornando sono scesa contemporaneamente a 280°C per 10 minuti, ho versato un po’ d’acqua sul fondo del forno, e ho vaporizzato il pane.
Proseguita la cottura a 230° per 35-40 minuti (gli ultimi 5 minuti ho lasciato lo sportello a fessura)

Dopo la cottura la vastedda pesava Kg. 1,125
Ecco tutti gli ingredienti – naturalmente non tutti tipici siciliani, ma sicuramente scelti con cura – sulla scrivania in ufficio, in attesa dei colleghi che avevo invitato ad assaggiare…


 
.. dall’estrema sinistra: ricotta salata, pomodorini, olio extra vergine di oliva di frantoio, olive nere, basilico, alici sottosale e dietro…lei:
LA VASTEDDA


Credo di aver capito che il Pane Cunzato andrebbe consumato ancora tiepido, sezionando la mollica del pane e non affettandolo.. per stavolta somiglia molto alla nostra “panzanella”… ma miglioreremo….

Finalmente il sapore e il profumo mi hanno completamento soddisfatta
Fonte 04.III.2013

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DOLCI

Idea salvaciofeche

Da pandoro (o panettone, o colomba, o pinze triestine)
a torta di mele
a tartufi…
.. che trasformazioni, ehhh???
Sembra che non abbia più scuse per fare pandori, panettoni, colombe o pinze triestine vari … anzi.. in famiglia mi hanno chiesto di fare delle ciofeche…
Mi spiego..
Un pandoro del dicembre scorso – ciofeca appunto – diventato successivamente una sorta di crostata di mele.. stava ancora lì – misero – che giaceva nel congelatore..
Ieri ho tirato fuori le ultime 3 miniporzioni di crostata/sbriciolata di pandor-mele che nessuno voleva e….
– ho frullato col Bimby…. non fate come me.. aspettate che i pezzi si scongelino un pochino
– ho aggiunto qualche cucchiaiata di vodka al sapore di agrumi (un liquorino estemporaneo che mi sono inventata, che finisce per somigliare al grand marnier o cointreau, utilizzato ultimamente per la copertura del mio tentativo profiteroles)
– ho aggiunto un po’ di ciocco fondente leggermente frullato nel Bimby e poco cacao per scurire l’impasto (Maria, una cookina di Cook, invece aggiunge 50 g di Strega + 50 g di liquore al cioccolato per un panettone da 1 Kg.).
– ho impastato senza pressare troppo (se non si vogliono troppo gommosi) con le mie manine d’oro, formato delle pallette che ho rotolato nel cacao amaro… (ma rotolateli dove volete, saranno comunque spaziali!!). Volendoli decorare rotolateli infine nel cocco o su codette di ciocco (un’idea è quella dei veri tartufini della foto di repertorio).
Che salvata, ragazzi… e per questo devo ringraziare la mia ciofeca di dicembre e il confronto continuo con gli altri cookini/e di Cook.
.. speriamo di no.. ma può essere utile per le imminenti preparazioni, no??
Fonte 04.XI.2012

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PASTAiola, primi e pasta fatta in casa

Lumachelle rigate – Marche



Allora… si parte col penoso servizio fotografico.. di queste lumachelle, presentate in uno dei “Cucinare Insieme” di Cooknel  del 17 marzo 2012
(prima o poi jetto la digi dalla finestra.. . e anche il mouse, che fa falso contatto… e col pad non mi ci trovo…)

1- Impastato come da prima pagina 130 gr farina 00 debole*, 70 di semola rimacinata sen. cappelli e due uova grandi – totale impasto 320-330 grammi…

2 – come 00 ho usato questa, una nuova farina di grano tenero, poverissima di proteine – quindi ritengo che sia meglio usarla per la pasta o biscotti/dolci piuttosto che per il pane – l’ho trovata alla Simply

3 – dopo una prima frullatina alle uova (mi trovo meglio così), ho impastato nel Bimby, a spiga per 2′.
Poi, dopo la rituale reimpastatina a mano, ho avvolto in pellicola e fatto riposare 15 minuti…

4 – il bastoncino (non rigato) ha un diametro di circa 9 mm. – ho anche provato a misurare le prime striscette di pasta (circa 5 cm)

5 – poi.. ho anche provato ad avvolgere in contemporanea 3 o 4 fettucce (poco pratico, fra l’altro il mio rigagnocchi è molto stretto, ce ne andrebbero agevolmente solo 3 alla volta, ma ho trovato che è ‘n’impazzimento avvolgerne e tagliarne 3 in contemporanea)…
– poi, per abbreviare ho anche provato a lasciare la fettuccina lunga e tagliare con la spatola ogni 2 giri….
– insomma, alla fine mi sono stancata e ho staccato a mano ogni due giri di fettuccia, e una alla volta l’ho passata sul rigagnocchi

6 – ed ecco le prime… tutte raddrizzate.
Non sono belle cicciottelle come quelle presentate, ma a me la pasta troppo spessa non piace… non si cuoce mai, soprattutto se si fa seccare.

7 – Guardatele nel cucchiaio per capirne la misura, effettivamente sono proprio carine
Per adesso le ho congelate, ma conto di farle in minestra con fagioli e finocchietto selvatico …
******
…p.s.
della serie .. ogni promessa è debito
aggiornamento dell’8 aprile 2012
 

Come dicevo, ho voluto aspettare di mangiare questo piatto oggi insieme al figlio che è tornato dall’estero, e ‘ste lumachelle sono un pochino lunghette da fare…
Ieri sera però ne ho fatte un altro po’ perché oggi eravamo 6..
Successo anche oggi, col finocchietto che ci ha conquistato.. e tutto il resto…
Ecco il piatto..

 

Fonte 17.III.2012 

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MINESTRE, zuppe e vellutate

Zuppa di fagioli con finocchietto selvatico

Ottima alternativa alla regina (secondo me) delle minestre: PASTA E FAGIOLI

Suggerita in occasione di uno dei tanti Cucinare Insieme di Cookaround ai quali ho partecipato, e riadattata in base agli ingredienti che avevo …

il protagonista (indispensabile): il finocchietto selvatico!

(trovato faticosamente dopo una ricerca presso diverse frutterie)
Ed ecco gli ingredienti per 3 persone:

130 g fagioli secchi (dopo l’ammollo erano 240 circa)
210 g radiatori della Garofalo (o altra pasta corta)
300 g pomodorini
1 mazzetto piccolo di finocchietto fresco selvatico (40-50 grammi)
mezza fetta di pancetta (15-20 grammi)
30-40 g cotenna di prosciutto
1 spicchio aglio
qualche fogliolina di basilico
1 carota
1 gambo di sedano
1/2 cipolla (la prossima volta 1 patatina: stavolta l’ho dimenticata)
olio e.v.o.
sale q.b.
poco peperoncino

la foto della sera precedente con gli ingredienti principali
Tenere a bagno per una notte i fagioli, poi cuocere in pentola a pressione con acqua, una presa di sale, 2 foglie di alloro e la cotenna sgrassata (da tagliare poi a striscioline).
Soffriggere a parte in olio d’oliva, un tritato di cipolla, sedano e carota, poca pancetta e 1 spicchio d’aglio.
Subito dopo ho aggiunto i pomodorini frullati e il basilico, il mazzetto di finocchio selvatico fresco, un bicchiere d’acqua calda, sale, peperoncino.
Lasciate insaporire il sugo per 15-20 minuti.
Versare poi i fagioli, ancora nella pentola a pressione, nella pentola dove sta cuocendo la zuppa.
Poi a ripresa del bollore buttare la pasta.
A fine cottura lasciate riposare per qualche minuto aggiungendo un filo d’olio e pepe macinato al momento (facoltativo)

Fonte 07.IV.2012

Categorie
PANE, pizze, pizzelle e dintorni

Irish soda bread – Il pane in un lampo

Avete problemi di intolleranze al lievito di birra in famiglia, o più semplicemente siete rimasti senza pane e non vi va di andare a comprarlo? Ecco la soluzione!

Trovo che questa versione sia migliore per l’utilizzo di buona parte di farina semi-integrale e per la cottura in cocotte di ghisa della Staub (dimensioni 31×25), quindi pubblico questa.

Ho riproporzionato le quantità del primo Irish Bread conosciuto su Cookaround.
Lì si asseriva che la lievitazione del pane era data dai pochi grammi di bicarbonato utilizzati.
Diciamo che sì! E’ vero! Ma soltanto per metà, in quanto la lievitazione è data dal bicarbonato (che rappresenta la parte basica/alcalina), ma soltanto perché è unito al kefir (che rappresenta la parte acida).
Abbiamo infatti bisogno di tutte e due le componenti basica e acida per dare luogo alla reazione chimica che provoca la lievitazione in cottura.
Ecco i pochi ingredienti necessari:

472 g kefir (un po’ meno della confezione da 480 g acquistata)
565 g farine bio (465 solina intera setacciata + 115 amido mais)
10 g sale
2,60 g bicarbonato
Procedimento:
– unisco prima tutti gli ingredienti secchi in una ciotola;
– poi aggiungo il kefir nella ciotola dei secchi, impasto velocemente con l’aiuto di una spatola;
– successivamente arrotolo l’impasto su spiano di silicone unto, con le mani unte, dando una forma ovale che si adatti alla pentola nella quale cuocerò;
– adagio il pane nella pentola bollente facendo dei tagli;
– ho cotto a 220°C per 30 minuti in pentola di ghisa della Staub (preriscaldata a 240°C);
– ho proseguito poi la cottura per altri 15 minuti fuori dalla pentola, direttamente su griglia (in questa fase fare attenzione a smuovere il pane: è ancora molto tenero): i primi 5′ ancora a 220°C e poi 10 minuti a 200°C;
– ho fatto asciugare a forno spento, a fessura, ancora per 10 minuti;
– una volta sfornato ho avvolto in telo umido fino a completa asciugatura.

Mia ricetta del 20.III.2012